Riforma Pensioni, Lamonica: opportuno un tetto a 41 anni per i lavoratori precoci

Eleonora Accorsi Domenica, 27 Settembre 2015
Per la sindacalista occorre una misura per agevolare le uscite di coloro che hanno iniziato a lavorare a 20 anni abbinata ad una flessibilità a partire dai 62 anni.
“Il governo deve convocare le organizzazioni sindacali per discutere della legge Fornero e di come mettere mano alla flessibilità, è una questione urgente. Hanno detto più volte di essere disponibili ad aprire questo confronto, non si capisce perché un tavolo non si apra davvero, fuori dagli slogan e dalle semplificazioni”. Lo dichiara Vera Lamonica, segretaria confederale delle Cgil in una nota stampa.

Un intervento da fare riguarda sicuramente i lavoratori precoci, coloro che hanno iniziato intorno ai 20 anni di età per i quali l'età di uscita si è allontana troppo con la Riforma del 2011. “Bisogna mettere un tetto e consentire di andare in pensione quando si raggiunge una certa età di contributi, pensiamo che non si debba salire sopra i 41 anni mentre oggi occorre lavorare sino a 41 anni e mezzo per le donne e sino a 42 anni e mezzo per gli uomini. L'aggancio alla speranza di vita di questi requisiti farà sì che si dovrà restare sul lavoro sempre piu' a lungo. Anche sino a 45 anni. Uno scenario inaccettabile che colpisce le pensioni da lavoro.

La sindacalista mette nel mirino anche il meccanismo delle pensioni dei lavori usuranti. Parliamo di lavoratori che hanno passato la vita a compiere attività particolarmente faticose e pesanti, come i lavori notturni o quelli impiegati nelle linee di catena. La legge Fornero ha previsto che possano uscire a partire dai 62 anni e 3 mesi di età, ma dato che chi fa questi mestieri è quasi sempre un lavoratore precoce a quell'età risulterebbe già maturato il requisito Fornero dei 42 anni e mezzo di contributi. E quindi l'anticipo nei loro confronti è in realtà nullo". 

Poi c'è il problema delle lavoratrici e degli esodati: “Serve una flessibilità, partendo almeno dai 62 anni, con un minimo di contributi che può attestarsi dai 35 anni. E' necessario quindi dare una risposta alle lavoratrici di Opzione Donna che da anni si battono per una revisione delle restrizioni imposte dall'Inps e licenziare la settima salvaguardia. Questi interventi consentirebbero di avere una prima risposta alla riforma Fornero, ma “è chiaro che quella legge va rivista nel suo insieme perché è un sistema puramente assicurativo che non ha più alcuna solidarietà e ridistribuzione: favorisce i forti e indebolisce i deboli”, conclude Lamonica.

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