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Possono beneficiare della Dis-Coll i collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto, iscritti invia esclusiva alla gestione separata presso l'Inps, esclusi gli amministratori e i sindaci delle società. I destinatari, inoltre, non devono avere partita Iva e non devono essere pensionati.

Kamsin Cambiano le indennità per i parasubordinati. L'articolo 15 del decreto sugli ammortizzatori sociali (dlgs 22/2015) ha istituito, infatti, una nuova indennità di disoccupazione per i lavoratori con rapporto di collaborazione coordinata e continuativa (nome in codice dis-coll), con riferimento agli eventi di disoccupazione involontaria verificatisi nel corso del 2015. La nuova indennità è destinata a sostituire l'attuale indennità una tantum, disciplinata dalla legge Fornero.

In pratica si tratta un passaggio di consegne: gli eventi di disoccupazione intervenuti sino al 31 dicembre 2014 restano soggetti all'indennità una tantum, mentre quelli intervenuti a decorrere dal 1° gennaio 2015 e sino al 31 dicembre 2015 vengono coperti con il nuovo ammortizzatore sociale introdotto dal Jobs Act.

Vediamo dunque cosa cambia tra le due prestazioni.

L'attuale tutela: l'indennità una tantum.  Com'è noto, la forma prevista dalla legge 92/2012 si rivolge ai collaboratori coordinati e continuativi, iscritti in via esclusiva alla cosiddetta gestione pensionistica INPS separata. L'indennità è subordinata alle seguenti condizioni: la sussistenza, nel corso dell'anno precedente, del regime di mono-committenza; il possesso di un reddito lordo complessivo (soggetto a imposizione fiscale) non superiore ad un determinato limite (pari a 20.220 euro per le indennità nel 2014.

L'indennità è pari al 7 per cento (5 per cento, a decorrere dal 2016) di una base di calcolo fissa (pari a 15.516 euro nel 2014), moltiplicato per il minor numero tra le mensilità accreditate l'anno precedente e quelle non coperte da contribuzione. Il trattamento è liquidato in un'unica soluzione, se pari o inferiore a 1.000 euro, ovvero, se superiore, in importi mensili pari a 1.000 euro.

La nuova tutela. Il decreto sugli ammortizzatori sociali introduce una serie di novità rilevanti: da un lato sopprime i requisiti del reddito massimo e della monocomittenza; dall'altro richiede che lo stato di disoccupazione sussista al momento di presentazione della domanda, anziché la sussistenza di un periodo ininterrotto di disoccupazione di almeno due mesi nell'anno precedente. Ma sicuramente la principale differenza della nuova prestazione per i collaboratori coordinati e continuativi rispetto alle precedenti consiste nell'essere una prestazione periodica (mensile) e non più un trattamento una tantum.

Si ricorda, inoltre, che il regime disciplinato dalla legge 92/2012 non pone come condizione che l'evento di disoccupazione sia involontario, come, invece, richiede la nuova normativa. L'erogazione della nuova indennità è altresì subordinata alla permanenza dello stato di disoccupazione.

I Destinatari. Per quanto riguarda il perimetro di tutela dalla nuova indennità sono esclusi i titolari di partita IVA, gli amministratori ed i sindaci, in conformità ad uno specifico criterio della legge delega. Inoltre, la nuova prestazione viene erogata agli aventi diritto nell'anno in cui si verifica l'evento di disoccupazione, mentre le prestazioni precedenti erano riferite ad eventi di disoccupazione verificatisi nell'anno precedente.

Sono, poi, individuati requisiti contributivi, consistenti in tre mesi di contribuzione nel periodo tra il 1° gennaio dell'anno solare precedente e la disoccupazione e un mese di contribuzione nell'anno solare della disoccupazione.

Importo dell'assegno. Anche se ai collaboratori coordinati e continuativi non è applicata la stessa prestazione dei lavoratori subordinati (Naspi), molti profili dell'indennità DisColl (per esempio la determinazione di un reddito di riferimento, il calcolo dell'ammontare e della durata dell'indennità). Così quindi l'ammontare dell'indennità è pari al 75% del reddito medio mensile calcolato sull'anno di cessazione dal lavoro e sull'anno solare precedente, fino ad un reddito di riferimento di 1.195 euro per il 2015. In caso di un reddito superiore, l'indennità è incrementata del 25% della differenza tra il reddito medio mensile e i 1.195 euro.

Come per la Naspi, l'importo massimo della prestazione è di 1.300 euro per il 2015 e a partire dal quarto mese si riduce del 3% al mese. A differenza della Naspi, non è previsto per la DisColl l'accreditamento di contributi figurativi (come del resto accade attualmente nel regime vigente), mentre è ugualmente assoggettata a imposizione fiscale, essendo sostitutiva del reddito.

Durata. Anche la durata della Dis-Coll è calcolata secondo il principio di proporzionare le durate dei trattamenti alla storia contributiva dei lavoratori: l'assegno spetta quindi per un numero di mesi pari alla metà delle mensilità di contribuzione relative al periodo di riferimento ovvero tra 1° gennaio dell'anno solare precedente quello dell'evento di cessazione dal lavoro e l'evento stesso.  Ad esempio se il lavoratore perde il lavoro il 30 Giugno 2015 il periodo da prendere a riferimento è quello intercorrente tra il 1° gennaio 2014 e il 30 Giugno 2015. Si pone, in ogni caso, un limite massimo di durata pari a sei mesi.

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Zedde

"Il governo ha accolto come raccomandazione un nostro Odg che chiede l'estensione dell'opzione donna sino al 31 dicembre 2016 ". E' quanto afferma una nota diffusa dalla deputata Chiara Gagnarli (M5S) promotrice della richiesta presentata in occasione della conversione in legge del milleproroghe 2015. Kamsin Il documento, che non ha alcun valore normativo, chiede al Governo di valutare l'opportunità di prorogare al 31 dicembre 2016 tale diritto, "inserendo tra i beneficiari le lavoratrici i cui requisiti anagrafici e contributivi, ai fini dell'accesso al regime pensionistico, maturano entro e non oltre il suddetto termine del 31 dicembre 2016, e per le quali viene pertanto esclusa l'applicazione della disciplina in materia di decorrenze del trattamento pensionistico di cui all'articolo 12 del decreto-legge n. 78 del 2010, e della disciplina dell'adeguamento dei requisiti di accesso alla pensione agli incrementi della speranza di vita di cui alla legge 15 luglio 2011".

Il M5S denuncia tuttavia come la maggioranza abbia fatto "orecchie da mercante" alle richieste provenienti dai gruppi di opposizione avendo bocciato la medesima misura presentata sottoforma di emendamento al decreto legge. "Ci auguriamo che l'esecutivo torni sui suoi passi estendendo la possibilità per le lavoratrici di andare in pensione con 57 anni e 35 di contributi anche oltre il 2015."

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Zedde

Presentata al Ministro del Lavoro Giuliano Poletti un'interrogazione a risposta scritta sul fenomeno della sottodimensione del plafond di 1800 posti destinato ai lavoratori in congedo nel 2011 ai sensi della legge 104/1992.

Kamsin La questione della sottostima dei posti riservati dalla legge 147/2014 in favore dei lavoratori che nel corso del 2011 hanno fruito dei permessi e dei congedi ex legge 104/1992 per assistere un familiare con disabilità arriva alla Camera. Piergiorio Carrescia (Pd) ha presentato lo scorso 25 Febbraio una interrogazione a risposta scritta al Ministro del Lavoro Giuliano Poletti per conoscere lo stato dell'arte e per comprendere come il governo intenda risolvere la vicenda suggerendo, in particolare, l'attivazione dei cd. vasi comunicanti (articolo 1, comma 193 della legge 137/2013).

La questione parte da lontano. I 2500 posti relativi a questo profilo con la quarta salvaguardia si sono infatti rivelati insufficienti ad accogliere le quasi 5mila domande pervenute. L'inps pertanto ha potuto accogliere solo le domande di coloro che maturavano un diritto a pensione entro il 31 Ottobre 2012. Le domande in eccedenza sono transitate dunque nella sesta salvaguardia il cui plafond (1800 posti) è tuttavia di nuovo insufficiente ad accogliere i reduci della quarta e i nuovi lavoratori che hanno fatto istanza per la sesta. 

Il testo dell'interrogazione. Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali .Per sapere – premesso che: il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 ha fatto sorgere il fenomeno degli «esodati», lavoratori che si sono trovati senza lavoro e senza possibilità di fruire del trattamento pensionistico; l'articolo 24, comma 14, del suddetto decreto-legge ha previsto deroghe in base alle quali, si sono applicati i previgenti requisiti pensionistici a circa 65.000 soggetti (prima salvaguardia);

successivamente sono stati approvati altri quattro provvedimenti relativi alle cosiddette salvaguardie;

dalla 4a salvaguardia, sono rimasti esclusi, per superamento del plafond disponibile, circa 2.500 posizioni e cioè tutti coloro i quali avevano raggiunto i requisiti previdenziali tra il 1° novembre 2012 e il 31 dicembre 2013;

nell'ottobre 2014 quando i numeri degli aventi diritto sono stati resi noti, gli interessati hanno chiesto, in varie sedi, il motivo dell'errata considerazione numerica all'interno della 4a salvaguardia;

l'ipotesi solutiva era stata individuata nell'applicazione del principio dei «vasi comunicanti» (legge 147 del 2013, articolo 1 comma 193), come avvenuto già in altre salvaguardie;

è stata poi approvata la 6a salvaguardia, recuperando i 4.000 posti eccedenti all'interno della 4a senza però di fatto tener fede all'obiettivo di non escludere nessuno dalla salvaguardia;

a molti del 2.344 interessati rimasti esclusi era stata ventilata l'ipotesi che sarebbero stati in testa alla graduatoria degli aventi diritto della 6a salvaguardia e che le relative certificazioni sarebbero state inviate dopo il 5 gennaio 2015;

in realtà sono arrivate le prime certificazioni per gli esclusi della 4a salvaguardia ma con una dilatazione dei tempi tale che ormai diversi interessati sono prossimi alla maturazione dei requisiti della legge Fornero;

alle giuste rimostranze ancora una volta hanno fatto riscontro dichiarazioni di esponenti del Governo che sarebbe stata data piena tutela a tutti; da più parti si paventa però che coloro che hanno maturato il diritto prima degli esclusi della 4a salvaguardia li precederanno in graduatoria; non vi sarebbero certezze sui tempi di inoltro delle certificazioni;

non sarebbe confermato che coloro che hanno rinunciato alla salvaguardia, per raggiunti limiti pensionistici, saranno eliminati dalla graduatoria della 6a salvaguardia; resta incomprensibile come si riescano a coprire i 2.344 posti degli esclusi della 4a salvaguardia con i soli 1.800 posti della 6a Salvaguardia –:

se il Ministro interrogato sia a conoscenza dei fatti e come e in che tempi intenda dare soluzione al problema segnalato evitando, anche con una circolare esplicativa, il ripetersi per gli interessati alla 6a salvaguardia di quanto accaduto con la 4a salvaguardia. (4-08138)

L'esame della riforma è iniziato la scorsa estate e l'obiettivo è concluderlo prima della prossima. Uno dei punti cardine è l'introduzione di norme in materia di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti. Da scogliere anche il nodo relativo ai segretari comunali sui quali sono piovute numerose richieste di modifica.

Kamsin Entra nel vivo la partita al Senato sulla riforma della pubblica amministrazione. Questa settimana arriverà il parere della commissione Bilancio agli emendamenti presentati dai gruppi politici e dal Relatore e subito dopo si andrà alla votazione. I punti caldi che saranno oggetto di discussione restano la stretta sulle partecipate in rosso, la sanatoria "salva-sindaci" e soprattutto il nuovo meccanismo semplificato di valutazione dei dipendenti pubblici con una ricaduta sui tempi relativi all'esercizio dell'azione disciplinare.

Sulla vicenda la Riforma punta all'introduzione di "norme in materia di responsabilità disciplinare dei pubblici dipendenti, finalizzate ad accelerare, rendere concreto e certo nei tempi l'esercizio dell'azione disciplinare, che come sanzione piu' grave prevede proprio il licenziamento, in base alle regole esistenti. L'allontanamento dal posto di lavoro sarà così piu' facile.

Il capitolo relativo al pubblico impiego è quello, comunque, piu' a rischio fibrillazione. Oltre al sistema di valutazione il disegno di legge già include tra le sue linee guida la creazione di un polo unico per la medicina fiscale: l'Inps, che oggi svolge questa funzione nel privato, si occuperà in futuro anche dei dipendenti pubblici, attualmente controllati dalle Asl.

Un'altra linea di azione tocca il ruolo dei dirigenti, che dovrebbero essere responsabilizzati nel proprio ruolo di vigilanza sui comportamenti scorretti dei propri dipendenti: i provvedimenti attuativi con i quali verrà riordinata la dirigenza pubblica offrono spazi anche per norme di questo tipo. Infine si sta ragionando su un altro aspetto, un possibile intervento contro gli scioperi bianchi, quei comportamenti che formalmente corretti e legali in realtà sono messi in atto come forma di protesta, con l'obiettivo di paralizzare un certo servizio pubblico (tipicamente attraverso il rispetto meticoloso delle procedure). L'idea, secondo quanto anticipato da alcuni fonti di stampa vicine a Palazzo Chigi, è circoscrivere anche dal punto di vista normativo la nozione di abuso di diritto, analogamente a ciò che è avvenuto in altri campi, ad esempio quello fiscale con l'elusione; il concetto non riguarderebbe solo i servizi pubblici essenziali ma l'intera pubblica amministrazione. 

Restano poi da sciogliere il nodo controverso dei segretari comunali. Il testo presentato dal Governo cancella sostanzialmente questa figura scatenando le proteste degli interessati; il governo non intende fare marcia indietro ma è probabile che si valuti qualche forma di gradualità. Per gestire gli esuberi dei segretari, inoltre, numerosi gruppi parlamentari chiedono la possibilità di ricorrere al pensionamento anticipato sfruttando la normativa ante-fornero.

Tra le novità presentate, l'ultimo ingresso, in ordine cronologico, nel pacchetto di emendamenti del relatore Giorgio Pagliari (Pd), è la delega sulla potatura dei decreti attuativi datati. Rubricato sotto l'articolo 15-bis si prevede che il Governo "fra le disposizioni di legge che prevedono l'adozione di provvedimenti attuativi, quelle per le quali non sussistono più le condizioni per l'adozione dei provvedimenti medesimi" possa "disporne l'abrogazione espressa e specifica".

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Finirà davanti al Tar del Lazio, con una class action il nodo dell'«opzione donna». Si tratta della possibilità concessa dalla legge 243 del 2004 per le donne con almeno 57 anni d'età e 35 anni di contributi di andare in pensione ma con l'assegno calcolato con il sistema contributivo.

Kamsin Si chiuderà il 15 marzo la raccolta delle adesioni alla class action promossa dal Comitato 'opzione donna'. Nè da notizia la stessa Dianella Maroni, promotrice del Comitato, che si sta battendo per consentire alle lavoratrici che maturano i 57 anni (58 le autonome) e 35 anni di contributi entro il 31 dicembre 2015 di accedere alla pensione optando per il sistema di calcolo contributivo (articolo 1, comma 9 della legge 243/04).

L'obiettivo del Comitato è incardinare il ricorso al Tar del Lazio entro il 31 Marzo e ottenere la fissazione della prima udienza tra il 30 giugno ed il 30 luglio. Sino a tale data le lavoratrici che non hanno ancora aderito all'azione potranno comunque farlo presentando un autonomo atto di intervento. La decisione del tribunale amministrativo, dicono le promotrici, potrebbe arrivare già entro l'estate, salvo imprevisti. Le adesioni sono possibili tramite la pagina facebook del Comitato.

I legali impugneranno le Circolari Inps 35 e 37 del 14 Marzo 2012 che hanno occultamente accorciato di oltre un anno la possibilità di fruire dell'opzione donna per via dell'applicazione della finestra mobile e della speranza di vita.

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