La Consulta ha respinto così la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 1, co. 299 della legge 208/2015 (legge di bilancio per il 2016) sollevata dal Tribunale ordinario di Palermo in un procedimento che vedeva contrapposta una lavoratrice e l'Inps.
La questione
Come noto la riforma Monti Fornero aveva previsto, per i lavoratori che conseguivano la pensione anticipata con un'età inferiore ai 62 anni, la riduzione delle quote retributive dell'assegno di un importo pari all'1% per ciascuno dei primi due anni mancanti ai 62 anni d'età (60 e 61), riduzione destinata poi ad aumentare del 2% per ogni ulteriore anno di anticipo rispetto ai 60 anni di età. Il meccanismo di disicentivazione era stato poi soppresso con l'articolo 1, co. 113 della legge 190/2014 con riferimento alle pensioni aventi decorrenza a partire dal 1° gennaio 2015. La riduzione era stata, invece, confermata nei confronti dei lavoratori che avevano ottenuto la liquidazione della pensione anticipata negli anni 2012-2013-2014 (in realtà solo 2013 e 2014 dato che nel 2012 era tecnicamente impossibile maturare i nuovi requisiti previsti dalla Legge Fornero). L'anno successivo l'articolo 1, co. 299 della legge 208/2015 aveva quindi stabilito la cancellazione della decurtazione anche nei confronti degli assegni liquidati prima del 1° gennaio 2015, a partire però dai ratei erogati dal 1° gennaio 2016. Restavano, pertanto, colpiti dalla penalizzazione i ratei liquidati sino al 31 dicembre 2015.
Ebbene una lavoratrice siciliana, colpita dal suddetto meccanismo di riduzione, ha impugnato la determina di liquidazione della pensione dell'Inps contestando la legittimità della legge 208/2015. Il Tribunale di Palermo, nel condividere la tesi della lavoratrice, ha sollevato la legittimità costituzionale della norma predetta ravvisando una disparità di trattamento tra coloro che hanno ottenuto la pensione anticipata prima del 1° gennaio 2015 e che, quindi, hanno subito l'applicazione della decurtazione sino al 31 dicembre 2015, e coloro che hanno conseguito la prestazione dal 1° gennaio 2015 in poi per i quali l'assegno non ha subito alcuna riduzione. Nello specifico la lavoratrice, dipendente del settore privato, pensionata dal 1° ottobre 2014 ad un'età inferiore a 62 anni, lamentava una riduzione della quota retributiva del trattamento pensionistico sino al 31 dicembre 2015 cagionandogli una decurtazione di 263 euro al mese.
La decisione della Corte
Secondo l'Alta Corte l'intervento del legislatore del 2015 non è incostituzionale perchè tiene conto della progressività nel superamento della penalizzazione legata all'affievolirsi dei vincoli di bilancio che avevano giustificato l'intervento della legge Fornero del 2011. Secondo i Giudici "la particolarità della disciplina applicata ai pensionamenti anticipati del 2012, del 2013 e del 2014 si raccorda al carattere necessariamente graduale del percorso di superamento del regime di “penalizzazioni”, alla stregua della valutazione dei limiti imposti dalle risorse disponibili".
In sostanza la posizione di chi ha conseguito la pensione anticipata dal 2012 al 2014 differisce dalla posizione di chi ha avuto accesso a tale trattamento dal 1° gennaio 2015. E pertanto è pienamente legittimo, nell'ambito della discrezionalità del legislatore, aver riservato un trattamento deteriore ai primi rispetto ai secondi. "La scelta - spiegano i giudici - di differire al futuro l’efficacia dell’ulteriore deroga non genera, pertanto, una ingiustificata disparità di trattamento e non travalica i limiti di ragionevolezza e proporzionalità che presiedono alla «attuazione graduale» dei princìpi sanciti dagli artt. 36 e 38 Cost., anche alla luce delle esigenze connesse «alla concreta e attuale disponibilità delle risorse finanziarie e dei mezzi necessari per far fronte ai relativi impegni di spesa».