Per ottenere il beneficio dell'integrazione piena sulla pensione, quest'anno non bisogna superare un reddito pari a 6.596,46 € (all'anno). Se il reddito personale è invece compreso tra il predetto importo e 13.192,92 euro l’integrazione spetta in misura ridotta, pari alla differenza tra quest’ultimo importo e il reddito conseguito. Se ad esempio un pensionato ha conseguito una prestazione di 300 euro al mese e possiede altri redditi per 11mila euro annui avrà un'integrazione ridotta, pari a circa 160 euro al mese (13.192 – 11.000) /13. Che si aggiungeranno alla pensione base portandola circa al valore di 460 euro al mese, restando dunque al di sotto del trattamento minimo. Nessuna integrazione spetta qualora i redditi personali risultino superiori a 13.192,92 euro annui.
L'integrazione al minimo per i soggetti coniugati. Per chi è coniugato la situazione è piu' complicata: oltre a dover rispettare i limiti reddituali personali bisogna anche rispettare il paletto dei redditi coniugali. Ma solo se la pensione ha decorrenza dal 1994 in poi (si veda tabella). In altri termini, per avere l'integrazione al trattamento minimo di pensione bisogna superare un doppio sbarramento: prima si vanno a vedere i redditi personali e, solo se questi non vanno oltre il limite indicato, si va a verificare quello della coppia.
Ad esempio se il reddito personale non supera 6.596,46 € e il reddito della coppia non supera i 19.789,38 euro il pensionato otterrà l’integrazione intera pari a 506,42 € al mese. Se il reddito personale è invece compreso tra 6.596,46 € e 13.192,92 e il reddito della coppia è compreso tra 19.789,38 euro e 26.385,84 euro l’integrazione spetterà in misura ridotta. La legge stabilisce che l’importo spettante è quello minore risultante dal doppio confronto tra il limite massimo di reddito personale (13.192,92) e quello effettivamente posseduto e tra il limite di reddito della coppia (26.385,84) e quello conseguito complessivamente dalla coppia.
Si ricorda che, in linea generale, possono essere integrate al minimo, in presenza delle condizioni sopra esposte, tutte le prestazioni previdenziali erogate dall'assicurazione generale obbligatoria, dai fondi speciali dei lavoratori autonomi (art-com-cd) nonchè dai fondi sostitutivi ed esclusivi della stessa (si pensi ad esempio ai lavoratori ex inpdap). Fanno eccezione le pensioni maturate interamente con il sistema contributivo (cioè per gli assicurati successivamente al 31 dicembre 1995) e le pensioni supplementari. Che non possono mai beneficiare dell'integrazione al minimo. L'integrazione non va confusa con l'assegno sociale che è, invece, una prestazione assistenziale con vincoli di concessione molto più stringenti e, soprattutto, richiede il raggiungimento di un requisito anagrafico pari a 66 anni e 7 mesi che, invece, non è richiesto per beneficiare dell'integrazione al trattamento minimo.
In alcuni fondi speciali dell'Inps, inoltre, l'importo del trattamento minimo è diverso da quello fissato in via generale nel fondo pensione lavoratori dipendenti. In particolare nel Fondo degli addetti alle imposte di consumo il valore del TM nel 2018 è pari a 450,69€ al mese dai precedenti 445,77€; per le pensioni liquidate prima del 1° dicembre 1996 nell'ex Fondo elettrici il valore del TM è pari a 558,13; nell'ex Fondo esattoriali l'importo è pari a 353,48€; per le pensioni liquidate prima del 1° febbraio 1997 a carico dell'ex fondo telefonici l'importo è pari a 722,90€ al mese.
Si rammenta che oltre all'integrazione al trattamento minimo i pensionati tra i 60 e 64 anni possono ottenere anche nel 2018 una quota aggiuntiva sull'assegno pari a 25,83 euro al mese che salgono a 82,64 euro per chi ha un’età che si colloca tra 65 e i 69 anni e può salire ulteriormente dai 70 anni per effetto del cd. incremento al milione. I limiti di reddito per la concessione delle suddette quote aggiuntive risultano, tuttavia, più stringenti rispetto all'integrazione al trattamento minimo pertanto il diritto all'integrazione non determina necessariamente l'attribuzione delle suddette quote.