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Esodati, Quinta salvaguardia: l'Inps avvia la liquidazione delle pensioni
L'Inps sta avviando la liquidazione delle prestazioni pensionistiche in regime di salvaguardia in favore dei lavoratori beneficiari della quinta procedura di salvaguardia (cd. salvaguardia dei 17mila).
Kamsin L'istituto nazionale di previdenza con il messaggio interno numero 7450 del 6 Ottobre 2014 ha reso noto di aver avviato la liquidazione delle pensioni nelle gestioni private in favore dei lavoratori salvaguardati di cui all’articolo 1, comma 194 e ss., della legge 147/2013 (c.d. salvaguardia dei 17.000).
L'Inps comunica che il sistema di gestione del conto Unicarpe e le procedure di liquidazione delle pensioni sono state aggiornate per consentire la liquidazione della pensione in favore dei lavoratori salvaguardati di cui all’articolo 1, comma 194 e ss., della legge 147/2013. La liquidazione in oggetto è ammessa per le pensioni dirette di categoria VO, VOS, VR, VRS, VOART, VOARTS, VOCOM, VOCOMS, VDAI, VOBANC, VGAS, VES, DZ, e fondi speciali di tipo “V” ET, EL, TT, VL, FS e VPT (ex-IPOST).
"Al momento è possibile la liquidazione delle pensioni in salvaguardia ex L.147 solo per le categorie di fondi che sono liquidate con la nuova procedura reingegnerizzata (EL, TT, VL ed ET per tutto il territorio nazionale, FS e PT per le sole sedi pilota di Milano, Torino, Trieste, Reggio Calabria e Bologna)". L'Inps raccomanda quindi "alle sedi che ancora utilizzano la procedura non reingegnerizzata per la liquidazione delle pensioni FS e PT di non procedere alla liquidazione di questa tipologia di pensioni".
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Riforma Pensioni, il pensionamento d'ufficio non è discrezionale
Una norma del decreto legge sulla Riforma della Pubblica Amministrazione consente alle Pa di collocare in quiescenza forzosa i dipendenti che abbiano raggiunto i 41 anni e 6 mesi di contributi e 62 anni di età. Ma l'atto dovrà essere adeguatamente motivato.
Kamsin Con decisione motivata con riferimento alle esigenze organizzative e ai criteri di scelta applicati e senza pregiudizio per la funzionale erogazione dei servizi, le pubbliche amministrazioni incluse le autorita' indipendenti, possono, al perfezionamento dei requisiti per la pensione anticipata (41 anni e 6 mesi di contributi per le donne, 42 anni e 6 mesi per gli uomini) risolvere il rapporto di lavoro e il contratto individuale anche del personale dirigenziale, con un preavviso di sei mesi al perfezionamento del 62° anno di età.
E' quanto ha previsto l'articolo 1 del Decreto legge di Riforma della Pubblica Amministrazione (Dl 90/2014) che ha dunque esteso e reso strutturale la facoltà prevista - in via temporanea sino al 31 Dicembre 2014 - dall'articolo 72 del Dl 112/2008.
Per effetto della modifica, pertanto, i dipendenti pubblici potranno, al perfezionamento dei requisiti contributivi per la pensione anticipata e al compimento dell'età di 62 anni, essere collocati in pensione d'ufficio dalla Pubblica Amministrazione. L'esercizio del potere unilaterale da parte dell'ente non è tuttavia discrezionale. La legge infatti lo riconduce ad una scelta motivata dalla quale emergano determinate "esigenze organizzative" dell'ente (come ad esempio la soppressione di una determinata struttura o area di attività in cui il dipendente presta servizio) nonchè ai "criteri di scelta applicati" nell'individuazione dei destinatari del collocamento a riposo d'ufficio.
La precisazione è importante in quanto, qualora la scelta non sia adeguatamente sorretta da tali motivazioni (oggettive e soggettive) il dipendente pubblico potrà impugnare in sede giurisdizionale il provvedimento contestando la mancanza di uno dei requisiti di legge.
Interessate dalla misura sono tutte le amministrazioni dello Stato come individuate dall'articolo 1, comma 2 del Dlgs 165/2011. Vi rientrano pertanto anche gli istituti e scuole di ogni ordine e grado e le istituzioni educative, le aziende ed amministrazioni dello Stato ad ordinamento autonomo, le Regioni, le Province, i Comuni, le Comunita' montane. e loro consorzi e associazioni, le istituzioni universitarie, gli Istituti autonomi case popolari, le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e loro associazioni, tutti gli enti pubblici non economici nazionali, regionali e locali, le amministrazioni, le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale.
La legge precisa inoltre che la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro può essere esercitata, con le medesime condizioni, nei confronti dei dirigenti medici del ruolo sanitario ma in tal caso non prima dei 65 anni. Mentre sono esclusi i magistrati, professori universitari, Avvocati e Procuratori dello Stato e i primari.
Il grafico sottostante mostra gli effetti del Dl 90/2014 sui lavoratori del comparto pubblico che hanno raggiunto un diritto a pensione anticipata prima dell'età della vecchiaia.
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Jobs Act, con la Riforma del Lavoro cambia l'Aspi
La durata dell'Aspi sarà agganciata alla pregressa storia contributiva del lavoratore e sarà estesa anche ai contratti di collaborazione. Dopo l'Aspi coloro che si troveranno ancora senza impiego e avranno un ISEE basso potranno beneficiare di uno strumento universale di assistenza.
Kamsin Procedure più semplici per l'accesso alle tutele in caso di sospensione temporanea del rapporto di lavoro e di disoccupazione involontaria, armonizzazione della durata di Aspi e mini-Aspi, massimali per l'accredito di contribuzione figurativa. Sono queste le novità cristallizzate nella delega per la riforma degli ammortizzatori sociali confermate Mercoledì con la fiducia al testo del maxi-emendamento avvenuto a Palazzo Madama.
Il disegno di legge conferisce al Governo la possibilità di un ampio restyling delle tutele che potranno essere attivate in caso di perdita del posto di lavoro. Con la delega infatti Aspi e mini-Aspi verranno armonizzate in una "nuova Aspi" la cui durata sarà variabile, personalizzata, in quanto agganciata "alla pregressa storia contributiva del lavoratore con la contestuale estensione ai contratti di collaborazione attualmente rimasti scoperti con la riforma del 2012". Ci sarà poi l'incremento della durata massima della nuova Aspi per i lavoratori con carriere contributive più rilevanti. Un'altra modifica riguarderà le modalità di accreditamento dei contributi ed il principio di automaticità delle prestazioni - principio in base al quale si prescinde dall'effettivo versamento della contribuzione da parte del committente -, prevedendo, prima dell’entrata a regime, un periodo "almeno biennale di sperimentazione a risorse definite".
In altri termini con la delega verranno introdotti dei limiti all'accredito di contribuzione figurativa durante la fruizione dell'Aspi (e in generale di ogni altro ammortizzatore sociale) che sarà ancorata a determinati massimali. Nella normativa vigente, per i periodi di fruizione dell’ASpI (e della mini-ASpI) sono riconosciuti i contributi figurativi, ai fini sia del diritto sia della misura dei trattamenti pensionistici (i periodi non sono utili ai fini del conseguimento del diritto nei casi in cui la normativa richieda il computo della sola contribuzione effettivamente versata).
Com'è noto, nella normativa vigente l'Aspi è affiancata dalla cosiddetta mini-Aspi che si applica per i casi in cui il soggetto non possieda i requisiti di assicurazione e di contribuzione stabiliti per il trattamento ordinario (il requisito di assicurazione è pari a due anni e quello di contribuzione ad un anno nel biennio precedente l'inizio del periodo di disoccupazione, mentre, ai fini della mini-ASpI, si richiede soltanto un minimo di tredici settimane di contribuzione di attività lavorativa negli ultimi dodici mesi). Il trattamento di mini-ASpI, inoltre, è corrisposto (sempre con cadenza mensile) per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione nell'ultimo anno.
Inoltre, una volta terminata la fruizione dell'Aspi, coloro che si troveranno ancora senza impiego e avranno un ISEE basso potranno beneficiare di uno strumento universale di assistenza. La fruizione di tale ammortizzatore sarà però subordinata alla partecipazione da parte del beneficiario a di iniziative di reinserimento lavorativo e sarà priva di copertura figurativa ai fini previdenziali.
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Sblocca Italia, arriva il bonus per chi concede in affitto un immobile nuovo
Una norma del decreto legge Sblocca Italia concede un beneficio fiscale sino a 60 mila euro, ripartibile in otto anni, per coloro che concedono in locazione un immobile nuovo ad uso residenziale. Il canone di locazione non deve essere superiore a quello previsto per le locazioni a canone concordato, per quelle in edilizia convenzionata, ovvero a canone speciale.
Kamsin Deduzione dal reddito del 20 per cento a favore di chi, al di fuori di un'attività commerciale, acquista dal 1° gennaio 2014 al 31 dicembre 2017 un alloggio da un'impresa di costruzione o di ristrutturazione per destinarlo alla locazione a canone concordato per una durata minima di otto anni. E' quanto prevede l'articolo 21 del decreto legge 133/2014 (denominato anche "Sblocca Italia") per favorire l'acquisto e la locazione delle unità immobiliari di nuova costruzione.
Si tratta questa di una novità presa in prestito dalla legge "Scellier" francese, la quale dall'inizio del 2009 consente una deduzione del 25% dal reddito imponibile sul valore di acquisto di immobili dati in locazione (tetto massimo di 300.000 euro, quote di nove anni). La detrazione, oltralpe, è scesa al 13% nel 2012, ma è risalita al 18% nel 2013, e tale aliquota varrà fino al 2016. Vediamo dunque quali sono i requisiti per fruire di questa agevolazione.
La deduzione spetta nella misura del 20 per cento del prezzo di acquisto dell'immobile nel limite massimo di 300mila euro (deduzione massima quindi pari a 60mila euro), è ripartita per un periodo di otto anni con quote annuali di pari importo. La deduzione spetta anche nel caso in cui sia lo stesso contribuente a sostenere le spese per la costruzione dell'immobile su una propria area edificabile, ovvero nel caso di acquisto o realizzazione di ulteriori abitazioni da destinare alla locazione.
La legge prevede che sia possibile ottenere la deduzione in tre casi: a) acquisto di immobili a destinazione residenziale di nuova costruzione ovvero oggetto di ristrutturazione edilizia cedute da imprese di costruzione o ristrutturazione immobiliare e da cooperative edilizie ovvero da quelle che hanno effettuato i predetti interventi; b) costruzione di un'unità immobiliare a destinazione residenziale su aree edificabili già possedute dal contribuente prima dell'inizio dei lavori o sulle quali sono già riconosciuti diritti edificatori; in tal caso le spese di costruzione su cui calcolare la deduzione sono attestate dall'impresa che esegue i lavori; c) acquisto o realizzazione di "ulteriori" unità immobiliari da destinare alla locazione.
Per un singolo contribuente dovrebbe inoltre essere possibile beneficiare della deduzione anche sommando i tre casi, fermo restando il limite massimo complessivo di spesa di 300mila euro.
Non solo. Per fruire della deduzione l'immobile, entro sei mesi dall'acquisto o dal termine dei lavori di costruzione, deve essere dato in locazione per almeno otto anni continuativi; tuttavia, il beneficio non si perde nel caso in cui la locazione si interrompa, per motivi non imputabili al locatore, ed entro un anno venga stipulato un nuovo contratto; l'immobile deve avere destinazione residenziale e non appartenere alle categorie catastali A/1 (abitazione di tipo signorile), A/8 (ville) e A/9 (castelli, palazzi di eminenti pregi artistici o storici); l'immobile non deve essere ubicato nelle parti del territorio destinate ad usi agricoli (zone omogenee classificate E ai sensi del D.M. n. 1444 del 1968); l'immobile deve conseguire prestazioni energetiche certificate in classe A o B; il canone di locazione non deve essere superiore a quello previsto per le locazioni a canone concordato, per quelle in edilizia convenzionata, ovvero a canone speciale; tra locatore e locatario non devono sussistere rapporti di parentela entro il primo grado.
Come accennato la deduzione è ripartita in otto quote annuali di pari importo, a partire dal periodo d'imposta nel quale avviene la stipula del contratto di locazione. Considerando che, come detto, il tetto alla deduzione è di 60mila euro, la quota massima deducibile all'anno è di 7.500 euro. La legge precisa inoltre che la deduzione non è cumulabile con altre agevolazioni fiscali previste per le medesime spese ma non precisa con esattezza quali agevolazioni fiscali sono precluse dall'utilizzo della deduzione. Ad esempio dovrà essere chiarito se il beneficio possa essere cumulato con il bonus del 36-50% previsto dalla disciplina vigente per gli acquisti di fabbricati a uso abitativo ristrutturati (per i quali, a determinate condizioni, gli acquirenti degli immobili hanno diritto a una detrazione da ripartire in 10 anni).
Per la fruizione del beneficio i contribuenti dovranno tuttavia attendere la pubblicazione di un decreto interministeriale Trasporti-Economia che individuerà le modalità applicative del beneficio.
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Riforma Pensioni, verifica con PensioniOggi se benefici della sesta salvaguardia
Con la sesta salvaguardia vengono estesi di un anno tutti i profili di tutela attualmente aperti. Controlla qui se rispetti i requisiti per accedere ai benefici.
Kamsin Con l'approvazione al Senato la settimana scorsa del disegno di legge 1558 il legislatore ha confermato l'estensione delle vecchie regole di pensionamento in favore di ulteriori 32.100 lavoratori. L'intervento, come già anticipato da pensionioggi.it nei giorni scorsi, allunga di un anno i vari profili di tutela aperti spostando il paletto della decorrenza, dal 6 gennaio 2015 al 6 gennaio 2016.
Nel perimetro ci sono cinque profili di tutela: lavoratori in mobilità, autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione, cessati dal servizio (con accordi con il datore o licenziati in via unilaterale); lavoratori in congedo per assistere soggetti con disabilità; nonchè (ed è la vera novità della sesta salvaguardia) lavoratori cessati dal servizio per la scadenza naturale di un contratto a tempo determinato.
Per aiutare i lettori a districarsi in questo continuo divenire di norme, pensionioggi.it ha aggiornato, in attesa che venga pubblicata il ddl 1558 in Gazzetta Ufficiale e che seguano le istruzioni operative, il nuovo programma per verificare, in anteprima, la possibilità di entrare nella sesta salvaguardia con l'individuazione della corretta data di decorrenza della rendita previdenziale. Vai al programma: Controlla se sei salvaguardato
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Legge di stabilità 2015, dal prossimo anno addio alla Tasi
La Riforma delle imposte sul mattone sarà inserita nella legge di stabilità 2015 da 24 miliardi che il Governo presenterà a metà Ottobre e troverà applicazione dal 2015.
Kamsin La Tasi dal prossimo anno sarà sostituita. Con la legge di stabilità 2015 il Governo rimetterà mano alle imposte sul mattone per l'ennesima volta nel tentativo di rimettere ordine sulla materia. E si tornerà indietro nel tempo, con una imposta unica sulla casa nella quale confluiranno, sia la Tasi che l'Imu. La quale, in realtà, non è mai scomparsa perchè i proprietari di seconde abitazioni la pagano tutt'ora insieme alla Tasi, anche se con scadenze diverse.
La conferma è arrivata dal sottosegretario all'Economia Enrico Zanetti esplicitando i piani annunciati due giorni fa dal premier Matteo Renzi. «L'obiettivo è unificare le mille norme che riguardano le due imposte e anche le mille scadenze ora previsti». L'idea è quella di prevedere, ritornando alle regole della vecchia Imu, due sole scadenze a metà giugno e a metà dicembre pagando il 50% di quanto pagato l'anno precedente durante il primo appuntamento per poi fare il calcolo e saldare a fine anno.
L'identikit della nuova tassa - che tornerà a chiamarsi Imposta Unica - non è ancora del tutto chiaro ma emergono i primi punti fermi. Innanzitutto non ci sarà un taglio del carico fiscale complessivo. E questo perchè secondo il governo l'aliquota Tasi del 2,5% per mille sulla prima abitazione resterà invariata; sulle seconde case (e sugli altri immobili) l'asticella resterà al 10,6% di tetto massimo Imu più Tasi sulla seconda. Sparirà quell'aliquota aggiuntiva dello 0,8 per mille concessa quest'anno dal Governo ai comuni per finanziare sgravi ed esenzioni in favore dei proprietari a reddito medio-basso.
Ma verranno ripristinate la detrazioni fisse (come previste dall'Imu) di 200 euro ad abitazione alle quali si aggiungeranno (di nuovo) 50 euro per ogni figlio a carico di età inferiore a 26 anni. Il ripristino delle detrazioni "fisse" aiuterà a fare chiarezza rispetto alla normativa attuale che oggi rimanda alle decisioni dei Comuni creando migliaia di combinazioni possibili e diverse da un Comune all'altro. Inoltre il richiamo delle detrazioni fisse favorirà i proprietari di case con rendite catastali più basse che oggi sono penalizzati dall'attuale sistema.
Al momento però il testo all'esame del Governo non prevede l'unificazione anche della Tari, l'imposta sui rifiuti. "Di certo se vogliamo unificare anche questa imposta il testo andrà ritoccato" ha indicato infatti Zanetti che non esclude, ma eventualmente solo a partire dal 2016, che la tassa sui rifiuti sia accorpata alla Tasi-Imu.
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Tasi 2014, così il pagamento in caso di separazione o divorzio
Secondo il Ministero dell'Economia e delle Finanze l'assegnatario dell'immobile in caso di divorzio o separazione legale tra i coniugi è l'unico tenuto al pagamento dell'aliquota prevista per l'abitazione principale e le eventuali detrazioni. Ma i Comuni hanno dato indicazioni diverse.
Kamsin Il coniuge assegnatario dell'immobile, essendo titolare (anche ai fini TASI) del diritto reale di abitazione. Da ciò consegue che egli, indipendentemente dalla quota di possesso dell’immobile, è il solo soggetto obbligato al versamento della TASI con applicazione dell’aliquota e delle detrazioni, eventualmente previste, per l’abitazione principale. E' quanto ha indicato il MEF nelle Faq pubblicate il 4 giugno scorso sul sito del Dipartimento delle finanze (risposta n. 22).
Si tratta tuttavia di una interpretazione che non ha convinto molti Comuni che hanno, infatti, fornito indicazioni diverse ai contribuenti. Questi pertanto dovranno adeguarsi al fine di evitare sanzioni e contenziosi.
La disciplina della nuova tassa sui servizi indivisibili, infatti, non ripropone la medesima disposizione prevista in ambito IMU che stabilisce l’esonero del coniuge non assegnatario dagli obblighi di versamento.
In ambito TASI, infatti, da un lato, non si rinviene alcuna norma che prevede che il soggetto passivo sia l’assegnatario dell’immobile, dall’altro, nei confronti di tale soggetto non è normativamente riconosciuto alcun diritto di abitazione. Quindi a differenza dell’IMU, il cui perimetro applicativo è limitato al possessore dell’immobile (a titolo di proprietà o altro diritto reale), il presupposto impositivo della TASI si verifica con la detenzione a qualsiasi titolo dell’immobile. Il tributo, pertanto, incide anche sull’utilizzatore, a prescindere dall’esistenza di un titolo formale che ne legittimi l’occupazione (contratto di locazione, comodato, etc.).
L'art. 1, comma 681, della legge 147/2013, prevede infatti che in presenza di unità immobiliare occupata da un soggetto diverso dal titolare del diritto reale, “l’occupante versa la TASI nella misura, stabilita dal comune nel regolamento, compresa fra il 10 e il 30 per cento dell’ammontare complessivo”. Da ciò consegue che entrambi i coniugi sarebbero chiamati a pagare l'imposta.
Questa impostazione porta a due risvolti pratici. Se l'immobile è in comproprietà tra i soggetti separati o divorziati, contrariamente a quanto affermato dal MEF, l'imposta dovrà essere calcolata da entrambi i soggetti con l'aliquota dell'abitazione principale è ripartita poi tra i due in base alle quote di proprietà. Con le medesime percentuali va poi spalmata l'eventuale detrazione, salvo diversa disposizione regolamentare del Comune. In altri termini i coniugi pagano entrambi in base alle rispettive quote di possesso applicando l'aliquota per l'abitazione principale e, se prevista, l'eventuale detrazione viene ripartita sempre in ragione delle percentuali di proprietà (a meno di una diversa regolamentazione comunale).
Se l'immobile è invece interamente di proprietà del coniuge non assegnatario questi sarà tenuto a versare l'imposta nella misura prevista dal Comune, cioè in una misura oscillante tra il 70 il 90 per cento, e nella stessa percentuale gli compete la detrazione. La rimanente parte del tributo sarà invece a carico dell'assegnatario cui spetta la detrazione sempre nella stessa misura. Entrambi dovranno applicare le aliquote per l'abitazione principale.
In definitiva i contribuenti dovranno adeguarsi alle indicazioni fornite dai Comuni in materia per evitare possibili contenziosi. Infatti le indicazioni delle Finanze sono solo una trasposizione delle regole applicate dell'Imu, che tuttavia, da un punto di vista normativo, non possono trovare conforto nella disciplina sulla Tasi; e per questa ragione molti comuni non le hanno applicate.
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Riforma Pensioni, un anticipo sino a 5 anni per gli invalidi oltre il 46%
Un disegno di legge bloccato al Senato da oltre un anno consentirebbe ai lavoratori invalidi con invalidità superiore al 46% di ottenere fino a 5 anni di contribuzione figurativa per anticipare l'accesso alla pensione. Le associazioni a tutela dei lavoratori invalidi: "fare presto".
Kamsin Possibilità per gli invalidi per qualsiasi causa, ai quali sia stata riconosciuta un’invalidità superiore al 46 per cento, ma inferiore al 74 per cento, di richiedere per ogni anno di lavoro effettivamente svolto, il beneficio di un mese di contribuzione figurativa. Fino ad un massimo 5 anni valutabili ai soli fini del diritto alla pensione e dell'anzianità contributiva. E' quanto prevede il ddl 682 presentato al Senato da Nicoletta Favero (Pd) Stefania Pezzopane (Pd), Laura Puppato (Pd) e Laura Bignami (Gruppo Misto).
Il ddl si pone l'obiettivo di rimediare alla situazione di difficoltà in cui si trovano i lavoratori a cui sia stata riconosciuta un’invalidità superiore al 46% ma inferiore al 74% - che la legge attuale tratta al pari dei lavoratori sani - dando loro la possibilità di richiedere per ogni anno di lavoro effettivamente svolto, il beneficio di un mese di contribuzione figurativa, fino al limite massimo di cinque anni di contribuzione figurativa utile ai soli fini del diritto alla pensione e dell’anzianità contributiva. I lavoratori potenziali beneficiari, secondo quanto si legge nella relazione al ddl, sono stimabili in circa 400 mila unità.
La proposta è "vecchia" in quanto giace in Senato da oltre un anno e la sua discussione non è stata ancora calendarizzata in Commissione Lavoro di Palazzo Madama. Un ritardo che "pesa" ricorda l'Aduc e varie altre associazioni che tutelano i lavoratori invalidi civili: "l'approvazione del testo sarebbe un segnale importante dato che la Riforma Fornero del 2011, che ha previsto un notevole innalzamento dell’età pensionabile, non ha adeguato la normativa alla realtà dei lavoratori invalidi che dovranno continuare a lavorare fino a quasi 70 anni di età nonostante le loro condizioni di salute".
Con il ddl infatti sarebbero estesi benefici previsti dal comma 3 dell’articolo 80 della legge 23 dicembre 2000, n. 388 che attualmente consente, a decorrere dal 1º gennaio 2002, ai lavoratori sordomuti e agli invalidi per qualsiasi causa, ai quali sia stata riconosciuta un’invalidità superiore al 74 per cento, di richiedere per ogni anno di lavoro effettivamente svolto, il beneficio di due mesi di contribuzione figurativa. Il beneficio, nella forma attualmente vigente, è riconosciuto fino al limite massimo di cinque anni di contribuzione figurativa utile ai soli fini del diritto alla pensione e dell’anzianità contributiva.
La proposta prevede l'estensione di tali benefici anche in favore dei lavoratori ai quali sia riconosciuta un’invalidità superiore al 46 per cento, ma inferiore al 74 per cento. "Questi lavoratori, per i quali è riconosciuto il collocamento obbligatorio, ai fini pensionistici sono equiparati, di fatto, ai lavoratori sani" si legge nella relazione al testo del provvedimento.
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Esodati, per i lavoratori in mobilità le tutele crescono di un anno
Saranno ammessi alla tutela anche i lavoratori che, attraverso la contribuzione volontaria, maturino i requisiti previdenziali entro i 12 mesi dal termine dell'indennità di mobilità.
Kamsin I lavoratori collocati in mobilità ordinaria a seguito di accordi governativi o non governativi, stipulati entro il 31 dicembre 2011, cessati dal rapporto di lavoro entro il 30 settembre 2012 e che perfezionano, entro il periodo di fruizione dell’indennità di mobilità, ovvero, anche mediante il versamento di contributi volontari, entro dodici mesi dalla fine della mobilità, i requisiti di pensionamento previgenti Dl 201/2011 potranno mantenere le vecchie regole pensionistiche nel limite di 5.500 unità. E' quanto prevede l'articolo 2, comma 1, lettera a) del nuovo disegno di legge in materia di esodati approvato la scorsa settimana da Palazzo Madama.
Per il profilo di tutela riguardante i lavoratori in mobilità pertanto la misura tutela da un lato chi ha raggiunto un diritto previdenziale, con la vecchia normativa, entro la fruzione dell'indennità di mobilità; dall'altro apre anche a chi riesca a perfezionare entro i 12 mesi dalla fine dell'indennità di mobilità un diritto a pensione. Ma in tal caso con alcuni limiti.
Possono attivare questa "estensione" infatti solo coloro che, facendosi autorizzare al versamento dei volontari, maturino il requisito contributivo entro i 12 mesi dal termine dell'indennità di mobilità. In tal caso la legge precisa che il versamento potrà riguardare anche periodi eccedenti i sei mesi precedenti la domanda di autorizzazione stessa. Il versamento potrà comunque essere effettuato solo con riferimento ai dodici mesi successivi al termine di fruizione dell’indennità di mobilità.
La precisazione sembra pertanto escludere dal beneficio coloro che non hanno raggiunto i requisiti anagrafici entro il termine dell'indennità di mobilità. Vale a dire che i lavoratori ammessi a maturare il diritto a pensione entro i 12 mesi dalla scadenza della mobilità sono coloro che:
1) si fanno autorizzare ai volontari per maturare il requisito contributivo delle 2080 settimane utili per ottenere la pensione di anzianità indipendentemente dal requisito anagrafico. Ad esempio un lavoratore con 39 anni e 3 mesi di contributi al termine della mobilità potrà farsi autorizzare ai volontari per versare i rimanenti 9 mesi al fine di raggiungere 40 anni di contributi ed accedere alla salvaguardia;
2) si fanno autorizzare ai volontari per perfezionare il requisito minimo di 35 anni di contributi se alla scadenza della mobilità hanno già il requisito anagrafico (ossia 61 anni e 3 mesi di età). Ad esempio un lavoratore che ha 62 anni e 34 anni e mezzo di contributi alla scadenza della mobilità potrà versare 6 mesi di contributi per raggiungere i 35 anni e perfezionare il quorum 97,3 come richiesto dalla vecchia normativa per accedere alla pensione di anzianità con le cd. "quote".
Di conseguenza saranno esclusi dalla possibilità di maturare i requisiti previdenziali entro i 12 mesi successivi alla mobilità quei lavoratori che maturano i requisiti anagrafici dopo la scadenza della stessa. Ad esempio un lavoratore che alla fine della mobilità avrà 60 anni e 6 mesi di età e 36 di contributi e che maturerà i 61 anni e 3 mesi necessari alla pensione di anzianità con le quote nei successivi 12 mesi dal termine della mobilità non potrà accedere alla salvaguardia.
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Riforma Pensioni, la sesta salvaguardia esclude la scuola
Il disegno di legge in materia di sesta salvaguardia approvato la scorsa settimana in Senato non contiene benefici per il personale della scuola che si riconosce nel movimento"Quota 96". Il Provvedimento ancora atteso in Gazzetta Ufficiale.
Kamsin Il disegno di legge n. 1558, che estende in favore di ulteriori 32.100 soggetti le disposizioni di salvaguardia in materia di accesso al trattamento pensionistico, diventerà legge dello Stato subito dopo la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Da quel momento i lavoratori interessati a partecipare avranno 60 giorni di tempo per presentare istanza di accesso ai benefici.
La legge prevede che la presentazione delle istanze ricalcherà quelle previste dal Dm 14 Febbraio 2014, quindi con la bipartizione Direzione Territoriale del Lavoro-Inps a seconda del profilo di tutela a cui appartiene il lavoratore. Sarà tuttavia opportuno attendere la pubblicazione di una Circolare Ministeriale che individuerà i modelli di domanda e l'articolazione delle competenze per evitare di incorrere in errori.
Per i suddetti lavoratori viene precisato comunque che il trattamento pensionistico non potrà avere decorrenza anteriore alla data di pubblicazione della legge nella Gazzetta Ufficiale. Quindi chi avrebbe avuto, con le vecchie regole, una decorrenza anteriore alla data di pubblicazione in GU perderà le mensilità che si collocano anteriormente a questa data.
Tra i cinque profili di tutela, ammessi alla salvaguardia, la nuova legge consente a 1.800 lavoratori, sia pubblici che privati, di accedere al trattamento pensionistico facendo valere i requisiti vigenti prima dell'entrata in vigore dell'art. 24 del Dl 201/2011 purché maturino la decorrenza della prestazione pensionistica entro il 6 gennaio 2016 e a condizione che nel corso del 2011 risultavano in congedo o in permesso mensile per assistere un parente disabile in situazione di gravità. Viene pertanto esteso di un anno il termine ultimo di decorrenza previsto dall'articolo 11-bis del Dl 102/2013 sulla quarta salvaguardia (dal 6.1.2015 al 6.1.2016) per accedere al benefecio.
Si tratta questa di una estensione che potrà riguardare anche gli insegnanti e il personale Ata della scuola a condizione, naturalmente, che abbiano fruito dei congedi e/o dei permessi della legge 104/92 nel 2011 e che la finestra mobile si apra entro il 6 gennaio 2016 per l'appunto. Ma a parte questa novità il disegno di legge approvato non contiene ulteriori deroghe per il personale della scuola che si riconosce nel movimento Quota 96.
Per questi lavoratori una possibile (e parziale) soluzione della vicenda potrebbe essere nell'estensione al comparto pubblico delle disposizioni contenute nell'articolo 24, comma 15-bis, lett-a) attualmente previste in favore dei lavoratori del settore privato. Tali disposizioni consentono ai soli lavoratori dipendenti del settore privato che abbiano perfezionato la quota 96 entro il 31 dicembre 2012 (60 anni e 36 di contributi o 61 anni e 35 di contributi), di conseguire il trattamento della pensione anticipata al compimento di una età anagrafica non inferiore a 64 anni.
Ebbene se questa normativa fosse estesa già con la prossima legge di stabilità (il Governo aveva presentato un emendamento in tal senso nel ddl di riforma della pa poi però stralciato sotto i rilievi del Ministero dell'Economia), i docenti con i requisiti in parola potrebbero uscire tra il 1° Settembre 2015 e il 1° Settembre 2017 (a seconda dell'anno in cui sarà perfezionato il requisito anagrafico dei 64 anni), con un anticipo comunque di un paio di anni circa rispetto ai requisiti post-Fornero.
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