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- Roma 22 lug. - Matteo Renzi presenta a palazzo Chigi una serie di progetti realizzati con imprese straniere e italiane. Il premier parla di contratti di sviluppo che "valgono quasi un miliardo e mezzo di euro, la meta' e' investimento pubblico, circa 700 milioni". Ecco le cifre: 24 progetti, quasi un miliardo e mezzo di investimenti, 25 mila posti di lavoro, l'80% nelle regioni del Sud, "34 milioni di euro in Campania". - Sul lavoro e il rilancio dell'occupazione "la politica si gioca la sua credibilita'", dice il premier. Con la firma dei 24 progetti "il governo prova a dare messaggi concreti", sostiene il presidente del Consiglio. "Alla fine dei mille giorni l'Italia sara' nelle condizioni di guidare la ripresa economica e non di essere il fanalino di coda", sottolinea il presidente del Consiglio. .
- Roma, 21 lug. - Termina il primo giorno di esame da parte dell'Aula del Senato del ddl riforme costituzionali. Una seduta, tuttavia, che si e' protratta quasi per l'intera giornata sull'illustrazione degli emendamenti all'articolo 1 del testo del ddl, senza che i senatori procedessero ad una sola votazione. I lavori riprenderanno domani alle 9,30. Il Movimento 5 Stelle propone che domani l'Aula del Senato anziche' esaminare il ddl riforme si occupi di quanto sta accadendo nella striscia di Gaza e chiede di cambiare il calendario dei lavori, con un voto da svolgere subito, gia' questa sera. Si associa alla richiesta Sel. Il Pd propone di sentire il governo in commissione, ma i grillini insistono e la Lega, con Stefano Candiani, chiede la verifica del numero legale, visto che l'emiciclo di palazzo Madama e' semivuoto (i lavori da calendario dovevano terminare alle 22). Ma la presidente di turno, Valeria Fedeli, rimanda ogni decisione e votazione a domattina. E scoppia la bagarre in Aula, con i 5 Stelle che protestano. La presidente di turno non si compone: "E' una votazione assolutamente legittima, si fara' domattina per un problema di orario", afferma. Il capogruppo grillino, Vito Rosario Petrocelli non ci sta. A proporre il cambio di calendario, poco prima, e' stato proprio lui: "riteniamo sia necessario inserire l'informativa urgente del ministro Mogherini su quanto sta accadendo nella striscia di Gaza, ci sembra di un'urgenza assoluta", sostiene, "l'Aula non puo' proseguire senza un dibattito aggiornato. E' doveroso stasera un voto su un nuovo calendario da parte di tutti i gruppi", conclude il grillino. Si associa alla richiesta Peppe De Cristofaro (Sel). Interviene il senatore Pd, Giorgio Tonini: "La preoccupazione dei colleghi e' anche la nostra, ma non si strumentalizzi questa vicenda per interessi obliqui. La nostra proposta e' che il governo venga a riferire nella commissioni Esteri di Camera e Senato congiunte come avviene in questi casi". .
- Roma, 21 lug. - Finira', magari, che un ruolo non secondario nel consentire di portare a termine il voto sulle riforme prima della pausa estiva lo giochera' 'il canguro'. Ovviamente non si tratta di un marsupiale in carne e ossa ma del principio regolamentare che al Senato permette di aggregare emendamenti omogenei tra loro, e di abbattere cosi' significativamente il numero di votazioni. Una questione di tecnica parlamentare ma centrale quanto agli obiettivi politici, visto che con oltre 7800 proposte di modifica piovute su palazzo Madama risulta davvero arduo ipotizzare altrimenti il rispetto della tabella di marcia rivendicata da Matteo Renzi. Una riflessione per ora ancora 'accademica' visto che, a quanto si apprende, ad ora la presidenza del Senato non prevede alcuna convocazione della Conferenza dei capigruppo per ridurre i tempi del lavoro in Aula. Ne' sono state ricevute richieste in tal senso da parte di maggioranza e governo. Vero e' pero', sempre a quanto si apprende, che in queste ora governo e meaggioranza starebbero lavorando a un 'appeasement' con la Lega, passaggio fondamentale per rinsaldare un asse che, insieme a quelli di Pd e FI, metterebbe almeno sui numeri in sicurezza la tenuta del lavoro in vista. Dunque, appare quasi inevitabile che domani si torni a ragionare sui meccanismi che consentano di sforbiciare sensibilmente i tempi. Forza Italia non ha nulla in contrario a che si assumano decisioni che mirino ad "accelerare il dibattito" in Aula sulle riforme, e il capogruppo azzurro al Senato, Paolo Romani, si dice favorevole all'ipotesi che "il presidente del Senato e i capigruppo trovino un'intesa che potrebbe formalizzare dei meccanismi per accelerare il dibattito". Spiragli anche dal Pd, con Anna Finocchiaro che riconosce come "su alcune questioni oggetto di approfondimento potrebbe anche essere possibile trovare un punto di incontro tra le forze politiche e questo potrebbe portare a una piu' fisiologica discussione sul testo e a un piu' fisiologico svolgimento delle votazioni in Aula". "Qualcuno parla di svolta autoritaria: questa e' un'allucinazione e come tutte le allucinazioni non puo' essere smentita con la forza della ragione". Sta a Maria Elena Boschi mettere in chiaro le cose e, nella replica in aula al Senato a conclusione del dibattito, il ministro per le Riforme scandisce, tra rumorose proteste nell'emiciclo, che "parlare di svolta illiberale e' una bugia e le bugie in politica non servono". "E' stato un privilegio - spiega - partecipare alla discussione generale in questi giorni. E' un percorso difficile ma affascinante quello che stiamo facendo insieme. Il governo ha legato in modo indissolubile il proprio cammino al percorso delle riforme", una sottolineatura importante che la Boschi lega a una precisazione altrettanto 'pesante', alla luce della mole di emendamenti che gravano sull'iter del pacchetto al Senato: "Ci potra' essere un tentativo di rallentare questo cambiamento, un ostruzionismo che ci puo' portare a lavorare una settimana di piu' e a sacrificare un po' di ferie, ma noi manterremo la promessa di cambiare il paese". Si dice soddisfatta, la Boschi, per il fatto che il testo sia "ampiamente condiviso" e che "abbia una maggioranza piu' ampia di quella del governo e' un valore aggiunto". Inoltre, sottolinea che si tratta di un "testo depurato dallo scontro ideologico". Quindi, ammonisce: "Vorremmo affrontare la discussione nel merito, non sulla simpatia o antipatia di chi lo ha proposto. Non abbiamo paura delle idee. Come diceva Pratolini: 'Non ha paura delle idee chi ne ha'". "Tutto e' migliorabile, sempre, ma noi sappiamo che su questa riforma c'e' un consenso ampio anche dal mondo accademico. La riforma non e' un'approssimazione casuale, ma poggia su spalle solide", rivendica. I relatori. "Ho letto che per il ministro Boschi il tempo della trattativa e' chiuso e ci sono rimasto male... Perche' io sono convinto che buona parte del percorso e' stato fatto in commissione ma ancora una buona parte ci resta da fare nell'esame dell'aula", dice Roberto Calderoli quando e' il suo turno di intervenire in aula al Senato. "Abbiamo riportato sui binari - aggiunge - un treno che andava per conto suo". Da Anna Finocchiaro arrivano parole destinate a pesare, considerato lo spazio che i frondisti hanno nel suo partito, come in quello dell'altro grande contraente, FI. "Invito i colleghi, fermo restando che quest'aula e' sovrana - avverte la capogruppo Pd al Senato - a riflettere sui toni che imprimiamo al nostro dibattito perche' rischiamo di perdere per strada la pulizia dell'opera alla quale siamo chiamati, il rigore del disegno costituzionale. Le parole, se utilizzate con violenza, rischiano di diventare inutili. Le parole 'regime', 'deriva autoritaria', 'violenza sulla Costituzione' se pronunciate in quest'aula sono macigni. Questa conclusione arriva dopo trenta ore di discussione generale in Aula e anni di dibattito sulle riforme costituzionali. Dire che il lavoro e' segnato da fretta, approssimazione e accelerazione non e' aderente alla realta' dei fatti". .
- Bari, 21 lug. - "Dieci anni sono un tempo molto lungo per un'esperienza come quella del governo di una regione come la Puglia e io ho lavorato con tanta passione, in totale buona fede cercando di lasciare un segno che desse a questa regione l'orgoglio di esistere nel mondo con i propri giovani e la propria bellezza" cosi' Nichi Vendola parla ai giornalisti al termine del suo intervento politico in cui ha annunciato la sua rinuncia a candidarsi alle prossime regionali. "Credo che per me sia giunto il momento di servire la Puglia in un altro ruolo, non da governatore. Serve chiamare alla prova una nuova generazione, ci sono le primarie del centrosinistra per questo" ha detto ancora Vendola che nel suo intervento all'assemblea regionale di Sel aveva lanciato formalmente la candidatura di Dario Stefano senatore del gruppo di Sel. Ricordando poi che alle primarie del centrosinistra, previste per novembre prossimo, vi sono diversi annunci di candidature del Pd, di persone stimabili e che hanno lavorato con lui in giunta come Elena Gentile, attualmente al parlamento europeo o Michele Emiliano, Vendola ha auspicato che le primarie guardino alla politica razionalmente e non "alla mozione degli affetti, inoltre suggerisco che tra le regole si ponga la possibilita' di un turno di ballottaggio, in presenza di piu' candidati". "Tra i candidati piu' di prestigio c'e' Dario Stefano che e' per noi un valore importante - ha detto ancora Vendola - combatteremo questa battagia sempre pef il bene del centrosinistra, ma che sia una gara bella e che tenga lontani tutti i trasformisti e i furbi che cercano riparo dove meglio gli conviene. Il centrosinistra ha ben governato la Puglia in questi 10 anni e puo' fare ancora meglio. Penso che le primarie possano essere la prima tappa di questa rivoluzione che continua".

Tra le varie novità in materia previdenziale contenute nel Dl 90/2014, oltre all'abolizione del trattenimento in servizio, il comma 5 dell'articolo 1 del provvedimento amplia l’ambito applicativo dell’istituto della risoluzione unilaterale del contratto da parte della P.A. Kamsin Il governo ha infatti esteso l'istituto ricomprendendo anche il personale delle autorità indipendenti e i dirigenti medici responsabili di struttura complessa che sino ad oggi erano rimasti esclusi. La misura, com'è noto, concede la facolta' alle Pa di risolvere il rapporto di lavoro nei confronti dei dipendenti che hanno maturato la massima anzianità contributiva, cioè i requisiti per la pensione anticipata  a decorrere dal 1° gennaio 2012 (42 anni e 6 mesi per gli uomini e 41 anni e 6 mesi per le donne) a condizione però, si ritiene, che non siano soggetti alla penalizzazione (cfr Circolare della Funzione Pubblica 2/2012).

Con riferimento all’ambito applicativo dell’istituto, quindi si può riscontrare una novità rispetto alla disciplina preesistente: la norma estende tale facoltà al personale delle autorità indipendenti e dirigenti medici responsabili di struttura complessa (categorie in precedenza escluse) mentre l'istituto continua a non trovare immediata applicazione nei comparti sicurezza, difesa ed esteri. Con l'intervento in questione inoltre la misura dovrebbe essere resa strutturale e cioè esercitabile dalle Pa anche oltre il 2014, limite temporale invece previsto prima del Dl 90/2014.

La Disciplina previgente - L’istituto, come anticipato da Pensioni Oggi, non è nuovo a differenza di quanto rilanciato dai quotidiani nelle ultime settimane. E' infatti disciplinato dall’articolo 72, commi da 8 a 11, del D.L. 112/2008, che ha introdotto la facoltà per le P.A. (nell’esercizio dei propri poteri generali di organizzazione) di risolvere unilateralmente il rapporto di lavoro e il contratto individuale (con preavviso di sei mesi) nei confronti del personale dipendente. La misura tuttavia, pur comprendendo i dirigenti, escludeva magistrati, professori universitari e dirigenti medici responsabili di struttura complessa che avessero maturato l’anzianità massima contributiva, prevista all'epoca, cioè i 40 anni. Per una lacuna legislativa la misura inoltre non risultava (e non risulta) applicabile al personale dei comparti sicurezza, difesa ed esteri, le cui modalità applicative della disposizione erano rinviate ad un D.P.C.M., da emanare entro 90 giorni dalla data di entrata in vigore del D.L. 112/2008, decreto che non risulta, ad oggi, adottato. 

Pare utile anche precisare che, nell'applicazione della risoluzione del rapporto di lavoro da parte delle Pa, l’articolo 16, comma 11, del D.L. 98/2011 ha escluso l’obbligo di motivazione di ciascun provvedimento, stabilendo che l’esercizio di tale facoltà da parte delle P.A. “non necessita di ulteriori motivazioni qualora l'amministrazione interessata abbia preventivamente determinato in via generale appositi criteri di applicativi con atto generale di organizzazione interna, sottoposto al visto dei competenti organi di controllo”.

Zedde

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