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"Quello che il governo dovrebbe capire è che l’aumento della disoccupazione giovanile e della povertà è in buona parte dovuta a due fenomeni: l’innalzamento repentino dell’età pensionabile a 67 anni, che costringe le generazioni più anziane a rimanere più a lungo al lavoro, sbarrando in questo modo la strada verso l’occupazione a figli e nipoti; il precipitare nella condizione di “esodati” da parte di centinaia di migliaia di persone che si sono trovate improvvisamente e ormai da anni senza reddito (il fenomeno nasce alla fine del 2011)". Kamsin E' quanto scrive l'Onorevole Cesare Damiano dalle Pagine del Quotidiano Europa. L'ex ministro del Lavoro evidenzia i passi avanti fatti dal governo in queste ultime settimane e le questioni irrisolte.

"Per il momento abbiamo percorso, con le salvaguardie, sei tappe di questa dolorosa via crucis, salvando oltre 170.000 lavoratori, ma adesso va trovata una soluzione strutturale al problema. Prima o poi Renzi dovrà occuparsene. Accanto a questo, come se non bastasse, a carico di alcune categorie di lavoratori si sono commessi veri e propri “errori” che hanno oggi pesanti ripercussioni sulla loro possibilità di andare in pensione.

Il primo lo ha commesso il governo Berlusconi con le cosiddette ricongiunzioni. Volendo impedire alle donne del pubblico impiego di fare la ricongiunzione gratuita verso l’Inps al fine di utilizzare la pensione di vecchiaia ancora a 60 anni e non a 65, si sono bloccate tutte le ricongiunzioni gratuite: adesso molti lavoratori sono costretti, per percepire un’unica pensione ed avendo versato i contributi a Inps e Inpdap, a pagarli due volte con esborsi che possono superare la cifra di 200.000 euro. Chi ha commesso l’“errore” non ha niente da dire?

La seconda “svista” è a carico dei macchinisti delle ferrovie: qui entra in ballo il governo Monti che, avendo previsto l’armonizzazione dei requisiti pensionistici di varie categorie, ha escluso i macchinisti scambiando un articolo per un comma. Per questo “errore” avremo alla guida dei treni Frecciarossa gagliardi sessantasettenni. Ultimo problema è quello ormai noto di “Quota 96” degli insegnanti: abbiamo presentato un emendamento al Decreto sulla pubblica amministrazione con le relative coperture.

Questa volta non ci sono alibi anche perché, nel corso di una precedente discussione in aula alla camera sul tema degli “esodati” nella quale si era sollevato il problema, i rappresentanti del governo avevano dato la loro disponibilità ad affrontarlo con questo decreto. Anche in questo caso si tratta di un “errore” del governo Monti che ha scambiato l’anno scolastico con quello solare. Il problema va risolto entro il mese di agosto, altrimenti questi 4.000 insegnanti intrappolati dalla “riforma” Fornero salteranno un altro anno e altrettanti giovani docenti non potranno fare il loro ingresso nel mondo della scuola.

Noi crediamo nel gramsciano “ottimismo della volontà” che Matteo Renzi ha introdotto nel grigiore della politica italiana: per farlo fruttare al meglio pensiamo che sia necessario anche occuparsi di questi angoscianti problemi quotidiani perché è l’unico che abbiamo per colmare rapidamente quella distanza che oggi separa i cittadini dalle istituzioni ha concluso Damiano.

Zedde

- Roma, 18 lug. - "Di lui, oggi, avremmo ancora bisogno".Laura Boldrini, nel suo intervento al seminario parlamentare 'Italia chiama Africa', in occasione del 'Mandela Day' e alla presenza degli ambasciatori in Italia degli Stati africani, parla di 'Madiba' e aggiunge che "avremmo bisogno del suo sguardo acuto e delle sue capacita' di superare le barriere dell'odio per giungere alla riconciliazione. Avremmo bisogno, pero', anche del suo slancio vitale, del suo sorriso contagioso, della volonta' di celebrare un Paese ed un continente che, per troppo tempo, sono stati, per l'Occidente, nient'altro che terra di conquista o luogo esotico, infestato da violenze, carestie ed epidemie". "Quest'anno, per la prima volta, celebriamo la giornata dedicata a Nelson Mandela senza di lui, una figura, per citare un'altra grande protagonista della storia sudafricana scomparsa di recente, Nadine Gordimer, 'all'epicentro del nostro tempo'", osserva la presidente della Camera. "Lo era - prosegue - in vita, e lo e' tuttora. Mandela dimostro' di saper guidare un popolo, di non poter essere piegato, ma riusci' anche a non cedere alla vendetta, perfino nei confronti delle persone, cito sempre Gordimer, che 'avevano creato la prigione che era l'apartheid'. Seppe, infine, lasciare il potere - sottolinea - una volta raggiunti i primi obiettivi che si era prefissato: la creazione di uno Stato democratico e di una 'rainbow nation, la 'nazione arcobaleno', dove tutti, indipendentemente dal colore della pelle, dalla religione, dall'orientamento sessuale, fossero ritenuti eguali". Boldrini richiama all'attenzione di tutti il fatto che "anche oggi, quando l'Africa subsahariana cresce a ritmi sostenuti; quando citta' sconvolte dalla guerra appena tre anni fa, come Abidjan, risorgono come centri economici e culturali; quando una nuova classe media in espansione rivoluziona i modelli sociali e le pratiche imprenditoriali in tutto il continente, i nostri mezzi d'informazione sembrano non interessarsene, ricordandosi dell'Africa solo in occasione dell'insorgere di guerre, del diffondersi di virus letali o dell'intensificarsi dei flussi migratori diretti in Europa". "Le immagini piu' recenti che riguardano l'Africa trasmesse dai nostri telegiornali - osserva ancora - sono state, infatti, quelle delle ragazze nigeriane rapite da Boko Haram e dei tentativi di contenere la trasmissione dell'Ebola in Africa occidentale". "A quest'attenzione cosi' ristretta e selettiva si affianca, purtroppo, un'incapacita', da parte di chi guida i Paesi occidentali, di intervenire con efficacia per cercare di porre fine ai conflitti; di sostenere realmente le transizioni democratiche, le istituzioni rappresentative ed i mezzi d'informazione liberi; di investire di piu' e meglio non per depredare i territori, ma per creare benessere tra le popolazioni locali", rimarca la terza carica dello Stato. Infine, dice ancora Boldrini, "e' all'Africa che dovremmo guardare per ridare nuovi orizzonti alle nostre economie, avviluppate da troppo tempo nella spirale recessiva. Appena il 5% delle esportazioni italiane e' destinato al continente africano ed in Africa giunge solo il 7% dei nostri investimenti". "L'enorme disparita' rispetto all'attivismo di altri Paesi, soprattutto emergenti, e' lampante. Perfino negli Stati cui siamo legati dalla vicinanza geografica o da vincoli storici, come quelli dell'Africa settentrionale o del Corno, i nostri imprenditori sono poco presenti, lasciando spazio a quelli di altri paesi. L'Europa e l'Africa, cosi' vicine, cosi' interconnesse, devono riavvicinarsi in uno scambio alla pari che puo' solo portare benefici per entrambi. L'Italia - dice Boldrini - puo' avere un ruolo di traino in questo avvicinamento all'Africa. Per la nostra storia, per quel braccio ristretto di mare, ristretto e drammatico, che ci separa dalla sponde africane e per la nostra tradizionale vocazione diplomatica alla mediazione ed alla terzieta'. E, in questo momento, lo puo' avere, infine, in quanto Presidente di turno del Consiglio dell'Unione europea, in una fase cruciale sia per il continente africano, che per quello europeo. Abbiamo compiuto alcuni passi in questa direzione, ma molto rimane da fare. Con la convinzione che, ricordando le parole di Madiba: 'It always seems impossible until it's done', 'Sembra sempre impossibile finche' non lo si fa'".
- Roma, 18 lug. - "Il semestre italiano di Presidenza interviene in un momento delicato e, direi, definitorio nella storia dell'Unione Europea. Ci troviamo a confrontarci con temi epocali: la crisi economica, le migrazioni, i conflitti e l'instabilita' geopolitica alle nostre porte. Dalla consapevolezza con cui affronteremo queste sfide dipende il futuro della nostra Unione e dei nostri cittadini". E' uno dei passggi dell'intervento del presidente del Senato alla Riunione dei presidenti degli Organi parlamentari specializzati negli Affari dell'Unione dei Parlamenti dell'Unione europea. "Dopo la crisi economica e finanziaria piu' drammatica dal secondo dopoguerra - osserva allora Pietro Grasso - sono stati adottati diversi strumenti comuni di governance, preventivi e correttivi. Misure per 'spegnere l'incendio'. Ma come ha bene ricordato il presidente Juncker, 'il percorso non e' stato privo di errori. E' mancata l'equita' sociale. La legittimita' democratica e' stata messa alla prova'. Ora dobbiamo guardare avanti, rilanciare la crescita con la massima determinazione possibile e rafforzare la fiducia dei cittadini nel meraviglioso progetto europeo attraverso democraticita' ed efficienza". Dunque "dobbiamo concentrare - prosegue Grasso - l'azione dell'Unione su quegli obiettivi che solo l'azione comune puo' consentire di ottenere. Fra questi la gestione solidale e condivisa dei flussi migratori e la lotta alla criminalita' transnazionale e al terrorismo che dobbiamo considerare responsabilita' comuni e collettive. Voglio dirlo a quei colleghi che non condividono l'iniziativa di una Procura Europea per proteggere gli interessi finanziari dell'Unione: contrapporre sovranita' ad azioni comuni e' un errore quando si tratta di questioni transnazionali che trascendono del tutto dal controllo dei singoli Stati. Che ci piaccia o no siamo vincolati ad un destino comune e solo insieme possiamo governarlo invece che subirlo". Il presidente del Senato ricorda che "come e' ormai tradizione, la Conferenza dei Presidenti degli organi parlamentari specializzati negli affari dell'Unione inaugura i lavori connessi alla dimensione parlamentare del semestre di presidenza; e la riunione plenaria ne segna la chiusura. Un modo, insieme simbolico e concreto, di sottolineare la centralita' della COSAC, unico organismo di cooperazione interparlamentare che sia espressamente previsto dai Trattati, che festeggia quest'anno i venticinque anni dalla sua istituzione". Grasso cita le parole di Matteo Renzi per sottolineare che se 'la vera, grande sfida che ha di fronte a se' il nostro continente e' ritrovare l'anima dell'Europa',quell'anima "pulsa in un nucleo di valori condivisi, declinato nella nostra Carta dei Diritti Fondamentali e ben presente nelle coscienze dei cittadini. La storia dell'Europa unita, ancorche' inizialmente spinta da logiche e obiettivi di tipo economico, e' anzitutto storia della dignita' della persona, della democrazia e dello Stato di diritto". "Per riguadagnare la fiducia dei nostri cittadini nel progetto europeo - considera la seconda carica dello Stato - dobbiamo rafforzare la legittimita' democratica delle istituzioni comuni e le interazioni fra il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali, che sono attori complementari e non concorrenti. Ai Parlamenti nazionali il Trattato attribuisce il compito di contribuire attivamente al buon funzionamento dell'Unione, tramite il controllo di sussidiarieta', la partecipazione ai meccanismi di valutazione delle politiche nell'ambito dello spazio di liberta', sicurezza e giustizia, le procedure di revisione dei trattati e la cooperazione interparlamentare. Il nostro Parlamento ha lavorato con grande convinzione in questa direzione, sia nelle procedure di vigilanza sul rispetto della sussidiarieta' sia nel dialogo politico con le istituzioni europee, in particolare la Commissione". "La COSAC - conclude - e' da sempre un foro privilegiato di dibattito e confronto sui temi di interesse europeo ed ha il mandato di promuovere 'lo scambio di informazioni e buone prassi tra i parlamenti nazionali e il Parlamento europeo, e tra le loro commissioni specializzate'. La Conferenza nel tempo ha cosi' saputo rafforzare il proprio ruolo, dotandosi di un segretariato permanente e confrontandosi con l'attuazione delle novita' dei trattati e le grandi politiche dell'Unione. Insieme ai rappresentanti del Governo italiano e della Commissione europea vi apprestate a dibattere due temi di rilievo cruciale come le prospettive dell'Unione europea dopo le elezioni e le potenzialita' insite nei fondi strutturali e di investimento, elemento portante del bilancio dell'Unione per il periodo 2014-2020. Vi auguro dunque - dice ancora Grasso agli ospiti - una proficua giornata di lavoro, certo che saprete fornire indicazioni preziose per il rilancio e il rafforzamento della nostra Unione, nel segno della crescita e di una rinnovata unita' di intenti e di valori". .

I lavoratori collocati in mobilità ordinaria a seguito di accordi governativi o non governativi, stipulati entro il 31 dicembre 2011, cessati dal rapporto di lavoro entro il 30 settembre 2012 e che   perfezionano, entro il periodo di fruizione dell’indennità di mobilità, ovvero, anche mediante il versamento di contributi volontari, entro dodici mesi dalla fine della mobilità, i requisiti di pensionamento previgenti Dl 201/2011 potranno mantenere le vecchie regole pensionistiche nel limite di 5.500 unità. Kamsin E' quanto prevede l'articolo 2, comma 1, lettera a) del nuovo disegno di legge in materia di esodati (qui il testo del provvedimento) che darà il via libera ad ulteriori 32mila salvaguardie.

Per il profilo di tutela riguardante i lavoratori in mobilità la misura consentirà anche a chi non è riuscito a perfezionare entro la fine dell'indennità di mobilità un diritto a pensione con le vecchie regole la possibilità di accedere al regime derogatorio a condizione che questo sia raggiunto entro i successivi 12 mesi dal termine dell'ammortizzatore sociale attraverso il versamento dei volontari.

Pertanto, qualora il requisito contributivo non fosse perfezionato entro la mobilità i lavoratori in questione potranno procedere al versamento dei volontari in modo da perfezionarlo comunque entro i successivi 12 mesi. In tal caso il versamento potrà riguardare anche periodi eccedenti i sei mesi precedenti  la domanda di  autorizzazione stessa. Il versamento potrà comunque essere effettuato solo con riferimento ai dodici mesi successivi al termine di fruizione dell’indennità di mobilità. Quindi un lavoratore che abbia raggiunto, ad esempio, 39 anni e 3 mesi di contributi al termine della mobilità potrà farsi autorizzare ai volontari per versare i rimanenti 9 mesi al fine di raggiungere 40 anni di contributi ed accedere alla salvaguardia.

Zedde

- Roma, 17 lug. - Novanta minuti di faccia a faccia e, senza bisogno di supplementari o rigori, Pd e M5S si aggiornano a un prossimo incontro, appena archiviato al Senato il dossier riforme. Con reciproca soddisfazione, a quanto pare. Matteo Renzi lascia la Camera segnalando, come aveva fatto in apertura del 'tavolo', i "passi avanti" nel confronto con i 5 Stelle che per parte loro non rinunciano a punzecchiare i democratici sul tasto della lentezza, promettono che non concederanno alibi ma, insomma, senza punte o spigoli. Si chiude cosi' l'atteso confronto, in diretta streaming, tra le due delegazioni su riforme e legge elettorale. E alla fine vi prende parte anche Matteo Renzi, che sino a ieri aveva sostanzialmente escluso la sua partecipazione all'incontro. "Per noi va bene, abbiamo avuto aperture su molti temi. Ad esempio sul ballottaggio. Poi riconoscono che non c'e' deriva autoritaria sulla riforma del Senato", mette all'attivo Renzi lasciando Montecitorio. Un incontro "positivo" quello con i Cinque Stelle, soprattutto per l'atteggiamento di Luigi Di Maio e il leader Pd si chiede, pero', se il vicepresidente della Camera "li porta tutti con se'? Bisogna chiedersi questo", riferendosi alle diverse anime del partito di Grillo. "Dall'inzio della nostra esistenza - dice lo stesso vicepresidente M5S della Camera - abbiamo sempre detto 'collaboriamo punto su punto' con chi ci sta. Sulle preferenze c'e' stata un'apertura, che verificheremo eccome. Non siamo assolutamente d'accordo sul loro Senato non elettivo, cio' non vuol dire che non possiamo votare insieme l'abolizione dell'immunita' parlamentare e gli altri punti esaminati al tavolo". "Occhi puntati sul Senato dalla settimana prossima. Si vota per l'immunita' parlamentare e vediamo se tengono fede agli impegni di fine tavolo", dice ancora. Stesso profilo da Di Maio nel corso dell'incontro: "Qui c'e' tutta la nostra buona volonta' ma dire che vi portate le proposte a casa per approfondire, mi sembra voler temporeggiare... Dal momento che avete le nostre proposte nel carteggio di questa settimana...". "Noi partivamo da un impianto proporzionale, voi da uno maggioritario ma sui tavoli di dialogo si lascia qualcosa e si prende qualcos'altro". Cosi' il 'dialogante' Luigi Di Maio nell'incontro con il Pd. "Fermo restando di garantire un vincitore il giorno dopo le elezioni - ribadisce - parliamo delle preferenze ma su questo mi sembra ci sia un po' di paura". "Noi saremo anche questi pericolosi fascisti autoritari, pero' ti abbiamo eletto vicepresidente della Camera. E' possibile, almeno nei lavori parlamentari, avere un tono leggermente diverso dall'insulto?". Gli replica Matteo Renzi, tornando sul punto delle accuse di autoritarismo piovute addosso al presidente del Consiglio. "Recuperiamo unn po' di civilta': se per voi 'piduista' non e' insulto, per me lo e'", rimarca il presidente del Consiglio che risponde per le rime anche quando la delegazione M5S lo accusa, in sostanza, di prendere tempo per prendere ordini da Silvio Berlusconi: "Vede Toninelli, questa e' una battuta simpatica, divertente, alla quale potrei rispondere che comanda chi ha i voti... Noi ne abbiamo presi 11 milioni. Quando capita a voi ci fate un fischio...", rintuzza allora Renzi per invitare a stare al merito delle questioni "senza tradire intenti polemici" fini a se stessi. "Noi chiudiamo le riforme costituzionali, al massimo, entro 15 giorni", assicura Renzi aggiungendo che "il giorno dopo siamo pronti a discutere della legge elettorale". In fondo, "tra la nostra proposta e la vostra non c'e' il Rio delle Amazzoni, c'e' un ruscello".

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