Se questo è il quadro generale l'Inps sta comunque completando le operazioni di certificazione e di liquidazione delle pensioni. Il numero delle domande giacenti è sceso a 335 unità (erano 920 lo scorso novembre 2017) mentre sale il numero delle pensioni in pagamento. Sono 10.070 (erano 7.631 secondo l'ultima fotografia scattata a novembre scorso); vale a dire che oltre due terzi dei beneficiati hanno già ricevuto il pagamento della pensione. Sono invece 13.832 i lavoratori a cui è stata spedita la certificazione di salvaguardia, documento che sancisce la possibilità di partecipare al beneficio; confrontando i dati tra domande accolte e certificazioni inviate restano, quindi, meno di un migliaio di certificazioni da spedire. La maggior parte delle pensioni liquidate riguarda lavoratori del settore privato (sono meno 90 le pensioni liquidate ad ex dipendenti pubblici) per un onere che ad Agosto l'Inps quantifica in poco più di 83 milioni di euro.
La salvaguardia
L'ottava salvaguardia tutela coloro che con le regole vigenti prima della Riforma Fornero, avrebbero maturato la decorrenza della pensione entro il 6 gennaio 2018 o il 6 gennaio 2019 (a seconda dei diversi profili di tutela) oppure il diritto a pensione entro tre anni dalla scadenza dell'indennità di mobilità ordinaria o dello speciale trattamento edile. Per la partecipazione occorreva fare domanda all'Inps - a pena di decadenza - entro il 2 marzo dello scorso anno. Dunque chi non l'ha fatta, pur avendone i requisiti, è fuori dai giochi.
Il grossolano errore tra posti in palio e domande effettivamente accolte riaccende ogni anno la questione degli esclusi che secondo i sindacati ammonterebbero a poco meno di 6mila unità. Si tratta di disoccupati che avevano siglato accordi per l'uscita dal posto di lavoro prima del 31 dicembre 2011 e che, dunque, contavano di pensionarsi con le regole ante fornero entro pochi anni. Molte sono donne del settore privato prive di impiego rimaste impigliate tra le riforme Sacconi e Fornero. Persone in una sorta di limbo che non hanno potuto profittare dell'Ape sociale o della quota 41 perchè strumenti con maggiori vincoli sia oggettivi che soggettivi rispetto alla salvaguardia pensionistica (pesa soprattutto la mancata inclusione di chi ha risolto in via consensuale il rapporto di lavoro o si è dimesso); nè quasi sicuramente potranno ambire ad una ipotetica quota 100 per via dell'elevato maturato contributivo che sarebbe richiesto (38 anni). Per questo motivo, anche visto l'ampio sottoutilizzo delle risorse, i sindacati chiedono un ultimo provvedimento di salvaguardia pensionistica.