Notizie
Nell'apprendistato viene abrogato il piano formativo scritto
Nell'apprendistato professionalizzante, la formazione pubblica sarà una mera possibilità lasciata al datore di lavoro.
Con l'approvazione del decreto legge Poletti (dl 34/2014) sono cambiate nuovamente le regole relative al contratto di apprendistato. L'articolo 2 del decreto legge interviene infatti sul testo unico dell'apprendistato di cui al decreto legislativo numero 167/2011 in diversi punti. Tra le principali novità viene abrogato l'obbligo della forma scritta del piano formativo individuale.
Secondo Giovanna Bernardi dell'Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma la novità alleggerira' l'onere probatorio per il datore di lavoro. La Bernardi ricorda come il piano formativo individuale sia stato fino a oggi un elemento essenziale del contratto di apprendistato.
"Questo consisteva in un allegato al contratto che veniva redatto in forma scritta anche in base ai moduli e formulari stabiliti dalla contrattazione collettiva nazionale mediante il quale veniva individuato il percorso formativo che l' apprendista doveva seguire.Il decreto legislativo 167 prevedeva che il piano formativo individuale doveva essere definito entro 30 giorni dalla conclusione del contratto di apprendistato. Ora però il decreto legge 34 ha abrogato l'obbligo di stipulare il piano formativo individuale in forma scritta. Di conseguenza si può ritenere che la formazione effettuata dell'apprendista possa essere provata anche mediante una semplice verifica in concreto della formazione svolta senza alcuna ulteriore formalità in capo al datore di lavoro."
L'altra novità che suscita molte perplessità agli addetti ai lavori è l'abrogazione di quella disposizione introdotta con la riforma della legge 92/2012 che aveva limitato la possibilità di assunzione di nuovi apprendisti alla circostanza che il datore di lavoro avesse confermato, al termine del periodo formativo, almeno il 50 per cento dei rapporti di apprendistato svolti nell'ultimo triennio (limite poi abbassato al 30 per cento fino al 2014).
Per molti infatti, l'abrogazione del vincolo può comportare il rischio di un abuso al ricorso di questa tipologia contrattuale. È vero tuttavia che il tentativo di stabilizzazione del rapporto di apprendistato, voluto con la riforma Fornero del 2012, aveva nei fatti fatto naufragare l'apprendistato in quanto eccessivamente oneroso e vincolante per il datore di lavoro.
Di grande novità invece è l'introduzione della modifica delle modalità di retribuzione degli apprendisti per la qualifica e per il conseguimento del diploma professionale. All'apprendista, per le ore in cui ha svolto formazione professionale, spetterà un equivalente retributivo pari al 35 per cento dell'intero monte ore di formazione.
Controversa poi la facoltizzazione, per il contratto di apprendistato professionalizzante o di mestiere, dell'obbligo di integrare la formazione professionalizzante dell'apprendista con offerta formativa pubblica.
CUD 2014, l'Inps spiega le modalità di consegna
L'Inps ha spiegato con la circolare 45/2014 le modalità di consegna dei CUD ai pensionati. La certificazione dei redditi del 2013 potrà essere ricevuta attraverso la PEC posta elettronica certificata o scaricata da internet anche avvalendosi dei Caf e patronati. In alternativa i pensionati potranno richiederla su carta direttamente all'Inps o alle poste ma in quest'ultimo caso dovranno pagare 2,7 euro più Iva.
Il modello CUD è reperibile nella sezione Servizi al Cittadino nel sito dell'Istituto di previdenza dove può essere visualizzato e stampato previa identificazione con il proprio pin. L'Inps ricorda che a coloro che sono in possesso di indirizzo di posta elettronica certificata il CUD verrà comunque recapitato nella loro casella PEC.
I pensionati che vogliono ricevere il CUD attraverso modalità alternative dovranno, secondo l'Inps, recarsi presso le strutture periferiche territoriali dove sia disponibile almeno uno sportello dedicato al rilascio cartaceo del CUD. Oppure potranno effettuare la richiesta presso le postazioni informatiche self service ( che si trovano nelle sedi territoriali dell'Istituto).
Coloro che vogliono farsi assistere possono recarsi presso un patronato, ai caf o presso un professionista abilitati. Questi soggetti tuttavia dovranno acquisire una specifica delega o un mandato di assistenza per l'espletamento della pratica.
I pensionati potranno anche rivolgersi agli uffici postali appartenenti alla rete Sportello amico: in tal caso tuttavia gli interessati dovranno sborsare 2,7 euro più Iva.
In favore dei pensionati ultra 85enni titolari di indennità di accompagnamento o speciale l'Inps ha attivato dallo scorso anno il cosiddetto sportello mobile attraverso il quale gli interessati possono richiedere con apposita comunicazione l'invio del CUD a casa.
Il CUD può anche essere richiesto in forma cartacea presso domicilio ma unicamente nei casi di dichiarata impossibilità di accesso alla certificazione mediante gli altri canali.
Cedolare secca, via libero allo sconto al 10 per cento
Entra in vigore lo sconto fiscale sulla cosiddetta cedolare secca per i proprietari che affittano un alloggio a canone concordato.
Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto legge 28 marzo 2014 numero 47 entrano finalmente nel vivo le misure annunciate dal ministro dei Trasporti, Maurizio Lupi, lo scorso 12 marzo in Consiglio dei ministri.
Il decreto conferma un ulteriore sconto sulla cedolare secca che passa dal 15 al 10 per cento per i proprietari che affittano un alloggio a canone concordato. È questa certamente la principale novità del decreto Lupi che secondo quanto calcolato da confedilizia si tradurrà per il proprietario in un vantaggio aggiuntivo medio di 720 euro per un reddito di 14 mila 400.
Lo sconto è in vigore dall'anno d'imposta 2014. La misura è valida solo per il triennio 2014-2017 e viene allargata anche agli alloggi locati da cooperative e organizzazioni senza scopo di lucro.
Ma oltre a questo intervento immediato vi sono anche molte altre misure che incidono sugli alloggi in affitto che tuttavia, a differenza della cedolare secca, richiederanno l'attuazione di specifici provvedimenti da parte dei ministeri e regioni.
Il decreto legge infatti dispone una maxi deduzione dei redditi d'impresa pari al 40 per cento dei ricavi da canone di locazione per le imprese che realizzano recuperando nuovi alloggi da destinare ad edilizia sociale. Gli sgravi fiscali sono previsti per le nuove costruzioni, per manutenzioni straordinarie o recupero degli alloggi esistenti. Il decreto limita lo sconto solo alle imprese immobiliari o di costruzioni e fissa al 40 per cento l'asticella della deduzione fiscale su Ires e Irap.
Il decreto Lupi interviene anche sulla vendita degli alloggi degli Istituti Autonomi case popolari agli inquilini degli stessi. Le procedure per l'alienazione dovranno essere approvate con decreto ministeriale Infrastrutture-Economia-Affari regionali previa intesa in Conferenza unificata.
Queste risorse contribuiranno peraltro a finanziare il programma di recupero degli alloggi inagibili degli stessi Iacp per i quali il decreto stanzia complessivamente 468 milioni di euro. Di questi almeno 400 milioni arriveranno però dal definanziamento di opere pubbliche bloccate.
Di particolare evidenza inoltre il decreto legge stanzia ulteriori 100 milioni di euro per il fondo di sostegno per l'affitto e 226 milioni di euro per il nuovo fondo per la morosità incolpevole che tutela gli inquilini che non riescono a pagare le rate dell'affitto e rischiano pertanto uno sfratto.
Per gli inquilini di alloggi sociali inoltre viene introdotta la possibilità di riscattare la casa dopo 7 anni di assegnazione. Fin dal suo ingresso nell'abitazione inoltre l'inquilino potrà imputare una quota del canone d'affitto come anticipo sull' acquisto futuro dell'appartamento.
Dipendenti Statali, verso 10 mila prepensionamenti
I dipendenti dei ministeri e degli enti locali che hanno già perfezionato i requisiti della legge Fornero potrebbero essere collocati in prepensionamento secondo il decreto 95 del 2012.
{div class:article-banner-left}{/div}
Le prime misure annunciate dal governo Renzi potrebbero finalmente entrare nel vivo. L'operazione di spending review annunciata nei giorni scorsi dal commissario Cottarelli che prevedeva il prepensionamento di oltre 85 mila dipendenti pubblici per liberare risorse dello Stato inizia ad essere vagliata dei ministri del nuovo esecutivo. E per iniziare il ministro della Funzione pubblica, Marianna Madia, ha rispolverato quella norma che consente di mandare in pensione i dipendenti pubblici che hanno maturato la decorrenza del trattamento pensionistico, secondo le previgenti regole, entro il 31 dicembre 2014; regola contenuta nel decreto spending review approvato da Monti nell'estate del 2012 (d l95/2012).
Il provvedimento, che in gran parte è rimasto inattuato, serviva per gestire i dipendenti dichiarati in soprannumero dall'amministrazione di appartenenza in esito a specifici piani di riduzione del personale approvato dall'amministrazione; altrimenti questi soggetti sarebbero stati avviati alla mobilità e infine al licenziamento.
Nella relazione tecnica che accompagnava il decreto 95/2012 erano anche stati conteggiati i possibili interessati e i risparmi conseguibili per lo Stato. Numeri importanti. Nella relazione si individuavano 11 mila persone nelle pubbliche amministrazioni centrali di cui 5.600 nei soli ministeri e 13 mila negli enti locali.
Non tutti però avrebbero i requisiti per andare in pensione con le vecchie regole: secondo le stime della Ragioneria dello Stato in questa condizione, avendo già maturato i requisiti entro il 2011, si troverebbero 6 mila lavoratori di Ministeri ed enti pubblici e 2mila lavoratori appartenenti alle pubbliche amministrazioni locali. In tutto dunque solo 8mila persone.
A questi si dovrebbero aggiungere circa altre 2.000 persone che avrebbero maturato i requisiti dal 2012 in poi, sempre con le vecchie regole.
La misura indicata dal decreto 95/2012 è stata sfruttata sino ad oggi solo in parte. Secondo il sottosegretario alla Pubblica Amministrazione Rughetti, a livello locale sono già stati autorizzati prepensionamenti nel Comune di Novara.
Numeri più significativi per ora interessano solo Inps ed INAIL: gli enti infatti hanno programmato esuberi in prepensionamento rispettivamente per 3.200 e 1.100 persone per un totale di circa 4.000 lavoratori.
Ed è proprio su questi numeri che Renzi vorrebbe accelerare sfruttando una norma già prevista dai precedenti esecutivi ed eventualmente ampliando la platea dei possibili interessati. Nei prossimi giorni si attende quindi una circolare della Funzione pubblica che dovrebbe fornire indicazioni utili per le altre amministrazioni.
La Madia tuttavia si è spinta anche oltre. Secondo il Ministro si potrebbe anche immaginare di fare uscire i dipendenti anziani per rimettere in servizio giovani. La misura in questo caso dovrà essere attentamente vagliata sotto il profilo finanziario in quanto il meccanismo non andrebbe a ridurre gli oneri per il bilancio dello Stato.
Sconto Irpef 2014, ne beneficeranno una platea inferiore a 10 milioni di lavoratori
La platea dei beneficiari del taglio delle tasse per gli ultimi otto mesi dell'anno sarà inferiore a quella annunciata dal governo.
I lavoratori interessati dal prossimo taglio del cuneo fiscale previsto per maggio saranno tra 9 e 9,5 milioni di lavoratori dipendenti. Resta comunque confermato l'aumento medio di 80 euro mensili nelle buste paghe dei dei lavoratori. Bonus che potrà raggiungere anche i 90 euro nella fascia di reddito compresa tra i 20 e i 23.000 euro, quella cioè in cui le detrazioni IRPEF incidono maggiormente sul reddito.
Resta ancora da sciogliere il nodo sulle coperture. Fonti vicino alla Presidenza del Consiglio rassicurano:" le coperture ci sono, in gran parte verranno della spending review, ma non necessariamente tutto" ha affermato nei giorni scorsi il sottosegretario all'Economia Pierpaolo Baretta.
Secondo l'esecutivo infatti si potrebbero utilizzare le risorse derivanti dalla minor spesa per interessi da effetto spread. Le principali coperture al decreto, che vedrà la luce verosimilmente entro metà aprile, verranno da un taglio agli acquisti di beni e servizi nelle pubbliche amministrazioni, da cui si dovrebbe racimolare circa un miliardo nel 2014, e dai trasferimenti alle aziende di autotrasporto e alle imprese in generale con risparmi pari a 0,5 miliardi di euro.
Più limitato il contributo pagato dal settore difesa che dovrebbe essere individuato in circa 100- 200 milioni indipendentemente dal fatto di un ridimensionamento del programma di acquisto degli F35. Punto sul quale peraltro ancora non si riesce a comprendere esattamente qual'è la posizione del governo.
Altro...
Contratti a termine 2014, nelle pubbliche amministrazioni resta l'obbligo di motivazione
La più importante novità introdotta con il decreto legge Poletti è l'eliminazione della causale dal contratto a tempo determinato. Dallo scorso 21 marzo i datori di lavoro possono effettuare assunzioni a termine senza dover indicare le ragioni di carattere tecnico produttivo organizzativo o sostitutivo.
Si tratta certamente di una novità significativa che tuttavia opera solo nel settore privato. Nel settore pubblico, infatti, è rimasto in vigore l'articolo 36 del Dlgs 165/2011 che obbliga alle Pa di indicare sempre le esigenze di carattere temporaneo o eccezionali che danno luogo al rapporto di lavoro a termine.
In sostanza per il datore di lavoro pubblico non ci sono grandi cambiamenti rispetto alle innovazioni che si sono prodotte nel settore privato.
Nelle pubbliche amministrazioni resta in vigore l'obbligo di dover motivare in modo circostanziato la temporaneità oppure l'eccezionalità dell'esigenza per la quale si ricorre a contratti a tempo determinato.
Sono altri invece gli aspetti del decreto Poletti che hanno effetti anche con riguardo ai contratti a tempo determinato stipulati dalle Pa. Si tratta in particolare del nuovo regime delle proroghe secondo cui le pubbliche amministrazioni possono posticipare per otto volte la scadenza dell'assunzione di un lavoratore a termine a condizione tuttavia che si riferiscano alla stessa attività lavorativa. Resta fermo tuttavia il limite di durata di 36 mesi.
Anche per quanto riguarda il tetto del 20 per cento di dipendenti assunti con contratti a termine rispetto all'organico complessivo non dovrebbero esserci particolari problemi dato che il settore scuola è escluso da questa misura e vige il limite individuato dell'articolo 9 comma 28 del DL/78 2010 che prevede che le amministrazioni possono avvalersi di personale a tempo determinato nel limite del 50 per cento della spesa sostenuta per le stesse finalità nell'anno 2009.
Sono comunque esclusi da questo limite i contratti a tempo determinato che sono stati stipulati per sostituire personale assente con diritto alla conservazione del posto di lavoro, i lavoratori stagionali o coloro che hanno più di 55 anni.
Start up innovative, ecco le agevolazioni fiscali
Le società innovative potranno beneficiare di detrazioni e deduzioni delle spese di investimento in un limite di 2,5 milioni di euro.
Dopo diversi mesi di attesa il 20 marzo scorso è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il decreto ministeriale 30 gennaio 2014 che contiene le nuove norme attuative relative alle agevolazioni fiscali individuate dall'articolo 29 del DL 179/2012 per coloro che effettuino investimenti in startup innovative.
Come si ricorderà il decreto era l'ultimo passo necessario per rendere operativa questa disciplina. I soggetti interessati, è noto, sono le società di capitali di diritto Italiane non quotate costituite anche in forma cooperativa in possesso dei requisiti per essere qualificate come società innovative ai sensi del DL 179/2012 ed iscritte al Registro delle Imprese nella sezione speciale.
I benefici - Per i soggetti IRPEF l'agevolazione consiste in una detrazione dall'imposta lorda di un importo pari al 19 per cento degli investimenti effettuati fino ad un massimo annuo di 500.000 euro per i periodi d'imposta 2013-2016.
La somma massima detraibile annua quindi sarà pari a 95 mila euro. La detrazione, laddove di ammontare superiore all'imposta lorda di periodo al netto delle eventuali altre detrazioni spettanti al soggetto, potrà essere riportata a nuovo entro il terzo periodo d'imposta successivo.
Per quanto riguarda i soggetti Ires invece viene prevista una deduzione dal reddito complessivo per un importo pari al 20% degli investimenti effettuati fino ad un massimo annuo di 1,8 milioni di euro sempre con riferimento ai periodi d'imposta 2013-2016. La deduzione massima raggiunge quindi i 360 mila euro.
La deduzione tuttavia può essere effettuata solo entro i limiti di reddito imponibile netto di periodo, cioè al netto delle eventuali perdite fiscali pregresse, e l'eventuale eccedenza non utilizzata può essere riportata a nuovo entro il terzo periodo d'imposta successivo.
L'investimento può essere effettuato direttamente o indirettamente tramite Organismi di Investimento Collettivi o di altre società di capitali a condizione che i soggetti investano prevalentemente in start-up innovative. Il criterio della prevalenza si considera rispettato laddove i soggetti, al termine dell'esercizio, detengano titoli di tali società per un valore almeno pari al 70% del valore totale dei propri investimenti.
Il decreto attuativo prevede inoltre che la startup innovativa non possa ricevere investimenti annui superiori a 2,5 milioni di euro. La norma al riguardo è particolarmente severa. Prevede infatti che, laddove la startup riceva nel medesimo esercizio investimenti complessivi superiori a tale soglia, gli investitori perdano del tutto il diritto all'agevolazione, cioè anche con riferimento agli investimenti pari o inferiori a tale soglia.
Il decreto prevede inoltre che la fruizione del beneficio fiscale è condizionata al mantenimento dell' investimento nella startup per almeno due anni. Per limitare gli abusi l'eventuale cessione anche parziale dell'investimento prima del decorso dei 2 anni comporta la decadenza del beneficio e l'obbligo per il soggetto di restituire le imposte risparmiate all'origine con la maggiorazione di interessi legali. Il contribuente decade dal beneficio anche laddove la startup perda i requisiti soggettivi e oggettivi previsti dal DL 179 2012.
Contratto a termine, la proroga è senza causale
Con l'entrata in vigore del decreto legge Poletti viene meno la necessità di giustificare anche le proroghe dei contratti a termine.
È entrata in vigore la norma che elimina per tutti i rapporti a tempo determinato l'obbligo di indicare le esigenze di carattere tecnico organizzativo produttivo per le quali il datore di lavoro ha stipulato un contratto a tempo. È quanto ha stabilito il decreto legge Poletti dl 34/2014 entrato in vigore lo scorso 21 marzo.
La nuova normativa semplifica gli oneri delle imprese eliminando i dubbi interpretativi ed i vari contenziosi giudiziari che potevano derivare dall'apposizione di una causale non chiara.
Sappiamo tutti infatti quanto era difficoltoso per i datori giustificare quelle esigenze tecnico produttive che avevano indotto il datore ad apporre il termine al contratto. Esigenze spesso oscure o fittizie che esponevano il datore al rischio di essere portato in tribunale.
Dal 21 marzo quindi via libera alla semplificazione del contratto a tempo determinato. Il datore dovrà da questa data esclusivamente verificare se il rapporto di lavoro rispetta il massimo di durata prevista dalla legge, fissato in 36 mesi, e stabilire se rientra nei nuovi limiti quantitativi fissati dalla legge, pari al 20 per cento dell'organico (con alcune eccezioni individuabili nei contratti stipulati per esigenze di carattere sostitutivo oppure stagionale).
Insomma il datore dovrà effettuare una semplice operazione aritmetica per verificare che l'incidenza dei rapporti a termine, rispetto all'organico complessivo dei dipendenti dell'azienda, sia mantenuta al di sotto del 20%.
Il limite dei 36 mesi è comunque non assoluto in quanto restano ferme le norme individuate dal decreto legislativo 368/2001 che consentono alla contrattazione collettiva la facoltà di individuare un arco temporale più ampio. Anche il limite del 20 per cento dell'organico complessivo può essere derogato attraverso la contrattazione collettiva.
Viene modificata anche in maniera significativa la gestione delle proroghe del contratto. Infatti se fino a pochi giorni fa il datore poteva prorogare il contratto solo una volta e sempre che questa fosse dovuta a ragioni oggettive, dal 21 marzo la proroga diventa del tutto libera. Cioè non più condizionata alla sussistenza di alcuna ragione oggettiva. Inoltre il numero delle proroghe ammesse sale fino ad 8 fermo restando l'obbligo di rispettare sempre il tetto massimo di 36 mesi.
Considerando che con la proroga non trovano applicazione gli stop and go, cioè gli intervalli minimi di tempo tra un contratto e l'altro, il datore potrà liberamente gestire il contratto articolandolo come meglio crede a seconda delle sue esigenze.
Il decreto legge Poletti non modifica invece la disciplina dei rinnovi che come sappiamo presuppongono, al contrario delle proroghe, la scadenza di un contratto precedente e la stipula di uno nuovo. In tal caso alla fine di un contratto a termine sarà possibile stipularne uno nuovo solo a condizione che sia trascorso un intervallo minimo di tempo pari a 10 o 20 giorni a seconda se il contratto scaduto avesse rispettivamente una durata inferiore o superiore a sei mesi.
Contratti di solidarietà, salgono i fondi per gli sgravi
L'articolo 5 del decreto legge 34/2014 in vigore dallo scorso 21 marzo stanzia nuove risorse per le aziende che ricorrono ai contratti di solidarietà difensivi. Si tratta di strumenti applicabili a quelle aziende i cui dipendenti accedono al trattamento di cassa integrazione straordinaria al fine di facilitarle per evitare gli esuberi.
In favore delle imprese che stipulano contratti di solidarietà accompagnati da cassa integrazione straordinaria, è infatti previsto uno sgravio contributivo per i lavoratori il cui orario viene ridotto di oltre il 20 per cento.
Il beneficio si applica per un periodo massimo di 2 anni ed è articolato in modo diverso a seconda della ripartizione dell'orario di lavoro: maggiore è la riduzione delle ore lavorate, maggiore sarà lo sgravio contributivo).
Gli sgravi ammontano al 25 per cento della contribuzione che diventano 35 per cento laddove l'accordo disponga una riduzione dell'orario di lavoro maggiore del 30 per cento delle ore in origine lavorate.
I benefici vengono anche articolati in base alla locazione geografica dell'impresa che richiede l'attivazione dei contratti di solidarietà difensivi. Ad esempio nelle aree meridionali ad alta criticità individuate dalla CEE nelle regioni di Basilicata, Calabria, Campania, Puglia e Sicilia le riduzioni contributive salgono rispettivamente dal 25 al 30% e dal 35 al 40%.
La misura è subordinata alla presenza di risorse economiche nel Fondo per l'occupazione e dello sviluppo che il Ministero del lavoro provvede sulla base delle risorse recuperate la legge di stabilità, a finanziarlo. Fondo che ora, grazie al decreto Poletti, viene rifinanziato con 15 milioni di euro dal 2014.
Un decreto ministeriale Lavoro-Economia dovrà tuttavia stabilire i criteri per individuare le aziende che avranno diritto allo sgravio contributivo.
Taglio cuneo fiscale, confermati 80 euro al mese dal prossimo maggio
Il taglio al cuneo fiscale sarà coperto attraverso tagli strutturali alla spesa pubblica. Ma resta il nodo delle altre risorse da utilizzare.
Il disco verde alla riduzione del cuneo fiscale da parte di Palazzo Chigi dovrebbe arrivare tra la fine della prossima settimana di aprile e quella successiva e comunque in anticipo rispetto alla scadenza del 15 aprile. Entro questa data verrà infatti varato il Documento di economia e finanza e il programma nazionale di riforme da inviare a Brussel, documenti che metteranno nero su bianco quali coperture il governo vuole utilizzare per finanziare il taglio dell'irpef.
Nelle settimane scorse il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan aveva escluso il ricorso a misure una tantum e dunque resta da comprendere quali voci aggiuntive rispetto alla sola spending review saranno utilizzate per dare una boccata d'ossigeno a 10 milioni di lavoratori dipendenti.
Il governo potrebbe immediatamente utilizzare il tesoretto derivante dalla minor spesa per interessi sul debito dovuti al calo dello spread in questi ultimi mesi.
Per finanziare l'intervento di riduzione del cuneo fiscale il governo dovrebbe recuperare circa sei miliardi di euro quest'anno e 10 miliardi su base annua. E dalla spending review, questo è l'unico punto fermo per il momento, si dovranno recuperare per quest'anno circa 5 miliardi. All'appello manca quindi circa un miliardo che via Venti Settembre sta cercando di recuperare.
L'ipotesi a cui è al lavoro l'esecutivo porterebbe a garantire già dal prossimo maggio un aumento in busta paga mensile di 80 euro per i lavoratori dipendenti che dichiarano al fisco tra i 15 e i 20 mila euro annui. Una misura che dovrebbe essere attuata attraverso una riscrittura della curva delle detrazioni IRPEF.
Ma i tempi stringono. Se il decreto non verrà licenziato in tempi rapidi il rischio concreto è che i sostituti d'imposta non avranno la possibilità tecnica di erogare il bonus alla platea interessata.
Sul tavolo c'è poi il nodo dei cosidetti lavoratori incapienti cioè di quei contribuenti che dichiarano meno di 8.000 euro annui e sarebbero pertanto esclusi dalla tassazione e di conseguenza dallo sconto Irpef.
Nei giorni scorsi è circolata l'ipotesi che anche questi soggetti potessero conseguire il beneficio tramite un bonus erogato dall'Inps. Ma secondo il ministro dell'Economia Padoan l'ipotesi avrebbe alti costi ed effetti ridotti per uno stimolo e consumi.