Pensioni

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Il Governo Prodi, nel 2007, aveva istituito per la prima volta un tavolo di concertazione con i sindacati dei pensionati. Si trattava di una innovazione molto importante che si proponeva di coinvolgere i soggetti direttamente interessati alla tutela del potere d’acquisto delle pensioni. Kamsin Il successivo Governo Berlusconi ha subito abbandonato questo strumento. Migliore sorte non e’ toccata con gli altri Governi”. Lo dichiara in una nota il Presidente della  Commissione Lavoro alla Camera Cesare Damiano.     “Adesso – prosegue – noi pensiamo che sarebbe il caso di ripristinarlo per decidere quale sia il meccanismo migliore per restituire gli aumenti della mancata indicizzazione alle pensioni superiori a tre volte il minimo. Le scelte unilaterali senza un confronto preventivo con le parti sociali, quale che sia il Governo in carica, portano piu’ facilmente a compiere degli errori, come si e’ visto”.  

 “Tra le altre cose – spiega Damiano – va considerato che il sistema previdenziale ha bisogno di correzioni, come l’introduzione di un criterio di flessibilita’ nell’uscita dal lavoro a partire dai 62 anni, che richiedono l’investimento di risorse. Per questo un tavolo di confronto servirebbe per ricostruire un quadro generale di interventi sulla previdenza e per calibrare la distribuzione delle risorse tra le varie correzioni da apportare. Altrimenti c’e’ il rischio di chiudere una falla e di aprirne altre procedendo per aggiustamenti parziali e contraddittori. Sappiamo che il Premier Renzi non ama la concertazione, ma in questo caso il ripristino di una logica di dialogo sociale sarebbe salutare per il Governo e per il Paese.”

Il Governo avvia il confronto su come restituire i denari sottratti con il blocco della rivalutazione. Oggi intanto a Palazzo Chigi ci sarà il primo confronto con il Tesoro e l’Inps su come affrontare il tema della mancata rivalutazione nel 2012 e 2013 delle pensioni. Il ripristino della rivalutazione su tutte le pensioni toccate dalla manovra Monti, quelle che superano il triplo del minimo, costerebbe 1,8 miliardi di euro nel 2012 e 3 miliardi dal 2013 in poi, secondo i calcoli dell’Avvocatura. Il governo starebbe pensando di non rimborsare tutti, ma solo i pensionati con gli assegni più bassi, limitando così il costo dell’operazione.

La mancata rivalutazione per il 2012-13 potrebbe rimanere ad esempio sulle pensioni superiori a sei volte il minimo (cioè circa 3mila euro lordi al mese) ed essere articolata progressivamente in funzione del reddito, come ha previsto per il 2014, la legge 147/2013. Uno dei motivi della bocciatura del decreto Monti, del resto, è l’iniquità data dall’assenza di progressività. Le somme che il governo deciderà di restituire per il 2012-13 non dovranno essere coperto con misure compensative. Più complessa la faccenda per i conti del 2014, mentre è più semplice per il 2015, visto che la rivalutazione delle pensioni, senza inflazione l’anno scorso, non c’è stata. «Parliamo di 3 miliardi l’anno, al massimo, e quindi non c’è da drammatizzare» dice Francesco Boccia, presidente della commissione Bilancio della Camera.

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La Lega presenta la propria proposta di legge per estendere i benefici in favore dei cd. lavoratori esodati. All'interno ricompaiono i quindicenni e gli autorizzati ai volontari prima del 2007 ma anche il tentativo di porre rimedio all'Opzione donna.

Kamsin Completo utilizzo delle risorse stanziate e non ancora utilizzate nel Fondo Esodati senza piu' alcun vincolo temporale per accedere alla salvaguardia, estensione della salvaguardia ai cd. lavoratori quindicenni, agli autorizzati ai volontari prima del 20 luglio 2007, ai lavoratori nella Cassa Edile, stop alla finestra di accesso e alla stima di vita per chiedere la pensione a 57 anni (cd. opzione donna), possibilità di accedere alla pensione a 64 anni anche per i lavoratori del pubblico impiego per chi ha raggiunto la quota 96 entro il 31 dicembre 2012.

Sono i punti cardine della proposta di legge (ddl 3002) - primo firmatario Onorevole Fedriga - depositata questa mattina dalla Lega Nord in Commissione Lavoro alla Camera dei Deputati in materia di estensione dei benefici previdenziali per i lavoratori cd. esodati (cd. settima salvaguardia). La proposta affianca quella depositata la scorsa settimana dal Pd ricomprendendo però espressamente alcune categorie di lavoratori rimasti fuori dal perimetro di tutela predisposto dal Pd.

Ma a cambiare, rispetto alla proposta del Pd, è soprattutto il meccanismo di utilizzo dei fondi e della formazione delle graduatorie degli aventi diritto. Per la copertura degli oneri si prevede infatti il completo utilizzo di tutte le risorse stanziate ad hoc e non utilizzate con il cd. Fondo Esodati introdotto con la legge 228/2012. Il criterio che si intende seguire sarà quello della tutela degli aventi diritto mese dopo mese in base al conseguimento dei requisiti per l’accesso alla pensione secondo le norme previgenti al citato decreto-legge n. 201 del 2011, fino all’utilizzo totale delle risorse accantonate e non utilizzate perché maggiori rispetto al fabbisogno relativo all’effettivo numero di lavoratori tutelati dai precedenti sei provvedimenti di salvaguardia. "Ciò - si legge nel disegno di legge - per rimediare a una ingiustizia delle salvaguardie finora applicate, le quali non prevedono un giusto ordine cronologico nella maturazione dei requisiti ai fini della fruizione del beneficio della salvaguardia stessa".

Qualora le risorse già stanziate nel fondo per la salvaguardia degli esodati (articolo 1, comma 235, della legge n. 228 del 2012), ancora non utilizzate perché maggiori rispetto al fabbisogno relativo all’effettivo numero di lavoratori tutelati dai precedenti sei provvedimenti di salvaguardia, dovessero risultare insufficienti la proposta di legge prevede l’intervento del Ministro dell’economia e delle finanze per apportare le occorrenti variazioni di bilancio al fine di provvedere al reperimento di nuove ed ulteriori risorse. L’INPS, dal canto suo, dovrà procedere al monitoraggio con cadenza mensile delle domande presentate, prendendo in considerazione tutte le istanze fino al completo utilizzo delle risorse allo scopo accantonate e non ancora utilizzate.

Documenti: il testo ufficiale del Disegno di legge 3002

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L'ex premier: "Rispetto la sentenza, ma si dimentica che ci attendeva la Troika Difficile garantire le prestazioni, le decisioni delle corti europee divergono".

Kamsin «Rispetto la sentenza della Corte, come sempre, ma sono perplesso». Così Mario Monti, Presidente del Consiglio dei Ministri il cui Governo nel dicembre 2011 ha dato il via libera alla controversa norma sul blocco dell'indicizzazione delle pensioni bocciata Venerdì scorso dalla Corte Costituzionale. «Quello della Corte è un mondo calmo, riflessivo, che deve ragionare ex post e non è esposto alle tempeste che i governi devono affrontare in situazioni di emergenza. Il nostro primo dovere allora era evitare il default. In quel caso, come oggi in Grecia, sarebbero state a rischio le pensioni, non solo il loro aumento per recuperare l'inflazione. Immagino che la questione sia stata dibattuta anche all'interno della Corte: secondo resoconti giornalistici la sentenza sarebbe stata adottata con sei voti a favore e sei contrari e il sì determinante del presidente».

Monti difende l'operato del suo governo giustificato dalla logica dell'emergenza e dalla necessità di tenere sotto controllo lo spread ricordando, peraltro, come si fosse riusciti ad evitare lo sgancio dall'inflazione almeno degli assegni piu' bassi, inferiori cioè a 1450 euro al mese lordi. «Dal punto di vista finanziario la situazione dell'Italia di allora puntava pericolosamente in direzione della Grecia. Se non avessimo preso le misure necessarie, sarebbe intervenuto il default oppure sarebbe arrivata la Troika. La Corte non avrebbe avuto nulla da eccepire. Ma l'Italia avrebbe perduto il proprio credito oppure la sovranità nazionale».

«La situazione era tale per cui nei giorni precedenti il decreto sembrava inevitabile bloccare l'indicizzazione di tutte le pensioni, a prescindere dal reddito. Ma Elsa Fornero e io - e con noi i nostri colleghi - ci siamo ribellati nelle nostre stesse coscienze. Pur di evitare il blocco per le più povere, riaprimmo le posizioni del precedente "scudo fiscale" e imponemmo ex post un tassazione supplementare».

Impossibile, secondo Monti, colpire solo gli assegni superiori a 3700 euro al mese, come fece nel 2007 il governo Prodi senza che la Consulta avesse da obiettare: «Non ce lo potevamo permettere. Occorreva un risparmio maggiore, e poi c'era un problema di equilibrio politico. Le misure sulle pensioni, sgradite al Pd, facevano parte di un pacchetto in cui erano comprese misure sgradite al Pdl, l'Imu e l'inasprimento della lotta all'evasione fiscale. Solo grazie a questo mix di sacrifici politici, il "SalvaItalia" venne approvato dal Parlamento, rapidamente e a larga maggioranza».

Per quanto riguarda la quantificazione delle risorse Monti ammette che «avremmo dovuto fare uno sforzo in più, ma in quelle settimane si lavorava con una fretta diabolica. Giusto per rinfrescare la memoria storica: lo spread, che a novembre aveva toccato i 574 punti base, oscillava attorno ai 500. Oggi è a 110. Per collocare Btp decennali bisognava remunerarli all'8 per cento, oggi all'1,4. Il petrolio costava 110 dollari il barile, oggi 57. Il cambio dell'euro con il dollaro era 1,35, oggi è 1,12. Mario Draghi era appena entrato in carica e, lungi dall'assumere atteggiamenti espansivi, lanciò l'idea di un fiscal compact rigoroso, subito fatta propria dalla Germania».

L'ex Premier poi ribadisce che l'intervento della Corte non sottrae al Governo la possibilità di intervenire nuovamente per limitare i danni: «non sono abbastanza competente, ma ovviamente una Corte che dichiara una legge incostituzionale compie parte del suo compito. D'altra parte il governo può intervenire nuovamente, tenendo conto dei rilievi della Corte. Immagino che non si rassegnerà a subirne silente l'impatto finanziario».

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I lavoratori soggetti alle nuove regole pensionistiche con contribuzione mista hanno a disposizione diverse strade per centrare l'uscita.

Kamsin Per i lavoratori interessati dalla riforma previdenziale Fornero del 2011 che hanno contribuzione mista, cioè accreditata presso diverse gestioni previdenziali, può essere utile verificare quali sono le opzioni per avvicinarsi al traguardo della pensione. È chiaro che non ci sono scorciatoie in quanto la maggior parte delle opzioni prevedono comunque il versamento, direttamente o indirettamente di un onere, ma può risultare comunque utile avere un quadro entro cui è possibile muoversi per anticipare l'uscita. 

Chi ha contribuzione mista e non ha ancora raggiunto i requisiti per il conseguimento di una prestazione diretta a carico di una gestione previdenziale, ipotesi ormai sempre piu' frequente a causa della discontinuità dell'attività lavorativa, deve infatti valutare attentamente quali strumenti l'ordinamento mette a disposizione per riunire le diverse contribuzioni ai fini del conseguimento di un'unica prestazione previdenziale.  

Vediamo dunque, attraverso una tavola ragionata, quali sono le opzioni disponibili e a quale "prezzo" è possibile percorrerle.

La ricongiunzione - La prima facoltà da tenere a mente per il lavoratore è quella di ricongiungere a pagamento i versamenti effettuati in diverse gestioni previdenziali in un'unica gestione. La ricongiunzione è esercitabile sia dai lavoratori dipendenti che dagli autonomi e professionisti (ad eccezione però degli iscritti alla gestione separata) con un onere che può essere rateizzato. Con la ricongiunzione è possibile maturare una qualsiasi pensione nella gestione accentrante con le regole di calcolo previste per quest'ultima.

Con l'abolizione della pensione di anzianità, la necessità del pagamento di un onere e la sostanziale equiparazione dei requisiti per il conseguimento della pensione di vecchiaia in tutte le gestioni della previdenza pubblica, questo istituto è divenuto ormai meno utilizzato rispetto al passato. Ma resta pur sempre una strada percorribile per riunire tutti gli spezzoni contributivi e centrare i 41 anni e mezzo di contributi (42 anni e mezzo per gli uomini) necessari per uscire con la pensione anticipata.

La totalizzazione - Una seconda strada per chi possiede contributi in diverse casse previdenziali è quella di maturare la pensione di vecchiaia o di anzianità in regime di totalizzazione. L'istituto interessa praticamente tutte le gestioni previdenziali comprese le casse professionali e la gestione separata Inps. A differenza della ricongiunzione, la totalizzazione è completamente gratuita e non trasferisce i contributi da una gestione all'altra.

Il calcolo però viene effettuato con il sistema contributivo (di regola) e, pertanto, può comportare una decurtazione nel trattamento economico erogato. Con la totalizzazione si può conseguire una prestazione pensionistica al perfezionamento di 40 anni e 3 mesi di contributi (piu' una finestra mobile di 21 mesi) indipendentemente dall'età anagrafica oppure con 65 anni e 3 mesi unitamente a 20 anni di contributi (piu' una finestra mobile però di 18 mesi). Ad esempio se ci sono 21 anni di contributi nella gestione dipendenti e altri 20 nella gestione separata questi contributi si possono "sommare" per ottenere un'unica prestazione.

Il cumulo ex legge 228/2012 - La terza strada è piu' recente in quanto è stata introdotta con la legge di stabilità 2013. Consente ai lavoratori iscritti presso due o più gestioni previdenziali - ad eccezione delle casse professionali - di cumulare gratuitamente tali contributi per conseguire la pensione di vecchiaia. La facoltà di cumulo in questione è totalmente gratuita ed inoltre ha il vantaggio di lasciare inalterato il sistema di calcolo applicabile in base alle anzianità maturate. Questo istituto tuttavia può essere utilizzato solo se non è stato maturato un diritto a pensione nelle gestioni interessate ed all'età anagrafica prevista per la pensione di vecchiaia. Quindi mai prima dei 66 anni e 3 mesi (almeno di regola).

Questa facoltà può essere utile ad esempio se un lavoratore ha 10 anni di contributi nella gestione inps dipendenti ed altri 10 nella gestione separata. Senza tale istituto il lavoratore non avrebbe mai conseguito un diritto a pensione in nessuna delle due gestioni (perchè mancavano i 20 anni di  contributi) e avrebbe dovuto quindi totalizzare a 65 anni e 3 mesi rimettendoci però sull'importo dell'assegno per il diverso sistema di calcolo. Con il cumulo, invece, potrà ottenere a 66 anni e 3 mesi una prestazione di vecchiaia mantenendo il sistema di calcolo previsto nelle rispettive gestioni.

Il Computo nella Gestione Separata - Chi è iscritto alla Gestione Separata può chiedere il computo in tale gestione dei contributi accreditati nella Gestione Inps dipendenti, nei fondi speciali per i lavoratori autonomi e negli altri fondi sostitutivi ed esclusivi dell'Ago (articolo 3, Dm 282/1996). L'istituto è attivabile però solo da quei lavoratori in possesso di anzianità contributiva al 1° gennaio 1996 (però con meno di 18 anni di contributi alla medesima data); che abbiano 15 anni di contributi di cui almeno 5 nella gestione separata. Il Computo è gratuito ma comporta che il calcolo dell'assegno sia determinato completamente con il sistema contributivo. 

Con questo strumento i lavoratori possono però centrare l'uscita con le regole previste per i contributivi puri indicate dalla Legge Fornero (cioè pensione a 66 anni e 3 mesi con 20 anni di contributi; a 41 anni e 6 mesi di contributi indipendentemente dall'età anagrafica (42 anni e 6 mesi gli uomini); a 63 anni e 3 mesi di età unitamente a 20 anni di contributi "effettivi" a condizione che l'importo dell'assegno non risulti inferiori a 2,8 volte l'assegno sociale.

Il Cumulo per i contributivi puri - Scarsamente utilizzata e conosciuta invece la possibilità di cumulare i contributi per chi è entrato nel mondo del lavoro successivamente al 31.12.1995. Il Dlgs 184/1997 consente infatti a chi non è in possesso di anzianità contributiva a tale data e risulti iscritto presso due o più gestioni previdenziali - compresi i periodi lavorati nelle casse professionali a condizione che queste ultime abbiano adottato il sistema contributivo - la possibilità di sommare tali periodi per ottenere una prestazione previdenziale al perfezionamento dei requisiti previsti dalla legge Fornero per i contributivi puri.

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«Il governo e l'Inps devono applicare la sentenza emessa dalla Corte costituzionale sulla rivalutazione delle pensioni così come avvenne con il contributo di solidarietà su quelle d'oro che fu restituito a stretto giro». Kamsin Chiede il segretario generale dello Spi-Cgil, Carla Cantone. "Dopo la vicenda degli esodati un altro clamoroso colpo alla legge Fornero: la sentenza della Corte Costituzionale conferma che la cosiddetta riforma non sta in piedi e che le norme vigenti vanno cambiate". «È del tutto evidente - aggiunge Cantone - che bisognerà tornare al meccanismo di rivalutazione ante Fornero. La sentenza su questo è molto chiara: non si può fare cassa con i pensionati. Le pensioni da lavoro, che sono state conquistate e non regalate, devono essere tutelate».

Aprire subito il confronto per introdurre piu' flessibilità in uscita
Secondo la leader della Cgil "il governo sbaglia a non aprire urgentemente un confronto su come modificare la legge nel suo complesso, richiesta avanzata più volte unitariamente dai sindacati", ricorda. "Ora - conclude la dirigente sindacale - restituire subito il maltolto ai pensionati, a partire da quelli con assegni pari a tre volte il minimo".

Palazzo Chigi, conclude la leader del sindacato pensionati Cgil, deve quindi «rimettere mano a tutto l'impianto di una riforma che ha penalizzato anziani, adulti e giovani», intervenendo «anche sul capitolo esodati ed età pensionabile». I punti chiave secondo il sindacato sono «la reintroduzione del sistema delle quote unitamente ad una misura per i lavoratori precoci: 40-41 anni di contributi è limite massimo che può essere chiesto per andare in pensione ad un operaio che ha iniziato a lavorare a 15 anni. Particolare attenzione va riservata anche alle lavoratrici» sostengono dalla Cgil. «Sappiamo che sono state depositate diverse proposte di legge in tal senso dal Pd alla Camera e che sono condivise anche dalla maggioranza delle forze politiche. Non si comprende quando si inizierà a fare sul serio».

Il Condacons lancia un'azione collettiva
In arrivo anche una class action promossa dal Codacons a favore dei pensionati per la rivalutazione degli assegni pensionistici inferiori ai 2.400 euro mensili. Il presidente dell'associazione dei consumatori, Carlo Rienzi, intende incalzare raccogliendo i ricorsi di migliaia di pensionati perché «tagliare gli assegni pensionistici o bloccare la rivalutazione delle pensioni, come ha sostenuto la Consulta, è un atto illegittimo». La stessa Costituzione, conclude «prevede l'obbligo di dare una vita libera e dignitosa ei lavoratori e ai pensionati, i quali hanno diritto ad aumenti delle pensioni proporzionali alla crescita del costo della vita».

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L'ex ministro del Lavoro Elsa Fornero non condivide la sentenza della Corte Costituzionale di ieri secondo la quale è illegittimo il blocco dei trattamenti pensionistici al costo della vita per gli assegni superiori a tre volte il minimo Inps.

Kamsin Non riesco a capire. Bloccare le pensioni alte, o comunque non quelle più basse, in un momento di grave crisi finanziaria è una manovra contro la quale è difficile eccepire». Elsa Fornero, il ministro del welfare che nel governo Monti aveva avviato la riforma delle pensioni non condivide la sentenza della Corte Costituzionale di ieri secondo la quale è illegittimo il blocco dei trattamenti pensionistici al costo della vita per gli assegni superiori a tre volte il minimo Inps. Lo fa in una intervista raccolta dal Quotidiano de la Repubblica.

Professoressa Fornero, come commenta la sentenza che la commosse durante il suo governo? «Non la commento, perché non la conosco nel dettaglio. Ma la prima osservazione è che non era certo una norma stabilita da me. Per una volta, il governo Monti era stato unanime nel ritenere che per ragioni di emergenza finanziaria fosse motivato stabilire quel blocco. Non era facile, e di fatti io stessa ne fui colpita, e chiesi che la norma non fosse estesa a chi percepiva 1000 euro almese, o meno. Una richiesta personale fatta proprio alla luce della mia comprensione dei problemi».

Dunque la norma non faceva parte della riforma pensionistica? «Assolutamente no. Non fu una norma proposta da me e non entrò nella riforma. Fu dovuta alla situazione economica tragica del Paese, da tutti conosciuta. Il governo impose il blocco per due anni. E l'indicizzazione delle pensioni più basse fu sbloccata grazie al mio intervento».

Ora la decisione della Consulta addebita fino a 5 miliardi allo Stato? «E difficile pensare che quella norma fosse incostituzionale nelle circostanze di quel periodo. Non si trattava di una retribuzione differita a chi la percepiva, non corrispondeva ai contributi versati. E questa norma arrivava in un momento in cui tutti piangevano per i giovani senza lavoro. É difficile vederla ora come incompatibile con la Costituzione». «Sei sindacati difendono l'indicizzazione delle pensioni alte, è un fatto paradossale, che fa pensare che il mondo va alla rovescia. E non capisco neppure perché sollevare ora, quando l'intera manovra era digerita, un dubbio di incostituzionalità».

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