
Pensioni
Pensioni, dal 1° giugno tutte le prestazioni saranno pagate il primo del mese
L'Inps conferma che dal primo giugno tutti i trattamenti pensionistici erogati dall'istituto saranno pagati il primo giorno bancabile di ciascun mese.
Kamsin Dal 1° giugno tutti i pensionati vedranno spostarsi al primo giorno di ciascun mese la data di liquidazione delle prestazioni previdenziali. Lo comunica ufficialmente l'Inps con il messaggio 3519/2015 con il quale l'istituto coordina le novità introdotte di recente dal decreto legge 65/2015.
L’articolo 6 del decreto legge 21 maggio 2015, n. 65 ha stabilito, infatti, che “a decorrere dal 1º giugno 2015, al fine di razionalizzare e uniformare le procedure e i tempi di pagamento delle prestazioni previdenziali corrisposte dall'INPS, i trattamenti pensionistici, gli assegni, le pensioni e le indennità di accompagnamento erogate agli invalidi civili, nonché le rendite vitalizie dell'INAIL sono posti in pagamento il primo giorno di ciascun mese o il giorno successivo se festivo o non bancabile, con un unico mandato di pagamento ove non esistano cause ostative, eccezion fatta per il mese di gennaio 2016 in cui il pagamento avviene il secondo giorno bancabile. A decorrere dall'anno 2017, detti pagamenti sono effettuati il secondo giorno bancabile di ciascun mese".
L'isituto precisa pertanto che a decorrere dalla mensilità di giugno 2015, viene unificata al primo giorno del mese la data di pagamento per tutte le gestioni dell’Istituto, anticipando i pagamenti anche dei trattamenti pensionistici delle gestioni spettacolo e sportivi professionisti che erano effettuati il 10 del mese, e delle gestioni pubbliche che erano effettuati il 16 del mese. La novità, quindi, interesserà anche i titolari delle prestazioni pagate in via "inframensile" che vedranno, nei fatti, allineata la data di pagamento del rateo a quella vigente nelle gestioni Inps dei lavoratori dipendenti. L'effetto armonizzazione è di non poco conto.
A partire dal 1° luglio, poi, i titolari di piu' trattamenti pensionistici facenti carico a gestioni private, gestioni pubbliche e gestioni spettacolo e sport riceveranno un pagamento unico, sempre al primo di ogni mese, comprendente tutti i trattamenti corrisposti dall'Inps. Ad esempio, quindi, una pensione diretta a carico della gestione Inps sarà pagata assieme ad eventuali ulteriori trattamenti erogati dall'Inps ad altro titolo nei confronti dello stesso beneficiario da altre gestioni (es. pensione di reversibilità).
Nel caso in cui il giorno 1 cada in giorno festivo o non bancabile, il pagamento viene posticipato al primo giorno bancabile successivo. Il pagamento al giorno 1° sarà effettuato sia per le pensioni in pagamento in Italia che per le pensioni in pagamento all’estero, ferma restando la cadenza bimestrale con pagamento posticipato per le pensioni delle gestioni spettacolo e sportivi professionisti corrisposte a beneficiari residenti all’estero. Per le pensioni in pagamento all’estero è stata parificata la sola data di pagamento, in attesa di completare a breve l’unificazione del processo di pagamento delle pensioni estere delle gestioni pubbliche, dello spettacolo e degli sportivi.
Documenti: Messaggio inps 3519/2015
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Riforma Pensioni, Damiano: pronti a convergenza su uscite flessibili a 62 anni
"Ora speriamo di passare ai fatti. Anche perche’ lo stesso Premier Renzi ha ammesso la necessita’ di correggere la legge Monti introducendo un criterio di flessibilita’ nel sistema previdenziale".
Kamsin La mia proposta di legge, che Salvini vuole sostenere, che consentirebbe ai lavoratori di andare in pensione a partire dai 62 anni, con 35 di contributi e con l’8% massimo di penalizzazione, e’ attualmente all’esame della Commissione lavoro della Camera.” Lo dichiara in una nota il Presidente della Commissione lavoro alla Camera Cesare Damiano.”
“Il 3 giugno prossimo – prosegue – avremo in audizione il ministro Poletti e successivamente il Presidente dell’Inps Boeri e le parti sociali. Se si registrasse una convergenza sull’obiettivo sarebbe piu’ facile trovare nella legge di Stabilita’ la soluzione, coperture finanziarie comprese. Dalle dichiarazioni di Salvini speriamo di passare ai fatti, anche perche’ lo stesso Premier Renzi ha ammesso la necessita’ di correggere la legge Monti introducendo un criterio di flessibilita’ nel sistema previdenziale. Noi siamo pronti” ha concluso Damiano.
Il provvedimento promosso da Damiano-Baretta consentirebbe l'accesso alla pensione, per i lavoratori dipendenti, autonomi e del pubblico impiego, al perfezionamento di un'età pari a 62 anni in presenza di almeno 35 anni di contributi con un taglio dell'assegno di circa l'8%. E' prevista anche un'uscita anticipata a 41 anni di contributi e senza decurtazioni, una norma che dovrebbe aiutare il pensionamento dei cd. lavoratori precoci (cioè coloro che hanno iniziato a lavorare in età molto giovani). Tra le altre misure che potrebbero entrare nel provvedimento c'è un aumento piu' graduale dell'età per il pensionamento di vecchiaia delle lavoratrici (con l'attenuazione dello "scalone fornero"), una revisione delle norme relative all'adeguamento della stima di vita, una piu' agevole "riunificazione" dei contributi sparsi in diverse gestioni previdenziali.
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Riforma Pensioni, con la proposta Damiano un anticipo sino a 4 anni sull'età pensionabile
Il testo del disegno di legge preparato Damiano e da Baretta prevede un'uscita dal lavoro anticipata di 4 anni ma lasciando nelle casse dell'erario alcuni denari.
Kamsin Il Governo e l'Inps stanno continuando a studiare i meccanismi per introdurre una qualche forma di flessibilità in uscita a partire dal 1° gennaio del prossimo anno. L'ipotesi che sostanzialmente registra i maggiori consensi a livello politico (soprattutto all'interno della maggioranza) è la proposta Damiano-Baretta che prevede uscite a partire da 62 anni e 35 di contributi con penalizzazioni man mano decrescenti a partire da una soglia pari all'8% (vedi pensionamenti flessibili per ulteriori dettagli).
Il meccanismo mira sostanzialmente a concedere un anticipo di almeno 4 anni rispetto agli attuali requisiti previsti per il trattamento di vecchiaia agevolando in questo modo la cd. staffetta generazionale. Secondo fonti vicine all'esecutivo il Governo potrebbe accettare questo schema di massima aumentando però la penalità di un ulteriore 3% per far quadrare i conti. In tal modo chi uscirà a 62 anni e 35 anni potrebbe "beccarsi" una decurtazione non piu' dell'8% bensì dell'11%.
C'è poi un'altra condizione: l'importo dell'assegno così decurtato non potrà risultare inferiore a 1,5 volte l'importo dell'assegno sociale. Vale a dire che il rateo dovrà essere superiore almeno a 672 euro lordi al mese.
Per quanto riguarda la decurtazione nella proposta si precisa che questa interesserà comunque le sole quote retributive dell'assegno e quindi intaccherà maggiormente l'importo della rendita dei lavoratori anziani rispetto a quelli piu' giovani (che, com'è noto, hanno una minore parte dell'assegno determinato con il calcolo retributivo). La penalità risulterebbe pertanto assente nei confronti dei lavoratori il cui primo accredito contributivo è successivo al 31 dicembre 1995: costoro hanno infatti l'intero assegno determinato con il sistema contributivo e quindi sostanzialmente non potrà darsi l'applicazione della penalità in parola.
L'altra ipotesi pur sul tavolo dell'esecutivo, quella del ricalcolo tutto con il contributivo, riscontra una maggiore divisione a livello politico. Fonti di Governo fanno tuttavia osservare come tale ipotesi, oltre a comportare minori oneri per le casse pubbliche, sarebbe piu' equa in quanto legherebbe l'importo dell'assegno alla reale consistenza dei contributi versati. Gli assegni in questo caso, però, si ridurrebbero di un importo maggiore rispetto a quanto indicato da Damiano-Baretta.
Il confronto si riattiverà comunque a giugno, dopo le elezioni regionali. Entro la fine del prossimo mese infatti l'Inps presenterà la propria proposta per la flessibilità in uscita e per introdurre un ammortizzatore sociale per gli ultra 55enni senza lavoro. In parallelo la Commissione Lavoro della Camera continuerà l'esame delle proposte sulla flessibilità in uscita a cui si dovranno aggiungere i disegni di legge depositati lo scorso mese di Aprile sulla settima salvaguardia dal Partito Democratico e dalla Lega Nord.
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Pensioni, il Governo conferma il blocco dell'indicizzazione sopra i 3mila euro al mese
Il Governo ha approvato il decreto legge sulle rivalutazioni delle pensioni interessate dal blocco biennale dell'indicizzazione. Gli assegni superiori a sei volte il minimo inps non vedranno alcun effetto mentre quelli inferiori otterrano una mancia una tantum.
Kamsin I rimborsi per i pensionati con trattamenti ricompresi tra 3 e 6 volte il minimo, oggetto del recente decreto legge 65/2015 varato lunedì scorso dal Governo saranno automatici. Non dovranno essere prodotte particolari istanze o domande da parte degli interessati. Sarà l'Inps il primo di Agosto a restituire una somma una tantum oscillante tra i 300 euro e gli 800 euro per chiudere i conti con il blocco dell'indicizzazione del biennio 2012-2013.
A questi importi dovrebbero aggiungersi anche ulteriori denari per coprire il trascinamento sull'anno 2014 e dei primi sette mesi del 2015 mentre la partita per gli ultimi mesi del 2015 e 2016 si risolverà probabilmente con un piccolo incremento dell'assegno a partire da settembre. Si vedrà. Anche perchè non è detto che nel corso di conversione in legge del decreto non si apportino modifiche in quanto il meccanismo di rivalutazione del biennio 2014-2015 e dell'anno 2016 non risulta del tutto chiaro (qui intanto è possibile stimare gli effetti sull'assegno del decreto legge varato dal Governo).
Il bonus sarà comunque molto ridotto rispetto a quanto il Governo avrebbe, in teoria, dovuto corrispondere dopo la sentenza della Corte Costituzionale. Le cifre messe sul piatto copriranno infatti poco piu' del 20% del dovuto per gli assegni tra 3 e 4 volte il minimo e si ridurranno gradualmente sino al 5% del dovuto nell'ultima fascia, quella ricompresa tra 5 e 6 volte il minimo. A bocca asciutta rimarranno gli assegni superiori a 6 volte il minimo per i quali, in pratica, il Governo ha ripristinato completamente la normativa previgente alla decisione della Consulta. Una decisione che ha mandato su tutte le furie le associazioni di categoria (in primis Federmanager e ManagerItalia) le quali sono pronte a dare il via ad una nuova battaglia legale in Tribunale.
Gli assegni superiori a 6 volte il minimo sono, del resto, quelli che hanno perso di piu', in termini assoluti, nel corso di questi anni. Si pensi che un assegno da oltre 3000 euro lordi nel 2011 ha già lasciato sul terreno oltre 6mila euro in tre anni e mezzo e si trascina dietro una perdita perpetua di oltre 150 euro al mese. Non proprio briciole.
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Riforma Pensioni, M5S deposita nuovo ddl per estendere l'opzione donna
E' stato depositato ieri in Commissione Lavoro alla Camera dei Deputati il ddl 3114 a firma dei deputati Ciprini-Tripiedi (M5S) in materia di estensione del regime sperimentale donna sino al 31 dicembre 2018 e l'applicazione di particolari benefici previdenziali (in termini soprattutto di contribuzione figurativa) per le lavoratrici madri e per coloro che assistono i familiari disabili ai sensi della legge 104/1992 (i cd. caregiver). Il ddl, ricordano i firmatari, intende ribadire il ruolo dello Stato rispetto al riconoscimento del valore universale della maternità e dei lavori di cura familiare e consentire un anticipo dell'età pensionabile per questi lavoratori. Tra le novità da segnalare la fonte di finanziamento delle misure che viene reperita attraverso la previsione di un tetto alle pensioni d'oro superiori a 5mila euro lordi al mese (10 volte il trattamento minimo inps). Analoghi tetti verrebbero introdotti dagli organi competenti, nei confronti dei vitalizi dei parlamentari e dei consiglieri regionali. I contenuti nel ddl non sono, in verità, del tutto nuovi ma piuttosto riprendono diverse proposte già all'esame della Commissione Lavoro della Camera nell'ambito delle cd. pensioni flessibili. Esame che riprenderà a Giugno in quanto questa settimana non sono previste convocazioni per la Commissione Lavoro della Camera. In calendario c'è l'audizione dei vertici Inps, Istat e del Governo.
Documenti: il testo del ddl 3114
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Rimborsi Pensioni, Padoan spiega come saranno rivalutati gli assegni
Il Ministro dell'Economia PierCarlo Padoan ha spiegato martedì presso le Commissioni Lavoro riunite di Camera e Senato gli effetti e le modalità della riarticolazione dell'indicizzazione delle pensioni contenuta nel decreto legge 65/2015. Kamsin «Il decreto legge - ha detto Padoan - interviene sulla regolamentazione del regime pensionistico per gli anni 2012 e 2013 (direttamente incisi dalla sentenza) e per gli anni successivi. L’intervento in esame si pone un duplice obiettivo. Da un lato, dare attuazione alla Sentenza n. 70/2015, nell’ottica di ripristinare un adeguamento al costo della vita relativamente agli anni in esame per le pensioni di importo compreso tra circa 1.500 euro lordi e circa 3.000 euro lordi mensili, ispirato a criteri di proporzionalità e nell’ottica di una garanzia di adeguatezza delle prestazioni. Per le pensioni di importo superiore a circa 3.000 euro lordi mensili, la rivalutazione non viene invece riconosciuta, nell’ambito di un’impostazione solidaristica sia intra-generazionale, sia intergenerazionale, in presenza di vincoli di bilancio stringenti».
«La graduazione della rivalutazione in ragione dell’importo del trattamento pensionistico - continua Padoan - risponde al principio della solidarietà intra-generazionale. In un’ottica intergenerazionale, occorre riconoscere che il pagamento di 17,6 miliardi nel 2015, e di circa 4,5 miliardi annui nei prossimi anni, si rifletterebbe negativamente sulla pressione fiscale e sulla fornitura di servizi pubblici e trasferimenti, inclusi quelli alle generazioni più giovani.
Dall’altro, coniugare i principi sanciti dalla Sentenza n. 70/2015 con il mantenimento degli obiettivi di finanza pubblica di convergenza verso l’obiettivo di medio termine (equilibrio di bilancio in termini strutturali), che parimenti si sostanzia in un interesse generale del Paese come sancito dalla Costituzione.
La disposizione adottata prevede, per i trattamenti pensionistici di importo complessivo superiore a tre volte il trattamento minimo INPS, il riconoscimento della rivalutazione relativa agli anni 2012 e 2013 secondo le seguenti modalità:
per gli anni 2012 e 2013:
1) nella misura del 40 per cento per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a tre volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a quattro volte il trattamento minimo INPS con riferimento all'importo complessivo dei trattamenti medesimi.
2) nella misura del 20 per cento per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a quattro volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a cinque volte il trattamento minimo INPS, con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi.
3) nella misura del 10 per cento per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a cinque volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a sei volte il trattamento minimo INPS, con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi.
4) la rivalutazione non è riconosciuta per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a sei volte il trattamento minimo INPS con riferimento all’importo complessivo dei trattamenti medesimi.
Per il periodo successivo:
1) negli anni 2014 e 2015 nella misura del 20 per cento di quanto stabilito per le mensilità del biennio 2012-2013, come sopra descritto;
2) a decorrere dall’anno 2016 nella misura del 50 per cento di quanto stabilito per le mensilità del biennio 2012-2013, come sopra descritto».
«A titolo puramente esemplificativo - conclude Padoan - e sulla base di valutazioni di massima, attese le diverse specificità dei pensionati interessati in relazione alle condizioni soggettive e allo specifico importo di pensione, possiamo dire che nel caso di un pensionato che riceve un assegno di circa 1.700 euro lordi mensili, che si colloca fra 3 e 4 volte il trattamento minimo, il beneficio di questo intervento per l’anno 2015 è stimabile in circa 750 euro netti; per un pensionato che riceve un assegno di circa 2.200 euro lordi mensili, che si colloca fra 4 e 5 volte il trattamento minimo, il beneficio è stimabile in circa 460 euro netti; per chi riceve un assegno di circa 2.700 euro lordi mensili, che si colloca fra 5 e 6 volte il trattamento minimo, il beneficio è stimabile in circa 280 euro netti».
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