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Nessuna sanzione sino al 31 Marzo per chi non ha versato l'Imu sui terreni agricoli entro la scadenza del 10 febbraio. Confermate le regole di esenzione per i terreni totalmente montani.

Kamsin Ai contribuenti che devono ancora versare l’Imu 2014 sui terreni resta poco più di una settimana per effettuare il pagamento senza incappare in sanzioni e interessi. Per regolarizzare la propria posizione, infatti, c’è tempo fino al prossimo 31 marzo secondo una norma contenuta nella legge di conversione del decreto legge 4/2015 approvato la scorsa settimana in via definitiva dal Parlamento. Non ci sarà dunque nessuna sanzione o interessi nel caso in cui il contribuente non abbia rispettato la data del 10 febbraio a condizione che lo stesso sia effettuato entro il termine del 31 marzo 2015.

Per quanto riguarda il versamento, ricordiamo innanzitutto chi è tenuto a presentarsi alla cassa. Al riguardo, il provvedimento ha abbandonato il criterio altimetrico introdotto dal dm 28 novembre 2014, che aveva suddiviso i comuni in tre fasce (fino a 280 metri, fra 281 e 600 metri e oltre i 600 metri) in base all’altitudine del centro. Il nuovo regime, invece, modula le esenzioni a seconda che gli enti siano riconosciuti come totalmente o parzialmente montani, tassando sempre e comunque i terreni ubicati in municipi non montani. Per capire quale caso si rientra occorre accedere al sito dell’Istat e verificare il codice riportato nella colonna «R» rubricata «comune montano», che potrà essere «T» (totalmente montano), «P» (parzialmente montano), «NM» (non montano).

Nel primo caso (comuni totalmente montani), l’Imu non è dovuta (e, se versata nel 2014, può essere chiesta a rimborso). Nel secondo caso (comuni parzialmente montani), sono esenti solo i terreni afferenti a coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali iscritti alla previdenza agri- cola (Iap). L’esenzione spetta anche nel caso di concessione degli stessi terreni in comodato o in affitto ad altri coltivatori diretti e Iap, purché il concedente abbia egli stesso la medesima qualifica. Nel terzo caso (comuni non montani), tutti i terreni sono assoggettati al prelievo.

Per il 2014, tuttavia, restano valide tutte le esenzioni previste dal dm di novembre, anche se non confermate dal provvedimento successivo. Quindi non devono versare l’Imu 2014: a) i terreni agricoli (anche non coltivati) ubicati i comuni con altitudine superiore a 600 metri (anche se non inclusi nell’elenco Istat); b) i terreni agricoli (anche non coltivati) posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali ubicati i comuni con altitudine tra 281 e 600 metri (anche se non inclusi nell’elenco Istat); c) i terreni agricoli (anche non coltivati) concessi in comodato o in affitto a coltivatori diretti e a imprenditori agricoli professionali ubicati i comuni con altitudine tra 281 e 600 metri (anche se non inclusi nell’elenco Istat).

Le regole per la determinazione dell'imposta. Non sono invece mutate le regole per la determinazione di quanto si deve pagare. La base imponibile si ottiene applicando all’ammontare del reddito dominicale risultante in catasto, vigente al 1° gennaio dell’anno di imposizione, rivalutato del 25%, un moltiplicatore pari a 130, che scende a 75 per i coltivatori diretti e gli Iap. A favore di questi ultimi, inoltre, è prevista una franchigia di 6 mila euro e una riduzione per scaglioni sull’eccedenza fino a 32 mila euro. Quanto all’aliquota, infine, per il 2014 si applica quella «di base» stabilita dalla legge (7,6 per mille), salvo che l’ente non abbia approvato una specifi caaliquota per i terreni. La stessa aliquota dovrà essere utilizzata per calcolare l’acconto 2015, mentre per il saldo si dovrà tenere conto delle eventuali decisioni assunte dai sindaci nei prossimi mesi.

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Zedde

Il disegno di legge delega di riforma della pubblica amministrazione concluderà il suo iter in commissione Affari costituzionali questa settimana.

Kamsin Riprenderà domani la discussione in Commissione Affari Costituzionali del Senato del ddl 1577 sulla riforma della pubblica amministrazione. L'obiettivo della Commissione è chiudere l'esame entro questa settimana e quindi presentare il provvedimento dal 31 Marzo in Aula per l'avvio della votazione finale. Sul piatto però restano ancora diversi nodi da sciogliere, a partire dalla riforma della dirigenza pubblica (con la discussa abolizione della figura del segretario comunale) e il passaggio delle visite fiscali dalle Asl all'Inps per garantire maggiore efficienza dei controlli. Da confermare anche la revisione delle camere di commercio, la semplificazione delle norme che portano al licenziamento dei dipendenti, il riordino delle partecipazioni societarie delle pubbliche amministrazioni.

Sulla Dirigenza pubblica il Governo punta ad introdurre i ruoli unificati e coordinati, accomunati da requisiti omogenei di accesso e da procedure analoghe di reclutamento, basati sul principio del merito e della formazione continua nonché su quello della piena mobilità tra i ruoli. La valutazione del dirigente vedrà il "superamento degli automatismi nel percorso di carriera" e il suo aggancio al merito in esito di una specifica valutazione dei risultati conseguiti.

A cambiare sarà anche l'accesso alla dirigenza con l'introduzione del cd. corso-concorso e la retribuzione del dirigente che sarà collegata al tipo di incarico ottenuto e dipenderà dal raggiungimento di specifici obiettivi fissati sia per l'intera amministrazione, sia per il singolo dirigente. 

In questo contesto il Governo intende confermare la soppressione delle figure dei segretari comunali e provinciali - con l'inserimento degli attuali nel ruolo unico dei dirigenti degli enti locali - e la facoltà, per gli enti locali privi di figure dirigenziali, di nominare un dirigente apicale (in sostituzione del segretario comunale), con l'obbligo per i comuni con meno di 5.000 abitanti di gestire quest'eventuale funzione di direzione apicale.

Ma nel mirino della Riforma ci sono anche i dipendenti pubblici "normali" per i quali il provvedimento ha in serbo due novità. Da un lato c'è la riorganizzazione delle funzioni in materia di accertamento medico-legale sulle assenze dal servizio  per malattia dei dipendenti pubblici, al fine di garantire l'effettività del controllo, con attribuzione della relativa competenza all'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale; dall'altro ci sarà una revisione delle norme in materia di responsabilità disciplinare finalizzata ad accelerare, rendere concreto e certo nei tempi di espletamento e di conclusione l'esercizio dell'azione disciplinare ed il licenziamento del dipendente. 

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Zedde

L'istituto di previdenza ha precisato che il nuovo sgravio contributivo per chi assume stabilmente è compatibile con gli altri incentivi alle assunzioni di natura economica.

Kamsin Il nuovo esonero contributivo introdotto dalla legge di stabilità 2015 è compatibile con gli altri incentivi alle assunzioni che assumano natura economica (e non invece di sconto contributivo). Lo ha precisato l'Inps con la Circolare 17/2015. Occhio dunque a verificare la natura dei benefici di cui intende fruire perchè la precisazione consentirà di abbinare - anche se per un periodo limitato di tempo - l'agevolazione fino a 8.060 euro all'anno riservata ai contratti a tempo indeterminato stipulati nel 2015 con altri incentivi già presenti nel sistema per agevolare il reinserimento di alcune categorie di lavoratori.

Nello specifico i datori di lavoro possono usufruire del nuovo bonus in combinazione con:

1) l'incentivo portato in dote dai lavoratori beneficiari dell'Aspi, che consiste nel 50% dell'indennità che sarebbe spettata al lavoratore se non fosse stato assunto, per la durata residua del trattamento (l'agevolazione rimarrà in vigore anche con il superamento dell'Aspi a favore della Naspi, in attuazione del jobs act);

2)  l'incentivo per chi assume iscritti alla Garanzia Giovani (programma che dura un anno);

3) il bonus per chi assume iscritti alle liste di mobilità, pari al 50% dell'indennità che sarebbe spettata al lavoratore per il residuo periodo di diritto al trattamento;

 4) il bonus riferito ai giovani lavoratori agricoli (legge 116/2014);

5) gli incentivi previsti per particolari categorie di lavoratori disabili e per l'assunzione di giovani genitori (l'incentivo è pari a euro 5.000,00 fruibili, dal datore di lavoro, in quote mensili non superiori alla misura della retribuzione lorda, per un massimo di cinque lavoratori.).

Il datore dovrà curare gli adempimenti indicati per ciascuna agevolazione e vagliare le condizioni previste dalle diverse misure: il cumulo con il bonus per chi assume percettori dell'Aspi è subordinato, ad esempio, al rispetto delle regole "de minimis" e al fatto che l'assunzione non derivi da un obbligo di legge o di Ccnl.

E' invece possibile cumulare solo parzialmente il beneficio con il cosiddetto «bonus Letta» (quello riservato ai giovani svantaggiati con meno di 29 anni di età ai sensi del Dl 76/2013).  Quest'ultimo potrà essere usato solo per l'eventuale quota di contribuzione mensile eccedente il tetto di 671,66 euro previsto per l'esonero contributivo (euro 8.060,00/12).

Difatti, nel concorso di altri regime agevolati, l’ammontare del bonus letta non può comunque superare l’importo dei contributi previdenziali a carico del datore di lavoro, per cui, unitamente allo sgravio contributivo triennale, il citato incentivo per l’assunzione di giovani entro i 29 anni di età opererebbe solo con riferimento all’eventuale quota di contribuzione a carico del datore di lavoro superiore alla soglia mensile di euro 671,66. Per esempio, sussistendo le condizioni per la fruizione di ambedue i predetti incentivi, a fronte di contributi previdenziali a carico del datore di lavoro pari, nel mese, a euro 800,00, il datore di lavoro fruisce dell’esonero contributivo ex Legge di stabilità 2015 per un importo massimo pari a euro 671,66 e dell’incentivo sperimentale ex d.l. n. 76/2013 per un importo pari a euro 128,34, corrispondenti alla differenza fra l’importo dei contributi previdenziali (euro 800,00) e quello dell’esonero fruito per effetto della misura in oggetto (671,66).

Il bonus, invece, non è cumulabile con l’incentivo per l’assunzione di lavoratori con più di 50 anni di età disoccupati da oltre dodici mesi e di donne prive di impiego regolarmente retribuito da almeno ventiquattro mesi ovvero prive di impiego da almeno sei mesi e appartenenti a particolari aree, di cui all’art. 4, commi 8 e seguenti, della legge n. 92/2012.

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Zedde

La discussione di Riforma del sistema previdenziale si arricchisce dell'idea lanciata dal leader di Pin, Armando Siri fatta propria, secondo quanto si apprende dai giornali, dal leader della Lega Nord, Matteo Salvini.

Kamsin Una pensione con 35 anni di contributi e di un importo fisso di 800 euro al mese per 14 mensilità. Che diventano mille euro al perfezionamento di 40 anni di contributi. E senza alcun vincolo di età anagrafica. Dopo la Flat Tax nel programma economico di Matteo Salvini entra la riforma previdenziale che il Leader leghista prende in prestito da Armando Siri, leader del Partito Italia Nuova.

La proposta. Siri si rivolge soprattutto ai giovani, cioè coloro che hanno iniziato a versare successivamente al 31 dicembre 1995 e che pertanto si ritrovano nel contributivo puro con la prospettiva di percepire assegni molto modesti una volta in pensione. La proposta riguarda infatti tutti i neo lavoratori e coloro che hanno meno di 10 anni di anzianità di servizio i quali potranno ottenere una pensione con 35 anni di contributi, indipendentemente dall'età anagrafica, di un importo standard di 800 euro al mese (per 14 mensilità). E con 40 anni di contributi la prestazione salirebbe a mille euro al mese per un totale di 14mila euro annui. Inoltre, qualora l'assegno sia pari ad 800 euro, il lavoratore lo potrà sempre integrare con i volontari per raggiungere il minimo di mille euro. 

Sarebbero ammessi al nuovo sistema anche i lavoratori che hanno fino a 25 anni di anzianità contributiva a condizione che la loro aspettativa di pensione sia superiore ai mille euro al mese; in questo caso otterranno un rimborso una tantum rateizzato in tre anni per recuperare la differenza.

Minor peso fiscale per i datori. L'obiettivo della proposta, secondo Siri, è mettere piu' soldi in busta paga e garantire una prestazione standard per tutti i lavoratori, sia autonomi che dipendenti. Il tetto di contributi a carico del datore infatti non potrà superare i 5mila euro all'anno; la restante parte sarà a carico del lavoratore che dovrebbe pagare un'aliquota del 10% della retribuzione media annuale sino ad un massimo complessivo di versamenti pari a 7.500 euro l'anno. Il lavoratore che al momento in base alla sua retribuzione versa contributi superiori a 7500 euro annui riceverà questa differenza in busta paga. In questo modo, con 40 anni, si potrebbe accumulare un montante di 300mila euro (si veda la grafica in basso).

"Ci saranno più soldi durante la vita lavorativa - spiega Siri - eventualmente disponibili per forme di previdenza integrative - e poi tutti avranno una pensione uguale e dignitosa con il raggiungimento del periodo contributivo. "Il principio è lo stesso della Flat Tax. Tutti percepiranno la stessa pensione, indipendentemente dal reddito. Oggi - spiega ancora Siri - più un lavoratore guadagna, più aumenta il costo del lavoro per il datore, che paga maggiori contributi pensionistici. Con questa riforma, invece, il datore di lavoro pagherà 5mila euro l’anno per ciascun lavoratore indipendentemente dal suo reddito. Oggi il versamento dei contributi è obbligatorio per evitare che lo Stato debba sostenere costi sociali eccessivi.

La riforma mira a minimizzare i costi sociali: sempre meno persone, infatti, scelgono di non lavorare, le casalinghe sono in dimunizione. In sintesi, il costo previdenziale diventa uguale per tutti, il datore di lavoro, grazie al combinato con la Flat Tax, risparmierà sul costo del lavoro e ogni lavoratore avrà una busta paga più consistente nella certezza che, quando andrà in pensione, lo Stato garantirà a tutti una somma dignitosa per vivere".

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Zedde

Attesa la risposta del Ministro del Lavoro Giuliano Poletti sulla possibilità di ammettere alla depenalizzazione gli assegni pensionistici liquidati con la decurtazione tra il 2013 ed il 2014.

Kamsin Si svolgerà venerdì l'interrogazione in Commissione Lavoro alla Camera presentata dall'Onorevole Prataviera (Ln) al Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, riguardante l'estensione ai trattamenti pensionistici con decorrenza antecedente al 1° gennaio 2015 dell’esclusione dalle penalizzazioni in caso di accesso alla pensione anticipata, prevista dall’articolo 1, comma 113, della legge di stabilità 2015 (5-04899). Lo si apprende dal calendario dei lavori della Commissione Lavoro della Camera diffuso oggi dal Presidente della Commissione, Cesare Damiano.

Com'è noto la recente legge di stabilità ha provveduto alla cancellazione (seppur solo sino al 31 dicembre 2017) del taglio dell'1-2% degli assegni conseguiti con la massima anzianità contributiva prima di aver compiuto i 62 anni. Il beneficio, riguarderebbe, tuttavia solo gli assegni aventi decorrenza successiva al 31.12.2014; mentre la penalizzazione resterebbe a vita sugli assegni già liquidati prima del 1° gennaio 2015 (si stima in circa 25mila i pensionati che tra il maggio 2013 ed il dicembre 2014 sono usciti accettando la riduzione, sono soprattutto donne). 

Il testo dell'interrogazione. Per sapere – premesso che:
   l'articolo 24, comma 10, del decreto-legge n. 201 del 2011 – cosiddetta Riforma Fornero – ha previsto la possibilità di accesso alla pensione anticipata – vale a dire ad età inferiore ai 62 anni – in favore di coloro che possono vantare un'anzianità contributiva di 42 anni ed 1 mese per gli uomini e 41 anni e 1 mese per le donne; in tal caso, però, è applicata una riduzione pari a 2 punti percentuali per ogni anno di anticipo nell'accesso al pensionamento rispetto all'età di 62 anni;
   l'articolo 1, comma 115, della legge di stabilità per il 2015 ha cancellato la predetta penalizzazione del 2 per cento di riduzione per tutti coloro che nel triennio 2015-2017 matureranno i requisiti per accedere alla pensione anticipata con 42 anni e 6 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 6 mesi di contributi per le donne;
   la mancata previsione di un effetto retroattivo del predetto comma 115 della legge di stabilità crea di fatto una sperequazione tra coloro che – a parità di requisiti anagrafici e contributivi – sono andati in pensione nel triennio 2012-2014 avendo subito un taglio all'assegno previdenziale spettante e coloro che andranno in pensione nel triennio a venire;
   a parere degli interroganti sarebbe stato opportuno, qualora la mancanza di risorse economiche avesse impedito un effetto retroattivo della norma contenuta nella finanziaria, quantomeno sospendere le penalizzazioni per il triennio 2015-2017 anche nei riguardi di coloro che hanno acceduto alla pensione con 42 anni e 6 mesi se uomini e 41 anni e 6 mesi se donne prima del 2015 –:
   se e quali iniziative di competenza il Ministro intenda adottare con urgenza per sanare quella che appare agli interroganti un'evidente ed ingiustificabile disparità di trattamento

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