Il primo chiarimento riguarda la verifica delle condizioni di accesso ai benefici previsti per le mansioni gravose di cui all’ articolo 1, commi 179 e 199, lettera d), della legge n. 232 del 2016. Dal 1° gennaio 2018 ai fini del riconoscimento del beneficio occorre accertare che l'interessato abbia svolto per almeno 7 o 6 anni attività lavorativa c.d. “gravosa” nel periodo compreso rispettivamente nei 10 o 7 anni precedenti la data di perfezionamento dei requisiti anagrafico e/o contributivo. Ebbene a questo riguardo l'istituto precisa che tale condizione è soddisfatta pure nell'ipotesi in cui i 7 o 6 anni di attività gravosa risultino maturati alla successiva data di: a) presentazione della domanda di “certificazione”, in caso di svolgimento di attività lavorativa alla stessa data; b) versamento/accredito dell'ultima contribuzione, in caso di avvenuta cessazione dell'attività lavorativa. L’accertamento della predetta condizione, anche in via prospettica, alla data di presentazione della domanda di verifica dei requisiti deve, inoltre, sussistere alla data di presentazione della domanda di accesso al beneficio (che, com'è noto, potrebbe anche essere prodotta successivamente alla data di verifica delle condizioni ove quest'ultima sia valutata in via prospettica).
L'Inps chiarisce, inoltre, che il versamento/accredito di contribuzione non dipendente da attività gravosa successiva alla prima data utile di accesso al beneficio, indicata nella “certificazione”, potrebbe comportare la perdita del diritto al beneficio in parola nei casi in cui ciò implichi il venir meno della condizione dello svolgimento dell'attività gravosa negli ultimi 6 o 7 anni.
Ai fini della verifica dello svolgimento dei 7 o 6 anni di attività gravosa sono considerati utili i periodi coperti da contribuzione obbligatoria riferita all’attività lavorativa c.d. gravosa e i periodi in cui è stata accreditata contribuzione figurativa per eventi verificatesi in costanza del rapporto di lavoro con svolgimento di attività c.d. gravosa (ad esempio, malattia, congedi per handicap, maternità nel rapporto di lavoro, etc.).
Pertanto, ai fini del riconoscimento del beneficio occorre che nell’arco temporale dei 10 o 7 anni, come sopra individuato, il lavoratore risulti in possesso di contribuzione obbligatoria riferita ad attività lavorativa c.d. gravosa e/o di contribuzione figurativa per eventi verificatisi in costanza del rapporto di lavoro c.d. gravoso che, complessivamente considerata, sia rispettivamente pari ad almeno 7 o 6 anni. Mentre non saranno utili i periodi di disoccupazione (es. Naspi o mobilità) essendo queste contribuzioni figurative accreditate per eventi fuori dal rapporto di lavoro.
Con particolare riferimento ai lavoratori dipendenti a tempo determinato nel settore agricolo e della zootecnia, tale condizione si considera verificata qualora, nell’arco temporale dei 10 o 7 anni, come sopra individuato, tali soggetti abbiano perfezionato rispettivamente almeno 1092 contributi giornalieri (pari a 156 contributi giornalieri per 7 anni) o almeno 936 contributi giornalieri (pari a 156 contributi giornalieri per 6 anni), utilizzando, a tal fine, anche la contribuzione accreditata con riferimento alla predetta attività eccedente le 156 giornate annue.
Salvaguardia ed Ape Sociale
L'altro chiarimento importante riguarda la cumulabilità dell'Ape sociale o del pensionamento con 41 anni di contributi e l’accesso alla pensione in salvaguardia. Il Ministero del Lavoro e delle politiche sociali con nota del 13.10.2017 n. 7214 ha chiarito che “i soggetti che abbiano già ottenuto la certificazione per l’accesso alla pensione in salvaguardia, hanno la facoltà di optare tra le due prestazioni”. Pertanto, nei casi di domanda di riconoscimento delle condizioni di accesso all’APE sociale/beneficio “precoci” presentate da soggetti che abbiano già ottenuto la certificazione per la salvaguardia, l'Inps dovrà convocare i richiedenti al fine di invitarli ad effettuare, per iscritto, una scelta: se accedere alla salvaguardia e rinunciare al beneficio Ape Sociale/Precoci, oppure se rinunciare alla salvaguardia ed accedere al beneficio Ape sociale/Precoci.
Nel criterio di scelta è preferibile quasi sempre la prima ipotesi perchè anche se è vero che l'Ape sociale può decorrere con qualche mese di anticipo rispetto alla pensione in regime di salvaguardia l’accoglimento della domanda di verifica delle condizioni per l’APE sociale/beneficio “precoci” non assicura l’accesso al beneficio se il soggetto perde lo status prima della decorrenza dell’indennità o non perfeziona i requisiti valutati in “via prospettica” in sede di istruttoria. Dunque il rischio è che l'assicurato che ha rinunciato alla salvaguardia perda pure il diritto all'Ape Sociale/beneficio precoci nel caso in cui vengano meno i requisiti prima della decorrenza dell'indennità. Inoltre la pensione in salvaguardia non è soggetta ai limiti di importo a differenza dell'ape sociale che prevede un tetto massimo a 1.500 euro lordi mensili.
Invalidi e Caregivers
Altro chiarimento da segnalare riguarda quegli assicurati che hanno fatto richiesta dell’APE sociale e del pensionamento anticipato dei lavoratori c.d. precoci nel profilo di tutela dedicato agli invalidi almeno al 74% o nel profilo dedicato ai cd. caregivers. In tal caso si è posta la questione della morte del soggetto assistito o della perdita dello status di invalido al 74% prima o dopo la decorrenza della prestazione. Ebbene in tal caso l'Inps indica che il venir meno delle predette condizioni successivamente alla data di decorrenza effettiva dei trattamenti non fa venir meno il diritto ai benefici in parola. Ad esempio, quindi, la morte dell'assistito una volta conseguito il beneficio dell'Ape sociale non porta la revoca del trattamento nei confronti del parente che presta assistenza. I benefici non possono essere, invece, riconosciuti nei confronti dei soggetti con riferimento ai quali sia venuto meno, alla data di decorrenza effettiva dell’APE sociale o della pensione anticipata per i lavoratori c.d. precoci, lo status di invalido pari o superiore al 74% o si sia verificato il decesso dell’assistito. Dunque se la morte dell'assistito si verifica nel lasso temporale che intercorre tra la domanda di verifica o di accesso al beneficio e quella di effettiva decorrenza dello stesso la prestazione non potrà essere concessa.
L'Inps spiega, infine, che con particolare riguardo ai soggetti che hanno perfezionato i requisiti e le condizioni nell’anno 2017 – per i quali la decorrenza effettiva del trattamento è retrodatata al primo giorno del mese successivo alla maturazione di tutti i requisiti e le condizioni e, comunque, non anteriormente al 1° maggio 2017 – lo stato di invalidità almeno pari al 74% e l’esistenza in vita dell’assistito devono, invece, sussistere alla data di presentazione della domanda di accesso al beneficio.
Documenti: Messaggio inps 1481/2018