Nicola Colapinto

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Nicola Colapinto, avvocato con specializzazione in diritto del lavoro, seguo le principali questioni giuslavoristiche e previdenziali per PensioniOggi.it. 

Il Vice ministro all'Economia, Luigi Casero, e il sottosegretario all'economia Pier Paolo Baretta, hanno parlato della necessità di un «intervento organico».

Kamsin Si riapre il cantiere della riforma dei minimi per le Partite Iva. Ieri parlando in Commissione finanze alla Camera in un'audizione sui decreti attuativi della delega fiscale, il vice ministro all'Economia, Luigi Casero, ha annunciato che il governo nel consiglio dei ministri del 20 febbraio presenterà una riforma organica del settore. Sulle modifiche però non trapela nulla di definitivo.

L'ipotesi governativa potrebbe essere quella di alzare la soglia di reddito entro la quale applicare la tassazione forfettaria del 15 per cento. Con la legge di Stabilità questa possibilità è stata data solo a chi dichiara al massimo 15 mila euro di reddito annuo. Un importo considerato troppo esiguo, anche perché il precedente regime cancellato dal governo Renzi, seppure limitato nel tempo (cinque anni) e nei destinatari (i giovani fino a 35 anni), aveva delle condizioni molto più vantaggiose. 

Il sottosegretario all'Economia, Enrico Zanetti, sostiene invece, almeno come soluzione ponte, la proposta di riportare in vita il vecchio regime facendolo convivere con il nuovo. «Questa soluzione»; spiega, «avrebbe il vantaggio di costare poco, solo una decina di milioni di euro all'inizio per arrivare negli anni al massimo di un centinaio di milioni». Una linea sposata anche dall'associazione dei giovani commercialisti, che hanno chiesto «quantomeno, a ripristinare l'imposta sostitutiva al 5%».  E proprio in questa direzione Scelta civica ha presentato un emendamento al milleproroghe che consente l’opzione per la tassazione con fisco ultraridotto ma anche con soglia di ricavi o compensi a 30mila euro uguale per tutti. Una possibilità in più, perché comunque chi vuole (all’avvio di attività o al passaggio dal regime ordinario) potrebbe scegliere il forfettario con sostitutiva al 15% e ricavi variabili in base all’attività svolta, scommettendo soprattutto sulla cancellazione di una lunga serie di adempimenti.

Resta poi caldo il fronte contributivo, su cui è forte il pressing delle associazioni delle partite Iva (Confassociazioni, Acta e Alta Partecipazione) per congelare l’aumento dell’aliquota Inps al 30,72% (compresa la quota maternità). Del resto l'aumento progressivo previsto dalla legge 92/2012 (la «legge Fornero») per arrivare all'aliquota del 33,72% nel 2018 era già stato bloccato l'anno scorso dal comma 744 della legge di stabilità 2014 (la 147/2013). Per intervenire in modo definitivo su questo fronte, nei giorni scorsi si è formato anche un comitato trasversale di parlamentari, presieduto da Barbara Saltamartini di Ncd che ha ricevuto anche il sostegno del presidente della commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia (Pd). Sul tavolo c’è già un emendamento Pd al milleproroghe che vuole mantenere il prelievo per professionisti e free lance iscritti alla gestione separata Inps al 27,72% per il 2015.

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Zedde

I sindacati e buona parte delle forze politiche tornano a chiedere con forza un sistema più flessibile e meno rigido, individuando nell'innalzamento repentino dell'età pensionabile una delle cause principali del mancato turn over lavorativo e dunque dell'insostenibile tasso di disoccupazione giovanile.

Kamsin La decisione della Consulta allontana le ipotesi di intervento a breve sulla Riforma Fornero. E' questo l'effetto indiscutibile della bocciatura del referendum promosso dalla Lega Nord. Per i primi mesi del 2015 non c'è quindi da aspettarsi molto. In primis i tempi non sono favorevoli. Il Parlamento è intasato tra riforme istituzionali ed elezioni presidenziali, ci sono poi i decreti fiscali, i decreti del Jobs Act, il decreto Concorrenza, la Riforma della Scuola. Insomma, le pensioni per ora sono in coda.

Da dove ripartirà l'iniziativa del Governo sul fronte previdenziale lo si capirà nei prossimi mesi. Tra le ipotesi in campo citate recentemente da Yoram Gutgeld, consigliere di Matteo Renzi, c'è invece il cosiddetto «prestito pensionistico», ovvero la possibilità di anticipare la pensione a certe categorie di lavoratori in difficoltà (a 2-3 anni dal pensionamento) con successiva restituzione graduale dell'anticipo stesso con micro-prelievi sulle pensioni a regime. Misura comunque onerosa e che andrà vagliata nel quadro delle compatibilità di finanza pubblica. Allo studio c'è anche la possibilità di fare andare in pensione gli ultracinquantenni, ma con assegno ridotto, calcolato col metodo contributivo e non retributivo. 

Il presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano (Pd), ha ribadito invece le sue proposte di maggiore flessibilità in uscita: «A partire dai 62 anni di età con 35 di contributi per consentire l'accesso alla pensione, oppure l'adozione di "quota 100"». Mentre il suo collega presidente della Commissione Lavoro del Senato, Maurizio Sacconi, Ap (Ncd-Udc), ha osservato che ora «si tratta di agire contemporaneamente su una corretta e generalizzata possibilità di cumulare tutti i versamenti contributivi, su una più forte agevolazione dei versamenti volontari non solo del lavoratore ma anche del datore di lavoro per coprire periodi non lavorati o recuperare periodi di laurea, sulla opzione in favore di uscite anticipate necessariamente onerose».

Possibile anche un limitato ed ulteriore intervento in favore degli esodati per tutelare specifici casi rimasti fuori dalle tutele, dopo le sei salvaguardie messe in campo negli ultimi tre anni per tutelare oltre 170mila soggetti. Irrisolti anche i nodi dell'opzione donna, i quota 96 della scuola, l'età pensionabile dei macchinisti ferroviari.

La Decisione della Consulta - Il quesito su cui la Lega aveva raccolto molto più delle canoniche 500mila firme e che è stato uno degli strumenti populistici che ha rilanciato il movimento e la figura di Matteo Salvini, chiedeva l'abrogazione dell'articolo 24 del decreto salva-Italia che fece piangere Elsa Fornero mentre spiegava che cosa sarebbe successo agli anziani italiani: blocco della rivalutazione e innalzamento dell'età pensionabile di almeno cinque anni con sostanziale abolizione delle pensioni di anzianità. In più da quel giorno il sistema di calcolo dell'assegno è diventato contributivo, producendo un calo generalizzato con punte insostenibili per le giovani generazioni precarie. La sentenza, che sarà depositata nei prossimi giorni, quasi certamente poggerà sulla constatazione che quella riforma faceva parte di una manovra economica ed è quindi assimilabile a norme tributarie.

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Zedde

Con la legge di stabilità tornano le promozioni e gli scatti automatici di stipendio legati all'anzianità di servizio promessi dal Governo a militari e Forze di Polizia.

Kamsin L'articolo 1, commi 254-256 della legge 190/2014 confermano, da un lato, il blocco economico della contrattazione e dall'altro l'allentamento degli scatti di anzianità per il personale contrattualizzato. Tra le varie novità introdotte dalla manovra c'è, infatti, in primo luogo, la proroga fino al 31 dicembre 2015 del blocco economico della contrattazione nel pubblico impiego, già previsto fino al 31 dicembre 2014 dalla normativa vigente, con conseguente slittamento del triennio contrattuale dal 2015-2017 al 2016-2018.

Dall'altro viene prorogato, altresì, fino al 31 dicembre 2015 il blocco degli automatismi stipendiali per il solo personale non contrattualizzato, (cioè dei docenti e dei ricercatori universitari, del personale dirigente della Polizia di Stato e gradi di qualifiche corrispondenti, dei Corpi di polizia civili e militari, dei colonnelli e generali delle Forze armate, del personale dirigente della carriera prefettizia, nonché del personale della carriera diplomatica) ferma restando l’esclusione dei magistrati. Per tutti gli altri dipendenti pubblici, quindi, pur rimanendo bloccato per un altro anno il rinnovo del contratto nella sua parte economica, riprenderà, almeno, la dinamica legata alla carriera permettendo agli stipendi di salire nel caso in cui siano previsti scatti automatici o nel caso di promozioni di carriera.

Tra le altre misure restrittive c'è, poi, la previsione che sarà rinviato il pagamento dell'indennità di vacanza contrattuale fino al 2018. Il ddl proroga, infatti, l’efficacia della norma introdotta con la legge 147/2013 secondo la quale l'indennità di vacanza contrattuale (ossia l’incremento provvisorio della retribuzione che interviene una volta scaduto il contratto collettivo nazionale, in assenza di un suo rinnovo e finché questo non sia rinnovato) da computare quale anticipazione dei benefici complessivi che saranno attribuiti all'atto del rinnovo contrattuale sia quella in godimento al 31 dicembre 2013. Una norma, inoltre, introduce il divieto di cumulo dei trattamenti accessori del personale non appartenente al ruolo sanitario di livello dirigenziale del Ministero della sanità.

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La reintegra sarà limitata ai soli casi di insussistenza del fatto materiale grave contestato al lavoratore. Le misure si applicheranno ai nuovi assunti dopo l'entrata in vigore del decreto delegato.

Kamsin La bozza del decreto legislativo che attua il cd. Jobs Act riscrive profondamente le tutele nei confronti dei licenziamenti illegittimi.

La principale novità su questo fronte è che per tutti i nuovi assunti dalla data di entrata in vigore del provvedimento con contratto a tempo indeterminato cadrà il totem simbolo dello Statuto dei lavoratori: sarà possibile licenziare anche per ingiustificato motivo economico o disciplinare pagando solo un indennizzo (e non dovendo piu' reintegrare in servizio il dipendente). Vediamo dunque in breve cosa cambierà.

Indice

Licenziamenti Economici
Licenziamenti Disciplinari e Discriminatori
Licenziamenti Collettivi
L'ambito di applicazione
Imprese con meno di 16 Dipendenti
Conciliazione Facoltativa
Inapplicabilità del rito Fornero

Licenziamenti economici

La tutela standard in caso di licenziamento illegittimo di un lavoratore assunto a tempo indeterminato successivamente alla data di entrata in vigore del decreto attuativo (si prevede entro fine gennaio 2015) sarà quella del risarcimento certo e crescente in base all'anzianità di servizio.

L'indennizzo sarà pari a due mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a quattro e non superiore a ventiquattro mensilità. In pratica se non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo (cioè le ragioni economiche) il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna l'imprenditore al pagamento di una indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale entro un massimo di 24 mensilità.

Questo significa che dopo il 12° anno di anzianità lavorativa al dipendente licenziato illegittimamente gli verrà corrisposto un indennizzo pari al massimo a 24 mensilità.

Il decreto legislativo prevede che per le frazioni d'anno di anzianità di servizio l'indennità economica debba essere riproporzionata, circostanza che dovrebbe indicare che il calcolo dell'importo da riconoscere al prestatore illegittimamente licenziato debba essere determinato effettuando una media tra i mesi di servizio riconosciuti e 12 mesi che compongono l'anno intero. Inoltre, si prevede che le frazioni di mesi uguali o superiori a 15 giorni si computino come mese intero.

Licenziamenti Disciplinari e Discriminatori

La reintegra obbligatoria resterà esclusivamente nelle ipotesi di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa in cui sia direttamente dimostrata in giudizio l'insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore.

Attualmente, per effetto della Legge Fornero, la reintegra nei licenziamenti disciplinari scatta in due ipotesi: se il fatto contestato non sussiste, oppure se rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa (cioè la sospensione del rapporto di lavoro invece del licenziamento) sulla base delle previsioni dei contratti collettivi o dei codici disciplinari.

Con l'intervento dell'esecutivo viene meno, pertanto, il riferimento alle tipizzazioni contenute nei CCnl e si limita il reintegro ai soli casi di insussistenza del fatto materiale. Cioè bisognerà raggiungere in giudizio la piena prova dell'insussistenza del fatto contestato al lavoratore mentre non sarà piu' ammissibile la reintegra nei casi in cui ci sia un ragionevole dubbio circa la colpevolezza del lavoratore. In queste circostanze al lavoratore spetterà solo l'indennizzo.

Nel valutare, inoltre, la sussistenza del fatto materiale il provvedimento precisa che al giudice è preclusa "ogni valutazione circa la sproporzione del licenziamento". In altri termini il giudice non potrà disporre il reintegro laddove il fatto materiale sussista ma sia ritenuto dal giudice di per sè insufficiente a motivare un licenziamento.

Ad esempio, solo nel caso in cui venisse addebitato al dipendente un furto e, successivamente, si scoprisse che il furto contestato in realtà non è avvenuto o lo ha commesso un altro, il dipendente ingiustamente licenziato potrà essere reintegrato in servizio. In tutti gli altri casi, compreso quello in cui il giudice ritenga il fatto, seppur provato, non così grave da giustificare il licenziamento, potrò solo riconoscere l'indennità risarcitoria.

Indennità che, al pari di quanto già visto per i licenziamenti economici, sarà compresa tra un minimo di 4 mensilità ed un massimo di 24 mensilità.

Nel provvedimento non c'è la cosiddetta opzione spagnola (il cd. opting out): l’azienda, dunque, non potrà scegliere l’indennizzo anche se il giudice disponesse il reintegro.

Nei casi in cui deve essere disposta la reintegra il giudice condannerà, inoltre, il datore al pagamento di un'indennità risarcitoria commisurata all'ultima retribuzione globale di fatto dal giorno del licenziamento fino a quello dell'effettiva reintegrazione, dedotto quanto il lavoratore abbia percepito per lo svolgimento di altre attività lavorative, nonché quanto avrebbe potuto percepire accettando una congrua offerta di lavoro. L'indennità non potrà superare, comunque, le 12 mensilità. Fermo restando il diritto al risarcimento del danno al lavoratore è data la facoltà di chiedere al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un'indennità pari a quindici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto.

Licenziamenti Disciplinari - Resta il reintegro, inoltre, nei licenziamenti nulli o discriminatori, cioè quelli motivati da ragioni politiche, religiose o di orientamento sessuale. In queste circostanze scatterà il reintegro nel posto di lavoro piu' un risarcimento non inferiore a cinque mensilità. Resta, inoltre, ferma la facoltà per il lavoratore di chiedere, oltre il diritto al risarcimento del danno, al datore di lavoro, in sostituzione della reintegrazione nel posto di lavoro, un'indennità pari a quindici mensilità dell'ultima retribuzione globale di fatto.

Licenziamenti Collettivi

Con il provvedimento il Governo ha unificato la disciplina dei licenziamenti collettivi a quelli individuali. Per il licenziamento collettivo intimato senza forma scritta si applicherà la normativa vigente per il recesso orale: il lavoratore avrà diritto, quindi, alla reintegrazione sul posto di lavoro, oltre che al risarcimento del danno.

Per il licenziamento collettivo viziato dalla violazione di una delle regole procedurali previste dalla legge 223 del 1991, oppure dalla violazione dei criteri di scelta legali o contrattuali, si applicherà, invece, la disciplina prevista per il licenziamento individuale motivato da giustificato motivo oggettivo. In concreto, quindi, il lavoratore potrà ottenere il risarcimento del danno in misura pari a 2 mensilità lorde per ciascun anno di lavoro, da un minimo di 4 fino a un massimo di 24.

La scelta di estendere l'abrogazione della tutela reale della reintegra dello Statuto dei lavoratori, indicano i tecnici di Palazzo Chigi, è necessaria per evitare situazioni come quella in cui potrebbe trovarsi un azienda che, tanto per fare un esempio, nel 2015 dovesse ricorrere a licenziamenti per ristrutturazione, egualmente distribuiti tra nuovi e vecchi lavoratori assunti con contratto a tempo indeterminato. Qualora questi licenziamenti economici fossero dichiarati illegittimi dal giudice, con le vecchie regole l'azienda avrebbe dovuto reintegrare tutti i lavoratori. Invece con le nuove regole solo i vecchi lavoratori saranno integrati, mentre i neoassunti riceveranno l'indennizzo economico.

L'ambito di applicazione

Le regole sopra esposte si applicano ai lavoratori con la qualifica di operai, impiegati e quadri (ad eccezione dei dirigenti) assunti a tempo indeterminato a decorrere dall'entrata in vigore del decreto legislativo. Pertanto nulla è innovato rispetto a chi attualmente ha già un lavoro a tempo indeterminato.

Le nuove regole interesseranno anche i soggetti non imprenditori (cioè coloro che svolgono senza fine di lucro attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto) e dovrebbero interessare anche i lavoratori del pubblico impiego in quanto, nonostante le polemiche di questi giorni, non capisce allo stato attuale del decreto quale sia la norma in grado di escludere tali lavoratori dalla Riforma.

Imprese con meno di 16 Dipendenti

Per quanto riguarda le Pmi, cioè le imprese con meno di 16 dipendenti, il decreto prevede che le mensilità spettanti al lavoratore siano dimezzate e che ci sia un tetto massimo di 6 mensilità (contro le 24 previste di base).

Sempre per le Pmi, un'altra novità è se si fanno nuove assunzioni: se si supera il limite dei 15 dipendenti, il neoassunto sarà a tutele crescenti e trascinerà con se nel nuovo regime anche gli altri lavoratori, pur se assunti a tempo indeterminato prima dell'entrata in vigore della Riforma.

Per quanto riguarda i lavoratori utilizzati nell'ambito degli appalti, l'anzianità di servizio del lavoratore che passa alle dipendenze dell'impresa che subentra in un appalto si dovrà computare tenendo conto di tutto il periodo durante il quale il lavoratore è stato impiegato nell'attività appaltata.

Inapplicabilità del Rito Fornero

Tutti i licenziamenti soggetti alla nuova disciplina non dovranno essere preceduti dalla conciliazione in DTL e in giudizio seguiranno il rito ordinario e non quello introdotto dalla legge Fornero. Per i dipendenti a tempo indeterminato già in organico prima dell'entrata in vigore della nuova legge continuerà, invece, ad applicarsi la procedura presso la DTL mentre e non sarà utilizzabile la conciliazione facoltativa.

La conciliazione Facoltativa

Sia nei licenziamenti economici che in quelli disciplinari il datore potrà offrire al lavoratore, per evitare il giudizio, entro 60 giorni dalla comunicazione del licenziamento, una mensilità per anno di anzianità fino a 18 mensilità, con un minimo di due (nelle Pmi l'indennità è dimezzata). L’accettazione dell’assegno in tale sede da parte del lavoratore comporterà l’estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia all'impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l’abbia già proposta.

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In un'intervista rilasciata oggi al Corriere della Sera il consigliere economico di Palazzo Chigi, Yoram Gutgeld, annuncia l'intenzione di voler rendere possibile anticipare la pensione, sia pure con un trattamento inferiore. A molti questo oggi potrebbe andar bene. E con il nostro sistema, ormai contributivo, si può».

Kamsin Yoram Gutgeld, da consigliere economico del premier, cosa la colpisce della vicenda dei vigili di Roma?
«Prima di tutto non vorrei che si facesse di tutta l'erba un fascio: abbiamo una Pubblica amministrazione che numericamente non è superiore alla media europea e che è fatta soprattutto da gente che lavora bene».

Ma...
 «Ma la vicenda romana di fatto ci ricorda che qualche problema nella gestione delle malattie nel pubblico impiego c'è se i certificati dal 2011 al 2013 sono aumentati del 27%. Tutto questo richiede una gestione più attenta anche nel rispetto dei cittadini».

Pensa che trasferire le competenze sui certificati dalle Asl all'Inps sia la cura? «È un'idea che va valutata tenendo conto degli aspetti organizzativi ed economici. I soldi sarebbero sempre pubblici ma l'Inps ha dimostrato di saperli adoperare meglio. Potremmo risparmiarci qualcosa».

La vicenda dei vigili sarà usata come grimaldello per inasprire le regole sul rendimento nel pubblico impiego? «È materia oggi oggetto di una legge delega che ha l'obiettivo di rendere la Pubblica amministrazione più efficiente».

Pensa che si possa estendere il semplice indennizzo anche ai licenziamenti disciplinari nella Pa? E con quale strumento?
 «Non voglio scendere nello specifico. Auspico che la riforma porti a usare i soldi pubblici con un criterio diverso: quello del merito, cioè dare di più a chi fa meglio e viceversa». I sindacati chiedono di intervenire sulla materia con contratto e non per decreto. «L'esecutivo è aperto ai contributi di tutti ma le norme che fa il governo poi passano per il Parlamento».

È giusto intervenire sulla struttura della retribuzione variabile quando quella fissa, oggetto anch'essa di contrattazione, è bloccata da anni? «Il momento economico è difficile, mi rendo conto. Ma è anche vero che chi lavora nella Pa ha mantenuto posti di lavoro che altri hanno perso». Intanto l'Istat prefigura per la prima volta una ripresa. «Gli elementi positivi ci sono. Alcuni sono esogeni: da un lato la riduzione del costo del petrolio che noi importiamo, dall'altro la debolezza dell'euro e il piano della Bce».

Quelli interni quali sono? «Abbiamo ridotto il costo del lavoro del 70% per i neoassunti a tempo indeterminato, e con il Jobs Act daremo una spinta interna forte per assumere di più».

Non ci sono altre misure per sbloccare la crescita? «Tutti sanno che c'è il tema europeo dello scorporo degli investimenti dal calcolo del deficit, soprattutto quando questi comportano interventi dei privati. E poi c'è il nostro tentativo di correggere il dato del Prodotto interno potenziale che, secondo dati Ocse, è maggiore di quanto stimato dalla Commissione europea, con il risultato che in realtà noi già oggi non saremmo in deficit». Finora si è ottenuto poco. «Che il piano juncker, per quanto limitato, contempli che i contributi dei singoli Stati non vengano calcolati nel deficit è un primo passo. Ma c'è un altro tema che vorremmo porre all'attenzione dell'Ue».

Quale? «Quello delle pensioni: la riforma ha messo sotto controllo il sistema, allo stesso modo in cui sono sotto controllo i costi della sanità. Tutto questo crea una dinamica di lungo termine della spesa pubblica migliore di quella di altri Paesi che però non ci viene riconosciuta. Questo perché il sistema di valutazione Ue guarda la contabilità anno per anno e non tiene conto dei risparmi di lungo termine».

Quindi? «Quindi con il nostro sistema, che ormai è contributivo, se io pensiono anticipatamente un lavoratore con un trattamento inferiore a quello che gli spetterebbe, sto solo anticipando una spesa che recupererò dopo, con un rimborso a rate, non sto aumentando la spesa. .Ma l'Ue guarda solo la spesa attuale».

State già discutendo di questo in sede europea? «Lo faremo: anticipare la pensione sia pure con un trattamento inferiore a molti oggi potrebbe andar bene. Vogliamo renderlo possibile».

Farete un prelievo sulle pensioni più alte? «Non è in agenda». Finora la nostra dialettica con Merkel non è parsa diversa dalla solita contrapposizione flessibilità/austerità. «Riconosciamo che Merkel ha un fronte interno che preme. Ma la discussione sulla flessibilità ormai è in corso e con tutte le riforme che porteremo a casa saremo sempre più credibili: sono ottimista». Intanto a marzo ci attende un nuovo esame Ue sui conti pubblici.

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