Nicola Colapinto

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Nicola Colapinto, avvocato con specializzazione in diritto del lavoro, seguo le principali questioni giuslavoristiche e previdenziali per PensioniOggi.it. 

L'Inps dovrà recuperare lo 0,1% di rivalutazione provvisoriamente erogata durante l'anno 2014. Il tasso concesso per il 2015 è dello 0,3%.

Kamsin Nel 2015 le pensioni saranno rivalutate dello 0,3 per cento. Ma il tasso di rivalutazione definitivo per il 2014 sarà dell’1,1% invece dell’1,2% provvisorio applicato finora. E' quanto ha stabilito il decreto del ministero dell’Economia del 20 novembre 2014, pubblicato in «Gazzetta ufficiale» il 2 dicembre scorso.

La frenata dell'inflazione registrata nel corso di quest'anno, così come calcolata dall'Istat, determinerà, quindi, un contenimento della rivalutazione degli assegni previdenziali. Quale effetto delle indicazioni contenute nel decreto, il valore definitivo del trattamento minimo per il 2014 è di 500,88 euro, mentre quello dell'anno prossimo sarà di 502,38 euro. Per effetto di queste novità vediamo, quindi, nella tabella seguente come cambierà dal prossimo anno la perequazione automatica dei trattamenti pensionistici.

I cinque scaglioni di rivalutazione, evidenziati nelle tabelle, sono frutto della legge 147/2013 che ha, almeno parzialmente, rimosso il blocco disposto dal Decreto legge 201/2011. La legge di stabilità 2014 ha previsto, infatti, che per le pensioni di importo fino a tre volte il trattamento minimo l'adeguamento avviene in misura piena (100%); per le pensioni di importo superiore e sino a quattro volte il trattamento minimo viene riconosciuto il 95% dell'adeguamento; per quelle di importo superiore e sino a cinque volte il minimo l'adeguamento è pari al 75%; adeguamento che scende al 50 % per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a cinque volte il minimo, del 45% per le fasce di importo superiori a sei volte il trattamento minimo INPS.

Gli effetti - Per effetto della rivalutazione un pensionato che percepisce mille euro nel 2014 vedrà il proprio assegno crescere, pertanto, dello 0,30% e raggiungere i 1003 euro al mese; chi percepisce 3mila euro vedrà l'assegno salire dello 0,15% ed aggiungerà quindi 4,5 euro al mese in piu' al trattamento. Almeno in teoria. I calcoli infatti sono piu' complessi di quanto sembra perchè, il tasso dello 0,3% per l'anno prossimo non va applicato all'importo dell'assegno pagato nel 2014 sulla base dell'adeguamento provvisorio, ma sul valore definitivo, che è più basso, perché il tasso da utilizzare per il 2014 è dell'1,1% invece dell'1,2% A fine 2013, infatti, è stata data indicazione di rivalutare le pensioni dell'1,2% dal 2014 (ad un tasso provvisorio). Lo scorso 20 novembre, invece, è stato comunicato il tasso definitivo, che è pari all'1,1% e contestualmente è stato indicato quello provvisorio per il 2015 (lo 0,3%).

In altre parole, il nostro pensionato che oggi ha un assegno di 1.000 euro lordi, l'anno prossimo non incasserà 1.003 ma 1.002,01 euro.

L'aggiustamento retroattivo degli importi comporta, inoltre, anche un altro effetto negativo per i pensionati. Poiché nel 2014 il valore provvisorio dell'assegno è stato più generoso di quello definitivo, a inizio 2015 l'Inps dovrà recuperare la differenza, pari allo 0,1 per cento. In altre parole, l'ipotetico assegno di 1.000 euro lordi pagato finora sarebbe dovuto essere di 999,01 euro. Quindi a gennaio si dovranno restituire 12,87 euro (bisogna considerare infatti anche la tredicesima). Di conseguenza il nostro ipotetico pensionato l'anno prossimo percepirà 26,13 euro in più rispetto a oggi, ma subirà un conguaglio negativo riferito al 2014 di 12,87 euro e quindi l'incremento annuale "netto" (cioè i soldi in più che effettivamente metterà in tasca) sarà disoli 13,26 euro. Le modalità di recupero e gli importi esatti saranno comunicati dall'Inps nelle prossime settimane con una circolare.

Il recupero interesserà, inoltre, anche chi incassa una pensione di importo compreso fra tre e quattro volte il minimo o superiore a sei volte il minimo. L'Inps, infatti, ha pagato nel 2014 importi che devono essere rettificati sia nel tasso di rivalutazione (dall'1,2 all'1,1%), sia nell'aliquota di indicizzazione. Il risultato di questi assestamenti è che chi si colloca nella fascia tra 3 e 4 volte il minimo (per esempio 1.600 euro), avrà un beneficio maggiore perché gli sarà riconosciuta l'indicizzazione al 95% invece del 90% applicata temporaneamente finora; mentre chi percepisce oltre 3mila euro avrà un saldo negativo perchè l'aliquota di indicizzazione è scesa dal 50% al 40%.

Zedde

L'Esecutivo studia la proporzionalità degli indennizzi sui licenziamenti economici per le imprese con meno di 15 dipendenti. Il Decreto pronto entro Natale.

Kamsin Il primo decreto attuativo della legge delega sul Jobs Act, dedicato alla nuova normativa sul contratto a tutele crescenti e alla Riforma dell'articolo 18, sarà approvato dall'esecutivo entro dicembre. E' quanto ha indicato il Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, in un consiglio dei ministri convocato prima di Natale, intorno al 22 Dicembre. Il ddl poi passerà al vaglio delle Commissioni Parlamentari per un "parere non vincolante".

Il Dlgs farà venir meno, per tutti i nuovi assunti dal 1° gennaio 2015 con contratto a tempo indeterminato, il totem simbolo dello Statuto dei lavoratori: sarà possibile licenziare anche per ingiustificato motivo economico o disciplinare pagando solo un indennizzo economico (e non dovendo piu' reintegrare in servizio il dipendente). La reintegra resterebbe solo per talune fattispecie di licenziamenti disciplinari - da stabilire nel decreto - e per i licenziamenti discriminatori.

L'indennizzo dovrebbe essere pari ad una mensilità e mezza ogni anno di anzianità di servizio sino ad un tetto massimo di 24 mensilità. In ogni caso, per limitare il ricorso al giudice, sarà incentivata la conciliazione: l’azienda potrebbe versare subito un indennizzo al lavoratore, fino a 18 mensilità esentasse, con la possibilità di chiudere l’accordo in un mese.

I nodi da sciogliere riguardano anche gli effetti sulle piccole e medie imprese, cioè quelle con meno di 15 dipendenti a cui, attualmente, non si applica l'articolo 18. L'obiettivo è evitare l'aggravio dei costi e, pertanto, dovrebbe essere confermata la disciplina attualmente vigente: l'indennizzo, in caso di licenziamento illegittimo, oscilla tra le 2,5 e le 6 mensilità massime.

Si ricorda che il contratto a tutele crescenti si applicherà solo ai nuovi assunti. Almeno per ora, dunque, non cambia nulla per chi è già assunto con un contratto a tempo indeterminato. 

guidariformalavoro

Zedde

Stop al reintegro nei casi di licenziamento per motivi economici od organizzativi e limiti certi per i licenziamenti disciplinari. Le misure si applicheranno solo ai nuovi assunti con il contratto a tutele crescenti.

Kamsin Con il via libera definitivo del Senato al Jobs Act il Governo cambierà, già entro la fine dell'anno, il sistema di tutele contro i licenziamenti illegittimi. La principale novità su questo fronte è che per tutti i nuovi assunti dal 1° gennaio 2015 con contratto a tempo indeterminato cadrà il totem simbolo dello Statuto dei lavoratori: sarà possibile licenziare anche per ingiustificato motivo economico o disciplinare pagando solo un indennizzo (e non dovendo piu' reintegrare in servizio il dipendente). 

Licenziamenti Economici - In altri termini le tutele dell’art.18 non varranno più per i licenziamenti economici: il lavoratore non potrà più ricorrere al giudice per chiedere il reintegro nel posto di lavoro, gli spetterà invece «un indennizzo economico certo e crescente con l’anzianità di servizio».

Si ipotizza una mensilità e mezza ogni anno di anzianità di servizio sino ad un tetto di 24 mensilità. In ogni caso, per limitare il ricorso al giudice, sarà incentivata la conciliazione: l’azienda potrebbe versare subito un indennizzo al lavoratore, fino a 18 mensilità esentasse, con la possibilità di chiudere l’accordo in un mese. A differenza di quanto avviene ora, il reintegro non sarà più possibile nemmeno se la motivazione è «manifestamente insussistente».

Licenziamenti Disciplinari - Sul fronte dei licenziamenti disciplinari la tutela reale rimarrà ma solo per fattispecie limitate assimilabili ai licenziamenti discriminatori. Ed è proprio questo il nodo più complicato da sciogliere. Anche qui la regola è l’indennizzo crescente con l’anzianità, ma in tribunale il reintegro resterà possibile in alcune «specifiche fattispecie» che saranno definite nel decreto attuativo. L’idea è quella di consentire il reintegro solo in caso di insussistenza del fatto materiale che viene contestato al lavoratore (si era ipotizzato anche, in un primo momento, che il reintegro potesse essere disposto solo quando l'azienda accusa il lavoratore di un reato grave che poi si rivela falso).

Ma la definizione è complessa e resta sempre in piedi la cosiddetta opzione spagnola (il cd. opting out): l’azienda potrebbe scegliere l’indennizzo anche se il giudice disponesse il reintegro. A quel punto, però, dovrebbe pagare un indennizzo ancora più alto. In tal caso si passerebbe da un minimo di 6 mesi di stipendio, anche se il dipendente è stato appena assunto ed un tetto massimo piu' alto rispetto a quello base: 30 mensilità, forse 36.

Licenziamenti Discriminatori - Non cambia niente per i licenziamenti nulli o discriminatori, cioè quelli motivati da ragioni politiche, religiose o di orientamento sessuale. In tutti i casi scatterà il reintegro nel posto di lavoro. Si tratta di ipotesi piu' di scuola che di reale applicazione. E' il caso, ad esempio, del datore che licenzia la madre durante il primo anno di vita del bambino o per motivi razziali, sessuali o legati al credo religioso.

PMI - I nodi da sciogliere riguardano anche gli effetti sulle piccole e medie imprese, cioè quelle con meno di 15 dipendenti a cui, attualmente, non si applica l'articolo 18. L'obiettivo è evitare l'aggravio dei costi e, pertanto, dovrebbe essere confermata la disciplina attualmente vigente: l'indennizzo, in caso di licenziamento illegittimo, oscilla tra le 2,5 e le 6 mensilità massime.

L'ambito di applicazione - Come scritto nella delega e come ribadito più volte dal governo, il contratto a tutele crescenti si applicherà solo ai nuovi assunti: non solo i giovani al primo contratto ma anche chi già adesso lavora e cambierà azienda. Almeno per ora, dunque, non cambia nulla per chi è già assunto con un contratto a tempo indeterminato. 

guidariformalavoro

Zedde

L'Inps ha chiesto al Ministero del Lavoro un parere circa l'estensione del regime sperimentale donna. Nel frattempo le domande di pensionamento la cui decorrenza si collochi oltre il 2015 non saranno respinte.

Kamsin Per ora nessuna proroga dell'opzione donna ma l'Inps non respingerà le domande delle lavoratrici la cui decorrenza della prestazione pensionistica dovesse essere successiva al 31 Dicembre 2015. Le domande saranno tenute in apposita evidenza, non saranno accettate nè respinte ma congelate, in una sorta di standby.

Le risoluzioni Parlamentari e il ricorso avviato lo scorso mese di Ottobre dal Comitato Opzione Donna hanno sortito almeno un effetto cautelativo e aperto alla possibilità, eventuale, del superamento delle Circolari 35 e 37 del 14 Marzo 2012. Con il messaggio inps 9304/2014 l'Istituto di previdenza pubblica ha infatti dato istruzioni alle proprie sedi di non cestinare le domande delle lavoratrici la cui finestra si aprirebbe dopo il 31 dicembre 2015, in attesa di un ulteriore parere richiesto al ministero del Lavoro.

Toccherà a quest’ultimo quindi decidere se prolungare di fatto di un altro anno il regime sperimentale rivedendo l’interpretazione restrittiva (come richiesto tra l’altro dal Parlamento), o addirittura estendere nel tempo l’esperimento: ma in questa decisione avrà un ruolo decisivo la valutazione della Ragioneria generale dello Stato, preoccupata per gli effetti in termini di maggiore spesa pensionistica.

La questione è nota da tempo. La legge Maroni (legge 243/04) ha infatti concesso alle lavoratrici con 57 anni e 35 di contributi la possibilità di andare in pensione con il calcolo contributivo sino al 2015. L'Inps però, con le sopra indicate Circolari, ha inteso che al 31 Dicembre 2015 debba essersi aperta anche la finestra mobile (12 o 18 mesi a seconda se rispettivamente si tratti di lavoratrici dipendenti o autonome) accorciando, nei fatti, di un anno o piu' il termine per la maturazione dei requisiti anagrafici e contributivi. L'interpretazione, per molti illegittima, è stata piu' volte contestata ed ora l'istituto a rimesso la palla al Dicastero di Via Veneto che dovrà dare il verdetto finale.  

Zedde

Il DDl delega sul Jobs Act consentirà al Governo di intervenire per sfoltire il numero degli adempimenti necessari per la gestione del rapporto di lavoro. In arrivo anche una stretta sulle dimissioni in bianco.

Kamsin Razionalizzazione e semplificazione, anche mediante l'abrogazione di norme, delle procedure e degli adempimenti legati alla costituzione e alla gestione rapporti di lavoro. Ma anche per rafforzare il fenomeno delle cd. dimissioni in bianco. Sono queste alcune delle novità contenute nella Delega sul Jobs Act approvata in via definitiva da Palazzo Madama.

L'obiettivo principale resta però quello di semplificare la gestione del rapporto di lavoro per il datore. Per farlo la delega chiede all'esecutivo di "ridurre drasticamente" il numero di atti amministrativi necessari per gestire il rapporto di lavoro di ogni lavoratore con la possibilità di procedere alla semplificazione delle disposizioni interessate da rilevanti contrasti interpretativi, giurisprudenziali o amministrativi e l'unificazione delle comunicazioni della Pa alle imprese.

Anche le Pa dovranno fare la loro parte. Viene infatti introdotto il divieto per le pubbliche amministrazioni di richiedere dati dei quali esse sono in possesso e il rafforzamento del sistema di trasmissione delle comunicazioni in via telematica e abolizione della tenuta di documenti cartacei. Piu' in generale, la delega chiede l'individuazione di modalità organizzative e gestionali che consentano di svolgere esclusivamente in via telematica tutti gli adempimenti di carattere amministrativo connessi con la costituzione, la gestione e la cessazione del rapporto di lavoro.

Lavoro Irregolare - Novità riguardano anche le sanzioni per il lavoro irregolare. La delega prevede, infatti, la revisione del regime delle sanzioni, tenendo conto dell'eventuale natura formale della violazione, in modo da favorire l'immediata eliminazione degli effetti della condotta illecita, nonché valorizzazione degli istituti di tipo premiale.

Dimissioni in Bianco - L'esecutivo dovrà, inoltre, prevedere "modalità semplificate per garantire data certa nonché l'autenticità della manifestazione di volontà della lavoratrice o del lavoratore in relazione alle dimissioni o alla risoluzione consensuale del rapporto di lavoro, anche tenuto conto della necessità di assicurare la certezza della cessazione del rapporto nel caso di comportamento concludente in tal senso della lavoratrice o del lavoratore". L’obiettivo è limitare una pratica illegale spesso utilizzata ai danni delle lavoratrici per poterle allontanare senza pagare indennità nel caso restino incinta.

Libretto Formativo del Cittadino - Tra le altre novità c'è la revisione degli adempimenti in materia di libretto formativo del cittadino, in un'ottica di integrazione nell'ambito della dorsale informativa prevista dalla legge Fornero del 2012 e della banca dati delle politiche attive e passive del lavoro, anche con riferimento al sistema dell'apprendimento permanente.

guidariformalavoro

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