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Lavoratori Usuranti, ecco i requisiti per l'accesso alla pensione nel 2014
Gli addetti alle mansioni usuranti possono uscire quest'anno con il perfezionamento di quota 97,3 a condizione di avere 61 anni e 3 mesi di età, ed almeno 35 anni di contributi.
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I lavoratori usurati hanno, ai sensi del Dlgs 67/2011, la possibilità di accedere al trattamento pensionistico con requisiti piu' favorevoli rispetto a quelli introdotti dalla Riforma Fornero del 2011. Questi lavoratori infatti oltre a poter fruire del pensionamento anticipato indicato dalla Riforma Fornero, anche se piu' favorevole, mantengono una disiplina specifica basata sul sistema delle quote come accadeva per tutti i lavoratori sino al 31/12/2011.
Gli interessati quest'anno possono infatti uscire con il perfezionamento di quota 97,3 con almeno 61 anni e 3 mesi di età e con 35 anni di contributi.
Piu' alti i requisiti, per i notturni con un numero di notti lavorate all'anno comprese tra 64 e 71 che conseguono il trattamento di quiescienza con quota 99,3 con 63 anni e 3 mesi di eta'; e i notturni con un numero di notti lavorate all'anno ricomprese tra 72 e 77 che devono raggiungere quota 98,3 e 62 anni e 3 mesi di età. In tutti i casi i lavoratori scontano tuttavia il periodo di finestra mobile pari a 12 mensilità come stabiliva la vecchia disciplina.
Vediamo dunque chi sono i potenziali beneficiari della disciplina. In primo luogo trovano spazio i lavori particolarmente usuranti indicati nell'articolo 2 del Dm 1999 nell'ambito delle attività individuate dal Dlgs 374/1993: Lavori in galleria, cava o miniera: Mansioni svolte in sotterraneo con carattere di prevalenza e continuità; lavori nelle cave: Mansioni svolte dagli addetti alle cave di materiale di pietra e ornamentale; lavori nelle gallerie: Mansioni svolte dagli addetti al fronte di avanzamento con carattere di prevalenza e continuità; Lavori in cassoni ad aria compressa; lLavori svolti dai palombari; lavorazione del vetro cavo: Mansioni dei soffiatori nell'industria del vetro cavo eseguito a mano e a soffio; lavori espletati in spazi ristretti, con carattere di prevalenza e continuità e in particolare delle attività di costruzione, riparazione e manutenzione navale, le mansioni svolte continuativamente all'interno di spazi ristretti, quali intercapedini, pozzetti, doppi fondi, di bordo o di grandi blocchi strutture; lavori di asportazione dell'amianto; lavori ad alte temperature: Mansioni che espongano ad alte temperature, quando non sia possibile adottare misure di prevenzione, quali a titolo esemplificativo, quelli degli addetti alle fonderie di seconda fusione, non comandata a distanza, dei refrattaristi, degli addetti a operazioni di colata manuale.
Per altre mansioni con esposizioni alle alte temperature, il decreto 17 aprile 2001 stabilisce che la documentazione presentata a corredo della domanda dovrà comprovare l'esistenza delle condizioni non inferiori a quelle previste dalla tabella, allegata al decreto stesso;
Lavori notturni - Rientrano nel beneficio i lavoratori definiti e ripartiti nelle seguenti categorie: lavoratori a turni che svolgono la loro attività nel periodo notturno per almeno 6 ore, per un numero minimo di giorni lavorativi all' anno non inferiore a 78 per coloro che maturano i requisiti al pensionarnento anticipato tra il luglio 2008 e il 30 giugno 2009 e non inferiore a 64 per quelli che raggiungono i requisiti per il predetto pensionamento anticipato dal 1° luglio 2009; lavoratori che prestano la loro attività per almeno tre ore nell'intervallo tra la mezzanotte e le cinque del mattino per periodi di lavoro di durata pari all'intero anno lavorativo.
Lavoratori dipendenti da imprese con voci di tariffa Inail - Si tratta di lavoratori alle dipendenze di imprese per le quali operano le voci di tariffa Inail per specifiche attività impegnati all'interno di un processo produttivo in serie: prodotti dolciari, macchine per cucire e macchine rimagliatrici per uso industriale e domestico, confezione di calzature in qualsiasi materiale, anche limitatamente a singole fasi del ciclo produttivo etc.
In proposito va notato, inoltre, che trovano applicazione i criteri per l'organizzazione del lavoro stabiliti dall'articolo 2100 del Codice civile (obbligatorietà del cottimo). La norma del Codice civile prevede che il prestatore di lavoro vada retribuito secondo il sistema del cottimo quando, in conseguenza dell'organizzazione del lavoro, è vincolato all'osservanza di un determinato ritmo produttivo oppure quando la valutazione della sua prestazione è fatta in base al risultato delle misurazioni dei tempi di lavorazione.
Il Dlgs 374/1993 stabilisce infatti, che i lavoratori interessati devono essere impegnati all'interno di un processo produttivo in serie, contraddistinto da un ritmo determinato da misurazione di tempi di produzione con mansioni organizzate in sequenze di postazioni, con svolgimento di attività caratterizzate dalla ripetizione costante dello stesso ciclo lavorativo su parti staccate di un prodotto finale e con spostamento a flusso continuo o a scatti con cadenze brevi, fissate dall'organizzazione del lavoro o dalla tecnologia, che si spostano a flusso continuo.
Vengono esclusi gli addetti a lavorazioni collaterali a linee di produzione, alla manutenzione, al rifornimento materiali, ad attività di regolazione o controllo computerizzato delle linee di produzione o al controllo di qualità.
Conducenti di veicoli - Inclusi tra gli usurati inoltre anche i conducenti di veicoli, di capienza complessiva non inferiore a 9 posti, adibiti a servizio pubblico di trasporto collettivo. La domanda va corredata, in particolare, dalla carta di qualificazione del conducente di cui all'articolo 18 del decreto legislativo 286/2005 e del certificato di idoneità alla guida.
False partite Iva, Poletti annuncia più controlli
Il Ministro del Lavoro annuncia che saranno intensificati i controlli contro il lavoro nero ed in particolare contro l'uso abusivo delle partite iva e collaborazioni a progetto
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Il ministro del lavoro, Giuliano Poletti, ha chiarito che saranno rafforzati i controlli sull'utilizzo improprio delle tipologie contrattuali c.d. flessibili e, in particolare, delle collaborazioni a progetto e delle partite Iva che possono mascherare rapporti subordinati.
Secondo il comunicato diffuso dal Dicastero di Via Veneto l'obiettivo è quello di superare le 19 mila posizioni lavorative già «riqualificate» nel 2013. La novità vuole spingere i datori a regolarizzare i rapporti che oggi, con l'approvazione del Dl Poletti, rendono più facile il ricorso al lavoro dipendente e mettono al riparo l'imprenditore dal rischio di contenziosi e garantiscono ai lavoratori tutele come nel contratto a tempo indeterminato.
Per Poletti "ll ricorso a contratti di collaborazione a progetto o a partite Iva è legittimo quando sia giustificato da ragioni oggettive legate alle esigenze produttive ed organizzative delle aziende che vi ricorrono; non lo è quando viene fatto per mascherare un rapporto di lavoro subordinato e per evitare possibili contenziosi, sfuggendo agli obblighi previdenziali ed assistenziali verso il lavoratore che viene così a trovarsi in condizioni di precarietà, con scarse tutele e pressoché inesistenti prospettive di stabilizzazione".
Il nuovo corso, specifica Poletti, è arrivato: le aziende non hanno più alibi. E questo perché secondo il decreto legge che porta il suo nome "mette al riparo l'imprenditore dal rischio di contenziosi e garantisce al lavoratore le stesse tutele del contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato".
Poletti ribadisce l'importanza di continuare nella riqualificazione delle collaborazioni. Nel 2013 vi sono stati ottimi risultati con la "riqualificazione" di 19.000 posizioni lavorative attivate con contratti di collaborazione a progetto e partite IVA, delle quali 15.495 nel settore dei servizi, 1.629 in quello industriale, 1.099 nell'edilizia e 165 in agricoltura.
Pensioni, oltre il 40% dei pensionati riceve meno di mille euro al mese
Più di quattro italiani su dieci, tra quelli che hanno lasciato il mondo del lavoro, ricevono meno di mille euro al mese di pensione. Ma oltre 11mila pensionati ricevono trattamenti d'oro oltre i 5mila euro al mese.
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E' ufficiale. Oltre il 40% dei pensionati italiani ricevono meno di mille euro al mese di trattamento previdenziale. Ma ci sono oltre 11mila pensionati d'oro - lo 0,1% del totale complessivo - che portano a casa, grazie ad un trattamento calcolato con il sistema retributivo, più di 10mila euro al mese. I dati arrivano dall'Istat e fanno riferimento al 2012, primo anno dall'introduzione della Riforma Fornero che ha inasprito i requisti di accesso alla pensione.
Nel 2012, dunque, la spesa complessiva per prestazioni pensionistiche a carico dello Stato è stata pari a 270.720 milioni di euro, con un aumento dell'1,8% rispetto all'anno precedente, mentre la sua incidenza sul Pil è cresciuta di 0,45 punti percentuali (dal 16,83% del 2011 al 17,28% del 2012). L'importo medio annuo delle pensioni è pari a 11.482 euro, 253 euro in più rispetto al 2011 (+2,3%).
I pensionati in Italia sono 16,6 milioni, circa 75 mila in meno rispetto al 2011; in media ognuno di essi percepisce 16.314 euro all’anno (358 euro in più del 2011) tenuto conto che, in alcuni casi, uno stesso pensionato può contare anche su più di una pensione. Il 42,6% dei pensionati, quindi poco più di 7 milioni di persone, hanno un reddito da pensione sotto i 1.000 euro. Le donne rappresentano il 52,9% dei pensionati e percepiscono assegni di importo medio pari a 13.569 euro (contro i 19.395 degli uomini); oltre la metà delle donne (52,0%) riceve meno di mille euro al mese, a fronte di circa un terzo (32,2%) degli uomini.
Il 47,8% delle pensioni è erogato al Nord, il 20,5% nelle regioni del Centro e il restante 31,7% nel Mezzogiorno. Secondo i dati diffusi dall'Istat il 67,3% dei pensionati è titolare di una sola pensione, il 24,9% ne percepisce due e il 6,5% tre; il restante 1,3% è titolare di quattro o più pensioni. Una fetta che avvicina la metà del totale, cioè il 42,6% dei pensionati, percepisce un reddito da pensione inferiore a 1.000 euro al mese; il 38,7% tra 1.000 e 2.000 euro, il 13,2% tra 2.000 e 3.000 euro; il 4,2% tra 3.000 e 5.000 euro e il restante 1,3% percepisce un importo superiore a 5.000 euro.
La grande parte della spesa complessiva è assorbita dalle pensioni di vecchiaia, al 71,8% del totale; a seguire, quelle ai superstiti il 14,7%, quelle di invalidità il 4,0%; le pensioni assistenziali pesano per il 7,9% e le indennitarie per l'1,7%.
Calano tuttavia le persone che hanno iniziato a percepire una pensione. Nel 2012 i nuovi pensionati sono 626.408 con un calo del 14% rispetto al 2011, mentre ammontano a 701.101 le persone che nel 2012 hanno smesso di esserne percettori. Il reddito medio dei nuovi pensionati (14.068 euro) è inferiore a quello dei cessati (15.261) e a quello dei pensionati sopravviventi (16.403), che già nel 2011 percepivano almeno una pensione. Il 26,5% dei pensionati ha meno di 65 anni, il 50,0% ha un’età compresa tra 65 e 79 anni, il 23,5% ha più di 80.
Taglio Irap 2014, per Renzi la riduzione sarà graduale
L'Ipotesi del governo è di un taglio immediato del 5% per il 2014 e del 10% per il 2015. Padoan conferma che le misure saranno pronte entro Maggio.
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Sul versante delle imprese, Renzi ha annunciato una dimunizione del 10% dell'Irap per le aziende - sempre dal 10 maggio - che verrà finanziato con l'aumento della tassazione delle rendite finanziarie dal 20 al 26%, ad esclusione dei titoli di Stato, con un gettito previsto di 2,6 miliardi. "La tassazione sulle rendite finanziarie va in linea con gli altri Paesi europei, e con questo si abbassa il costo del lavoro", ha detto il premier. Questa misura è al di fuori del conteggio dei 10 miliardi di cuneo, "ma rientra in un riequilibrio delle imposte". Il ministro Guidi ha poi specificato che il taglio dell'Irap andrà a impattare per 1,4-1,5 miliardi sulla quota che pesa sulle spalle delle piccole e medie imprese.
Su questo fronte il governo punterebbe a un intervento in due tappe con un taglio immediato del 5% sull'imposta regionale che le imprese saranno chiamate a pagare quest'anno. E un taglio del 10% per l'Irap che verrà pagata nel 2015. Per quanto riguarda le addizionali regionali all'imposta sulle attività produttive, l'ipotesi dell'esecutivo è quella di lasciare ai Governatori la possibilità di elevare al massimo il prelievo dello 0,92%, così come è previsto attualmente.
I dettagli dell'intera operazione sulla riduzione delle tasse saranno tuttavia resi noti solo dopo la presentazione, prevista per l'inizio della prossima settimana, del Documento di economia e finanza. In quell'occasione saranno messe nero su bianco le risorse recuperate dalla spending review targata Cottarelli e sarà indicato anche l'effetto della manovra di riduzione del prelievo che potrebbe contribuire a centrare un obiettivo di crescita che il Governo sarebbe intenzionato a fissare nel Def tra 0,8 e 0,9 per cento.
Il taglio dell'Irpef potrebbe precedere di qualche settimana quello dell'Irap. Comunque sia, la riduzione del tributo regionale verrà coperta proprio dall'aumento delle rendite finanziarie dal 20 al 26% a partire dal 1° luglio.
Per quanto riguarda il taglio dell'Irpef ieri il ministro dell'Economia Padoan ha confermato che la misura sarà introdotta nei tempi indicati dal Premier. La novità, attesa per Maggio, prevede un guadagno di 1.000 euro netti in busta paga per chi ha una remunerazione di meno di 1.500 euro al mese: si tratta di circa 80 euro in più al mese.
I destinatari del provvedimento sono "una platea di 10 milioni di persone", cioè coloro che guadagnano fino a 25mila euro lordi. Tuttavia restano ancora sul tavolo diverse modalità d'intervento per il taglio dell'Irpef, che verranno definite nei provvedimenti attuativi dei prossimi giorni. L'orientamento dell'esecutivo è per un incremento delle detrazioni, ma resta aperta la porta a un mix che includa la rimodulazione delle aliquote.
Pensioni 2014, scatta l'ipotesi di un prelievo sopra i 10mila euro
Il viceministro all'Economia Enrico Morando non esclude una trattenuta sugli assegni per rimodulare gli equilibri tra il sistema contributivo e quello retributivo.
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Nessuna pace per i pensionati costantemente nel mirino dei tagli alla spesa pubblica. Dopo l'intervento del commissario straordinario alla spending review Carlo Cottarelli che aveva ipotizzato l'introduzione di un contributo temporaneo di solidarietà sui trattamenti più elevati, è arrivata la precisazione del vice ministro all'economia Enrico Morando che ha dato disponibilità ad intervenire sulle pensioni più elevate, superiori a 10 - 15 mila euro al mese, maturate però con il sistema retributivo.
L'obiettivo del governo è quello di cercare un riequilibrio tra il sistema retributivo previsto sino al 2011 e quello contributivo applicato per tutti i lavoratori dal 2012. È un'ipotesi sulla quale si può lavorare ha detto Morando.
L'intenzione è procedere al ricalcolo degli assegni pensionistici superiori a 10/15 mila euro o comunque al di sopra di un determinato importo, quelli sui quali lo squilibrio tra i contributi versati e il trattamento incassato è maggiore. La maggior parte delle pensioni d'oro infatti nasce con l'applicazione del metodo retributivo, un sistema generoso in base al quale il pensionato ottiene il trattamento di quiescenza basato sugli ultimi redditi percepiti nell'arco della sua vita lavorativa.
In altri termini i contributi in questo caso, coprono solo in parte la pensione erogata dall'Inps con punte di squilibrio che superano tranquillamente il 30 per cento sui trattamenti oltre i 3000 euro.
Sulla differenza tra la pensione calcolata in proporzione alle ultime retribuzioni e quella calcolata sulla base di contributi versati nel corso di tutta la vita lavorativa si potrebbe immaginare un contributo straordinario anche in misura superiore rispetto a quella del 5-10 per cento fissata nel 2012, abolita dalla Corte Costituzionale e poi reintrodotta dalla legge di stabilità 2014.
È una ipotesi del resto che peraltro è stata oggetto dell'audizione del direttore generale dell'Inps Mauro Nori, in Commissione Lavoro presso la Camera dei Deputati la scorsa settimana. Nori aveva tuttavia avvertito i membri della Commissione circa le difficoltà di un programma in tal senso. L'Inps infatti dispone delle posizioni contributive individuali partire dal 1974 solo per i dipendenti privati.
Il problema, secondo Nori, riguarda quindi i dipendenti statali (dove peraltro ci sono le pensioni più elevate come quelle di magistrati e degli alti gradi militari): sino al 1996 erano le pubbliche amministrazioni di competenza a pagare le pensioni e pertanto non esisteva un sistema unico per la gestione dei pagamenti pensionistici nel pubblico impiego.
Altro...
Decreto lavoro 2014, necessarie precisazioni sulle proroghe
Sull'apprendistato si dovrà specificare se la facoltà della formazione pubblica riguardi datori di lavoro o solo le regioni.
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Sono diversi i nodi che dovranno essere sciolti sul decreto Poletti, il dl 34/2014, entrato in vigore lo scorso 21 marzo 2014 che ha iniziato il suo percorso di conversione in legge in Parlamento. Oltre le modifiche che alcuni partiti vogliono introdurre, sulle quali c'è stata la dura presa di posizione dell'esecutivo che ha indicato la sua contrarietà ad uno stravolgimento del decreto, ci sono anche altri aspetti più delicati e meno "politicizzabili".
Si tratta in particolare di chiarire il regime applicabile ai contratti a termine in corso di validità affinché le imprese possano fruire della più ampia facoltà di prorogare fino ad otto volte, contenuta nel decreto. Anche sull'apprendistato si dovrà specificare se la facoltà della formazione pubblica debba riguardare i datori di lavori o le regioni. La differenza non è da poco perché solo nel primo caso si può ottenere una semplificazione importante per le imprese; questa del resto è l'idea contenuta nel Decreto Poletti che tuttavia si appresta ad interpretazioni diverse.
Ma anche la specificazione che la deroga al tetto del 20 per cento dell' organico complessivo ai fini della stipulazione di un contratto a tempo determinato prevista in favore delle imprese che impiegano fino a 5 dipendenti, possa essere estesa anche agli studi professionali.
Sono queste le principali modifiche che i consulenti del lavoro hanno indicato ieri in audizione informale alla Commissione Lavoro della Camera. Il governo comunque ribadisce che non vuole stravolgimenti nel testo che allunga la causalità dei contratti a termine fino a 3 anni e concede fino ad 8 volte la possibilità di proroga.
Tasi 2014, i comuni dovranno garantire effetti equivalenti o inferiori rispetto all'Imu
La Commissione Bilancio della Camera dei Deputati approva un emendamento che impone effetti equivalenti o inferiori rispetto all'Imu.
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Alla Commissione Finanze Bilancio della Camera dei Deputati si complica il percorso per inserire un alleggerimento della Tasi per le abitazioni principali. Il presidente della Commissione, Francesco Boccia (Pd), nell'esaminare gli emendamenti al testo dell'articolo 1 del decreto Salva Roma ter, ha infatti precisato che "l'imperativo è quello di non fare pasticci. Bisogna varare una riforma che abbia gambe per camminare per anni evitando compromessi approvati storcendo il naso destinati a cambiare ancora fra pochi mesi."
Oltre 50 gli emendamenti proposti. Il nodo è quello delle detrazioni finanziate dall'aliquota aggiuntiva, l'attuale decreto concede la possibilità ai Comuni di aumentare le aliquote fissate per legge di un ulteriore 0,8 per mille al fine di finanziare le detrazioni.
Solo un emendamento però stato approvato dalla Commissione ed è quello presentato da Filippo Busin della Lega Nord che chiede che le detrazioni finanziate dall'aliquota aggiuntiva determinino per la Tasi effetti equivalenti o inferiori a quelli previsti per l'imu sulla stessa tipologia degli immobili.
Accantonati invece tutti gli altri emendamenti che avrebbero inciso in maniera significativa sull'impianto complessivo della tassazione immobiliare.
Il riferimento è, evidentemente, alle ultime varie riforme approvate sulla tassazione immobiliare in questi ultimi tre anni che hanno visto dapprima l'introduzione dell'Imu, poi la sua modifica, l'eliminazione parziale per le sole prime case nel 2013 e poi la reintroduzione sotto la forma della Tasi da quest'anno.
Un vero rebus per centinaia di migliaia di contribuenti che hanno messo in difficoltà anche i CAF e i professionisti del settore fino all'ultimo minuto nell'incertezza su come si dovesse procedere.
Purtroppo nonostante l'abolizione dell'Imu sulla abitazione principale in molti casi il contribuente dovrà pagare un contributo più alto rispetto al 2012 con la Tasi. Il risultato è inevitabile per quelle case di valore catastale basso nei comuni che decideranno di non sfruttare la possibilità di introdurre un'aliquota aggiuntiva per finanziare le detrazioni base come prevedeva in origine la vecchia Imu.
In altri termini, in assenza di una decisione dei comuni tutti i cittadini dovranno presentarsi alla cassa, anche coloro che grazie alle detrazioni fisse previste per l'Imu ne erano esenti nel 2012.
Pensioni, i parasubordinati pagano per dipendenti ed autonomi
La gestione dei parasubordinati è l'unica dell'Inps ad essere in attivo.
Niente da fare. Anche con il 2012 e dopo gli effetti "benefici", se così possiamo dire, della riforma Fornero approvata nel 2011 la gestione dei lavoratori parasubordinati, cioè la gestione separata, è l'unica che nel 2012, ultimo anno disponibile, ha regalato alle casse dell'Inps 8,6 miliardi. Il conto resta invece salato per la gestione lavoratori autonomi che ha perso 12 miliardi e quella dei dipendenti pubblici che ha perso 8 miliardi.
Come dire, senza questi contributi l'inps sarebbe in bancarotta. Il problema però è un altro. Questi professionisti senza cassa, associati in partecipazione, venditori a domicilio versano contributi a fondo perduto che non daranno diritto ad alcuna prestazione previdenziale. Si tratta spesso di giovani che nei prossimi anni si renderanno conto di non avere alcuna pensione maturata e che oltretutto non sono tutelati né dai sindacati ne dà lo Stato.
Insomma sono lavoratori che hanno molti doveri e pochi diritti.
Il problema risiede nel cosidetto minimale contributivo. A questi lavoratori viene accreditato un mese di contributi validi ai fini pensionistici, solo qualora dichiarino un reddito mensile di almeno 1.295 euro. Se ad esempio il loro reddito è pari ad un terzo di tale cifra questi lavoratori dovranno lavorare 3 mesi per mettere insieme un mese di contribuzione. E purtroppo sappiamo bene che la maggior parte degli iscritti alla gestione separata non raggiunge questi livelli di reddito.
In pratica si tratta di lavoratori che versano contributi senza poter concretamente riuscire a perfezionare il diritto alla pensione. Senza contare inoltre che l'aliquota contributiva attualmente al 28 per cento ed è destinata ad arrivare al 33 per cento nel 2018. Paghi molto e ricevi poco.
Ciò significa che un lavoratore iscritto alla gestione separata con 20 anni di contributi versati dopo il 1995 e con un reddito finale di 32.000 euro rischierà di non poter andare a riposo al compimento di 66 anni nonostante abbia versato più del doppio della media dei parasubordinati ma dovrà comunque attendere i 70 anni per avere una pensione modesta, intorno ai 6 mila euro.
Invalidità, Renzi ferma la proposta di Cottarelli
La riforma delle pensioni di invalidità e delle indennità di accompagnamento è quella che fa più discutere tra tutte le proposte presentate.
La proposta formulata nei giorni scorsi dal commissario alla spending review Carlo Cottarelli di un possibile taglio alle indennità di accompagnamento e alle pensioni di invalidità è certamente una delle misure piu' controverse di quelle sino ad oggi proposte. Il fatto è che il commissario ha affrontato la questione solo da un punto di vista, quello contabile, trascurando in realtà quelle che sono le conseguenze sociali e le famiglie che ci stanno dietro.
Cottarelli parte dai dati relativi all'incremento della spesa legata alle prestazioni di invalidità, passate in 10 anni da 7,6 miliardi del 2002 a 13 miliardi nel 2012.
Nell'ultimo decennio le prestazioni legate alla non autosufficienza hanno registrato una crescita di oltre il 30 per cento, un aumento evidentemente legato all'incremento dell' incidenza degli anziani rispetto alla popolazione generale che sta sempre più invecchiando. Le prestazioni di accompagnamento vengono infatti fruite principalmente da anziani, basti pensare infatti che oltre 3 su 4 dei beneficiari hanno oltre i 65 anni.
Cottarelli ha formulato la proposta di legare la possibilità di ottenere l'assegno di accompagnamento non solo al sorgere del bisogno assistenziale cioè alla perdita dell'autosufficienza da parte del richiedente, ma anche alle condizioni economiche del potenziale beneficiario.
La soglia individuata dal commissario è di 30 mila euro come reddito personale e 45 mila euro come reddito familiare.
Applicare il criterio reddituale per ricevere l'accompagnamento significherebbe però un passaggio negativo epocale: lo Stato offrirebbe tutela esclusivamente nei confronti delle persone indigenti non autosufficienti negando, in questo modo, quello che viene considerato, anche negli altri paesi europei, un diritto di cittadinanza di cui è possibile fruire indipendentemente dalle proprie risorse economiche.
Attualmente l'accesso all'indennità per la non autosufficienza è un diritto di tutti i cittadini riconosciuto alla stregua del diritto all'accesso alle prestazioni sanitarie.
Negli altri stati europei tuttavia è vero che spesso l'importo è graduato a seconda del bisogno e delle condizioni economiche del beneficiario in modo da adattarsi alle esigenze specifiche dell'utente. Si pensi ad esempio che in Germania e Austria l'assegno può oscillare tra i 250 e i 1700 euro mensili. Ma si tratta di paesi in cui l'assistenza sociale è comunque su di un livello difficilmente comparabile con quello di un paese, l'Italia, in cui lo Stato si è del tutto disinteressato alla tutela dei non autosufficienti ed ha delegato pertanto le famiglie nella gestione del problema.
Il dietrofront di Renzi ad un possibile intervento sulla materia è stato dunque quanto mai opportuno.
La risoluzione del problema invalidità e degli esborsi per lo stato deve passare in realtà da controlli più stringenti che lascino agli operatori dei territori minori margini di discrezionalità nel decidere coloro che possono ottenere il beneficio e chi no. L'obiettivo è quello di filtrare le richieste indebite. Del resto è questa discrezionalità che ha consentito l'allegra concessione dei benefici in particolare nelle regioni meridionali. Calabria, Campania, Puglia, Sardegna e Sicilia sono infatti le regioni con il più alto tasso di prestazioni di invalidità in pagamento rapportate al numero di abitanti con età superiore a 65 anni.
L'indennità di accompagnamento - L'indennità di accompagnamento viene fornita alle persone con il 100% di invalidità civile che hanno bisogno di assistenza continua per deambulare o a svolgere gli altri atti della vita quotidiana.
L'assegno è pari a 504 euro mensili e serve a sostenere le spese aggiuntive dovute alla necessità di assistenza continua. La spesa pubblica per questo capitolo è pari a 13 miliardi di euro annui.
La pensione di invalidità - La pensione di invalidità invece è una prestazione che viene erogata alle persone disabili con reddito inferiore ad una determinata soglia e percentuale di invalidità compresa tra il 74 e il 100%.
La ricevono i soggetti entro i 65 anni con disabilità non causata da infortuni sul lavoro cioè in questa condizione dalla nascita o che hanno avuto un incidente o una malattia. Serve a compensare i redditi che l'impossibilità totale o parziale a prestare lavoro impedisce di guadagnare e ammonta a 279 euro al mese per una spesa annua complessiva di 3,6 miliardi di euro.
Lavoro, l'Aran pubblica le linee guide relative ai permessi retribuiti
L'Aran fornisce le linee guida sulla fruizione dei permessi retribuiti. I permessi non possono essere fruiti ad ore a meno che siano concessi per l'assistenza a persone portatrici di handicap gravi.
L'Aran ha diffuso il manuale contenente le linee guida per la fruizione dei permessi retribuiti. L'agenzia ricorda che sulla base dei contratti nazionali i permessi retribuiti sono classificabili in quattro categorie: il lutto, il matrimonio; la partecipazione a concorsi ed esami; e per particolari ragioni personali.
In linea generale il documento precisa che i permessi possono essere cumulati dal lavoratore senza che ciò riduca ferie e tredicesima prevista dai contratti nazionali collettivi. I permessi inoltre non possono essere fruiti ad ore a meno che siano concessi per l'assistenza a persone portatrici di handicap gravi.
In caso di matrimonio, sia civile che religioso, il lavoratore può fruire di un permesso di 15 giorni consecutivi che comprendono anche i festivi, permesso che può essere duplicato in caso di nuovo matrimonio di vedovi e divorziati.
Per la partecipazione a concorsi ed esami i dipendenti possono fruire fino ad 8 giorni l'anno; questi permessi possono essere peraltro cumulati con quelli concessi per il diritto allo studio e vanno riconosciuti solo per il giorno di sostentamento dell'esame a prescindere dall'orario di servizio, senza comprendere quindi né gli eventuali viaggi e gli spostamenti, né i tempi per la preparazione all'esame. I permessi possono essere riconosciuti per qualsiasi tipologia di concorso e la richiesta deve essere presentata entro i 7 giorni antecedenti la data prevista per l'esame.
Per quanto riguarda i permessi concessi per lutto l'ARAN precisa che il tetto massimo è fissato in tre giorni consecutivi per evento a condizione che questo riguardi il coniuge (compreso quello separato, ma non il divorziato) o il convivente, i parenti entro il secondo grado e gli affini entro il primo grado. I tre giorni devono essere fruiti in modo consecutivo comprendendo anche le eventuali festività.
L'ente pubblico non può opporsi alla frizione neppure nel caso in cui dipendente chiede di spostare l'avvio; l'ente inoltre non può diminuire il periodo di fruizione ai lavoratori part time.
I permessi per specifici motivi personali possono essere concessi entro il tetto massimo di tre giorni per anno di servizio e il datore di lavoro può motivatamente rifiutare la concessione degli stessi qualora sussistano comprovate esigenze di servizio. I dipendenti devono presentare con congruo anticipo la domanda allegando la documentazione necessaria a indicare le ragioni per la fruizione.
Secondo le linee guida non c'e' alcuno spazio per la contrattazione decentrata integrativa in questo ambito. Inoltre i dipendenti a tempo determinato non possono fruire dei permessi retribuiti disciplinati dai contratti nazionali salvo che in caso di matrimonio.