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I dipendenti pubblici potranno inoltrare denuncia In presenza di condotte illecite di cui siano venuti a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro anche all’Autorità Nazionale Anticorruzione.

Kamsin In presenza di condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, il dipendente pubblico potrà inoltrare denuncia anche all’Autorità Nazionale Anticorruzione. E' quanto prevede l'articolo 31 del Decreto legge sulla Pubblica Amministrazione che novella - in un'ottica di rafforzare il contrasto alla corruzione - l'articolo 54-bis del testo unico sul pubblico impiego (decreto legislativo n. 165 del 2001), aggiunto di recente dalla legge 190/2012 (cd. 'legge Severino' in materia di anticorruzione).

L'obbiettivo è il rafforzameno della tutela del dipendente pubblico che segnala illeciti. Com'è noto l'articolo 54-bis del Dlgs 165/2001 prevede che, fuori dei casi di responsabilità penale a titolo di calunnia o diffamazione, ovvero di responsabilità civile per lo stesso titolo ai sensi dell'articolo 2043 c.c., il pubblico dipendente che denuncia all'autorità giudiziaria o alla Corte dei conti, ovvero riferisce al proprio superiore gerarchico condotte illecite di cui sia venuto a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro, non possa essere sanzionato, licenziato o sottoposto ad una misura discriminatoria, diretta o indiretta, avente effetti sulle condizioni di lavoro per motivi collegati direttamente o indirettamente alla denuncia.

La norma stabilisce inoltre l’impossibilità di rivelare, nell'ambito del procedimento disciplinare, l'identità del dipendente segnalante, senza il suo consenso, sempre che la contestazione dell'addebito disciplinare sia fondata su accertamenti distinti e ulteriori rispetto alla segnalazione. Qualora la contestazione sia fondata, in tutto o in parte, sulla segnalazione, l'identità può essere rivelata ove la sua conoscenza sia assolutamente indispensabile per la difesa dell'incolpato. L'adozione di misure discriminatorie è segnalata al Dipartimento della funzione pubblica, per i provvedimenti di competenza, dall'interessato o dalle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative nell'amministrazione nella quale le stesse sono state poste in essere. Sempre a fini di tutela del dipendente pubblico, la denuncia è sottratta all'accesso agli atti previsto dagli articoli 22 e ss. della legge n. 241 del 1990 sul procedimento amministrativo.

Dunque con l'intervento in questione vengono estesi i possibili destinatari della denuncia del pubblico dipendente, ricomprendendovi l'A.N.A.C - alla quale il decreto legge 90/2014 attribuisce - tra le sue funzioni, il ricevimento di notizie e segnalazioni di illeciti.

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Resteranno fuori dall'operazione i lavoratori che hanno già deciso di destinare il proprio TFR ai fondi pensionistici complementari a meno che tale opzione non sia stata già indicata dal contratto collettivo di categoria che ha istituito il Fondo.

Kamsin Stipendio più succulento dal prossimo mese di febbraio. È questo l'effetto dell'operazione anticipo TFR che il governo intende varare entro fine anno in occasione della prossima legge di stabilità 2015. Il progetto infatti secondo, quanto riportano le agenzie di stampa, non è stato affatto abbandonato dall'esecutivo.

La proposta sarà su base volontaria. Ciascun lavoratore, sia del settore  privato che di quello pubblico, potrà decidere se ricevere l'anticipo del TFR maturato nell'anno precedente. Potrà poi scegliere se spedire in un'unica tranche nella busta paga tutto l'ammontare maturato nell'anno precedente oppure se distribuirlo lungo l'arco di 12 mesi. Nel primo caso il TFR verrà pagato dall'impresa nel mese di febbraio; e in tal caso, supponendo un trasferimento totale e non parziale, per le retribuzioni intorno ai 15mila euro scatterebbe una dote netta intorno agli 800 euro, dote che raggiungerebbe i 1500 euro per coloro che hanno una retribuzione annua lorda superiore ai 30 mila euro.

Secondo quanto si apprende da fonti vicino a Palazzo Chigi, al momento resteranno fuori dall'operazione i lavoratori che hanno già deciso di destinare il proprio TFR ai fondi pensionistici complementari a meno che tale opzione non sia stata già indicata dal contratto collettivo di categoria che ha istituito il Fondo.

La proposta è costo zero per le imprese perché nel meccanismo indicato dai tecnici di via XX Settembre l'erogazione della somma verrebbe finanziata attraverso un apposito "Fondo anticipo TFR" creato dalle banche e dalla Cassa Depositi e Prestiti; oppure solo dagli intermediari finanziari previo un accordo da raggiungere con Abi. Per il governo si tratta di una precisazione importante dopo gli scudi sollevati da Confindustria che temeva una forte riduzione nella liquidità delle imprese per far fronte al pagamento delle somme ai lavoratori.

Nella bozza dei tecnici del governo infatti si precisa che le "aziende continuano ad operare come oggi senza alcuna modifica dei loro costi né dell'esborso finanziario versando, come prevede l'attuale normativa, il TFR all'Inps (le imprese con oltre 50 dipendenti) o versandolo ad un fondo integrativo o seguitandolo ad accantonare in bilancio (imprese con meno di 50 addetti)".

Nella proposta del governo il ruolo delle banche sarà, come anticipato, fondamentale. I tecnici hanno ipotizzato due strade. La prima prevede la costituzione di un fondo ad hoc con la partecipazione degli istituti e della Cassa Depositi e Prestiti; l'altra prevede invece un accordo con le banche in base al quale il prestito si è erogato dagli istituti di crediti garantiti a loro volta dalla Cassa depositi e prestiti a sua volta garantita dal fondo di garanzia presso l'Inps. Nelle bozze i tecnici sottolineano, peraltro, come tale fondo possa finanziarsi sul mercato e dunque attingere direttamente alle risorse della Banca centrale europea.

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Dalla legge di stabilità si attende una misura strutturale per concedere maggiore flessibilità in uscita. Incerto il destino dei lavoratori precoci e dei quota 96. Intanto il Parlamento ha dato il via libera alla Sesta Salvaguardia.

Kamsin Il cantiere sulle pensioni registra alcuni passi avanti in queste ultime due settimane. In primo luogo è stata approvata in via definitiva la sesta salvaguardia. Si tratta di un provvedimento che, com'è noto, estende in favore di ulteriori 32.100 lavoratori la possibilità di mantenere le previgenti regole di pensionamento.

Ad oggi il provvedimento non è stato ancora pubblicato in Gazzetta Ufficiale (lo sarà a breve). Da quel momento i lavoratori interessati a partecipare avranno 60 giorni di tempo per presentare istanza di accesso ai benefici. La legge prevede che la presentazione delle istanze ricalcherà quelle previste dal Dm 14 Febbraio 2014, quindi con la bipartizione Direzione Territoriale del Lavoro-Inps a seconda del profilo di tutela a cui appartiene il lavoratore. Sarà tuttavia opportuno attendere la pubblicazione di una Circolare Ministeriale che individuerà i modelli di domanda e l'articolazione delle competenze per evitare di incorrere in errori. 

Ma tutti gli occhi sono puntanti alla prossima legge di stabilità 2015. Poche le indiscrizioni che trapelano da Palazzo Chigi ma sono noti i punti "caldi" del mondo della previdenza che chiedono una risposta. Oltre alla vicenda dei quota 96 della scuola sulla quale il Governo ha preso tempo, la legge di stabilità dovrebbe essere il veicolo per provvedere alla cancellazione della penalizzazione sulla pensione anticipata sino al 31 Dicembre 2017.Il Governo ha infatti indicato nei giorni scorsi, per voce del Ministro del Lavoro Giuliano Poletti, la possibilità di un intervento in tal senso.

Attesa anche per vedere se saranno adottate delle soluzioni strutturali "a costo zero" per le Casse dello Stato per risolvere il problema di quei lavoratori che hanno perso il posto di lavoro e non hanno ancora raggiunto un diritto previdenziale ai sensi della normativa Fornero. Uno scivolo pensionistico che potrebbe venire incontro a tutti quei lavoratori che non sono stati inclusi nei vari provvedimenti di salvaguardia sino ad oggi approvati (in primis ci sarebbero i lavoratori che hanno perso il posto di lavoro dopo il 2011).

Bisognerà attendere anche per verificare se saranno fatti passi avanti per la proroga del regime sperimentale donna e per consentire la possibilità di pensionamento a 64 anni dei lavoratori del pubblico impiego che abbiano maturato la quota 96 entro il 2012. Attualmente infatti tale beneficio, individuato nell'articolo 24, comma 15-bis del Dl 201/2011, è riservato solo ai lavoratori del settore privato. A ben vedere questa norma - se estesa al comparto del pubblico impiego - potrebbe essere uno strumento per risolvere anche la vicenda che vede coinvolti i cd. quota 96 della scuola di cui si è appena accennato.

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L'indennizzo per la Cessazione anticipata dell'Attività commerciale non può essere concesso in favore dei lavoratori che, al momento della domanda, conseguano o siano in possesso dei requisiti per il conseguimento del trattamento di vecchiaia ai sensi dell'articolo 24 del Dl 201/2011.

Kamsin Niente indennizzo per la cessazione dell'attività commerciale per i lavoratori che, al momento della domanda, conseguano il trattamento di vecchiaia ai sensi dell'articolo 24 del Dl 201/2011. E' quanto ha indicato l'Inps con messaggio 7384/2014.

Com'è noto, la Legge di Stabilità 2014 prevede la possibilità di richiedere un Indennizzo per la Cessazione anticipata dell'Attività commerciale fino al 31 dicembre 2016. L'indennizzo prevede una somma di circa 500 Euro al mese per gli Agenti, e i commercianti, che cesseranno l'attività negli anni 2014-15-16 e che avranno un'età di 62 anni, per gli uomini, e 57 anni per le donne. L'indennizzo viene corrisposto per il periodo intercorrente dalla cessazione fino alla data della pensione di vecchiaia.

Con il messaggio l'Inps precisa che l’indennizzo non può essere concesso ai soggetti che, al momento della domanda di indennizzo, hanno compiuto le nuove età pensionabili previste dalla legge n. 214 del 2011. Ciò in quanto, in base all’articolo 2 del decreto istitutivo n. 207 del 1996, richiamato dal articolo 19 ter novellato dalla legge n. 147 del 2013, il predetto trattamento spetta fino a tutto il mese in cui il beneficiario compie l’età pensionabile, da intendersi, dal 1° gennaio 2012, quella prevista dalla legge n. 214 del 2011 per le lavoratrici ed i lavoratori iscritti alla Gestioni dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali.

L’indennizzo non è altresì concedibile ai soggetti già titolari di pensione di vecchiaia nella Gestione commercianti o che sono in possesso dei requisiti, anche previgenti la legge di riforma n. 214 del 2011, per il conseguimento della pensione di vecchiaia nella gestione medesima. Ciò in quanto il richiedente ha già raggiunto il tipo di tutela previdenziale al cui conseguimento sono finalizzate, tendenzialmente, le disposizioni sull’indennizzo.

La prestazione può invece essere concessa ai soggetti che siano già titolari o abbiano maturato i requisiti per la pensione di anzianità o per quella anticipata nella gestione commercianti. Nel primo caso il trattamento sarà erogato fino al mese di compimento delle età pensionabili previste dalla legge 214/11, che per l'anno in corso sono di 64 anni e 9 mesi di età per le donne e di 66 anni e 3 mesi per gli uomini. L'Inps precisa, peraltro, che durante il periodo di godimento dell’indennizzo non sarà accreditata in favore del beneficiario alcuna ulteriore contribuzione figurativa nell’ambito della Gestione dei contributi e delle prestazioni previdenziali degli esercenti attività commerciali. Il periodo di godimento dell’indennizzo, infatti, per specifica disposizione legislativa (v. articolo 3, comma 2 del D.L.g.vo n. 207 del 1996) "è utile ai soli fini del conseguimento del diritto a pensione".

Nell’ipotesi in cui il diritto alla pensione anticipata venga perfezionato, in corso di godimento dell’indennizzo, anche utilizzando i contributi figurativi maturati durante la percezione dello stesso, il beneficiario potrà accedere alla suddetta prestazione pensionistica e continuare ad usufruire dell’indennizzo fino al mese di compimento dell’età pensionabile.

Per quanto riguarda la compatibilità con l'assegno sociale, l'indennizzo può essere concesso anche al titolare ditale prestazione. Tuttavia il diritto all'assegno è soggetto al fatto che il beneficiario non possegga redditi propri, salvo alcune esclusioni tra cui non compaiono gli indennizzi, o possegga redditi di importo inferiore a quello annualmente determinato dell'assegno sociale. Ne deriva che per il 2014 la percezione dell'indennizzo comporta nella maggior parte dei casi la revoca dell'assegno se si supera il limite reddituale annuale di 5.818.93 euro.

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L'esenzione dal pagamento della Tasi scatta solo se sugli immobili sono svolte attività didattiche, ricreative, sportive, scientifiche con modalità non commerciali.

Kamsin Gli enti ecclesiastici e no profit dovranno pagare la Tasi sugli immobili se su questi vengono svolte attività didattiche, ricreative, sportive, assistenziali, culturali e via dicendo con modalità commerciali. E' quanto prevede l'articolo 1, comma 3, del dl sulla finanza locale (16/2014) che ha esteso a questi enti lo stesso trattamento agevolato riservato per l'Imu in presenza dei requisiti fissati dall'articolo 7, comma 1, lettera i) del decreto legislativo 504/1992.

In altri termini gli immobili degli enti non profit sono esonerati dal pagamento della Tasi solo se sugli immobili vengono svolte attività didattiche, ricreative, scientifiche, sportive, assistenziali, culturali e via dicendo con modalità non commerciali. Ai fini della qualifica di "attività non commerciale" il Decreto ministeriale 200/2012 precisa che sono considerate non commerciali quelle attività svolte gratuitamente o dietro pagamento di un corrispettivo di importo simbolico e comunque non superiore alla metà rispetto alla media di quelle pretese dai soggetti che svolgono l'attività con modalità commerciali. Inoltre è necessario che lo statuto dell'ente contenga: il divieto di distribuire utili o avanzi di gestione; l'obbligo di reinvestire gli utili esclusivamente per lo sviluppo delle attività; l'obbligo di devolvere il patrimonio in caso di suo scioglimento ad altro ente non commerciale che svolga analoghe attività istituzionale.

Laddove però l'unità immobiliare abbia un'utilizzazione mista l'esenzione è solo parziale; si applica la norma che disciplina l'esenzione Imu per i fabbricati degli enti non commerciali adibiti a uso promiscuo (articolo 91-bis del Dl 1/2012). L'esenzione, in questo caso, si applica solo sulla parte nella quale si svolge l'attività non commerciale, a condizione che sia identificabile. In tal senso la parte dell'immobile dotata di autonomia funzionale e reddituale permanente deve essere iscritta in catasto, con attribuzione della relativa rendita. Nel caso in cui non sia possibile accatastarla autonomamente, l'agevolazione spetta in proporzione all'utilizzazione non commerciale dell'immobile che deve risultare da apposita dichiarazione dell'ente interessato.

Nel decreto ministeriale 200/2012 sono indicati i parametri per stabilire come assoggettare a imposta la parte degli immobili adibita a attività commerciali. Per calcolare il rapporto proporzionale è necessario fare riferimento allo spazio, al numero dei soggetti nei confronti dei quali vengono svolte le attività con modalità commerciali o non commerciali e al tempo durante il quale l'immobile è destinato a un determinato uso. Rileva anche il numero dei soggetti nei confronti dei quali le attività vengono svolte con modalità commerciali, rapportato al numero complessivo di quelli che utilizzano la struttura. Se nell'immobile, poi, viene svolta un'attività diversa da quelle elencate dalla norma solo per un periodo dell'anno, per calcolare il tributo occorre accertare i giorni durante i quali l'immobile ha questa destinazione.

Il pagamento del tributo - Per questi immobili è diversa anche la tempistica di pagamento del tributo. Dato che manca una regola che rende applicabile alla Tasi le medesime modalità di pagamento dell'Imu entro il 16 ottobre gli enti no-profit soggetti, in base alle regole sopra esposte, dovranno provvedere al pagamento del 50% del tributo dovuto per l'anno 2014.  Crea però qualche intoppo lo slittamento al 1° Dicembre 2014 del termine presentare la dichiarazione, che costituisce tappa essenziale per capire quanto si deve pagare e per consentire ai Comuni di verificare la correttezza dei calcoli del contribuente. In questo contesto, pertanto, i Comuni potrebbero accettare il pagamento dell'intero tributo direttamente in occasione dell'appuntamento di Dicembre.

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