Sul tema dell'aspettativa di vita, riporta Ghiselli, "siamo molto lontani da ciò che chiediamo". In particolare "qui occorre individuare le categorie con aspettativa più bassa, mentre il governo ha fatto una proposta ridotta al minimo, considerando una platea del mondo del lavoro che non arriva al 10%. Se questi sono i presupposti è inutile anche avanzare una controproposta".
Su alcune materie "c'è stata un'apertura", come per esempio la previdenza complementare: "Si è aperto a un'estensione per i lavoratori pubblici, anche se restano fuori i privati e gli addetti delle piccole e piccolissime imprese". I sindacati hanno introdotto la necessità di cambiare l'Ape sociale per i precoci dal 2018: "Non abbiamo avuto risposta positiva, resta un problema aperto". I temi su cui si registra un avanzamento, chiarisce Ghiselli, sono comunque collaterali e non toccano i nodi principali della piattaforma unitaria.
Il prossimo incontro sarà lunedì 13 novembre alle 9: qui l'esecutivo presenterà una proposta complessiva sui temi discussi finora. "Aspettiamo questo appuntamento, speriamo che nel frattempo cambino le condizioni". Allo stato attuale infatti, è emerso chiaramente che "non vogliono parlare delle pensioni dei giovani e del lavoro di cura. Già abbiamo capito che la proposta governativa sarà del tutto parziale: la valuteremo prima dell'incontro con il premier Gentiloni, insieme a Cisl e Uil, a quel punto si dovranno scoprire le carte. Si capirà definitivamente se l'esecutivo guarda ai lavoratori con rispetto oppure no".
Per la terza volta, comunque, oggi i sindacati hanno varcato la soglia di Palazzo Chigi per parlare di previdenza: "Si diceva che la concertazione è finita, ora invece si sta discutendo - riflette Ghiselli -. Il problema è però avere risposte da portare ai lavoratori, risposte che non sono arrivate".
Negli stati Ue l'età legale media di accesso alla pensione, nel settore privato, per gli uomini è di 64 anni e 2 mesi, mentre per le donne è di 63 anni: 2 anni e 5 mesi più bassa di quella degli uomini italiani (che vanno in pensione a 66 anni e 7 mesi) e 2 anni e 7 mesi più bassa delle donne italiana (65 anni e 7 mesi). Dati alla mano, elaborati dal servizio politiche previdenziali della Uil, il segretario confederale, Domenico Proietti, chiede di "sterilizzare il prossimo adeguamento all'aspettativa di vita per l'accesso alla pensione, previsto per il 2019". "Il congelamento dell'adeguamento -osserva Proietti- ha un preciso fondamento se confrontato con quanto avviene nel resto d'Europa".
Dall'analisi dei requisiti richiesti per l'accesso alla pensione di vecchiaia in diversi paesi emerge che l'età fissata in Italia, spiega, "è tra le più alte d'Europa, seconda solamente alla Grecia". Per andare in pensione in Italia occorrono 66 anni e 7 mesi per tutti i lavoratori dipendenti, sia del settore pubblico che privato, e anche per le lavoratrici del settore pubblico, mentre il requisito è di 65 anni e 7 mesi per le lavoratrici del settore privato che dal prossimo gennaio subiranno un aumento di un ulteriore anno che le porterà ad allinearsi con l'età prevista per gli uomini.
In Grecia invece il requisito anagrafico richiesto è pari 67 anni anche se, osserva il sindacato, "questo è suscettibile di numerose deroghe attualmente in vigore che possono abbattere l'età di accesso alla pensione fino a 62 anni". L'età per il pensionamento di vecchiaia più bassa è richiesta in con 60 anni per i nati prima del 1951, limite che viene incrementato fino a 62 anni per i nati dal 1955 in poi. In Svezia, invece, è prevista una finestra compresa tra i 61 e i 65 anni di età entro la quale i lavoratori sono liberi di scegliere quando andare in pensione. In 21 Stati su 28 è previsto, a normative vigenti, un innalzamento dell'età pensionabile con incrementi programmati o con l'adeguamento alla aspettative di vita, mentre in 7 Stati (Belgio, Finlandia, Grecia, Lussemburgo, Malta, Slovenia, Svezia) non è previsto alcun tipo di incremento.
Gli adeguamenti futuri
In 12 Stati membri sono previsti aggiornamenti programmati e stabiliti preventivamente per legge che prevedono l'innalzamento dell'età o una progressiva equiparazione tra uomini e donne. In Germania questo innalzamento progressivo avviene per coorti di età, ovvero l'età di accesso alla pensione è legata all'anno di nascita del lavoratore e raggiungerà i 67 anni nel 2030 quando si stabilizzerà senza ulteriori incrementi. In altri casi, è previsto un aumento prestabilito a prescindere dalle caratteristiche del lavoratore, come avviene in Spagna dove nel 2027 l'età, con 38 anni e 6 mesi di contributi, sarà di 65 anni, con una contribuzione inferiore sarà di 67.
In Italia con i vari interventi sulla previdenza dal 2007 al 2011 si è agito con un ripetuto innalzamento dell'età pensionabile di lavoratrici e lavoratori; da ultimo con la legge Fornero che ha portato in brevissimo tempo l'età dai 65 anni previsti per la vecchiaia e dai 60 anni previsti per la pensione di anzianità (sistema delle quote) ai 66 anni e 7 mesi attualmente necessari per l'accesso alla pensione che diverranno almeno 67 nel 2021. Alcuni Stati prevedono, invece il solo allineamento dell'età pensionabile tra uomini e donne, ad esempio in Austria si è stabilito che per le lavoratrici vi sarà un innalzamento a partire dal 2024 e che terminerà nel 2033 con il raggiungimento del requisito di 65 anni attualmente in vigore per gli uomini.
Nel nostro Paese nel 2010 era stata prevista per le lavoratrici del settore privato una progressiva curva di equiparazione che si sarebbe esaurita nel 2026, ma per effetto della legge Monti-Fornero, questo processo è stato accelerato e porta le lavoratrici ad avere un'età pari agli uomini già nel 2018. In nove Stati europei è in vigore o è previsto a normativa vigente nei prossimi anni l'adeguamento dell'età in relazione all'aspettativa di vita (Bulgaria, Cipro, Danimarca, Italia, Lituania, Portogallo, Slovacchia, Olanda, Regno Unito). La Danimarca, ad esempio, prevede un innalzamento dell'età pensionabile legato all'aumento all'aspettativa di vita, ma l'aggiornamento interviene ogni 5 anni. In Italia, invece, tale adeguamento è automatico e periodico e sarà biennale a decorrere dal 2019. In Portogallo, invece, l'adeguamento viene stimato anche in relazione alla tipologia di lavoro svolta.