Spesso capita che un lavoratore o un pensionato con cittadinanza italiana abbia svolto alcuni periodi di lavoro all'estero in paesi extra-comunitari che non hanno siglato una convenzione bilaterale in materia di sicurezza sociale con l'Italia. In questi casi il periodo di lavoro all'estero non ha valore ai fini pensionistici in Italia a differenza di quanto avviene per i periodi di lavoro svolto nei paesi comunitari e in, più in generale, con quelli convenzionati bilateralmente con il nostro paese.
Per recuperare ai fini pensionistici tali periodi l'articolo 51, co. 2 della legge 153/1969 e l'articolo 3 della legge 184/1997 consentono all'interessato di chiedere il riscatto del periodo lavorativo prestato all'estero, con onere a carico del lavoratore medesimo, sia ai fini della determinazione dell'anzianità contributiva utile ai fini dell'accesso a tutte le prestazioni previdenziali erogate dall'Inps sia ai fini della determinazione della misura della pensione. La facoltà è attribuita ai lavoratori dipendenti, compresi quelli iscritti ai fondi sostitutivi ed esclusivi (Stato, INPDAP) o i loro superstiti ed il riscatto può avere ad oggetto sia periodi di lavoro che si collochino posteriormente che anteriormente al 12 luglio 1997, data di entrata in vigore del citato decreto legislativo 184/1997 che ha riformato il meccanismo di riscatto. Sono esclusi invece i periodi di attività lavorativa svolta in qualità di lavoratore autonomo all'estero: tali periodi non possono, pertanto, essere recuperati ai fini previdenziali in Italia.
Per effettuare il riscatto l'interessato deve produrre apposita domanda all'Inps allegando il certificato di cittadinanza italiana, nonché la documentazione di data certa utile per provare l'effettiva esistenza del rapporto di lavoro. La documentazione deve essere redatta all'epoca dello svolgimento del rapporto di lavoro o anche in epoca successiva, mai all'epoca della domanda di costituzione di riscatto, a condizione che non sussistano elementi dai quali si rilevi che tale documentazione è stata costituita allo specifico scopo di usufruire della facoltà di riscatto (Cfr: Circolare Inps 183/1990). Si tratta di una prova spesso difficile da produrre. Secondo l'Inps sono considerati documentazione di data certa: 1) il libretto di lavoro prescritto dalla legge del luogo dove è stata prestata l'attività lavorativa; 2) le buste paga; 3) le dichiarazioni redatte all'epoca del rapporto di lavoro (lettere di assunzione o di licenziamento, promozione, ecc.); 4) le dichiarazioni delle autorità consolari che controllano l'immigrazione.
La richiesta di riscatto per lavoro all'estero può essere presentata: 1) senza limiti temporali, anche dopo la concessione di un trattamento pensionistico per incrementare l'importo dello stesso; 2) per coprire parzialmente il periodo durante il quale vi è stata omissione contributiva (es.: solo le settimane necessarie per il perfezionamento dei requisiti a pensione). Si rammenta che la richiesta di riscatto per lavoro all'estero può essere avanzata anche se il richiedente non risulta mai assicurato presso l'INPS.
Come per tutti i riscatti l'onere finanziario viene determinato secondo le regole stabilite dall'articolo 13 della legge 1338/1962 (metodo della riserva matematica) ove le anzianità da riconoscere ricadono nel sistema retributivo (essendo stata soppressa la disposizione che abbatteva l'onere del 50% dell'importo risultante ad opera del Dlgs 184/1997) oppure secondo il sistema ad aliquota ove le anzianità da riscattare siano situate nel sistema contributivo (articolo 2, co. 5 del Dlgs 184/1997).
Documenti: Circolare Inps 162/1997; messaggio inps 23655/2004; Circolare Inps 183/1990