La RITA acronimo che sta per Rendita Integrativa Temporanea Anticipata, come noto, è una facoltà che consente di ottenere l'erogazione in forma frazionata del capitale accumulato (anche solo una parte di esso) presso un fondo di previdenza integrativo presso cui si è contribuito nel corso della propria carriera lavorativa. Con una tassazione sostitutiva agevolata. La misura doveva partire dal maggio 2017 assieme all'ape sociale e all'ape volontario ma una serie di paletti e condizioni ha costretto il legislatore a rivedere completamente la normativa con la legge 205/2017 (legge di bilancio per il 2018) rinviandone il decollo al 1° gennaio 2018.
I requisiti per la RITA
Per effetto del suddetto restyling normativo possono conseguire la RITA nel 2019 i soggetti che soddisfino una delle seguenti condizioni:
Prima tipologia: a) cessazione dell’attività lavorativa; b) entro cinque anni dal momento in cui si smette di lavorare si deve raggiungere l’età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza (di regola 67 anni); c) al momento della domanda si devono avere almeno 20 anni di contributi nei regimi obbligatori di appartenenza; d) avere almeno 5 anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari al momento della domanda
Seconda tipologia: a) cessazione dell’attività lavorativa; b) risultare disoccupato da più di 24 mesi dopo la cessazione dell’attività lavorativa; c) raggiungere l’età anagrafica per la pensione di vecchiaia nel regime obbligatorio di appartenenza (di regola 67 anni) entro i 10 anni successivi al alla perdita dell'occupazione di cui alla precedente lett. b); d) avere almeno 5 anni di partecipazione alle forme pensionistiche complementari al momento della domanda.
In sostanza la Rita può avere una durata massima di cinque o dieci anni a seconda del profilo del lavoratore.
Il cumulo con la pensione
Con l'approvazione del decreto legge su Quota 100 e Reddito (Dl 4/2019) un numero crescente di lettori si chiede se è possibile cumulare la RITA con la pensione con quota 100. Nello specifico si immagini il caso frequente di Alberto, un lavoratore del settore privato, che ha ottenuto dallo scorso anno l'erogazione della RITA per integrare lo scarno importo dell'Ape sociale. Avendo i requisiti già al 31.12.2018 ha fatto domanda per accedere alla pensione con quota 100 dal 1° aprile 2019 e si chiede, pertanto, che fine farà l'Ape sociale e la RITA in godimento. Con riguardo all'Ape sociale l'Inps ha chiarito che cesserà automaticamente al momento del pensionamento con quota 100 (dunque dal 1.4.2019) in quanto le due misure (Ape sociale e Quota 100) non sono (chiaramente) cumulabili tra loro.
La RITA, la Rendita integrativa temporanea anticipata, potrà invece continuare ad essere corrisposta sino al raggiungimento dell'età di vecchiaia (salvo revoca dell'interessato). Per effetto della Riforma operata dall'articolo 1, co. 168-169 della legge 205/2017 è venuto meno infatti dal 1° gennaio 2018 il requisito previsto in un primo tempo dall'articolo 1, co. 188-193 della legge 232/2016 che, richiamando la normativa sull'Ape volontario, precludeva il conseguimento della RITA da parte di titolari di trattamenti pensionistici diretti. Per cui, a differenza del passato, la titolarità di una pensione diretta, quale quella erogata con la quota 100, non costituisce più preclusione all'erogazione della RITA, nè il conseguimento della pensione successivo alla concessione della RITA determina la cessazione anticipata della Rendita.
Stesso discorso vale per Marco che vorrebbe andare in pensione ad Aprile 2020 con quota 100 e chiedere contestualmente l'erogazione della RITA accumulata nel fondo di previdenza complementare. Anche in questo caso la risposta è positiva: cessando il rapporto di lavoro dipendente e raggiungendo l'eta' di vecchiaia entro i successivi cinque anni Marco avrebbe anche i requisiti per chiedere la RITA al momento dell'andata in pensione con quota 100.