Dai quattro incontri tecnici (due ci sono già stati su giovani e flessibilità in uscita) e gli altri due che si terranno in settembre il 5 su Opzione Donna e il 18 settembre sulla previdenza complementare nulla di concreto sarà partorito in merito ad una nuova riforma previdenziale o almeno a modifiche sostanziali per ammorbidire la rigidità imposta dalla legge Fornero.
Questo perché trattasi di incontri tecnici tra l’Osservatorio sulle spese previdenziali, organismo fortemente voluto dalla Ministra Calderone e le forze sociali fino ad ora senza la presenza di esponenti politici, Osservatorio che si limita ad ascoltare le posizioni delle varie sigle sindacali per poi riferire al Governo senza poter prendere alcuna decisione e soprattutto perché il Governo a pochi giorni dalla presentazione del NADEF non è ancora in grado, dopo oltre 10 mesi dal suo insediamento, di sapere come muoversi nella difficile partita della nuova riforma previdenziale.
Poche idee, confuse e presumibilmente con pochi denari da mettere sul piatto, quello della previdenza, da sempre determinante nella vita delle persone. Nonostante per anni soprattutto da parte della Lega di Salvini si sia gridato allo scandalo per l’istituzione della legge Fornero e alla volontà, a parole, di voler scardinare la legge su cui si basa la previdenza in Italia, questa rimane lì stabile dal 1 gennaio 2012. In questi anni quello che si è fatto sono state le famose “Quote”, prima la 100 dal 2019 al 2021, poi la 102 nel 2022, e la 103 quest’anno che hanno provocato una ulteriore spaccatura tra lavoratori perché consentiva soltanto a coloro che raggiungevano entrambi i requisiti dell’età e dell’anzianità contributiva di poter accedere al pensionamento negandolo ad altri che, magari superavano complessivamente la “Quota” richiesta ma che avevano un solo requisito. Voci fatte filtrare fanno ritenere che su questa partita previdenziale il Governo voglia mettere meno di due miliardi per l’anno 2024, che ovviamente non permetterà alcuna riforma strutturale ma solamente il rinnovo per un altro anno di “Quota 103” e forse un’estensione dell’Ape Sociale ed il ripristino di Opzione Donna ante LdB 2023 con un aumento dell’età portata a 60 anni. Troppo poco da parte di un Esecutivo che rimanda ancora la riforma che con il passare degli anni riduce progressivamente, a causa dell’introduzione da quasi 30 anni del sistema contributivo, le pensioni il cui importo medio è ormai poco sopra il reddito di cittadinanza.
Operare una reale flessibilità in uscita con una leggera penalizzazione o in alternativa posticipare per alcune categorie di lavoratori l’uscita dal mondo del lavoro concedendo un incentivo non avrebbe costi esorbitanti perché il maggiore esborso delle uscite anticipate sarebbe, almeno in parte, compensato dai minori anni di corresponsione dell’assegno previdenziale di chi rimanesse qualche anno in più e attuare un diverso calcolo nel conteggio dell’assegno, dando anche un fortissimo impulso alla previdenza complementare per implementare gli importi pensionistici sarebbero strade percorribili se solo ce ne fosse la volontà.
Sicuramente è anche un discorso di risorse disponibili tenendo conto che la manovra avrà cospicui capitoli di spesa tra cui la proroga della riduzione del cuneo fiscale anche per il 2024, la totale perequazione delle pensioni fino a quattro volte il trattamento minimo e il pagamento immediato del TFS ai dipendenti pubblici che abbiano cessato il servizio per raggiunti limiti di età (a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 130/2023).
Sono ovviamente scelte politiche ma la riforma fiscale e quella della giustizia potrebbero a mio parere essere rimandate a scapito di quella previdenziale che invece è assolutamente necessaria perché, come affermato anche dalla Premier Meloni alcuni mesi fa, a cui non sembra però essere seguito un atto concreto, c’è la necessità urgente di intervenire sul rafforzamento del sistema previdenziale in particolare sulle pensioni future per garantire la tenuta del sistema ed evitare il manifestarsi, nei prossimi anni di una “bomba sociale”.