I datori di lavoro possono, con il consenso del lavoratore, incrementare il montante contributivo individuale maturato da quest’ultimo, versando all’INPS in unica soluzione al momento della richiesta dell’APE un contributo non inferiore, per ciascun anno o sua frazione di anticipo rispetto alla maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia, all’importo della retribuzione percepita dal lavoratore prima del pensionamento.
L'operazione si sostanzia in un incremento della misura dell'assegno pensionistico che il lavoratore percepirà al momento dell'accesso alla pensione compensando, pertanto, la rata ventennale di restituzione dell'assegno per coprire il prestito finanziario.
L'accordo individuale
Per avviare lo strumento il datore di lavoro dovrà raggiungere un accordo scritto con il lavoratore da allegare all’istanza di accesso all’APE contenente: a) i dati identificativi completi del lavoratore e del datore di lavoro, comprensivi dei rispettivi codici fiscali; b) importo dell’incremento del montante contributivo. Detto importo non potrà risultare inferiore rispetto a quello determinato ai sensi dell'articolo 7 del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 184 ossia calcolato applicando l’aliquota di finanziamento prevista per la contribuzione obbligatoria alla gestione pensionistica di riferimento, comprensiva dell’aliquota aggiuntiva di cui all’articolo 3-ter della legge 14 novembre 1992, n. 438 (1,0%), alla retribuzione complessiva riferita a ciascun anno o frazione di anno di anticipo rispetto alla maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia; c) periodo assicurativo assunto a riferimento per il calcolo del predetto montante (data inizio e data fine); d) periodo previsto di fruizione dell’APE da parte del lavoratore; e) assunzione, da parte del datore di lavoro, dell’obbligazione irrevocabile di versamento del predetto incremento del montante contributivo entro la scadenza di pagamento dei contributi relativi al periodo di paga del mese di erogazione della prima mensilità dell’APE.
Ad esempio un datore di lavoro che voglia sostenere l'esodo di un proprio dipendente che ha percepito una retribuzione lorda di 30mila euro annui con un anticipo di tre anni rispetto alla normale data di uscita dovrà, pertanto, versare all'Inps un contributo non inferiore a 29.700 euro (30mila euro x 3 x 0,33), contributo che verrà accreditato sul conto assicurativo del lavoratore e darà luogo ad un incremento del montante contributivo che definisce il valore della quota C di pensione, quella determinata con il sistema di calcolo contributivo. Ipotizzando che il lavoratore acceda alla pensione di vecchiaia all'età di 67 anni, attivando pertanto un coefficiente di trasformazione pari a 5,604, l'incremento della pensione lorda annua sarà pari a 1.664 euro annui, ovvero 128 euro al mese. Si possono tralasciare gli effetti rivalutativi del montante contributivo posto che l'operazione avviene praticamente nelle vicinanze del pensionamento.
Le platee
Per la maggior parte dei datori di lavoro l'operazione ape aziendale risulta complessivamente più conveniente non solo rispetto all'isopensione ma anche ad una normale operazione di incentivazione all'esodo per le quali i costi risultano generalmente superiori. Il principale ostacolo all'operazione è rappresentato dal fatto che i potenziali interessati alla misura sono i lavoratori nati entro il 31 luglio 1956 atteso che l'ape è sperimentale e scade il 31 dicembre 2019. E che non può essere finalizzato alla pensione anticipata ma solo a quella di vecchiaia.
Al momento della scelta occorre tener conto che l’incremento del montante contributivo individuale non rileva ai fini del calcolo dell’importo di pensione minimo di 1,4 volte il trattamento minimo al netto della rata di ammortamento per la restituzione del prestito pensionistico. In sostanza non è possibile valutare l'incremento futuro della pensione tramite il versamento datoriale al fine di consentire l'accesso all'Ape di quelle schiere di soggetti che non hanno raggiunto la soglia minima di pensione con la contribuzione in possesso al momento della domanda di Ape. Inoltre per coloro che hanno mantenuto il sistema retributivo sino al 2011 la verifica dell’importo di pensione più basso da porre in pagamento ai sensi dell’articolo 1, comma 707, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, dovrà essere effettuata senza tener conto del predetto incremento.
Pare essere irrilevante, invece, nell'economia dell'operazione la facoltà che il lavoratore estingua anticipatamente il debito riducendo, pertanto, la durata dell'Ape. In questo caso il contributo versato dal datore non potrà essere oggetto di una rideterminazione in funzione della minore durata. Ma sul punto sarebbe utile una conferma ufficiale.