Come noto il nostro ordinamento, prevede a tutela dei soggetti che hanno una riduzione della capacità lavorativa o patologie invalidanti diversi strumenti di tutela che traggono origine, per gli invalidi civili, dalla L.118/71 e per gli inabili con versamenti contributivi, dalla L.222/84. Si tratta in particolare della pensione di inabilita' civile e dell'assegno mensile previsti per invalidi civili dalla legge 118/1971 e della pensione di inabilità o dell'assegno ordinario di invalidità (AOI) previsto dalla legge 222/1984 per chi ha dei versamenti contributivi (inabilità previdenziale). Queste prestazioni incumulabili tra loro, rispondono a logiche diverse: le prime hanno carattere assistenziale, slegate da un rapporto assicurativo spettano a tutti i soggetti a condizione che sussista un determinato requisito reddituale, le seconde sono fondate sul rapporto previdenziale con un ente assicuratore (di regola l'Inps), alimentate dai versamenti contributivi effettuati dall'assicurato non hanno vincoli di reddito.
Invalidi civili
Tutti i soggetti che hanno una menomazione congenita o acquisita, possono richiedere la pensione o l’assegno quali invalidi civili ai sensi della L.118/71. Tali prestazioni possono essere erogate a tutti i cittadini di età compresa tra i 18 e i 67 anni in presenza del riconoscimento di una percentuale di invalidità non inferiore al 74% e a condizione di avere redditi al di sotto di una certa soglia fissata annualmente (€ 16.982,49 per la pensione per l’anno 2021 e € 4.931,29 per l’assegno per l’anno 2021). L'importo delle provvidenze economiche è fisso rivalutato annualmente, per il 2021 l’importo dell’assegno di invalidità civile, nonché della pensione è di € 287,09.
E’ opportuno ricordare che la la Corte Costituzionale con sentenza n.152/2020 ha stabilito che le pensioni degli invalidi civili totali (quindi al 100% d’invalidità) devono essere adeguate al cd. “milione” (art.38 della L. 448/2001).
Inabilità lavorativa e AOI
Diversa è l’inabilità lavorativa e l’assegno ordinario d’invalidità disciplinato dalla L.222/84 che prevede il riconoscimento di una pensione derivante da versamenti contributivi ed in presenza di uno stato d’invalidità. Per il conseguimento della prestazione è necessario che l'assicurato sia in uno stato di impossibilità assoluta e permanente a prestare qualsiasi attività lavorativa o riscontri una riduzione della capacità lavorativa a meno di un terzo a causa di infermità fisica o mentale (requisito sanitario).
Queste prestazioni, riconosciute a tutti i lavoratori dipendenti del settore privato nonchè ai lavoratori autonomi iscritti alle gestioni speciali dell'Inps (commercianti, artigiani e coltivatori diretti) prescinde dall’età anagrafica e dal reddito tuttavia richiedono la presenza di un requisito contributivo: almeno 5 anni di versamenti contributivi di cui 3 nel quinquennio antecedente alla domanda amministrativa volta al conseguimento della prestazione.
A tali fini devono essere esclusi, ai sensi dell'articolo 37 del DPR 818/1957 i periodi di assenza per astensione facoltativa dopo il parto (cioè il congedo parentale); i periodi di lavoro subordinato all'estero non convenzionati con l'Italia; i periodi di servizio militare eccedenti il periodo corrispondente al periodo di leva; i periodi di malattia, comprovati con il certificato rilasciato dall'ente previdenziale o da una pubblica amministrazione ospedaliera che eccedano l'arco temporale di un anno; i periodi di iscrizione a forme di previdenza obbligatorie diverse da quelle sostitutive dell'AGO o i periodi di lavoro subordinato per i quali sia stabilito altro trattamento obbligatorio di previdenza quando non diano luogo a corresponsione di pensione. In tali casi i periodi corrispondenti sono considerati neutri ai fini della determinazione del requisito contributivo. Ciò comporta che l'arco temporale per la determinazione del quinquennio lavorativo e l'individuazione del triennio di contribuzione necessaria per il raggiungimento del requisito va retrodatato per un lasso di tempo corrispondente al periodo neutro.
Le prestazioni non sono ad importo fisso ma sono calcolate sulla base della contribuzione effettivamente versata in tutto l’arco della vita lavorativa. Ciò significa che spesso il loro importo è superiore a quello spettante agli invalidi civili soprattutto ove l'assicurato possa beneficiare dell'integrazione al trattamento minimo. Non a caso la legge riconosce al titolare di una prestazione di Invciv a cui sia riconosciuto un trattamento di invalidità previdenziale la facoltà di optare per la prestazione più favorevole. Analogamente avviene nelle ipotesi inverse.
Esempio
Alla luce di quanto sin ora esposto, appare evidente che, in presenza di un riconoscimento di un’invalidità civile (riconoscimento sanitario), ed in mancanza del requisito reddituale sarà opportuno verificare la possibilità di richiedere all’INPS (in presenza del requisito contributivo) la pensione di inabilità o in subordine l’assegno ordinario d’invalidità in quanto, il riconoscimento di tali prestazioni è svincolato dal requisito reddituale.
Se Lucia si vede riconoscere il 100% di invalidità civile L.118/71 ma ha un reddito imponibile fiscalmente di euro 20.000 non avrà diritto al riconoscimento della pensione quale invalido civile per superamento del limite reddituale. Sarà opportuno verificare da dove proviene tale reddito e se questo sia derivante da lavoro dipendente occorrerà fare un estratto contributivo al fine di verificare la presenza dei 5 anni di contributi di cui 3 nel quinquennio antecedente alla domanda in quanto Lucia potrebbe aver diritto alla pensione di inabilità L.222/84 o in subordine all’assegno ordinario d’invalidità.