Il Governo riporta dati forniti dall'Inps che tuttavia appaiono incompleti in quanto non contabilizzano le cessazioni individuali del rapporto di lavoro dove né il lavoratore né il datore di lavoro sono tenuti ad alcuna specifica comunicazione all'istituto. Inoltre il dato è stato ottenuto prendendo in considerazione i lavoratori di Poste Italiane cui l'INPS ha respinto, per assenza del requisito anagrafico o contributivo, la domanda di salvaguardia per cessazione del rapporto di lavoro derivante da accordo individuale sottoscritto entro il 31 dicembre 2011. Dal numero così ottenuto sono stati esclusi i lavoratori deceduti, i titolari di pensione, nonché i lavoratori cessati dopo il 31 dicembre 2012. L'INPS ha, infine, precisato che la platea si riferisce esclusivamente ai lavoratori che hanno presentato domanda di salvaguardia e non tiene, perciò, conto dei lavoratori che non hanno presentato alcuna domanda di salvaguardia.
La questione interessa soprattutto alcune centinaia di lavoratrici nate dopo il 1955 che hanno stipulati accordi individuali di incentivo all'esodo con l'azienda Poste nel corso del 2011 e che non hanno tratto beneficio dai provvedimenti sino ad oggi varati dal Parlamento a causa dello slittamento progressivo dell'età pensionabile di vecchiaia già previsto in base della normativa ante fornero.
La dilatazione della data di uscita è stata prodotta da un lato dagli adeguamenti alla speranza di vita (+ 3 mesi dal 2013 ed altri 4 mesi dal 2016), dall'altro dall'applicazione dell'articolo 18, comma 1 del decreto legge 98/2011 convertito con legge 111/2011 che recava uno slittamento progressivo della pensione di vecchiaia a partire dal 1° gennaio 2014. Adeguamenti che non erano noti al momento della stipula degli accordi di esodo con l'azienda Poste Italiane nel 2011. E che pertanto hanno determinato, in sostanza, la fuoriuscita dalla salvaguardia di quelle lavoratrici che hanno raggiunto il requisito anagrafico dei 60 anni dopo il primo semestre del 2015.
Cassano ha ricordato comunque come il tema della salvaguardia rivesta assoluta centralità nell'agenda del Governo. L'esecutivo "è intervenuto più volte in favore di quei lavoratori che – a seguito degli interventi introdotti con il decreto-legge n. 201 del 2011 (cosiddetto decreto «salva Italia») – si sono trovati privi di reddito e di pensione. Da ultimo, la legge di stabilità per il 2016 ha previsto la cosiddetta settima salvaguardia riconoscendo il beneficio ai lavoratori cessati a seguito di accordo individuale di incentivo all'esodo con cessazione del rapporto di lavoro entro il 31 dicembre 2012, a condizione che la decorrenza del trattamento pensionistico sulla base della normativa previgente alla riforma Monti-Fornero) si collochi entro il 6 gennaio 2017" ha indicato il sottosegretario.
Insoddisfatto Rizzetto che punta il dito contro l'incapacità dell'INPS di fornire dati precisi. "In particolare, a fronte dei dati in suo possesso, che fanno riferimento a circa 250 lavoratori nel 2011, il dato approssimativo fornito dall'INPS, pari a 82 soggetti, potrebbe denotare solo un elevato tasso di mortalità per tale categoria di lavoratori, se non fosse invece dovuto al fatto che l'Istituto, evidentemente, non è in grado di individuare con esattezza i lavoratori aventi i requisiti per beneficiare di un provvedimento di salvaguardia che permetta loro di accedere al pensionamento con i requisiti vigenti prima del decreto-legge n. 201 del 2011".