Pensioni, Come si possono utilizzare i Contributi Silenti

Valerio Damiani Domenica, 17 Settembre 2017
I lavoratori che, di regola, non hanno raggiunto un minimo di 20 anni di contribuzione restano privi di copertura pensionistica.
Come noto una delle condizioni richieste dalla legge per conseguire la pensione prevede il raggiungimento di una anzianità contributiva minima. Ma cosa accade se il lavoratore, al termine della propria carriera lavorativa, dopo aver valorizzato tutti i periodi possibili (es. laurea, servizio di leva, eccetera) non raggiunge tale requisito? In questa circostanza purtroppo il lavoratore si trova nell'impossibilità di ottenere una rendita pensionistica e, in sostanza, avrà regalato allo Stato tutta la contribuzione versata. Non è possibile, infatti chiedere la restituzione di quanto versato, da qui la definizione "contributi silenti", una contribuzione sostanzialmente improduttiva di effetti. In poche parole, sono fondi che l'Inps incamera per legge, senza dare indietro alcunché e senza nemmeno restituire il capitale versato. 

Nel 2013, l'allora direttore generale dell'Inps Mauro Nori dichiarò che i lavoratori interessati sarebbero diversi milioni e se l'ente dovesse restituire i contributi silenti, rischierebbe il default. Alcune fonti di stampa quantificarono l'impatto in circa 10 miliardi di euro da restituire spalmati su una platea di circa 7 milioni di cittadini. 

In questa situazione versano soprattutto i lavoratori nel sistema misto, cioè coloro che risultano in possesso di contribuzione al 31.12.1995. Per questi soggetti il requisito contributivo minimo per la pensione di vecchiaia è, infatti, particolarmente elevato: pari a 20 anni di contribuzione unitamente ad un'età anagrafica pari a 66 anni e 7 mesi. Chi non riesce a ragguagliare tale cifra resta a secco, senza avere diritto a nulla. Per chi si trova nel contributivo puro, cioè ha iniziato a lavorare dopo il 1995, la situazione è più favorevole perchè la pensione di vecchiaia può essere ottenuta anche con soli 5 anni di contributi anzichè 20. In tal caso, però, l'età per il pensionamento è più elevata: 70 anni e 7 mesi. 

Ci si potrebbe chiedere se un lavoratore nel sistema misto possa migrare al sistema contributivo (ai sensi dell'art. 1, co. 23 della legge 335/1995) guadagnando così la possibilità di pensionarsi a 70 anni e 7 mesi con almeno 5 anni di contribuzione. Purtroppo dal 1° gennaio 2012 la legge Fornero ha negato tale possibilità stabilendo che nei confronti di coloro che esercitano la facoltà di opzione al sistema contributivo il diritto alla pensione si acquisisce esclusivamente secondo le regole previste nel sistema misto. Una limitazione piuttosto assurda. 

Le soluzioni per contrastare il fenomeno dei contributi silenti

Pur tenendo presente tale panorama legislativo per contenere il più possibile i rischi della contribuzione silente i lavoratori nel sistema misto possono sfruttare alcune strade offerte dal legislatore. In primo luogo occorre ricordare che ove ci siano carriere lavorative miste (cioè frutto di diversi lavori) è possibile sommare, attraverso il cumulo dei periodi assicurativi, la contribuzione non coincidente da un punto di vista temporale versata presso casse previdenziali differenti al fine di acquisire il requisito minimo richiesto. Dunque non è necessario che i 20 anni di contributi siano maturati tutti in una sola gestione previdenziale potendo ben essere ragguagliati sommando diversi lavori. Ad esempio, un lavoratore con 14 anni di contributi da lavoro dipendente e altri 6 anni versati nella gestione separata dell'Inps non avrebbe raggiunto in nessuna delle predette gestioni il minimo di 20 anni di versamenti necessari per un diritto autonomo alla pensione di vecchiaia. Ma grazie al cumulo dei periodi assicurativi può sommare tali periodi al fine di acquisire i 20 anni minimi richiesti per pensionarsi. Tale facoltà può essere utilizzata, dal 2017, anche per valorizzare i contributi versati presso le casse professionali

Una seconda strada è offerta ai lavoratori che hanno raggiunto i 15 anni di contributi entro il 1992 o che siano stati autorizzati ai volontari entro il 26 dicembre 1992 (i cd. quindicenni). Costoro possono, in via eccezionale, pensionarsi all'età stabilita per la pensione di vecchiaia (66 anni e 7 mesi di regola) unitamente ad un requisito contributivo di 15 anni anzichè 20 anni. Tra le soluzioni gratuite da segnalare c'è anche la possibilità, per gli iscritti alla gestione separata dell'Inps, di ricorrere al computo nella gestione separata guadagnando la possibilità di pensionarsi con le regole del contributivo (cioè con 70 anni e 7 mesi e almeno 5 anni di contributi). Per sfruttare tale facoltà occorre soddisfare diverse condizioni: risultare iscritti presso la gestione separata; possedere almeno 15 anni di contributi, di cui 5 nel sistema contributivo, cioè dopo il 1995; aver maturato i requisiti per l'esercizio del computo dopo il 31.12.2011. Ed accettare un assegno magro in quanto interamente determinato con il sistema contributivo. 

Il versamento dei contributi volontari

L'ultima soluzione, quella più onerosa, è quella di procedere al versamento della contribuzione volontaria raggiungendo così il requisito minimo richiesto per la pensione di vecchiaia. Si tratta di una soluzione onerosa il cui esborso dipende dall'ultima retribuzione percepita in costanza di rapporto di lavoro, dunque, l'onere sarà tanto più elevato quanto maggiore era lo stipendio prima della disoccupazione. Ad esempio un lavoratore con 12 anni di contributi senza prospettive di lavoro può farsi autorizzare dall'Inps a versare i volontari e raggiungere così gli 8 anni di contribuzione mancanti al minimo dei 20 anni. Ove nessuna delle predette soluzioni sia praticabile il lavoratore avrà sostanzialmente regalato i contributi allo stato. La contribuzione silente, infatti, non può essere restituita né utilizzata in favore di un proprio congiunto per fargli acquisire un piccolo sostegno economico. 

I superstiti

Anche in caso di decesso il quadro normativo non è particolarmente favorevole per i superstiti. Questi, infatti, avranno diritto la pensione indiretta solo a condizione che il defunto avesse raggiunto un minimo di 15 anni di contributi o 5 anni di contributi di cui 3 nel quinquennio antecedente la morte. Come dire che un lavoratore deceduto con 10 anni di contribuzione con meno di tre anni di contributi nei cinque antecedenti al decesso non lascerà nulla ai superstiti. A costoro spetterà solamente l'indennità di morte, una somma una tantum pari all'ammontare dell'assegno sociale moltiplicato per il numero di annualità di contribuzione accreditata a favore dell'assicurato deceduto. Un contentino di poco conto. 

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