Dal 2021 l'età per la vecchiaia salirebbe a 67 anni e 3 mesi mentre, spiega, "per i successivi aggiornamenti, a partire da quello nel 2023, si prevede un incremento di due mesi ogni volta. Con la conseguenza che l'età pensionabile salirebbe a 68 anni e 1 mese dal 2031, a 68 anni e 11 mesi dal 2041 e a 69 anni e 9 mesi dal 2051". Comunque, ricorda Alleva, "per quanto attiene l'adeguamento dei requisiti di accesso al pensionamento" negli anni precedenti due aggiornamenti sono stati già forniti. I prossimo aggiornamento, tiene a precisare, "entrerà in vigore dal primo gennaio 2019 e sarà costruito sul triennio 2013-2016".
Lo scenario è il peggiore possibile
I dati di Alleva confermerebbero le proiezioni della Ragioneria dello Stato del 2011 che avevano stimato un aumento di ben cinque mesi dell'età pensionabile dal 2019, lo scenario peggiore possibile per i pensionandi. Lo scorso anno era stata la stessa Rgs ad ipotizzare un adeguamento più dolce a seguito di un rallentamento della speranza di vita negli ultimi anni ma le parole di ieri di Alleva hanno rimesso in gioco questa ipotesi. Quello della speranza di vita è un meccanismo controverso ma antecedente alla Legge Fornero: fu introdotto, infatti, dal Governo Berlusconi con il decreto legge 78/2010 lo stesso, per intenderci, che abolì le ricongiunzioni gratuite verso l'AGO, innalzò l'età pensionabile delle donne del settore privato e introdusse le finestre mobili. L'adeguamento colpirà in particolare le lavoratrici del settore privato che già dal 1° gennaio 2018 vedranno scattare l'ultimo scalone previsto dalla Legge Fornero che aggancerà l'età pensionabile di vecchiaia a quella degli uomini: insomma nel prossimo biennio l'incremento potrebbe essere di ben un anno e cinque mesi (si veda la grafica sottostante).
Se lo scenario sarà confermato a salire saranno anche i requisiti per la pensione anticipata: dal 2019 sarà così necessario ragguagliare un totale di 43 anni e 3 mesi di contributi per gli uomini (contro i 42 anni e 10 mesi attuali) e 42 anni e 3 mesi per le donne (contro i 41 anni e 10 mesi attuali). E per i precoci si passerà dagli attuali 41 anni di contributi raggiunti a fatica dopo una lunga battaglia a 41 anni e 5 mesi. In generale, comunque, lo slittamento di 5 mesi interesserà tutte le prestazioni previdenziali ed assistenziali erogate dall'Inps ancorate ad un requisito anagrafico in ossequio ai principiali generali in materia di adeguamento alla stima di vita. L'unica eccezione sono gli addetti ai lavori usuranti che da quest'anno hanno guadagnato il congelamento degli adeguamenti alla speranza di vita sino al 2026.
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