Riforma Pensioni, Baretta: possibile un taglio sino al 12% dell'assegno

redazione Lunedì, 17 Agosto 2015
La misura servirà anche per risolvere il problema degli esodati cioè coloro che sono rimasti senza lavoro e senza pensione per effetto dell'applicazione della Riforma Fornero. No al ricalcolo su base contributiva dell'assegno.

A settembre arriveremo a predisporre uno schema sulla flessibilità in uscita. C'è chiaramente l'esigenza di un intervento di alleggerimento. Anche le imprese lo stanno sollecitando. Lo sottolinea Pier Paolo Baretta, sottosegretario all'Economia (Pd) in un'intervista raccolta dal Secolo XIX.

«La linea della flessibilità ormai si sta affermando ed anche il presidente del Consiglio ha indicato di voler andare in questa direzione. È un'esigenza condivisa dal Parlamento ed anche dalle parti sociali» ha indicato Baretta. «Nella proposta di legge sui pensionamenti flessibili (di cui Baretta assieme a Damiano è uno co-firmatario, ndr) ipotizziamo che sia applicata sulla quota retributiva della pensione una decurtazione del 2 per cento per ogni anno di anticipo, a partire dai 62, rispetto all'età di riferimento per la pensione di vecchiaia ovvero 66 anni. La penalizzazione però si attenua gradualmente se gli anni di contributi sono più di 35. Si può anche pensare a tagli più consistenti o ad una diversa modulazione. Le possibilità tecniche sono più di una e sul tema sta lavorando anche l'Inps».

Ma in ogni caso secondo Baretta non si può procedere ad un ricalcolo totalmente contributivo dell'assegno. «Io credo che i tempi siano maturi per un dibattito serio sui diritti acquisiti. Si può ragionare di contributi di solidarietà, legati agli effettivi versamenti, ma ad una condizione: distinguere i trattamenti alti da quelli bassi e medi-bassi che non potrebbero certo permettersi un ricalcolo».

Non a caso il sottosegretario cita la possibilità di convergere su un'ipotesi intermedia. Partendo sempre da una soglia mini­ma di 62 anni, si potrebbe procedere ad un ab­battimento annuo del 2% se si sceglie di anticipare l'uscita di un anno, taglio che sale al 5% e all'8% se si opta per un'uscita rispettivamente a 64 o a 63 anni, per raggiungere il 12% per chi decide di la­sciare con 4 anni d'anticipo, cioè a 62 anni. Più o meno una men­silità in meno l'anno nell'ipo­tesi più onerosa. E un'opzione di compromesso tra la proposta Damiano di un taglio mas­simo dell'8% e la batosta del calcolo contributivo, che può diminuire l'assegno fino al 25%. Gamsin«Gli aspetti finanziari vanno valutati molto attentamente, anche con l'Unione europea. Ma vorrei far osservare che in questi anni abbiamo speso 11 miliardi per gli esodati, problema ora in larga parte risolto, e risorse ingenti anche per strumenti come la cassa integrazione in deroga, che di fatto serviva a gestire situazioni di crisi in cui lavoratori non avevano la via di uscita verso la pensione. Bisogna mettere anche questi soldi sul piatto della bilancia, perché con la flessibilità qualcosa si risparmierebbe». 

Secondo Baretta è «impossibile rinunciare ad una riforma fondamentale come quella del 2011 ma l'attuale assetto rischia di essere travolto proprio se non costruiremo dei margini di flessibilità. La diga non reggerà, a meno che non si permetta un certo deflusso tramite controllato. Introducendo correzioni equilibrate alla legge Fornero, la mettiamo in sicurezza. Del resto i parametri resterebbero gli stessi, l'età di riferimento resta fissata a 66 anni, crescenti. In più una maggiore possibilità di uscita per i lavoratori anziani può creare più occasioni di lavoro per i giovani, favorire un po' di ricambio generazionale».

Segui su Facebook tutte le novità su pensioni e lavoro. Partecipa alle conversazioni. Siamo oltre cinquantamila


© 2022 Digit Italia Srl - Partita IVA/C.f. 12640411000. Tutti i diritti riservati