Nicola Colapinto

Nicola Colapinto

Nicola Colapinto, avvocato con specializzazione in diritto del lavoro, seguo le principali questioni giuslavoristiche e previdenziali per PensioniOggi.it. 

L'Inps ha chiesto al Ministero del Lavoro un parere circa l'estensione del regime sperimentale donna. Nel frattempo le domande di pensionamento la cui decorrenza si collochi oltre il 2015 non saranno respinte.

Kamsin Per ora nessuna proroga dell'opzione donna ma l'Inps non respingerà le domande delle lavoratrici la cui decorrenza della prestazione pensionistica dovesse essere successiva al 31 Dicembre 2015. Le risoluzioni Parlamentari e il ricorso avviato dal Comitato Opzione Donna hanno sortito almeno un effetto cautelativo e aperto alla possibilità, eventuale, del superamento delle Circolari 35 e 37 del 14 Marzo 2012. Con il messaggio inps 9304/2014 l'Istituto di previdenza pubblica ha infatti dato istruzioni alle proprie sedi di non cestinare le domande delle lavoratrici la cui finestra si aprirebbe dopo il 31 dicembre 2015, in attesa di un ulteriore parere richiesto al ministero del Lavoro.

Toccherà a quest’ultimo quindi decidere se prolungare di fatto di un altro anno il regime sperimentale rivedendo l’interpretazione restrittiva (come richiesto tra l’altro dal Parlamento), o addirittura estendere nel tempo l’esperimento: ma in questa decisione avrà un ruolo decisivo la valutazione della Ragioneria generale dello Stato, preoccupata per gli effetti in termini di maggiore spesa pensionistica.

La questione è nota da tempo. La legge Maroni (legge 243/04) ha infatti concesso alle lavoratrici con 57 anni e 35 di contributi la possibilità di andare in pensione con il calcolo contributivo sino al 2015. L'Inps però, con le sopra indicate Circolari, ha inteso che al 31 Dicembre 2015 debba essersi aperta anche la finestra mobile (12 o 18 mesi a seconda se rispettivamente si tratti di lavoratrici dipendenti o autonome) accorciando, nei fatti, di un anno o piu' il termine per la maturazione dei requisiti anagrafici e contributivi. L'interpretazione, per molti illegittima, è stata piu' volte contestata ed ora l'istituto a rimesso la palla al Dicastero di Via Veneto che dovrà dare il verdetto finale.  

Zedde

La rivalutazione provvisoria delle prestazioni pensionistiche per il 2015 sarà dello 0,3 per cento. Il valore definitivo per il 2014 è pari all'1,1%.

Kamsin La perequazione provvisoria degli assegni previdenziali per il 2015 sarà dello 0,3 per cento. Il tasso di rivalutazione definitivo per il 2014 sarà dell’1,1% invece dell’1,2% provvisorio applicato finora. E' quanto ha stabilito il decreto del ministero dell’Economia del 20 novembre 2014, pubblicato in «Gazzetta ufficiale» il 2 dicembre scorso.

Gli assegni l'anno prossimo cresceranno pertanto meno rispetto al 2014, a causa della brusca frenata dell'inflazione. Non solo. Il prossimo anno i pensionati si troveranno anche un piccolo "prelievo" sull'assegno: dovranno restituire quello 0,1% in piu' attribuito a titolo provvisorio nel 2014 quando il tasso di rivalutazione fu fissato all'1,2% contro l'1,1 definitivo.

La rivalutazione per l'anno 2014 - Nell'anno 2014 la rivalutazione degli assegni è stata pari all'1,2%, tasso provvisorio, secondo quanto indicato nella seguente tabella.

Avendo il decreto stabilito un tasso definitivo inferiore, pari all'1,1%, gli importi erogati nel 2014 saranno recuperati con modalità e termini comunicati a breve tramite apposita circolare Inps.

La rivalutazione per l'anno 2015 - Nell'anno 2015 il tasso provvisorio, pari allo 0,3% - dovuto alla frenata dell’inflazione registrata nel corso di quest’anno - determinerà un contenimento della rivalutazione degli assegni previdenziali nella seguente misura.

I cinque scaglioni di rivalutazione, evidenziati nelle tabelle, sono frutto della legge 147/2013 che ha, almeno parzialmente, rimosso il blocco disposto dal Decreto legge 201/2011. La legge di stabilità 2014 ha previsto, infatti, che per le pensioni di importo fino a tre volte il trattamento minimo l'adeguamento avviene in misura piena (100%); per le pensioni di importo superiore e sino a quattro volte il trattamento minimo viene riconosciuto il 95% dell'adeguamento; per quelle di importo superiore e sino a cinque volte il minimo l'adeguamento è pari al 75%; adeguamento che scende al 50 % per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a cinque volte il minimo, del 45% per le fasce di importo superiori a sei volte il trattamento minimo INPS.

I valori evidenziati nella tabella saranno ufficializzati a breve tramite Circolare dell'Inps.

Chi percepisce pensioni d’oro, invece, continuerà a fare i conti con il prelievo di solidarietà che scatta per gli assegni superiori a 14 volte il minimo. Alla luce dei dati aggiornati, il prelievo sarà del 6% per le pensioni di importo mensile lordo oltre 7.012,32 e fino a 10.017,60 euro; del 12% per la fascia tra 10.017,60 euro e 15.026,40 euro; del 18% per la parte eccedente quest’ultimo limite.

Zedde

Governo al lavoro per fissare le ulteriori modifiche in materia previdenziale dopo il primo via libera della Camera. L'Inps ha chiesto al Ministero del Lavoro un parere circa l'estensione del regime sperimentale donna.

Kamsin Nessun rischio, questa volta, che il Senato respinga le novità introdotte alla Camera. Non si ripeterà dunque quel triste scenario vissuto la scorsa estate quando lo stop alle penalizzazioni per i lavoratori precoci venne dapprima approvato dalla Camera e poi subito stralciato in Senato sotto le pressioni della Ragioneria dello Stato. Le modifiche alla Riforma Fornero già approvate in prima lettura alla Camera dei Deputati andranno, questa volta, in porto. E si arricchiranno di altre novità dato che il Governo ha lasciato la porta aperta ad ulteriori modifiche.

L'esecutivo si appresta infatti a presentare appositi emendamenti per quanto riguarda la tassazione sul rendimento dei fondi pensione e sulla rivalutazione del TFR destinato alla previdenza integrativa.

Sui fondi pensione, la legge di stabilità attualmente prevede un incremento dell'asticella del prelievo dall'11 al 20 per cento. L'ipotesi sarebbe di attenuare la crescita al 17 per cento e, al contempo, di allinearla alla tassazione della rivalutazione del TFR che non dovrebbe cambiare rispetto al testo attuale (passa dall'11 al 17%).

Una revisione dovrebbe interessare anche la tassazione sulle fondazioni e sulle casse di previdenza. L'ipotesi alla quale si sta lavorando è di confermare il prelievo al 20 per cento contro l'attuale 26 per cento previsto con la legge di stabilità.

Sul tavolo di Palazzo Chigi c'è poi il tema della ricollocazione del personale in esubero delle Province per effetto della riforma Delrio della scorsa primavera. L'ipotesi, già anticipata da pensionioggi.it, potrebbe essere quella di consentire al personale in esubero la fruizione, in via eccezionale, delle previgenti regole pensionistiche e l'attivazione di speciali percorsi di mobilità intercompartimentale sulla falsariga di quanto previsto per il pubblico impiego con l'articolo 22 del Dl 95/2012 (decreto sulla spending review). Alla Camera, del resto, erano già stati presentati diversi emendamenti in tal senso che consentivano agli enti in parola di collocare in quiescenza il personale la cui decorrenza della prestazione pensionistica si fosse verificata entro il 31 dicembre 2016. Emendamenti che tuttavia non hanno trovato il via libera della Bilancio.

Affidate alle iniziative dei singoli gruppi parlamentari, invece, la riproposizione della deroga per i quota 96 della scuola e di ulteriori modifiche.

Viaggia invece su un altro binario, tutto amministrativo, la questione della proroga dell'opzione donna. Con il messaggio inps 9304/2014 l'Istituto ieri ha infatti dato istruzioni alle proprie sedi di non cestinare le domande delle lavoratrici la cui finestra si aprirebbe dopo il 31 dicembre 2015, in attesa di un ulteriore parere richiesto al ministero del Lavoro.

Toccherà a quest’ultimo quindi decidere se prolungare di fatto di un altro anno il regime sperimentale rivedendo l’interpretazione restrittiva (come richiesto tra l’altro dal Parlamento), o addirittura estendere nel tempo l’esperimento: ma in questa decisione avrà un ruolo decisivo la valutazione della Ragioneria generale dello Stato, preoccupata per gli effetti in termini di maggiore spesa pensionistica.

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Il blocco degli stipendi dei dipendenti della Pubblica Amministrazione finirà sul tavolo della Corte Costituzionale. I sindacati chiedono di verificare se la procedura sia costituzionale. 

Kamsin Il blocco dei contratti del pubblico impiego dovrà essere vagliato dalla Consulta. Ieri CGIL, CISL e UIL hanno, infatti, depositato al Tribunale di Roma il ricorso sul blocco dei contratti nel pubblico impiego, affinché l'organismo capitolino sollevi la questione di legittimità di fronte alla Consulta. ”La Consulta in passato si è già pronunciata dichiarando l'ammissibilità di misure simili solo in chiave emergenziale e in modo circoscritto nel tempo. E comunque garantendo criteri di proporzionalità e ragionevolezza”, spiega la CISL in una nota.

L'annuncio arriva proprio in occasione della discussione in Aula alla Camera della legge di stabilità, provvedimento con il quale il governo intende confermare il blocco economico della contrattazione nel pubblico impiego per contenere le spese nel settore.

In settimana, peraltro, è arrivata anche una importante sentenza della Corte di Giustizia Europea sui cd. precari della scuola. La Curia ha sanzionato l'Italia, dichiarando la normativa nazionale in violazione della Direttiva europea sul ricorso ai contratti a tempo determinato nella scuola, di fatto obbligando il governo ad assumere iniziative coerenti e conseguenti non solo per quanto i precari della scuola ma anche per quelli della Pubblica amministrazione.

Le motivazioni addotte dalla Corte dovrebbero infatti esplicare i loro effetti non solo con riguardo al comparto scuola, dove la precarizzazione è particolarmente elevata (si contano oltre 200mila contratti senza tutele), ma anche su tutti gli 80 mila tempi determinati delle Pubbliche Amministrazioni, che siano centrali, locali, della sanità, dell'Università e della ricerca.

Si tratta in questo caso di contratti prorogati da anni, anche da quattordici e quindici anni, che svolgono funzioni fondamentali delle amministrazioni in presenza di blocco totale o parziale del turn over. Una stabilizzazione, probabilmente, dovrà essere individuata anche per quelle 40mila collaborazioni continuative a progetto nelle Pa che il Jobs Act intende superare.

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Per conciliare la vita e il lavoro sono in arrivo incentivi al telelavoro, orari piu' flessibili ed estensione dell'indennità di maternità a tutte le lavoratrici.

Kamsin Piu' flessibilità nella fruizione dei congedi parentali e maggiore tutela per le lavoratrici madri. Sono queste alcune delle novità contenute nella delega del Jobs Act che è stata approvata in via definitiva questa settimana da Palazzo Madama. Le norme attuative saranno declinate in un decreto delegato che il Governo dovrà adottare entro 6 mesi ma già oggi è possibile fissare alcuni punti chiave della Riforma.

Un primo nucleo di norme è volto prima di tutto a tutelare le lavoratrici madri con la previsione che l'indennità di maternità sarà estesa, anche gradualmente, a tutte le categorie di lavoratrici.

Oggi, com'è noto, le prestazioni per maternità sono ad appannaggio per lo piu' alle lavoratrici dipendenti con contratti standard mentre non godono di alcuna assistenza le parasubordinate e le autonome. Gradualmente, dunque, questa dicotomia dovrà essere cancellata; l'idea, che dovrà essere declinata con i provvedimenti attuativi del Governo, è quella di omogeneizzare le tutele per le lavoratrici madri. Le parasubordinate, inoltre, avranno diritto all’assistenza anche «in caso di mancato versamento dei contributi da parte del datore di lavoro».

Non solo. La delega affida al Governo l'introduzione del tax credit, quale incentivo al lavoro femminile, per le donne lavoratrici, anche autonome, con figli minori o disabili non autosufficienti e che si trovino al di sotto di una determinata soglia di reddito individuale complessivo, e armonizzazione del regime delle detrazioni per il coniuge a carico. Ancora per le lavoratrici si prevede l'introduzione di congedi dedicati alle donne inserite nei percorsi di protezione relativi alla violenza di genere debitamente certificati dai servizi sociali del comune di residenza.

Altre novità riguardano in generale tutti i lavoratori e sono volte a meglio conciliare le esigenze di vita e lavoro in presenza di minori e/o soggetti con disabilità in famiglia. In tal senso la delega contempla tre azioni di intervento:

Flessibilità dell'orario di Lavoro - Si prevede l'incentivazione di accordi collettivi volti a favorire la flessibilità dell'orario lavorativo e dell'impiego di premi di produttività, al fine di favorire la conciliazione tra l'esercizio delle responsabilità genitoriali e dell'assistenza alle persone non autosufficienti e l'attività lavorativa, anche attraverso il ricorso al telelavoro

Scambio delle ferie - Viene inoltre, riconosciuta, compatibilmente con il diritto ai riposi settimanali ed alle ferie annuali retribuite, della possibilità di cessione fra lavoratori dipendenti dello stesso datore di lavoro di tutti o parte dei giorni di riposo aggiuntivi spettanti in base al contratto collettivo nazionale in favore del lavoratore genitore di figlio minore che necessita di presenza fisica e cure costanti per le particolari condizioni di salute.

Congedi Parentali - Si avvia una ricognizione delle disposizioni in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, ai fini di poterne valutare la revisione per garantire una maggiore flessibilità dei relativi congedi obbligatori e parentali, favorendo le opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, anche tenuto conto della funzionalità organizzativa all'interno delle imprese.

La maggiore flessibilità nella fruizione dei congedi sarà inoltre riconosciuta all'interno dei rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, con riferimento al riconoscimento della possibilità di fruizione dei congedi parentali in modo frazionato e alle misure organizzative finalizzate al rafforzamento degli strumenti di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro.

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