La questione
Come noto l’articolo 3, commi 5 e 6, del decreto legislativo 16 settembre 1996, n. 564, stabilisce la possibilità per le organizzazioni sindacali di versare una contribuzione aggiuntiva destinata ad integrare la contribuzione figurativa o effettiva versata a favore dei lavoratori dipendenti a tempo indeterminato, dirigenti sindacali o componenti degli organismi direttivi statutari delle confederazioni ed organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative nel comparto o area di riferimento. Più specificamente, a tali lavoratori il sindacato può versare una contribuzione aggiuntiva sull'eventuale differenza tra le somme corrisposte per lo svolgimento dell'attività sindacale e la retribuzione di riferimento per il calcolo della contribuzione figurativa di cui all'articolo 8, ottavo comma, della L. 155/1981.
La facoltà era nata per assoggettare a contribuzione le somme corrisposte dall'attività sindacale ma nei fatti si è spesso tradotta in un abuso per aumentare la retribuzione pensionabile negli ultimi anni di servizio determinando, a seconda dei casi, un incremento smisurato della pensione. Il versamento della contribuzione aggiuntiva produce, infatti, un incremento delle quote di pensione calcolate ancora con il sistema retributivo, in quanto agganciate allo stipendio degli ultimi anni di servizio con vantaggi particolarmente sensibili per gli assicurati presso i fondi esclusivi e sostitutivi dell'assicurazione generale obbligatoria nei quali la prima quota di pensione (Quota A) si calcola direttamente sull'ultimo stipendio percepito. Così che una maggiorazione dello stipendio nell'ultimo periodo prima del pensionamento avrebbe prodotto un forte incremento anche della pensione.
Lo stop al privilegio
Per eliminare questo privilegio il DDL 294 propone, quindi, con un semplice ed unico articolo l'abrogazione tout court dei citati commi. Più articolata e ragionata la proposta esposta dall'Inps in un recente ciclo di audizioni presso la Commissione Lavoro. Secondo l'ente previdenziale invece che puntare all'abrogazione dei citati commi sarebbe sufficiente, con una norma di interpretazione autentica, computare la contribuzione aggiuntiva solo ai fini del calcolo della quota B di pensione, riferita cioè alle anzianità contributive maturate dal 1993 in poi e non più sulla quota A di pensione, spalmando così l'incremento aggiuntivo sulla media delle retribuzioni rivalutate percepite negli ultimi dieci anni prima del pensionamento. In questo modo il meccanismo resterebbe in vigore ma con effetti molto più contenuti e comunque commisurati alla durata del periodo per il quale è stato corrisposto effettivamente il versamento. Senza contare che la proposta dell'Inps avrebbe efficacia retroattiva con obbligo del ricalcolo del trattamento pensionistico in godimento per coloro che già hanno utilizzato il meccanismo.