Redazione

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I Senatori del Movimento 5 Stelle depositano un Odg per tutelare i Quota 96 e chi ha subito la revoca dei trattenimenti in servizio. "Continuiamo a sfidare il Governo su questi temi ai quali non ha dato mai una risposta esauriente".

Kamsin E' stato depositato la settimana scorsa in Senato un Ordine del Giorno promosso dai capigruppo del M5S con il quale si chiede al Governo la soluzione della vicenda dei revocati e dei quota96 della scuola. L'Odg arriva in occasione dell'esame - in commissione affari costituzionali a Palazzo Madama - del ddl 1577, in materia di riforma della pubblica amministrazione. Ne ha dato notizia ieri l'ufficio stampa del movimento 5 stelle. 

"I revocati - ricorda la nota del M5S - sono quei dipendenti della P.A., tra cui molti insegnanti, ai quali è stata tolta la proroga di permanenza in servizio di due anni oltre l’età pensionabile con effetto retroattivo con un pregiudizio economico sulle proprie carriere. Dal 1° novembre gli insegnanti si sono visti comunicare il pensionamento d’ufficio: questo fatto ha ovviamente creato molti problemi alla vita delle persone che si sono ritrovate con un anno da riprogrammare sia dal punto di vista economico che organizzativo". Torna anche in ballo la vicenda dei quota 96 della scuola, un problema ancora aperto. Il M5S chiede con il medesimo Odg che l'esecutivo offra "una soluzione alla vicenda degli insegnanti che hanno maturato un diritto a pensione entro la fine dell'anno scolastico 2011/2012".

Sulla vicenda potrebbero esserci delle novità a fine Febbraio con l'approvazione della Riforma della Scuola: il ministro Giannini ha indicato l'intenzione di collocare questo personale nell'organico funzionale.

Il testo dell'ODG - Il Senato,            in sede di esame del disegno di legge recante «Riorganizzazione delle Amministrazioni pubbliche» (AS 1577);
        premesso che:
            il Capo III del disegno di legge in esame reca norme relative al personale delle pubbliche amministrazioni;
        considerato che:
            il decreto-legge n. 90 del 2014, all'articolo 1, ha abrogato l'articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503, l'articolo 72, commi 8, 9,10, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni. dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, e l'articolo 9, comma 31, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122;
            l'effetto di tale norma, fra gli altri, è stato quello di abolire la possibilità, per il personale della pubblica amministrazione, e quindi anche per il personale della scuola, fra cui gli insegnanti, che abbiano compiuto i 65 anni di età, di avvalersi di una proroga biennale del rapporto di lavoro, previa istanza da presentare all'amministrazione di appartenenza;
            in particolare, l'articolo 16 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 503 (Prosecuzione del rapporto di lavoro) recitava: «È in facoltà dei dipendenti civili dello stato e degli enti pubblici non economici di permanere in servizio, con effetto dalla data di entrata in vigore della legge 23 ottobre 1992, n. 421, per un periodo massimo di un biennio oltre i limiti di età per il collocamento a riposo per essi previsti. In tal caso è data facoltà all'amministrazione, in base alle proprie esigenze organizzative e funzionati, di trattenere in servizio il dipendente in relazione alla particolare esperienza professionale acquisita dal dipendente in detenninati o specifici ambiti ed in funzione dell'efficiente andamento dei servizi»;
            il decreto-legge n. 90 del 2014, al richiamato articolo 1, non solo ha abolito la possibilità della proroga biennale, ma ha reso tale abolizione retroattiva. Infatti, a termini del comma 2, «salvo quanto previsto dal comma 3, i trattenimenti in servizio in essere alla data di entrata in vigore del presente decreto sono fatti salvi fino al 31 ottobre 2014 o fino alla loro scadenza se prevista in data anteriore. l trattenimenti in servizio disposti dalle amministrazioni pubbliche di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e non ancora efficaci alla data di entrata in vigore del presente decreto-legge sono revocati». Il comma 3, poi, stabilisce, per quanto riguarda il personale della scuola, che i trattenimenti in servizio già disposti cessano alla data del 31 agosto 2014;
            con riferimento al personale della scuola, un numero consistente di insegnanti, che, awalendosi dell'articolo 16 ed in ragione dell'interesse degli istituti di appartenenza ad utilizzare la professionalità e l'esperienza maturata, avevano ottenuto la proroga biennale prima della emanazione del decreto-legge, si è visto, dall'oggi al domani, pensionato d'ufficio, con ripercussioni negative, anche pesanti, sulla propria condizione economica e personale;
            fra questa fascia di insegnanti «revocati», che già avevano ottenuto la proroga biennale, molti hanno pochi anni di contributi, alcuni non raggiungono nemmeno il minimo di 20 anni per la pensione, altri, avendo una famiglia numerosa e monoreddito, contavano sulla proroga sia per dare ancora alla scuola il proprio contributo di professionalità ed esperienza sia per assicurare alla famiglia ancora per 2 anni uno stipendio e una pensione un po' più adeguati;
            è prevedibile che molti di questi revocati proporranno azioni giudiziarie, soprattutto con riferimento alla portata retroattiva della norma, che si presta a profili di incostituzionalità, che incide su un diritto già riconosciuto e determina pregiudizi, anche gravi, di natura patrimoniale e non patrirnoniale;
        impegna il Governo:
            a porre in essere opportuni provvedimenti al fine di risolvere il caso dei «revocati», prendendo in considerazione anche l'opportunità di valutare, essendovi ancora i tempi tecnici, il pensionamento dei cosiddetti «Quota 96» e il mantenimento in servizio, per il periodo di proroga già ottenuto, dei «revocati».

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La durata dell'assegno è pari a 9 mesi. Dal 1° marzo al 30 Novembre 2015. L’ammontare del bonus oscilla tra un minimo di 200 euro ad un massimo di 1200 euro al mese; il beneficio può essere ottenuto solo dai dipendenti pubblici.

Kamsin Ai nastri di partenza il bonus per assistere anziani non autosufficienti. E' stato pubblicato, infatti, ieri dall'Inps il bando ufficiale, riservato ai dipendenti e i pensionati pubblici, ai loro conviventi, ai loro familiari di primo grado, non autosufficienti che eroga un bonus mensile sino a 1200 euro in via sperimentale per il 2015. Per la presentazione delle domande c'è tempo dal prossimo 2 Febbraio sino al 27 Febbraio alle ore 12; dovrà avvenire tramite canale telematico. La durata dell'assegno è di 9 mesi: decorre dal 1° marzo 2015 e termina, salvo proroghe, il 30 Novembre 2015.

Il progetto, denominato Home care premium, è un premio che spetta a chi si prende cura, assiste e supporta a domicilio familiari con handicap gravi, è promosso dall'Inps e rivolto a tutti i dipendenti e pensionati pubblici. Del progetto possono beneficiare anche i minori disabili figli di dipendenti pubblici o pensionati deceduti.

Il contributo mensile è ancorato all'Isee e ad un punteggio che indica il grado di autosufficienza del soggetto beneficiario del trattamento e oscilla tra 300 e 1200 euro, qualora i redditi annuali siano inferiori ad 8mila euro all'anno. Nel bando è previsto anche l'assegnazione di un trattamento integrativo sino ad un massimo di 2400 euro a supporto del percorso assistenziale del beneficiario

La pagina del bando Home Care Premium 2015

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Una norma contenuta nella legge di stabilità sopprime quel particolare regime di esenzione dal pagamento delle tasse automobilistiche per gli autoveicoli e motoveicoli di particolare interesse storico e collezionistico.

Kamsin Gli autoveicoli e motoveicoli di particolare interesse storico e collezionistico da quest’anno dovranno regolarmente pagare il cosiddetto «bollo auto», mentre fino al 31 dicembre 2014 godevano dell’esenzione dal pagamento delle tasse automobilistiche a decorrere dall’anno in cui si compiva il ventesimo anno dalla loro costruzione.

L’effetto è causato dall’art. 1, comma 666, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, che ha abrogato il comma 2 dell’art. 63 della legge 21 novembre 2000, n. 342 che prevedeva l’esenzione. I veicoli storici potranno da oggi considerarsi esenti dal pagamento del bollo solo quando compiranno il trentesimo anno dalla loro costruzione, visto che la legge di stabilità ha mantenuto in vita l’esenzione per i veicoli ultratrentennali.

La novità, quindi, è destinata a colpire tutti quei veicoli che attualmente, sono considerati veicoli di particolare interesse storico e collezionistico. Ad esempio i veicoli costruiti specificamente per le competizioni; i veicoli costruiti a scopo di ricerca tecnica o estetica, anche in vista di partecipazione ad esposizioni o mostre; i veicoli che rivestono un particolare interesse storico o collezionistico in ragione del loro rilievo industriale, sportivo, estetico o di costume. Tali veicoli sono soggetti, dal 1° gennaio 2015, al pagamento del tributo.

Secondo la relazione governativa alla legge di stabilità il Governo ha ritenuto opportuno procedere alla modifica della norma in quanto "questa aveva la finalità di tutelare un parco auto e moto, precedente all’entrata in vigore della richiamata legge n. 342 del 2000, che, per caratteristiche e qualità costruttive ed in ragione di un loro rilievo industriale o estetico, al compimento del ventesimo anno di età poteva essere definito di particolare interesse storico".

"Attualmente, conclude la relazione, con l’evoluzione delle tecniche costruttive da parte del mercato automobilistico, un autoveicolo o motoveicolo al compimento dei venti anni non può più essere assimilato ai veicoli di particolare interesse storico solo in ragione della sua vetustà. Per tale ragione, è ormai venuta meno la stessa ratio che aveva giustificato il richiamato regime di speciale esenzione.

A ciò si aggiunga che, nel corso degli anni, i controlli previsti dal comma 3 del citato articolo 63 finalizzati all’individuazione, da parte dell’ASI e della FMI mediante propria determinazione, dei veicoli di cui al comma 2 del più volte richiamato articolo 63, sono risultati, talvolta, carenti, consentendo in tal modo l’accesso all’esenzione dal pagamento delle tasse automobilistiche ad autoveicoli e motoveicoli che, oltre ad aver compiuto venti anni, non avevano alcuno dei requisiti normativi".

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Il Movimento Cinque Stelle ha presentato un emendamento al ddl 1577 che consentirebbe il pensionamento dei ferrovieri a 58 anni e 38 anni di contributi o a 55 anni in caso di perdita del titolo abilitante.

Kamsin "E' necessario riconoscere un anticipo dell'età pensionabile per i lavoratori ferrovieri". Così una nota dei senatori del Movimento 5 Stelle Crimi, Puglia, Endrizzi e Morra ricorda che i pentastellati hanno presentato a Gennaio in Commissione Affari Costituzionali al Senato, in sede di discussione del disegno di legge delega sulla riforma della pubblica amministrazione (ddl 1577) "un emendamento che consente il pensionamento anticipato a 58 anni di età e 38 anni di contributi per i ferrovieri addetti al servizio di macchina e di bordo". 

La nostra proposta - ricordano dal M5S - vuole chiudere la ferita aperta con l'approvazione del Dl 201/2011 riconoscendo la specificità di questo comparto ed allineando l'età per il collocamento a riposo a quella prevista negli altri paesi europei. "E' impensabile, infatti, che gli addetti alla condotta dei treni possano andare in pensione ad oltre 66 anni". 

Il testo dell'emendamento (11.0.10). Art. 11-bis 1. In ragione della particolare usura, delle specifiche aspettative di vita e dell'obbligo di mantenimento degli speciali requisiti psico-fisici che garantiscano la sicurezza del trasporto ferroviario, il personale operante nelle imprese ferroviarie e nelle imprese dei gestori delle infrastrutture ferroviarie con mansioni di addetto alla condotta dei treni, addetto alla scorta dei treni, addetto alla manovra /traghettamento/formazione treni ed alle attività di sicurezza e di assistenza alla clientela a bordo treno nonché al personale imbarcato a bordo delle navi traghetto, consegue il diritto alla pensione al raggiungimento del requisito anagrafico di cinquantotto anni di età e del requisito contributivo di trentotto anni, di cui almeno venti anni effettivamente svolti nelle mansioni sopra citate.

        2. Al personale addetto alle mansioni di cui al comma 1, cui, a causa della perdita dei requisiti psico-fisici previsti dalle disposizioni vigenti, sia revocato definitivamente il relativo certificato abilitativo è riconosciuto il diritto alla pensione a condizione che abbia compiuto almeno cinquantacinque anni di età e abbia raggiunto il requisito contributivo di almeno trentacinque anni, di cui almeno gli ultimi quindici anni effettivamente svolti nelle mansioni di cui al comma 1. Qualora non siano soddisfatti i requisiti di cui al periodo precedente, al lavoratore spetta il proseguimento dell'attività lavorativa nelle mansioni consentite dai propri requisiti psico-fisici residui fino al raggiungimento del limite di età per l'accesso al pensionamento.

        3. Al secondo periodo del comma 18 dell'articolo 24 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, e successive modificazioni, dopo le parole: ''legge 23 dicembre 1999, n. 488'' sono aggiunte le seguenti: ''ad eccezione del personale operante nelle imprese ferroviarie e nelle imprese dei gestori delle infrastrutture ferroviarie con mansioni di addetto alla condotta e alla scorta dei treni, addetto alla manovra/traghettamento/formazione treni ed alle attività di sicurezza e dì assistenza alla clientela a bordo treno nonché al personale imbarcato a bordo delle navi traghetto''».

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"Ora il paese deve occuparsi seriamente di lavoro, di come crearlo e tutelarlo. Questo non vuole dire occuparsi solo di regole, ma significa mettere mano concretamente ai temi della crescita, dello sviluppo, del rilancio dell’economia e soprattutto ad una serie Riforma delle pensioni, capitolo non piu' eludibile.

Kamsin Il tema della crescita e dell’occupazione deve essere alla base di un grande patto tra istituzioni nazionali, locali, parti sociali. Ci sono alcune questioni che possono già leggersi in positivo: il piano Juncker, al di là di alcune sue debolezze, visto che 300 miliardi  da mettere in campo in Europa sono pochi, segna un cambiamento di tendenza. Così come la politica espansiva della Bce di Mario Draghi è di sicuro una nota positiva. Per quanto riguarda l’Italia una riforma importante e urgente da fare è quella del fisco che premi il lavoro. E' quanto ha dichiarato oggi a margine del Consiglio Generale della Cisl di Bergamo, il Segretario Generale della Cisl, Annamaria Furlan.

 Il sistema fiscale italiano oggi pesa al 93% sulle spalle di pensionati, lavoratori dipendenti e imprese. Non è più possibile continuare in questo modo. Serve fare ripartire i consumi delle famiglie, altrimenti il paese non può tornare a crescere. Ecco perchè riteniamo che il bonus di 80 euro deve essere esteso anche ai pensionati che non riescono ad arrivare a fine mese ed agli incapienti. Anche la lotta all’evasione fiscale, con strumenti più incisivi sul contrasto d’interesse, può davvero dare più introiti rispetto a quelli previsti dalla legge di stabilità.

Il tema vero è quello della giusta ridistribuzione della ricchezza, anche perchè le  disuguaglianze sono cresciute in maniera esponenziale in questi anni. Ora chi ha di più deve pagare un po’ di più e chi ha di meno deve essere realmente sostenuto. Per questo la Cisl promuoverà nei prossimi mesi una raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare che riformi il sistema fiscale nel segno dell’ equità e della giustizia sociale. Presenteremo la nostra proposta dettagliata il prossimo 11 febbraio a Roma al nostro Consiglio Generale.

Quanto al tema delle pensioni, è positivo che oggi finalmente il Ministro Poletti abbia convocato il sindacato. Anche sulle pensioni la Cisl presenterà in tale occasione una sua proposta precisa aperta al dibattito nei posti di lavoro e con tutti gli interlocutori. Bisogna fare una controriforma della legge Fornero, ripristinando  la flessibilità in uscita e puntare sul fatto che non tutti i lavori sono uguali. La legge Fornero non è intoccabile”.

Sulla necessità di avviare una iniziativa comune sulle pensioni anche la CGIL è d'accordo. Secondo Vera Lamonica, segreterio confederale della Cgil, è necessario anzitutto “garantire la pensione per i giovani: bisogna correggere il rigido sistema contributivo per dare la certezza che anche i precari, i part-time e gli stagionali alla fine la avranno”. L'altra grande questione è che i lavori non sono tutti uguali. “Non possiamo pensare di avere le persone a 67 anni sulle impalcature o le maestre degli asili nido che a 67 anni giocano con i bambini. Ci sono mestieri che rendono assolutamente poco credibili le soglie di pensionamento messe nella legge”.

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