Spesso in presenza di un evento invalidante che abbia comportato una grave menomazione o addirittura il decesso del lavoratore molti si chiedono se sia possibile cumulare la rendita Inail con le prestazioni ordinarie di invalidità concesse dall'ordinamento previdenziale pubblico. A tal fine occorre precisare.
L'articolo 1, co. 43 della legge 335/1995 ha, infatti, disposto la regola generale che la pensione di inabilità e l'assegno ordinario di invalidità liquidati dall'assicurazione generale obbligatoria in conseguenza di infortunio sul lavoro o malattia professionale, non sono cumulabili con la rendita vitalizia liquidata per lo stesso evento invalidante, a norma del testo unico delle disposizioni per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali fino a concorrenza della rendita stessa. La disposizione in questione, in sostanza, determina che ove l'evento invalidante sotteso alla concessione delle prestazioni sia il medesimo i lavoratori possono cumulare solo la quota di pensione eccedente la rendita Inail stessa.
Per quanto riguarda il pubblico impiego le regole sono sostanzialmente le medesime anche se bisogna tener conto delle peculiarità degli assicurati presso le gestioni ex-inpdap. Sino al 2011 i dipendenti pubblici civili potevano, infatti, contare sulla pensione privilegiata (oltre all'equo indennizzo) in caso di lesioni o infermità derivanti da ragioni di servizio; ove invece l'invalidità derivasse da ragioni diverse dalla causa di servizio costoro potevano ottenere la pensione di inabilità assoluta alle mansioni o la pensione di invalidità a proficuo lavoro. In virtu' di tale classificazione (a seconda cioè dell'accertamento o meno della causa di servizio) l'Inpdap aveva stabilito che ove il dipendente pubblico avesse ottenuto la pensione privilegiata il trattamento non poteva essere cumulato con la rendita Inail traendo, evidentemente, entrambi i benefici origine dal medesimo evento invalidante (occorso a causa del servizio).
Di converso ove il lavoratore avesse ottenuto una pensione di inabilità assoluta (art. 1. co. 12 della legge 335/1995) o altra pensione di invalidità era stabilita la regola della piena cumulabilità con la rendita inail dal momento che la cessazione non dipendente da causa di servizio era requisito fondamentale per la concessione della stessa pensione e, dunque, le due prestazioni non potevano trarre origine dal medesimo evento invalidante (Cfr. Circ. Inpdap 57/1997).
Con l'abolizione dell'istituto dell'accertamento della causa di servizio, avvenuto ad opera dell'articolo 6 del decreto legge 201/2011 e con l'assorbimento dell'Inpdap nell'Inps, la citata articolazione è venuta meno e, pertanto, dovrebbe risultare possibile ricomporre la questione nei termini medesimi previsti nell'AGO. In particolare ove al lavoratore sia concessa la pensione di inabilità essa può essere cumulata con la rendita Inail a condizione che l'evento invalidante non risulti il medesimo che abbia dato titolo all'attribuzione della rendita Inail.
La questione dei superstiti
Il divieto di cumulo ha coinvolto all'inizio anche i superstiti i quali non potevano cumulare la pensione ai superstiti con la rendita Inail in caso di decesso del lavoratore per infortunio sul lavoro. Tale divieto, tuttavia, è stato abolito dal 1° gennaio 2001 ai sensi dell’art. 73 co. 1 così come integrato dall’art. 78, co. 20 , della Legge n. 388/2000 (legge finanziaria per l’anno 2001). La disposizione richiamata ha ribaltato la disposizione previgente fissando la piena cumulabilità della pensione ai superstiti con la relativa rendita INAIL (vedasi in proposito la Circolare Inps 207/200 e la Circolare Inps 38/2001). L'indicata abrogazione non ha, tuttavia, cancellato la disposizione di cui all'articolo 6 della legge n. 222/1984 che preclude la possibilità per il superstite di cumulare la pensione privilegiata indiretta di inabilità con la rendita Inail.
La cumulabilità con l'equo indennizzo
L'incumulabilità della rendita Inail è stata stabilita anche con riferimento all'equo indennizzo (che coinvolge solo i dipendenti pubblici, ora ampiamente ridimensionato a seguito dell'articolo 6 del Dl 201/2011). L’art. 50 del DPR n. 686/1957 ha previsto, infatti, che vada dedotto dall’equo indennizzo quanto eventualmente percepito dal dipendente in virtù di assicurazione a carico dello Stato o di altra Pubblica Amministrazione (tra cui rientrano le somme corrisposte dall’INAIL a titolo di indennizzo o rendita). Il principio del divieto di cumulo è stato spiegato in quanto, pur avendo l’equo indennizzo e la rendita per malattia professionale di cui al DPR n. 1124/1965, finalità differenti (il primo è diretto ad indennizzare la perdita dell’integrità fisica e la seconda la perdita della capacità lavorativa), esso impedisce che a causa di un medesimo fatto genetico l’interessato possa percepire più prestazioni (Cassazione civile, Sez. Lavoro, sentenza n. 12754/2003). L'incumulabilità dell'equo indennizzo con la rendita Inail è fissata anche con riferimento ai superstiti.