La decisione dell'annullamento si fonda sulle medesime ragioni per le quali, in passato, la Consulta ha rigettato interventi retroattivi sulle pensioni. In sostanza è passata la tesi secondo cui il vitalizio parlamentare (in tal caso quello dei senatori, per i deputati ancora si attende l'esito dei ricorsi presentati) sia equiparabile in toto a quello pensionistico dei cittadini comuni e, pertanto, soggetto alle medesime protezioni dell'ordinamento nazionale, tra cui il divieto di interventi retroattivi in violazione del pro-rata. Secondo i "giudici" del tribunalino di Palazzo Madama di fronte a una situazione consolidata gli interventi di riduzione degli importi devono rispondere a diversi requisiti, nessuno dei quali era stato rispettato dalla delibera del 2018. Il taglio, in particolare, sebbene retroattivo avrebbe dovuto essere temporaneo e non definitivo e riguardare non solo la categoria dei parlamentari ma tutti i pensionati (anche quelli comuni); mancava, inoltre, quel criterio di ”ragionevolezza” del taglio e l’indicazione di una destinazione dei risparmi in funzione solidaristica.
La decisione ha rimesso ora al Consiglio di Presidenza del Senato l’adozione di correzioni e integrazioni della delibera impugnata indicando, implicitamente, una legittima modalità di contribuzione di tutti gli ex parlamentari titolari di assegni vitalizi alle aumentate necessità finanziare del nostro Paese. Si attende, invece, l'esito dei ricorsi degli ex-deputati sull'analoga delibera adottata dalla Camera dei Deputati. L'impressione è che alla fine della vicenda il taglio (o meglio il contributo di solidarietà) che ha impegnato il dibattito politico per diverso tempo sarà annacquato.