La misura, pensata sotto il Governo Renzi per flessibilizzare l'età pensionabile, era partita il 1° maggio 2017 ma gli sportelli per la presentazione delle domande, per i ritardi nella messa appunto del meccanismo, si sono aperti solo nel febbraio dell'anno successivo. L'ape di mercato consiste in un prestito erogato dalla banca mensilmente per un massimo di 3 anni e 7 mesi dalla maturazione del diritto alla pensione di vecchiaia; la cifra anticipata dall'intermediario finanziario viene poi restituita tramite un prelievo mensile sulla pensione operato direttamente dall'Inps per i successivi venti anni. Il meccanismo è assistito da una polizza assicurativa contro il rischio premorienza del lavoratore e con un contributo statale che rende meno oneroso il costo del prestito. Lo strumento può chiesto dai soggetti in possesso di 63 anni di età e 20 anni di contributi a condizione che l'importo della pensione, al netto della rata di ammortamento per la restituzione del prestito, rispetti una soglia minimo pari a 1,4 volte il trattamento minimo (702 euro al mese).
L'operazione per quanto innovativa non ha però riscosso grande successo tra i lavoratori a differenza dell'ape sociale (che è, invece, interamente a carico dello Stato). Il costo del prestito resta, infatti, elevato (il capitale anticipato dalla banca va infatti restituito interamente nei venti anni successivi al pensionamento) con platee potenzialmente interessate sempre più ridotte: chi ha pochi contributi non ha i requisiti per attivarlo mentre chi ha parecchi anni di contribuzione (e che quindi può pienamente sfruttare le potenzialità dello strumento) è attratto più da quota 100. Anche i sindacati non hanno fatto particolari pressioni per un suo rinnovo preferendo concentrare le risorse disponibili su altri capitoli previdenziali.
Queste considerazioni si sono riflesse anche sul legislatore che con la legge di bilancio per il 2020 ha previsto solo la proroga dell'ape sociale voltando le spalle alle richieste (che comunque ci sono state) di una ulteriore estensione del meccanismo. La sorte sembra, quindi, segnata al pari di quanto accaduto con l'anticipo del TFR in busta paga e del part-time in vista della pensione, misure sperimentate nella scorsa legislatura e poi perse per strada.