Pensioni

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Sel e M5S hanno presentato nel ddl sulla buona scuola 7 proposte emendative per introdurre nuovamente il tema dei 4mila docenti della cd. quota 96 della scuola. Le modifiche chiedono al Governo di mandare in pensione dal 1° Settembre 2015 i lavoratori che avevano maturato un diritto a pensione entro la fine dell'anno scolastico 2011/2012 per un numero di lavoratori che oscilla tra i 2mila (emendamento Ghizzoni) agli oltre 4mila (Marzana). Tra le proposte principali si segnalano in particolare l'emendamento Pannarale (Sel) e Marzana (M5S)

 

Art. 8-bis.
(Salvaguardia previdenziale del personale della scuola che abbia maturato i requisiti entro l'anno scolastico 2011/2012, ai sensi dell'articolo 59, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni).

  1. All'alinea del comma 14 dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, dopo le parole: «ad applicarsi» sono inserite le seguenti: «al personale della scuola che abbia maturato i requisiti entro l'anno scolastico 2011/2012, ai sensi dell'articolo 59, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni».
  2. Il beneficio di cui al comma 1 è riconosciuto, con decorrenza dalla data del 1o settembre 2015, nel limite massimo di 3.000 soggetti e nei limiti dell'autorizzazione di spesa di cui al comma 3. L'INPS provvede al monitoraggio delle domande presentate, secondo modalità telematiche, definendo un elenco numerico delle stesse basato su un criterio progressivo risultante dalla somma dell'età anagrafica e dell'anzianità contributiva vantate dai singoli richiedenti alla data del 31 dicembre 2012. Qualora dal monitoraggio risulti il raggiungimento del limite numerico, non prende in esame ulteriori domande di pensionamento finalizzate ad usufruire dei benefici previsti dalla disposizione di cui al medesimo comma 1. Per i lavoratori che accedono al beneficio di cui al comma 1, il trattamento di fine rapporto, comunque denominato, è corrisposto al momento in cui il soggetto avrebbe maturato il diritto alla corresponsione dello stesso secondo le disposizioni di cui all'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e sulla base di quanto stabilito dall'articolo 1, comma 22, del decreto- legge 13 agosto 2011, n. 138, convertito, con modificazioni, dalla legge 14 settembre 2011, n. 148, nonché secondo le modalità previste a legislazione vigente.
  3. Per l'attuazione del presente articolo è autorizzata la spesa di 35 milioni di euro per l'anno 2016, di 105 milioni di euro per l'anno 2017, di 101 milioni di euro per l'anno 2018, di 94 milioni di euro per l'anno 2019 e di 81 milioni di euro per l'anno 2020. Ai relativi oneri si provvede mediante corrispondente riduzione lineare delle dotazioni finanziarie di parte corrente, iscritte a legislazione vigente in termini di competenza e di cassa, nell'ambito delle spese rimodulabili di cui all'articolo 21, comma 5, lettera b), della legge 31 dicembre 2009, n. 196, delle missioni di spesa di ciascun Ministero, ad eccezione di quelle relative a diritti sociali, politiche sociali e della famiglia, politiche per il lavoro, tutela della salute e dell'ambiente.
8. 0. 1005. Pannarale, Giancarlo Giordano, Marcon, Melilla, Airaudo, Placido.

 

 

Art. 13-bis.
(Proroga di disposizioni in materia previdenziale per il personale docente).

  1. All'alinea del comma 14 dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, dopo le parole: «ad applicarsi» sono inserite le seguenti: «al personale della scuola che abbia maturato i requisiti entro l'anno scolastico 2011/2012, ai sensi dell'articolo 59, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449, e successive modificazioni,».
  2. Ai fini del collocamento in quiescenza del personale della scuola che abbia maturato i requisiti entro l'anno scolastico 2011/2012, attivata dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca nel mese di ottobre 2013, il beneficio di cui al comma 1 è riconosciuto, con decorrenza dalla data del 1o settembre 2015, nel limite massimo di 4.335 soggetti e nel limite massimo di spesa di 103,63 milioni di euro per l'anno 2015, di 261,5 milioni di euro per l'anno 2016, di 234,9 milioni di euro per l'anno 2017 e di 101,9 milioni di euro per l'anno 2018, 87,8 milioni di euro per l'anno 2019. L'INPS prende in esame le domande di pensionamento, che possono essere inoltrate secondo modalità telematiche, in deroga alla normativa vigente, entro trenta giorni dall'entrata in vigore della presente legge, dai lavoratori di cui al comma 1 che intendono avvalersi dei requisiti di accesso e del regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214. L'INPS provvede al monitoraggio delle domande presentate.
  3. Per i lavoratori che accedono al beneficio di cui al comma 1, ai fini della liquidazione del trattamento di fine rapporto, comunque denominato, si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui all'articolo 2, comma 11, lettera a), numeri 1) e 2), del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 135, che si intendono conseguentemente estese, con riferimento all'anno scolastico 2015, al personale di cui al citato comma 1.
  4. Ai soli fini della liquidazione del trattamento di fine rapporto, comunque denominato, si applica la disciplina vigente prima dell'entrata in vigore del comma 22 del decreto-legge 13 agosto 2011, n. 138. Il trattamento di fine servizio, comunque denominato, è effettuato secondo le modalità previste dalla disciplina vigente prima dell'entrata in vigore della legge n. 147 del 2013 e la legge n. 190 del 2014.
  5. Agli oneri derivanti dall'applicazione del presente articolo si provvede, nei limiti di spesa di cui al comma 2, con le risorse derivanti dal comma 5.
  6. All'articolo 13 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, dopo il comma 1-bis inserire il seguente:

  «1-ter. L'importo di 960 euro di cui al comma 1-bis, numeri 1) e 2), è ridotto a 945 euro per l'anno 2015, 930 euro per l'anno 2016, 935 euro per l'anno 2017, 950 per ciascuno degli anni 2018 e 2019».
13. 0. 1002. Marzana, Luigi Gallo, Vacca, D'Uva, Simone Valente, Di Benedetto, Battelli, Brescia, Cominardi, Ciprini, Lombardi, Chimienti, Dall'Osso.

 

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I Lavoratori in congedo nel 2011 che hanno maturato un diritto a pensione entro il 30 Aprile 2013 stanno ricevendo la certificazione per accedere alla pensione in deroga alla Legge Fornero.

Kamsin I lavoratori che assistevano disabili nel 2011 che hanno maturato un diritto a pensione, secondo le regole ante fornero, entro il 30 Aprile 2013 (es. quorum 97,3 o 40 anni di contributi) potranno accedere alla sesta salvaguardia ai sensi del'articolo 2, comma 1, lettera d) della legge 147/2014. Lo si apprende dall'Inps. La Direzione Centrale Pensioni dell'lnps, considerato il limite massimo dei 1800 soggetti da salvaguardare, sta inviando le relative comunicazioni ad un primo gruppo di coloro che sono risultati beneficiari della norma in oggetto, avendo perfezionato i requisiti pensionistici in salvaguardia entro il 30 aprile 2013.

L'Inps ricorda che non appena saranno pervenuti tutti i procedimenti di accoglimento da parte delle DTL (Direzioni Territoriali del Lavoro) e sarà verificata la capienza complessiva, verrà individuata la data di perfezionamento dei requisiti entro la quale i lavoratori hanno diritto alla pensione in applicazione della salvaguardia di cui alla citata legge 147 e si procederà all'invio delle ulteriori comunicazioni ai beneficiari (la comunicazione dell'Inps).

Le preoccupazioni, com'è noto, riguardano la capienza del plafond riservato a questo gruppo di lavoratori. Secondo l'ultimo report diffuso dall'Inps, infatti, a fronte di 1800 posti disponibili già sono state certificate ben 3.908 domande di salvaguardia. «Si tratta di una grave sottostima della reale consistenza numerica di questo gruppo di lavoratori» fanno sapere i diretti interessati che chiedono l'immediata l'attivazione dei cd. "vasi comunicanti", quel particolare meccanismo che consente di utilizzare i posti non utilizzati nelle precedenti salvaguardie per compensare il minor numero di posizioni riconosciute nel profilo di tutela destinato a questo tipo di lavoratori.

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Il Ministro Padoan: «Stiamo pensando a misure che minimizzino gli impatti sulla finanza pubblica, soprattutto in questa fase, nel pieno rispetto della Corte».

Kamsin Il Governo è pronto a correre ai ripari per limitare i danni della sentenza della Corte Costituzionale sul mancato adeguamento delle pensioni. Fonti vicine all'esecutivo danno per certo l'arrivo di un decreto legge già entro la prima metà di maggio per evitare il rischio di attivare contenzioni tra Inps e pensionati. La sentenza della Corte, infatti, è applicativa da oggi e quindi - osservano da Palazzo Chigi - l'Inps dovrebbe mettersi al lavoro su due fronti: a) provvedere al pagamento degli arretrati dal 1° gennaio 2012; b) ricalcolare l'assegno a partire dal pagamento del prossimo rateo pensionistico (in media l'assegno dovrà crescere di circa 100 euro al mese, denari che resteranno per sempre "acquisiti").

Il binomio dei due effetti porterà, come già analizzato da pensionioggi.it (vai alla simulazione degli effetti sugli assegni), nelle tasche dei pensionati una cifra che si aggira intorno ai 4mila euro lordi (ovvero circa 2.900 euro netti) se consideriamo la rivalutazione di un trattamento intorno ai 1500 euro al mese durante l'intero quadriennio 1° gennaio 2012 - 31 dicembre 2015. Le cifre in gioco sono poi piu' elevate man mano che cresce il trattamento pensionistico base: ad esempio un trattamento pari a 6 volte il minimo inps (oltre 3mila euro) nel 2011 dovrà vedersi restituito qualcosa intorno a 7mila euro (sempre lordi). Senza contare il rebus interessi che l'Inps sarebbe chiamata a corrispondere, in aggiunta, sulle somme pregresse.

Si ricorda che i benefici in parola spettano a tutti i pensionati a carico dell'assicurazione generale obbligatoria e delle relative gestioni per i lavoratori autonomi, nonche' dei fondi sostitutivi, esclusivi ed esonerativi della medesima e dei fondi integrativi ed aggiuntivi di cui all'articolo 59, comma 3, della legge 27 dicembre 1997, n. 449 titolari nel 2012 e/o nel 2013 di una prestazione superiore a tre volte il trattamento minimo inps (cioè 1.404 euro lordi, 1.446 nel 2013). 

Per questa ragione a Palazzo Chigi vanno di corsa. Già tra la fine di questa settimana e la metà della prossima, potrebbe arrivare la risposta alla Corte Costituzionale. Tra le ipotesi, un decreto legge “sospensivo”, da varare entro maggio. Altra possibile soluzione è la restituzione delle somme dovute ai pensionati con un meccanismo di rateizzazione triennale o quinquennale. Tra i vari nodi da sciogliere resta quello delle modalità di restituzione ed il calcolo degli interessi che potrebbe ulteriormente far lievitare gli importi da corrispondere. A livello tecnico al Mef si sottolinea come la Sentenza non impedisca al Governo di intervenire introducendo un meccanismo progressivo per modulare l'indicizzazione sulle pensioni da oltre 4 volte il minimo in su oppure su un dispositivo progressivo agganciato al reddito sulla falsariga di quanto previsto per il 2014 da un decreto del governo Letta.

E' proprio il sottosegretario all’Economia Enrico Zanetti a chiedere l'intervento progressivo: È «impensabile restituire le indicizzazioni delle pensioni di molte volte superiori alla minima, per quelle più alte sarebbe immorale e il governo deve dirlo forte. Occorre farlo solo per le fasce più basse». «Non c'è antitesi con quanto detto da Padoan. Il tema di incostituzionalità si pone perché il blocco ha riguardato anche pensioni di importo relativamente basso, il che vuol dire che il rispetto della sentenza può avvenire anche attraverso una rimodulazione di quel blocco, andando a sbloccare quelle pensioni subito sopra tre volte la minima, la soglia individuata, ma anche non andando a toccare pensioni di molto superiori». Per Zanetti, insomma «la rivalutazione delle pensioni andrà a scalare con l'aumentare dell'assegno».

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"E' inaccettabile pensare che i rimborsi dovuti al blocco dell'indicizzazione delle pensioni spengano sul nascere gli interventi a sostegno della settima salvaguardia e sull'introduzione di maggiore flessibilità in uscita". Lo sottolinea in una nota Cesare Damiano del Pd. Kamsin "Si colga piuttosto l'occasione offerta dalla decisione della Consulta per risolvere i danni creati dalla Legge Fornero avviando un tavolo di confronto con i sindacati. Resta inteso, comunque, che il governo dovrà restituire i soldi a tutti i pensionati".

"Non si puo’ fare il gioco delle interpretazioni con la sentenza della Corte Costituzionale, magari rispolverando l’idea malvagia di tosare nuovamente le pensioni liquidate con il sistema retributivo: quelle stesse che dovrebbero essere risarcite per la mancata indicizzazione. Va ripristinato il tavolo di confronto sulle pensioni istituito nel lontano 2007 da Prodi e poi disatteso da tutti i governi successivi”. “La riforma voluta da Monti, su pressione dell’Europa – spiega il presidente della Commissione Lavoro – fa ormai acqua da tutte le parti. Bisogna correggerla dando coerenza all’insieme: dalle indicizzazioni alle ricongiunzioni, fino ad arrivare all’introduzione di un criterio di flessibilita’, a partire dai 62 anni, per l’uscita dal lavoro”. “Senza un confronto serio con le parti sociali ci priviamo di quelle competenze che ci aiutano a non commettere troppi errori: il passato ci sia di insegnamento”.

Anche Stefano Pedica (Pd) è sulla stessa lunghezza d'onda con la richiesta di rimettere mano alla legge Fornero entro giugno. “Dopo la bocciatura da parte della Consulta del blocco della rivalutazione delle pensioni – sottolinea – e’ arrivato il momento di cancellare la legge Dracula-Fornero che ha creato un vero e proprio problema sociale. Questa legge ha prodotto danni incalcolabili. Bisogna trovare immediatamente una soluzione per tutte quelle persone che sono vicine al pensionamento e che hanno perso il lavoro o stanno per perderlo". 

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Finanziare i pensionamenti flessibili reintroducendo, almeno parzialmente, il divieto di cumulo dei trattamenti pensionistici con i redditi da lavoro; garantire ai giovani lavoratori un tasso di sostituzione al netto della fiscalità pari al 60 per cento dell'ultima retribuzione percepita. Kamsin  Lo sollecitano alcuni deputati del Pd (primi firmatari Gnecchi, Cominelli e Ascani) al Ministero delle Politiche Sociali, Giuliano Poletti, in una interrogazione a risposta scritta in Commissione Lavoro alla Camera dei Deputati (5-05423).

L'articolo 19 del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito in legge n. 133 del 2008 - ricordano gli Onorevoli - ha previsto, dal 1° gennaio 2009, l'abrogazione del divieto di cumulo tra pensione e redditi da lavoro autonomo e dipendente. Questa norma tuttavia - osservano - sta determinando l'aumento graduale dei pensionati che lavorano con un danno da un lato per il sistema previdenziale pubblico, che si trova ad erogare prestazioni pensionistiche "non necessarie", e dall'altro una diminuzione delle possibilità lavorative, già scarse, per i giovani. Dopo il 1° gennaio 2009, ricordano i deputati, il numero dei pensionati che lavora è cresciuto di oltre 561mila unità rispetto al 2007.

Gli onorevoli interroganti osservano che se «è pur vero che in parte la causa dell'aumento della disoccupazione giovanile, sia dovuta alla situazione di crisi economica degli ultimi anni, non vi è dubbio alcuno, che l'assenza di opportunità occupazionali per i giovani, è causata anche dall'abrogazione del divieto di cumulo intervenuta a partire dal 2009 e dalla successiva «manovra Fornero» sulle pensioni che ha modificato pesantemente i requisiti di accesso alla pensione.

Per gli aspetti di cui sopra, molti Paesi europei, che hanno parimenti al nostro elevato i requisiti di accesso alla pensione, hanno comunque mantenuto un canale di uscita flessibile verso la pensione prevedendo delle penalizzazioni e risulta agli interroganti anche che il pensionato è comunque legato a delle restrizioni o decurtazione della pensione, se prosegue l'attività lavorativa dopo la pensione. 

A fronte delle situazioni sopra descritte, ricordano,  l'Italia non sta favorendo le nuove generazioni affinché queste possano aspirare alla possibilità di avere un'occupazione stabile, a costruirsi il proprio avvenire e a realizzare un progetto di sé e poter godere di un reddito futuro da pensione dignitoso:

Per tali ragioni gli interroganti chiedono al Ministro interrogato se intende promuovere:

a) la reintroduzione del divieto di cumulo fra redditi da pensione e redditi da lavoro o comunque un'adeguata trattenuta sulla pensione in godimento, portando ad un risparmio per il sistema previdenziale;

b) la reintroduzione della flessibilità in uscita per favorire il ricambio generazionale;

c) iniziative per l'attuazione del protocollo del welfare del 2007, recepito nella legge n. 247 del 2007 al fine di garantire ai giovani di oggi il raggiungimento di un tasso di sostituzione al netto della fiscalità non inferiore al 60 per cento.

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Arrotondamento dell’anzianità contributiva per la maturazione del diritto alla pensione per gli iscritti alle gestioni esclusive dell’assicurazione generale obbligatoria - Chiarimenti (Messaggio Inps 2974/2015)

Kamsin Com’è noto, l’articolo 24 del D.L. n. 201/2011 convertito con modificazioni nella legge n. 214/2011 ha introdotto, a decorrere dal 1° gennaio 2012, nuovi requisiti per il diritto a pensione e ha previsto, per coloro che hanno maturato entro il 31 dicembre 2011 i requisiti contributivi ed anagrafici previsti dalla normativa vigente a tale data, la conservazione del diritto alla prestazione pensionistica secondo tale normativa sia ai fini del diritto che ai fini della relativa decorrenza. Inoltre, il comma 14 del richiamato art. 24 e successive ulteriori disposizioni normative hanno stabilito che nei confronti di determinate categorie di soggetti c.d. "salvaguardati", ancorché maturino i requisiti per l’accesso al pensionamento successivamente al 31 dicembre 2011, continuano ad applicarsi le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti anteriormente al 6 dicembre 2011.

Ciò premesso, a seguito di alcuni quesiti pervenuti sul significato dell’espressione "maturazione dei requisiti  per il pensionamento" usata nelle diverse norme, si ritiene opportuno fornire i seguenti chiarimenti in merito ai criteri di arrotondamento dell’anzianità contributiva per gli iscritti alle gestioni esclusive dell’A.G.O. - per i quali la contribuzione è calcolata in anni, mesi e giorni - con particolare riferimento agli iscritti al Fondo speciale per il personale dipendente dalle Ferrovie dello Stato Italiane S.p.A. e al Fondo di quiescenza Poste.

Per la determinazione dell’anzianità contributiva ed assicurativa necessaria per il conseguimento del diritto alla prestazione pensionistica con i nuovi requisiti previsti dalla legge n. 214/2011 nonché con il sistema delle c.d. quote, non si deve operare alcun arrotondamento per eccesso o per difetto alla frazione di mese dal momento che l’anzianità stessa deve essere interamente maturata.

L’arrotondamento previsto dall’art. 59, comma 1 lettera b) della legge n. 449/1997 per la determinazione dell’anzianità continua, invece, ad operare nelle seguenti ipotesi:

- regime sperimentale "opzione donna" di cui all’art. 1, comma 9 della legge n. 243/2004 e s.m. e i. (34 anni, 11 mesi e 16 giorni);

- 40 anni di anzianità al 31 dicembre 2011 (39 anni, 11 mesi e 16 giorni);

- per i lavoratori c.d. "salvaguardati" che raggiungono il diritto a pensione con 40 anni di contribuzione (39 anni, 11 mesi e 16 giorni) indipendentemente dall’età anagrafica

- pensioni di inabilità, ad eccezione di quella prevista dall’art. 2, comma 12 della Legge n. 335/1995.

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