Pensioni

Pensioni

Gli inquirenti scoprono un giro di truffe milionarie in danno dell'Inps. I parenti intascavano da anni gli assegni pensionistici dei cari estinti.

Kamsin I parenti erano morti da tempo, loro avrebbero continuato a percepirne la pensione dall'ex Inpdap (l'istituto di previdenza per i dipendenti della pubblica amministrazione oggi sostituto dall'Inps) per una presunta e complessiva truffa di un milione e trecentomila euro ai danni delle casse dello Stato. Con queste accuse 11 persone ieri sono state rinviate a giudizio dal gup, che ha accolto quanto richiesto dal pm Nadia Plastina.

Gli imputati, in base a quanto ricostruito nelle indagini condotte invece all'epoca dal pm Maria Cordova, «con più azioni esecutive di un medesimo disegno criminoso» avrebbero omesso per anni di comunicare all'Inpdap il decesso del loro caro, sul cui conto cointestato l'ente continuava regolarmente a versare la pensione. Tra i rinviati a giudizio, c'è chi è accusato di aver intascato in questo modo 31 mila euro a partire dal 2007 e nell'arco di 5 anni, ma anche chi si sarebbe appropriato illecitamente di somme più importanti: alcuni dei decessi dei parenti degli imputati risalgono in effetti agli anni tra il 1999 e il 2002, mentre le truffe sono cessate solo a inizio 2012.

Si va dai 167 mila euro truffati  secondo il capo di imputazione  da un uomo originario di Bologna che aveva il conto cointestato con una defunta, ai 127 mila incassati da una signora grazie alla pensione che l'Inpdap continuava a erogare alla madre. Uno degli imputati avrebbe truffato le casse pensionistiche per ben 425.281 euro. Il padre, che gli aveva rilasciato una delega a operare sul proprio conto corrente ed è morto nel 2000, era infatti titolare di 4 diversi assegni: il trattamento Inpdap, la pensione di invalidità civile Inps, la pensione di guerra nonché l'assegno straordinario per decorazione con medaglia d'argento alvalor militare. Il figlio e la nuora di una signora romana morta nel 2005, invece, avrebb ero continuato a prelevare tramite bonifici il denaro che le veniva accreditato sul conto corrente ogni mese, nonostante non avessero alcuna delega in tal senso.

Seguifb

Zedde

Fonte: Il Tempo

Eventuali periodi riscattati nella gestione Inps dopo la conclusione del trasferimento dei contributi nella gestione ex-inpdap potranno essere trasferiti solo presentando una seconda domanda di ricongiunzione.

Kamsin Regolarizzazioni contributive e riscatti piu' difficili una volta che la pratica di ricongiunzione presentata dal lavoratore ed effettuata ex articolo 2 della legge 29/79 (che consente il trasferimento dei contributi dalla gestione Inps alla Gestione Dipendenti Pubblici) si è conclusa con il versamento dell'onere dovuto o delle prime tre rate. I lavoratori per farlo dovrano presentare una seconda domanda di ricongiunzione e pagare il relativo onere che, verosimilmente, sarà piu' elevato a causa dell'età piu' elevata dell'istante. Lo precisa l'Inps nel messaggio hermes 2721 pubblicato ieri sulle reti interne dell'istituto.

La Questione. L'Inps interviene sul riesame del provvedimento di ricongiunzione ex art.2 della legge n. 29/1979, nel caso in cui, dopo la definizione della pratica, intervengano regolarizzazioni contributive ex art. 13 della legge n. 1338/1962 o domande di riscatto a vario titolo, aventi ad oggetto periodi anteriori alla data di presentazione della domanda di ricongiunzione.

Fino ad oggi la Gestione Dipendenti Pubblici ha adottato l'orientamento secondo il quale è ammesso il riesame dell'originaria domanda di ricongiunzione ex art.2 della legge n. 29/1979, ancorché il provvedimento fosse stato emesso, notificato e già accettato dall'interessato con il pagamento dell'onere dovuto e delle prime tre rate.

Per converso, nell'ambito della Gestione Dipendenti Privati il riesame delle domande di ricongiunzione ex art.2 per effetto dell'accredito di ulteriori periodi assicurativi pregressi è ammessa fintanto che l'operazione di ricongiunzione non risulti conclusa, per accettazione, a seguito dell'avvenuto pagamento totale o parziale (prime tre rate) dell'onere stesso.

Al fine di uniformare l'azione amministrativa l'Inps ha pertanto deciso di applicare le regole previste nella gestione Inps alla gestione ex-inpdap.

Pertanto, qualora l'interessato, dopo che la pratica di ricongiunzione ex art.2 della legge n.29/1979 presso la Gestione Pubblica sia stata definita per accettazione, con il versamento dell'onere dovuto o delle prime tre rate di esso, presenti nel Fondo pensioni lavoratori dipendenti dell'AGO o in altri fondi alternativi una domanda di riscatto a vario titolo di ulteriori periodi assicurativi anteriori alla data di presentazione della citata domanda di ricongiunzione, gli stessi potranno essere ricongiunti solo attraverso la presentazione di una seconda domanda di ricongiunzione.

Ciò comporterà, inevitabilmente, un onere maggiore per la revisione dei coefficienti che regolano i criteri di determinazione della riserva matematica per le ricongiunzioni intervenuti con l'articolo 12, comma 12-decies del decreto legge 78/2010 convertito con legge 122/2010 e da una età anagrafica superiore rispetto alla prima domanda. Al contrario, qualora l'operazione di ricongiunzione non dovesse risultare ancora conclusa per accettazione, i periodi assicurativi acquisiti per effetto del riscatto potranno formare oggetto di ricongiunzione sulla base della prima domanda.

seguifb

Zedde

Gli ex lavoratori ammalati di asbesto occupati nelle imprese che hanno svolto attività di scoibentazione e bonifica possono accedere alla pensione con regole ante-Fornero.

Kamsin L'inps detta le istruzioni per la fruzione della speciale deroga in materia previdenziale introdotta con l’articolo 1, comma 117, della legge 190/2014 in favore dei cd. lavoratori dell'impianto dell'ex Isochimica di Avellino. Lo fa con la Circolare 80/2015 con la quale illustra le novità contenute nella legge di Stabilità 2015 al riguardo del pensionamento-anticipato in favore dei lavoratori riconosciuti ammalati ai sensi dell'art. 13, comma 7 legge 257/92 dalle competenti sedi INAIL.

La Circolare precisa che i lavoratori in possesso di almeno trent'anni di anzianità assicurativa e contributiva possono ottenere una maggiorazione dell'anzianità assicurativa e contributiva pari al periodo necessario a raggiungere i requisiti richiesti al 2011, e quindi prima della riforma Fornero, cioè “quota 96” cioè trentacinque anni di contributi e sessantuno anni di età oppure trentasei anni di contributi e sessanta anni di età oppure quarant'anni di contributi a prescindere dall'età. La maggiorazione però non può essere superiore al periodo compreso tra la risoluzione del periodo di lavoro e quella del compimento dei sessantasei anni per gli uomini e sessantadue per le donne.

La maggiorazione si applica unicamente ai fini del conseguimento del diritto alla pensione e per i soggetti che, a seguito del riconoscimento della maggiorazione dell’anzianità assicurativa e contributiva, perfezionano il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico in data anteriore al 2015, per espressa disposizione normativa, è preclusa la corresponsione di ratei arretrati.

seguifb

Zedde

E' stata discussa ieri in Commissione Lavoro alla Camera dei Deputati la Risoluzione Dall'Osso (M5S) che intende chiedere al Governo la correzione del regime contributivo per i farmacisti dipendenti e i titolari di farmacia. Kamsin I promotori della risoluzione hanno fatto presente come sul piano previdenziale sussista un regime differenziato non piu' sostenibile tra i farmacisti dipendenti, che sono tenuti all'iscrizione all'INPS, e i titolari di farmacia, che invece hanno rapporti con il solo ENPAF (l'ente nazionale di previdenza ed assistenza dei farmacisti).Nella risoluzione, peraltro, evidenziano che, per effetto di una legge assai risalente nel tempo, anche i farmacisti dipendenti sono tenuti a versare un «obolo» al medesimo ente previdenziale, che risulta particolarmente oneroso nei casi di disoccupazione involontaria.

Il M5S chiede pertanto al Governo di ridurre la somma dovuta dai farmacisti occupati, assumendo altresì iniziative per sollevare dal versamento della stessa tutti gli inoccupati restituendo anche le quote sinora percepite dall'anno 2008, anno di stima di inizio della crisi economica, all'anno 2014 e, su un piano più generale, rendere facoltativa l'iscrizione all'ENPAF.

seguifb

Zedde

 

“Si rischia di negare un diritto pensionistico trasformando quest’ultimo in assistenza”. Serve un anticipo strutturale dell'età pensionabile con il ritorno al sistema delle quote.

Kamsin Il Presidente della Commissione Cesare Damiano boccia l'ipotesi di introdurre un reddito minimo garantito per le persone tra i 55 e 65 anni che il presidente dell’Inps ha annunciato in arrivo pe il mese di giugno. “Non credo che dare loro un trasferimento, che sara’ basso – dice Boeri – li esponga al rischio di non mettersi in cerca di un lavoro”. Si tratta di persone che “difficilmente trovano un nuovo impiego (solo il 10%)”. Ma Damiano sostiene che “corriamo il rischio di intervenire con una misura assistenziale laddove alcuni potrebbero andare in pensione” ovvero si rischia di “negare un diritto pensionistico trasformando quest’ultimo in assistenza”.

quota 100

L'ex ministro del Lavoro ricorda le due proposte di legge che concedono la possibilita’ di uscire dal mercato del lavoro gia’ da 62 anni con 35 anni di contributi e una leggera penalizzazione sull’assegno pensionistico oppure al perfezionamento della quota 100 con 62 anni e 38 di contributi ma senza alcun taglio all'assegno pensionistico. "Nei prossimi giorni sentiremo il ministro del Lavoro Giuliano Poletti per conoscere le intenzioni ufficiali del governo su questi punti".

Per intervenire sulla fascia indicata da Boeri e che vive disagi di diverso tipo occorre, argomenta Damiano, “disaggregare la platea e differenziare gli interventi sulle diverse situazioni di disagio”. Se ad alcuni sarebbe giusto concedere il diritto ad andare in pensione, agli incapienti per esempio che percepiscono una pensione di 600 euro si potrebbe estendere la misura del bonus di 80 euro.

"Inoltre, nel caso delle pensioni contributive, quindi erogate a fronte di un capitale già accumulato, perché non riconsiderare la questione dell'età minima quale utile strumento di spinta all'uscita dal lavoro dipendente verso nuove attività e di sostituzione tra generazioni? Di fatto, la lotta alla pensione di anzianità non si giustifica più in un pieno e coerente sistema contributivo. Quanto è stato accumulato dal singolo correttamente deve essere tradotto in quanto spettante, poco o tanto che sia, soltanto in relazione all'età raggiunta e a un minimo di anzianità accumulata" ha detto Damiano.

seguifb

Zedde

Le Amministrazioni pubbliche potranno collocare in quiescienza forzosa il dipendente al perfezionamento della massima anzianità contributiva anche prima del 62° anno di età. Ma sino al 2017.

Kamsin Sino al 2017 le Pa potranno spedire a casa i dipendenti che raggiungono un diritto a pensione anticipata anche prima dei 62 anni. Lo chiarisce il Dipartimento della funzione pubblica, con la nota 16/4/2015 n. 24210, in risposta ad un quesito posto dal comune di Brescia. Il chiarimento si è reso necessario per approfondire l'impatto dell'articolo 1, comma 113, della legge 190/2014 sulla normativa che consente alle Pa di risolvere facoltativamente il rapporto di lavoro per esigenze organizzative quando il lavoratore abbia raggiunto un diritto a pensione anticipata.

L'articolo 1, comma 5, del dl 90/2014 (riforma Madia) ha infatti previsto che le amministrazioni pubbliche possono attivare la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro nei confronti del personale soggetto alla nuova disciplina pensionistica, quando detto personale abbia acquisito il requisito contributivo per la pensione anticipata (per il 2015: 42 anni e 6 mesi per gli uomini e 41 anni e 6 mesi per le donne, mentre per il triennio 2016-2018 si passa a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne), a condizione che dipendente non abbia un'età anagrafica che possa farlo incorrere in penalizzazioni sull'importo della pensione.

In sostanza, come chiarito dalla circolare della funzione pubblica 2/2015, la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro, ai sensi della riforma Madia, non può avvenire prima del compimento dei 62 anni d'età.

Il diritto a pensione deve essere raggiunto entro il 2017. Sul tema però è tornato l'articolo 1, comma 113, della legge 190/2014, ai sensi del quale le disposizioni contenute nella «riformaFornero» delle pensioni e, in particolare l' articolo 24, comma 10, terzo e quarto periodo, del dl 201/2011 «non trovano applicazione limitatamente ai soggetti che maturano il previsto requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017».

Palazzo Vidoni, dunque, chiarisce che combinando le varie disposizioni tra loro si deve concludere che nel triennio 2015-2017 «non operano più le penalizzazioni previste dall'art 24, comma 10, del dl n. 201 del 2011, convertito in legge n. 214 del 2011, per quei dipendenti che accedono alla pensione anticipata prima del compimento dei 62 anni di età». Questo consente alle p.a., per il triennio 2015-2017, di attivare con maggiore agilità la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro, utile per sbloccare il turnover e favorire il ricambio generazionale.

Gli effetti. La nota spiega che qualora il dipendente abbia maturato il requisito contributivo per la maturazione del diritto alla pensione anticipata in data antecedente al 1° gennaio 2015 e tale dipendente sia in servizio perché di età anagrafica inferiore ai 62 anni, l'amministrazione di appartenenza potrebbe comunque disporre la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro con preavviso di 6 mesi e senza penalizzazioni per l'interessato, purché successivamente al 1° gennaio 2015.

Laddove il dipendente maturi i suddetti requisiti contributivi entro il dicembre 2017, anche con età inferiori a 62 anni, anche in questo caso la risoluzione del rapporto di lavoro non comporterebbe penalizzazioni, nonostante la decorrenza dell'assegno di pensione ricada successivamente al 31/12/2017. Le penalizzazioni torneranno operative a partire dal 1° gennaio 2018, fatto salvo, appunto, il caso della maturazione del requisito della pensione anticipata entro il 31/12/2017.

seguifb

Zedde

© 2022 Digit Italia Srl - Partita IVA/C.f. 12640411000. Tutti i diritti riservati