I temi caldi li ha illustrati ieri alla Camera dei Deputati il Premier Giuseppe Conte prima del voto di fiducia tracciando la linea dell'intervento del nuovo esecutivo. Al primo posto l'esigenza di individuare una retribuzione giusta per i tutelare il reddito dei lavoratori dipendenti (salario minimo di 9 euro l'ora), affiancato dal sostegno alla «fase 2» dell'implementazione del reddito di cittadinanza, nella quale i beneficiari del sussidio sono chiamati a sottoscrivere il «patto per il lavoro», passaggio che precede la ricerca di un'occupazione. Il nuovo esecutivo M5S-PD punta anche a realizzare più efficaci misure di sostegno in favore delle famiglie - come l'assegno unico ai figli - con particolare attenzione alle famiglie numerose, quelle prive di adeguate risorse economiche.
Conte ha rassicurato, inoltre, contro i rischi di uno smantellamento della riforma sul reddito di cittadinanza. Che dovrà essere, invece, implementato. "Dobbiamo monitorare la sua attuazione e la fase attuativa, quindi non è messa in discussione" ha dichiarato Conte. "È stato sempre detto che è una misura che non deve avere una finalità assistenziale, ma deve servire a recuperare al circuito lavorativo persone esiliate, emarginate in questo momento, e che, proprio perché esiliate dal circuito lavorativo, non hanno la possibilità di partecipare, alla vita democratica, politica, economica, sociale e culturale del nostro Paese ".
Nessun impegno preciso, invece, da parte di Conte alla quota 100 e al capitolo previdenziale più in generale. Il tema non è stato toccato. Non è mistero, infatti, che diversi esponenti Dem, parte ora della nuova maggioranza, hanno espresso nei giorni scorsi critiche contro uno dei punti cardine del precedente Governo, una riforma accusata di non rivolgersi alle categorie sociali più deboli. A colmare il silenzio del Premier sull'argomento ci hanno pensato però i deputati pentastellati che ieri, durante le dichiarazioni di voto, hanno tenuto a precisare che la quota 100 non sarà messa in discussione. Per il M5S, pertanto, la misura deve restare in vigore sino al 2021 come prevede la normativa attualmente in vigore.
Nel programma del nuovo Governo figura comunque la proroga dell'opzione donna, il regime sperimentale che consente alle lavoratrici dipendenti ed autonome di pensionarsi in anticipo accettando un assegno interamente calcolato con le regole del sistema contributivo, e la pensione di garanzia in favore dei giovani lavoratori assicurati con il sistema contributivo. L'esecutivo dovrà, inoltre, decidere le sorti dell'anticipo pensionistico (l'APE), nella sua forma "sociale", cioè quella pagata dallo stato in favore delle categorie deboli, e quella nella forma volontaria, cioè il prestito anticipato dal settore bancario. Entrambe le misure scadono il prossimo 31 dicembre 2019 salvo, appunto, si stabilisca una ulteriore proroga.
L'azione di Governo conferma, infine, le tutele per i «riders» già in parte sostenute dal DL 101/2019 appena giunto in Gazzetta Ufficiale: in base alle nuove norme se ne prevede l'inquadramento come parasubordinati, con corresponsione di una paga stabilita non più soltanto sulla base delle consegne effettuate, ma anche considerando le ore lavorate, purché si accetti almeno una chiamata al giorno.