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Sale al 28,30% l’aliquota contributiva, dovuta per l’anno 2015, dalle aziende agricole che occupano operai a tempo determinato e a tempo indeterminato.

Kamsin Continua senza sosta l’incremento contributivo a cui sono soggette le aziende agricole che hanno alle proprie dipendenze lavoratori operai a tempo determinato (OTD) e a tempo indeterminato (OTI). Infatti, per l’anno 2015, tali aziende sono chiamate a corrispondere al FPLD un’aliquota contributiva del 28,30%, di cui l’8,84% è a carico del lavoratore.

Tutto invariato invece, per i contributi per l’assistenza infortuni sul lavoro (INAIL) che, a decorrere dal 1° gennaio 2001, restano fissati:

  • al 10,13% (Assistenza Infortuni sul Lavoro);
  • al 3,12% (Addizionale Infortuni sul Lavoro).

A comunicarlo è stato l’INPS con la Circolare n. 49/2015.

Normativa - L’incremento contributivo, in particolare, deriva dall’art. 3, co. 1 del DLgs. n. 147/1997 il quale ha previsto che - a partire dal 1° gennaio 1998 – le aliquote contributive dovute al FPLD dai datori di lavoro agricolo, che impiegano operai a tempo indeterminato (OTI) e a tempo determinato ed assimilati (OTD), siano elevate – annualmente – della misura di 0,20 punti percentuali a carico del datore di lavoro, sino al raggiungimento dell'aliquota complessiva del 32% a cui si deve aggiungere l’incremento di 0,30 punti percentuali di cui all’articolo 1, comma 769, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

Risulta, invece, esaurito l’adeguamento dell’aliquota contributiva a carico del lavoratore in quanto la stessa ha già raggiunto la misura piena (8,84%).

Aziende agricole di tipo industrialeDifferente è invece la percentuale contributiva dovuta dalle aziende singole o associate di trasformazione o manipolazione di prodotti agricoli zootecnici e di lavorazione di prodotti alimentari con processi produttivi di tipo industriale. Per queste ultime, infatti, l’aliquota contributiva dovuta al FPLD ha già raggiunto – nell’anno 2011 – il limite complessivo del 32%, cui si aggiunge lo 0,30%. Pertanto, per l’anno 2015, per tali aziende l’aliquota resta fissata nella misura del 32,30%.

Agevolazioni Tutto vecchio, rispetto allo scorso anno, per quanto riguarda le agevolazioni per zone tariffarie nel settore agricolo, in quanto vigono ancora le regole introdotte dall’art. 1, co. 45 della Legge di Stabilità 2011 (L. n. 220/2010). Tale norma, in particolare, prevede che:

  • per le aziende residenti nei territori montani, l’agevolazione è del 75%;
  • per le aziende residenti nei territori svantaggiati, l’agevolazione è del 68%;
  • nessuna agevolazione è, invece, prevista per le aziende residenti nei territori non svantaggiati (ex fiscalizzato Nord).

Infine, l’Istituto previdenziale tiene a precisare che l’agevolazione non trova applicazione sul contributo previsto dall’art. 25, c. 4 della L. n. 845/1978, versato dai datori di lavoro unitamente alla contribuzione a copertura dell’ASpI.

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Zedde

Mancano poco più di due settimane al debutto del 730 precompilato. Ma, nonostante la campagna di informazione messa in campo dall'Agenzia delle Entrate, è già allarme su tempi e modalità. Il problema principale ruota attorno al pin, il codice numerico necessario per scaricare la dichiarazione stilata dal fisco. Kamsin Ad oggi, su circa 20 milioni di contribuenti che riceveranno il 730 pre-compilato, solo il 2,5% si è procurato il codice per accedere ai servizi.

Ma tra le tante incognite che ruotano attorno alla "precompilata", una recente circolare diramata dall'agenzia diretta da Rossella Orlandi ha complicato ulteriormente le cose. La "dichiarazione congiunta" non può essere stilata automaticamente e va sempre presentata da un professionista. Di fatto, è come dire che va rifatta integralmente. Tutte queste difficoltà hanno scatenato la reazione di Caf e professionisti, convinti che, a dispetto di quanto previsto dal governo, rispetto all'anno scorso ci sarà molto più da lavorare.

Il codice pin Per accedere al nuovo 730 bisogna essere in possesso del pin dell'Agenzia delle Entrate o, in alternativa, del "pin dispositivo" dell'Inps. Al momento, però, sono solo 500 mila i contribuenti che hanno ottenuto il codice numerico. Il timore, ora, è che a ridosso delle scadenze possa arrivare una tale mole di richieste da creare forti rallentamenti all'intero sistema (nel caso della procedura online le ultime cifre del pin arrivano direttamente a casa).

Il caso "congiunta" La circolare dell'Agenzia dell'Entrate, pubblicata lo scorso 23 marzo, chiarisce alcuni aspetti della dichiarazione dei redditi congiunta. Si tratta dei casi, ad esempio, in cui uno dei coniugi non lavora e ha solo un piccolo reddito da fabbricati. In questi casi chi vuole, anche per i redditi 2014, presentare la "congiunta", deve rivolgersi a un professionista che scaricherà le due distinte "precompilate" per stilarne una nuova. In questi casi, visto che si tratta di una correzione, si perdono l'esonero sui controlli e quello sulle verifiche preventive sui maxirimborsi.

I numeri La preoccupazione per la mole di lavoro che coinvolgerà commercialisti e Caf, deriva anche dal fatto che il 2015 sarà l'anno zero del nuovo 730. Alcune voci andranno integrate, per cui bisognerà rivolgersi ai professionisti. Un esempio su tutti: le spese mediche detraibili al 19%. Questa voce entrerà nel 730 precompilato sono nel 2016. Quest'anno, bisognerà aggiungerle. Nel 2013 sono stati 13 milioni i contribuenti che hanno fatto ricorso allo sconto fiscale e si calcola che quest'anno saranno 14 milioni, in pratica il 72% di coloro che riceveranno il nuovo 730. Numeri alla mano significa che, nella migliore delle ipotesi, consegneranno la dichiarazione senza correzioni solo il 28% dei contribuenti.

«Le procedure per integrare il nuovo 730 sono abbastanza lunghe  dice Fabio Coacci, segretario dell'Ordine dei commercialisti di Genova  se poi bisogna assumersi la responsabilità di quello che presentiamo, è preferibile rifare integralmente la dichiarazione ricontrollando tutti i documenti». Per Coacci, inoltre, l'attenzione del governo forse «doveva spostarsi su altre cose» perché non è attraverso il 730 precompilato «che si crea un fisco amico».

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A cura di Carlo Gravina

Gli enti previdenziali potranno partecipare nel capitale delle imprese in difficoltà. È quanto prevede l'emendamento 7.27 presentato dai Relatori Marco Causi (Pd) e Luigi Taranto (Pd) nel corso dei lavori presso le commissioni finanze e attività produttive della camera al decreto legge cd. sulle banche popolari (Dl 3/2015). Kamsin La misura prevede in pratica che anche agli enti previdenziali, purché in quota minoritaria, potranno partecipare alla creazione di una Società per azioni per la patrimonializzazione e la ristrutturazione delle imprese con sede in Italia il cui capitale sarà interamente sottoscritto da investitori istituzionali e professionali. Lo scopo è la ristrutturazione, il sostegno e riequilibrio della struttura finanziaria e patrimoniale di imprese caratterizzate da adeguate prospettive industriali e di mercato.

La proposta di consentire agli enti previdenziali pubblici e alle Casse Previdenziali di partecipare alle operazioni di rifinanziamento di imprese in crisi è stata però osteggiata dalle opposizioni. Secondo Sel il principale problema sta nel fatto che il patrimonio e le prestazioni erogate dagli enti previdenziali pubblici possa essere, in questo modo, esposto a rischi. L'osservazione tuttavia è respinta dal Governo e dai Relatori che hanno sottolineato come gli enti previdenziali effettuino costantemente investimenti che in questo caso, peraltro, sono coperti da garanzia dello Stato. La norma infatti stabilisce che il governo promuova la sottoscrizione del capitale sociale da parte di investitori istituzionali e professionali; sottoscrizione a sua volta agevolata dal fatto che gli investitori potranno avvalersi della garanzia dello stato.

L'approvazione dell'emendamento ha fatto sì che la Società che si andrà a costituire non vada ad operare più solo per il rilancio di imprese industriali, come originariamente previsto, ma su tutti i fronti. Obiettivo della creazione dell'organismo, quello di contribuire a una nuova partenza delle attività, con sede in Italia che, nonostante temporanei squilibri patrimoniali o finanziari, siano caratterizzate da adeguate prospettive industriali e di mercato, «ma necessitino di ridefinizione della struttura finanziaria o di adeguata patrimonializzazione o comunque di interventi di ristrutturazione».

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L’obiettivo è quello di eliminare il fenomeno degli importi irrisori e garantire un tasso di congrua remunerazione dei contributi versati.

Kamsin Dopo aver presentato una proposta di legge per eliminare il fenomeno degli importi irrisori delle pensioni dei connazionali emigrati, abbiamo presentato anche una interrogazione al Ministero del Lavoro e al Ministro dell’Economia e delle Finanze per sollecitare l’aumento dell’importo minimale mensile acquisito in virtù del cumulo dei periodi contributivi previsto da accordi o convenzioni internazionali in materia di sicurezza sociale. Ne ha dato notizia oggi l'Onorevole Fabio Porta (Pd).

Come si ricorderà in base alla legge n.335/95 e con effetto dal 1° settembre 1995 fu istituito per le pensioni italiane in regime internazionale un minimale di pagamento pari a un quarantesimo del trattamento minimo per ciascun anno di contribuzione (da lavoro, figurativa e volontaria) fatto valere in Italia.

Tale minimale prescinde dal reddito del pensionato e da una sua eventuale titolarità di una pensione estera, e trova applicazione quale che sia il regime di calcolo (retributivo, misto o contributivo) delle prestazioni. In sostanza i nostri connazionali futuri pensionati o già titolari di pensione in convenzione bilaterale (con i Paesi extracomunitari) o multilaterale (con i Paesi comunitari) in virtù della vigente normativa hanno diritto per ogni anno di contribuzione accreditato in Italia ad un importo minimo pari a 12,56 euro (cioè a un quarantesimo di 502,38 euro che è l’importo del trattamento minimo per il 2015).

Ciò significa, per esempio, che chi ha versato 5 anni di contribuzione in Italia e acquisito il diritto a un pro-rata in regime internazionale, ha diritto ad un importo minimale mensile di appena 63 euro. Si tratta di importi obiettivamente insufficienti a garantire un tasso di congrua remunerazione dei contributi versati nei casi in cui, che non sono pochi, la pensione “a calcolo” – cioè basata sui contributi effettivamente versati e non maggiorata dalla integrazione al minimo (prestazione questa oramai in pratica non più esportabile all’estero) – sia di importo irrisorio a causa della remota collocazione nel tempo, del numero dei contributi versati in Italia e dell’inadeguatezza dell’attuale sistema di rivalutazione di tali contributi.

Ora – sostiene l’On. Porta – a quasi venti anni dall’introduzione dell’importo minimale mensile, che già allora era di valore assolutamente risibile, si ritiene opportuna una sua elevazione che corrisponda più equamente allo spirito della legge che voleva introdurre una garanzia minima di salvaguardia economica per i pensionati in convenzione le cui pensioni erano (sono) solitamente di importo irrisorio anche a fronte di numerosi anni di contribuzione accreditati in Italia.

L’interrogazione (che ha fatto seguito alla proposta di legge AC 1626 che è stata assegnata alla Commissione Lavoro e il cui iter inizierà dalla sede referente e sarà sottoposto ai pareri delle Commissioni Affari Costituzionali, Affari Esteri, Bilancio e Affari Sociali.) intende sollecitare le autorità competenti a portare l’importo minimale mensile da un quarantesimo ad un ventesimo del trattamento minimo per ogni anno di contribuzione versato in Italia, in modo che tale importo diventi, per l’anno in corso, pari a 25 euro al netto delle eventuali maggiorazioni sociali e delle prestazioni familiari. Si tratta di un cifra comunque modesta ma certamente più dignitosa e congrua. L’On. Porta ha affermato che si aspetta una risposta rapida e positiva da questo Governo che deve dimostrare di avere a cuore gli interessi e i bisogni concreti dei nostri connazionali.

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Zedde

"In questi due anni l'unico spazio che si è aperto è quello per le sei salvaguardie degli esodati, senza riuscire mai ad arrivare ad una misura strutturale che eliminasse le storture della riforma Fornero".

Kamsin Nell'intervista rilasciata oggi al Quotidiano Il Manifesto di cui ne riportiamo un estratto, l'ex ministro del Lavoro, Cesare Damiano, ribadisce la sua contrarietà all'ipotesi di introdurre il prestito pensionistico, soluzione che troverebbe favorevole il Governo e rilancia sull'introduzione delle quote per ridare maggiore flessibilità in uscita. 

Come si sente ad avere glorie con due anni di ritardo? Boeri ha ripreso la proposta di cui sono primo firmatario relativa alla possibilità di andare in pensione dai 62 anni e 35 anni di contributi con una decurtazione dell'8 per cento annuo a calare di due punti fino agli attuali 67. In più ha precisato che con il metodo contributivo è più facile rendere elastico il sistema (si veda per dettagli: pensionamenti flessibili). E in questo senso da tempo la commissione lavoro della Camera ha proposto di estendere a tutti ciò che il ministro Maroni ha previsto per le sole donne: andare in pensione con 57 anni di età e 35 di contributi con il calcolo completamente contributivo (la cd. opzione donna).

Due anni sprecati allora? Perché per il governo finora sia bomba sociale delle pensioni» non era una priorità? Diciamo che il governo ne ha avute altre. Purtroppo in questi due anni l'unico spazio che si è aperto è quello per le sei salvaguardie degli esodati, senza riuscire mai ad arrivare ad una misura strutturale che eliminasse le storture della riforma Fornero.

Boeri però sottolinea subito come il problema sia la copertura di questa misura. i risparmi della Fomero sono serviti a tamponare il debito pubblico e non si possono toccare senza il via libera dell'Europa. Come risolvere il rebus? I risparmi degli effetti della riforma Fomero dal 2020 al 2050 sono nell'ordine di 300 miliardi. Noi proponevamo di finanziare la flessibilità con quei risparmi. La Ragioneria generale ci disse di no. Allora come commissione Lavoro proponemmo coperture che si fondavamo sulle entrate dai giochi e sulla lotta all'evasione. E la Ragioneria ci ha detto ancora no. Osservo però che quando il governo ha usato le stesse coperture, giochi e lotta all'evasione, per la legge di stabilità, la Ragioneria ha detto sì. La Ragioneria cambia idea a seconda dell'interlocutore.

Poletti parla di una soluzione per la legge di stabilità: un tempo ragionevole? Le correzioni che proponiamo costano all'incirca alcuni miliardi l'anno. A noi non importano gli strumenti, importa arrivare al risultato. L'orizzonte temporale della legg di stabilità è ragionevole.

Il governo pare considerare più opzioni assieme alla sua flessibilità: anticipo sulla pensione, agevolazione a chi è vicino alla pensione. Le ritiene percorribili? In realtà Poletti sembra preferire queste due soluzioni. Ma entrambe (un ammortizzatore sociale per chi è a due anni dalla pensione e prestare soldi che verranno ridati quando uno avrà la pensione) non sono risolutive del problema. Mi batterò per la flessibilità in uscita sapendo che anche i sindacati unitariamente hanno avanzato una proposta simile.

Possiamo dire che in Boeri ha trovato un alleato politico nella battaglia sulle pensioni? Io lo devo ancora incontrare. Ma constato che sulle pensioni ha alcune opinioni preoccupanti, prima fra tutte quelle di tagliare l'assegno alle pensioni in essere per il solo fatto di essere calcolate col retributivo...

Non è d'accordo a mettere un tetto trovando fondi per alzare le pensioni dei giovani? Certo che sono d'accordo. E ho già proposto anche questo. Ma l'asticella è a quota 5mila euro mensili, sommando tutti gli emolumenti pensionistici. Diversamente si andrebbero a colpire anche i lavoratori che hanno sudato il salario per una vita.

La vergogna esodati non è ancora risolta. Possiamo stimare quanti sono gli esclusi dalle salvaguardie? in realtà il numero di coloro che hanno già avuto la pensione è molto più basso dei 170mila salvaguardati. Le stime sono sempre aleatorie, basti pensare ai 393mila che azzardò l'Inps su richiesta della Fomero. Gli esodati che hanno ricevuto l'assegno sono circa 80mila ma perché molti raggiungeranno i criteri fissati solo nel 2020.

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