Pensioni

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Il provvedimento consentirà di erogare le mensilità residue nell'anno 2015 ai lavoratori destinatari del Dm 85708 del 24 Ottobre scorso.

Kamsin E' stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto 88332/2015 che concede il pagamento delle mensilità residue del 2015 per i lavoratori esodati ante 2010 destinatari del decreto interministeriale n. 85708 del 24 ottobre 2014. E' previsto un onere di 19,8 milioni di euro a carico del Fondo sociale per l'occupazione e la formazione.

L'articolo 1 del citato decreto prevede infatti la concessione "del prolungamento dell'intervento di tutela del reddito, con esclusione della contribuzione figurativa, in favore dei lavoratori gia' destinatari del decreto n. 85708 del 24 ottobre 2014. In favore dei lavoratori [...] il prolungamento del sostegno al reddito e' concesso limitatamente alle mensilita' residue nell'anno 2015 e relative al prolungamento degli interventi di sostegno al reddito autorizzati con decreto interministeriale n. 85708 del 24 ottobre 2014".

Destinatari. Il decreto interessa i lavoratori, di cui ai profili di seguito illustrati, la cui finestra fissa di accesso alla pensione calcolata prima del Dl 78/2010 si aprisse nel corso del 2014 e che, per effetto dell'applicazione del citato decreto legge, fosse slittata successivamente al 31 dicembre 2014. Questi lavoratori, infatti, hanno potuto beneficiare del sostegno di cui al Dm 85708/2014 solo sino alla data del 31 Dicembre 2014 mentre risultavano scoperte le, eventuali, mensilità del 2015. I profili dei lavoratori interessati dal provvedimento sono:

a) i lavoratori collocati in mobilita' ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive  modificazioni, sulla base di accordi sindacali stipulati anteriormente al 30  aprile 2010 (cessati dal servizio entro la medesima data) e che maturano i requisiti per il pensionamento entro il periodo di fruizione dell'indennita' di  mobilita'  di  cui  all'articolo  7, commi 1 e 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223;

b) i lavoratori collocati in mobilita'  lunga ai sensi dell'articolo 7, commi 6 e 7, della legge 23 luglio 1991, n.  223, e successive modificazioni e integrazioni, per effetto di accordi collettivi stipulati entro il 30 aprile 2010;

c) i lavoratori che al 31 Maggio 2010, sono titolari di prestazione straordinaria a carico dei fondi di solidarieta' di settore di cui all'art. 2, comma 28, della  legge  23 dicembre 1996, n. 662. 

Un esempio - Si immagini un lavoratore che abbia raggiunto il diritto a pensione (es. la quota 97,3) nel marzo 2014 e che avrebbe, pertanto, visto l'apertura della finestra fissa di accesso al 1° luglio 2014, data in cui termina l'assistenza dell'indennità di mobilità ordinaria (o lunga) o l'assegno straordinario di sostegno al reddito a carico dei fondi di solidarietà di settore. Per effetto della legge 122/2010 ora la sua pensione verrà erogata il 1° Aprile 2015. E quindi sta subendo un vuoto economico di quasi un anno.

Il decreto interministeriale 85708 gli ha consentito di ottenere, seppur in ritardo rispetto alle reali necessità, la copertura delle mensilità tra agosto 2014 ed il 31 dicembre 2014 mentre risultavano ancora scoperte le mensilità del 2015 (gennaio-aprile). Ora grazie al Dm 88332/2015 anche tali mensilità potranno essere corrisposte a completamento della copertura prevista dall'articolo 12, comma 5-bis del Dl 78/2010.

Il testo del Dm 88332/2015

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E' l'effetto della sentenza 70/2015 con la quale la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo, per il biennio 2012-2013, il blocco della perequazione sui trattamenti pensionistici di importo superiore a tre volte il minimo INPS.

Kamsin Il Governo dovrà trovare dai 5 ai 10 miliardi di euro per restituire quanto indebitamente sottratto a 6 milioni di pensionati con la Legge Fornero del 2011. Ben piu' del «tesoretto» da 1,6 miliardi del governo Renzi messo da parte con il Def e poi congelato dalla Ragioneria dello Stato per ridurre il debito pubblico. E' questo l'effetto principale della Sentenza della Corte Costituzionale 70/2015 con la quale è stata "bocciata" la norma della Legge Fornero del 2011 con la quale si è fermata la rivalutazione all'inflazione dei trattamenti previdenziali superiori a 3 volte il trattamento minimo inps (circa 1450 euro lordi al mese) per gli anni 2012 e 2013. 

L'indicizzazione, com'è noto, è un meccanismo che tutela dall'inflazione il valore degli assegni che altrimenti verrebbero erosi nel tempo nel loro potere d'acquisto. In pratica, l'Istat determina la percentuale di incremento del livello dei prezzi da un anno all'altro e l'Inps eroga, da quel momento in avanti, la pensione aumentata di quella percentuale.

Dal 1° gennaio 2014, la rivalutazione è stata poi riattribuita seppur con gradualità in funzione dell'importo  senza prevedere alcun recupero per gli anni di blocco. Ciò ha portato inevitabilmente a una perdita irrecuperabile e quindi a una riduzione del potere di acquisto. Per questo, il diritto a una prestazione previdenziale adeguata risulta irragionevolmente sacrificato essendo intaccati i diritti fondamentali connessi al rapporto previdenziale. La pensione è, infatti, intesa quale retribuzione differita in un quadro di solidarietà.

Gli effetti della sentenza. La Sentenza è destinata a produrre effetto solo sugli assegni di pensionati che avevano nel 2012 un assegno superiore a 1.446 euro al mese (lordi) e 1.486 euro nel 2013. L'effetto sarà duplice: da un lato vedranno crescere l'assegno mensile di alcune decine di euro e dall'altro dovrà essere corrisposto loro un ristoro oscillante tra i mille e i 2mila euro (lordi) in media per recuperare quanto indebitamente lasciato sul terreno in questi anni. L'entità del recupero, in entrambi i casi, dipende dal valore dell'assegno: piu' è alto il rateo mensile maggiore sarà l'importo che dovrà essere corrisposto al pensionato. Ma bisogna comunque considerare che una parte di questi denari tornerà allo Stato come tassazione Irpef. Non ci saranno effetti invece sugli assegni piu' bassi, in quanto questi sono stati già pienamente indicizzati all'inflazione nel biennio incriminato.

Le modalità di restituzione dovranno essere concordate dall'Inps e dal Governo. In astratto si può ipotizzare la restituzione immediata anche se è piu' probabile l'approvazione di una apposita legge che preveda la rateizzazione del rimborso, come è accaduto in passato, e come stanno già ipotizzando all'Economia; in tale occasione, peraltro, è possibile anche che si decida di confermare il blocco biennale solo sugli importi piu' elevati (ad esempio su quelli superiori a 6-7 volte il trattamento minimo). Il viceministro, Enrico Morando, reagisce così alla notizia: «Sembrerebbe una sentenza che rende obbligatoria la restituzione di ciò che era stato non pagato in base al blocco delle indicizzazioni...». Più tardi Palazzo Chigi fa filtrare che è in corso la verifica dell'impatto della sentenza sui conti pubblici. Una «prova non facile», l'ammissione, ma «troveremo una soluzione». Di certo il rischio è che si mettano a repentaglio le ipotesi di intervento per correggere le altre storture della Legge Fornero.

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La Corte Costituzionale ha dichiarato illegittimo, per il biennio 2012-2013, il blocco della perequazione sui trattamenti pensionistici di importo superiore a tre volte il minimo INPS.

Kamsin Tutti gli assegni liquidati prima del 2012 e superiori a tre volte il trattamento minimo inps dovranno essere ricalcolati dall'Inps. Lo ha deciso oggi la Corte Costituzionale nella sentenza numero 70 con la quale i giudici hanno bocciato il blocco della perequazione delle pensioni per gli anni 2012 e 2013 stabilito dalla Legge Fornero.

Ad avviso dei giudici "l'interesse dei pensionati, in particolar modo i titolari di trattamenti previdenziali modesti, è teso alla conservazione del potere di acquisto delle somme percepite, da cui deriva in modo consequenziale il diritto a una prestazione previdenziale adeguata. Tale diritto, costituzionalmente fondato, risulta irragionevolmente sacrificato nel nome di esigenze finanziarie non illustrate in dettaglio", afferma la Corte.

"La censura relativa al comma 25 dell'art. 24 del decreto legge n. 201 del 2011, se vagliata sotto i profili della proporzionalità e adeguatezza del trattamento pensionistico - dice ancora la sentenza - induce a ritenere che siano stati valicati i limiti di ragionevolezza e proporzionalità, con conseguente pregiudizio per il potere di acquisto del trattamento stesso e con irrimediabile vanificazione delle aspettative legittimamente nutrite dal lavoratore per il tempo successivo alla cessazione della propria attività".

"Risultano, dunque, intaccati i diritti fondamentali connessi al rapporto previdenziale, fondati su inequivocabili parametri costituzionali: la proporzionalità del trattamento di quiescenza, inteso quale retribuzione differita (art. 36 Costituzione) e l'adeguatezza (art. 38). Quest'ultimo è da intendersi quale espressione certa, anche se non esplicita, del principio di solidarietà" (art. 2) e "al contempo attuazione del principio di eguaglianza", (art. 3).

Gli effetti sugli assegni. Come si ricorderà nel 2011 il Governo Monti, per fare cassa, aveva sospeso l'indicizzazione al costo della vita delle pensioni di importo mensile superiore a tre volte il trattamento minimo INPS (circa 1.400 euro mensile al lordo delle ritenute fiscali) per tutto il biennio 2012-2013. La misura ha determinato un progressivo impoverimento degli assegni dato che, com'è noto, gli effetti non sono limitati ai soli anni in cui opera il blocco, ma anche per il futuro.

Deve rammentarsi - si legge nella sentenza - che, per le modalità con cui opera il meccanismo della perequazione, ogni eventuale perdita del potere di acquisto del trattamento, anche se limitata a periodi brevi, è, per sua natura, definitiva. Le successive rivalutazioni saranno, infatti, calcolate non sul valore reale originario, bensì sull'ultimo importo nominale, che dal mancato adeguamento è già stato intaccato".

La decisione farà ora sentire il suo peso sulle casse pubbliche dato che, secondo le stime dell'Avvocatura dello Stato, fornite in occasione dell'udienza pubblica, ammonterebbero a circa 1,8 miliardi per il 2012 e circa 3 miliardi per il 2013 i denari risparmiati dallo stato dal blocco degli assegni.

La tabella seguente mostra quanto potere di acquisto hanno lasciato sul campo gli assegni superiori a 3 volte il minimo inps rispetto alla disciplina vigente sino al 2011 (si noti che la causa della perdita non è solo data dalla mancata rivalutazione del biennio 2012-2013 ma anche dalla riduzione dell'indice di perequazione da attribuire per gli assegni superiori a 4 volte il minimo come stabilito dalla legge 147/2013).

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Sarà avviata domani l'operazione busta arancione. Coinvolgerà all'inizio 3 milioni di under 40 iscritti tra le gestioni autonomi, parasubordinati fondo lavoratori dipendenti.

Kamsin Parte l'operazione trasparenza dell'Inps sulle pensioni. I primi a poter conoscere l'entità della propria prestazione pensionistica saranno tre milioni di lavoratori under 40 autonomi, coltivatori diretti, iscritti alla gestione separata o al fondo lavoratori dipendenti. La simulazione sarà resa disponibile attraverso un documento interattivo consultabile tramite il sito dell'Inps previo accesso attraverso l'apposito pin dispositivo.

Attenzione però ai risultati. Il trattamento pensionistico futuro viene infatti stimato in base a dei parametri di massima la cui attendibilità diminuisce al crescere della distanza alla pensione. Paradossalmente, quindi, sono proprio questi lavoratori a rischiare di avere un calcolo poco accurato. L'Inps ha preso come riferimento per la crescita del paese le stime sul Pil contenute nel Def, il Documento di economia e finanza, con fattori che potranno essere comunque modificati dall'utente. Il lavoratore riceverà quindi una fotografia nella quale verrà indicata l'età approssimativa della pensione di vecchiaia, la previsione dell'ultimo stipendio prima del ritiro dal lavoro, l'ammontare dell'assegno segno ed il tasso di sostituzione. Chi non ha il pin, in autunno, troverà la documentazione necessaria ad accedere nella propria casella di posta.

La seconda parte del dell'operazione sarà avviata a giugno e coinvolgerà la platea dei cinquantenni per poi concludersi verso fine anno inglobando coloro che sono prossimi all'età pensionabile. Tempi più lunghi invece per i lavoratori pubblici per i quali l'Inps ha da poco assorbito l'ex Inpdap.

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Il disegno di legge sulla settima salvaguardia consente ad ulteriori 26mila lavoratori di accedere alla pensione in deroga ai requisiti Fornero

Kamsin Proroga al 6 gennaio 2017 dei termini per maturare la decorrenza della prestazione pensionistica determinata con le vecchie regole ed estensione della salvaguardia ai lavoratori titolari dell'indennità edile e a coloro che non hanno potuto siglare accordi con il datore di lavoro in quanto falliti. Sono questi i punti cardine del disegno di legge sulla settima salvaguardia (ddl 2958) presentato dagli Onorevoli Gnecchi e Damiano (Pd) ed assegnato da ieri alla Commissione Lavoro della Camera dei Deputati.

I Profili. Il provvedimento si rivolge a tutti i profili già salvaguardati con la legge 147/2014 (si veda tabella) allungando di fatto di un anno il termine per la maturazione della decorrenza della pensione, cioè comprensiva della finestra mobile, che passa per l'appunto dal 6 gennaio 2016 al 6 gennaio 2017.

Per centrare questo vincolo è quindi necessario raggiungere i vecchi 40 anni di contributi entro il 30 settembre 2015 (perchè c'è una finestra di 15 mesi) oppure i 61 anni e 3 mesi di età unitamente al quorum 97,3 con almeno 35 anni di contributi entro il 31 Dicembre 2015. O ancora 65 anni e 3 mesi di età unitamente ad almeno 20 anni di contributi sempre entro il 31 Dicembre 2015.

Le lavoratrici del settore privato possono altresì partecipare a condizione di aver raggiunto 60 anni e 6 mesi di età e 20 di contributi entro il 31 dicembre 2015 (che sono in pratica i vecchi requisiti per il trattamento di vecchiaia). Mentre, nel comparto scuola o afam, tutti i requisiti suddetti possono essere conseguiti entro il 31 dicembre 2015.

La ripartizione dei posti vede protagonisti gli autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione (12mila nuovi posti) e i lavoratori che hanno firmato accordi individuali o collettivi con il datore o che sono stati licenziati (6.000 posti). 2mila sono invece i posti assegnati ai lavoratori in congedo al 2011 per assistere disabili e 1.000 quelli per i lavoratori cessati con contratti a tempo determinato (tra cui vengono però espressamente ricompresi gli agricoli a tempo determinato e i somministrati con contratto a tempo determinato).

Lavoratori in Mobilità. A questi si aggiungono ulteriori 5mila posti per i lavoratori in mobilità che vedono sostanzialmente sparire il paletto della necessaria cessazione dell'attività lavorativa al 30 settembre 2012. In questo gruppo vengono poi inseriti i lavoratori che non hanno potuto siglare accordi per la mobilità a causa del fallimento delle rispettive aziende e quelli provenienti dalle eccedenze occupazionali delle imprese del settore edile. 

Chi si riconosce in questo profilo, per partecipare alla salvaguardia, deve raggiungere un diritto a pensione, sempre secondo le vecchie regole pensionistiche, entro la fine dell'indennità di mobilità (o del trattamento edile) oppure entro i successivi 12 mesi dalla scadenza della stessa. Nei loro confronti il disegno di legge sterilizza inoltre l'applicazione della stima di vita con la conseguenza di rendere piu' agevole l'ingresso in salvaguardia.

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L'allungamento dell'età pensionabile fatta con la riforma Fornero sicuramente ha salvato i conti pubblici e continua a farlo, ma è anche una delle cause della difficoltà dei giovani a trovare occupazione. Kamsin Lo riconosce, in una nota, Giuliano Poletti, Ministro del lavoro, che conferma la necessità di intervenire sulla legge Fornero per attenuarne alcune rigidità. E proprio la "madre" della riforma tanto contestata, ieri, nel corso della trasmissione DiMartedì, non si dice contraria ad «aggiustamenti» in questa direzione a patto che non si applichi una controriforma, per la quale lei stessa non crede esistano comunque «ne la volontà ne lo spazio» di manovra.

«Il fatto che si sia allungato il periodo per il pensionamento è stato un cambiamento forte e l'innalzamento della disoccupazione giovanile ha una causa in questo — ammette Poletti —. Sappiamo tutti perché ci siamo arrivati e non possiamo cancellarla con un colpo di spugna, dobbiamo cercare soluzioni per gestire la transizione, che siano staffette generazionali o flessibilità in uscita, ma dobbiamo ricostruire un equilibrio». «Siamo a conoscenza delle proposte a cui sta lavorando la Commissione Lavoro (della Camera, ndr), e il nostro obiettivo è arrivare ad una proposta strutturale entro l'estate in modo da poterla inserire all'interno del veicolo della legge di stabilità».

I correttivi servono sostiene Poletti, perché non si può solo agire per risparmiare, ma occorre anche investire sul futuro, sui giovani e allora bisogna pensare a strumenti correttivi: «qualsiasi sistema se mancano ragazzi di 20 anni o 25 non funziona nella stessa maniera — suggerisce il responsabile del Welfare —. Servono tutte le generazioni. Questa transizione va gestita, per quello che ci compete a livello pubblico cerchiamo di farlo, accompagnando chi ha scelto strumenti di accompagnamento più forti come avvenuto nel settore del credito».

Equilibrio che secondo Fornero dovrebbe anche guardare, nonostante la Consulta abbia detto già di no, ad un contributo di solidarietà per le pensioni più alte, corrisposte con il contributo di persone che lavorano guadagnando molto di meno dei pensionati d'oro. Insomma non si dovrebbe equiparare reddito da lavoro e pensione. Con il contributo di solidarietà, inoltre, poi si potrebbero anche coprire alcune necessità di quei segmenti di lavoratori rimasti penalizzati dal passaggio al sistema di calcolo contributivo per l'assegno di vecchiaia. Il problema esiste ed e urgente, a prescindere dagli attacchi giustificati o meno alla riforma previdenziale, ai quali Fornero non è «insensibile, ovvio che mi pesino».

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