Pubblico Impiego

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Un regolamento da adottare entro Agosto eliminerà il requisito di altezza minimo per l'accesso nelle carriere iniziali delle forze armate e di polizia. I candidati dovranno essere valutati attraverso un giudizio di idoneità fisica allo svolgimento del servizio.

Kamsin Entro Agosto stop al requisito di altezza minimo per l'accesso alle carriere iniziali delle forze armate e di polizia. I candidati dovranno essere valutati, piuttosto, con un diverso parametro che tenga in considerazione la più generale idoneità fisica allo svolgimento del servizio. E' quanto prevede la legge 2/2015, provvedimento approvato dal Parlamento lo scorso 18 Dicembre che entrerà in vigore il 6 Febbraio 2015.

La legge nello specifico modifica il comma 1 dell'articolo 635 del D.Lgs. n. 66 del 2010 del Codice dell'ordinamento militare disponendo che ai fini del reclutamento nelle Forze armate occorre rientrare nei parametri fisici correlati alla composizione corporea, alla forza muscolare e alla massa metabolicamente attiva, secondo successive tabelle stabilite da un regolamento da adottarsi entro 6 mesi dall'entrata in vigore della legge, eliminando, quindi, l'attuale previsione relativa ad un limite minimo di altezza.

I parametri fisici unici e omogenei per il reclutamento del personale delle Forze armate e per l'accesso ai ruoli del personale della forze di polizia ad ordinamento militare e civile e del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco, potranno essere differenziati esclusivamente in relazione al sesso maschile o femminile del candidato.

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Complessivamente le assenze per malattia sono state il 5% in meno rispetto al dicembre 2013 e quelle per altri motivi si sono ridotte del 2,9%. Sono diminuite anche le assenze per malattia superiori ai dieci giorni (1,7%).

Kamsin Calano le assenze nelle Pubbliche Amministrazioni. Secondo gli ultimi dati del monitoraggio mensile effettuato dal ministero della Pubblica amministrazione, lanciato dall'allora ministro Brunetta,  il 2014 è stato un anno di minori assenze rispetto agli anni precedenti nelle oltre 4mila amministrazioni pubbliche controllate.

Il calo è stato generalizzato in tutti e dodici i mesi, per fino in periodi sensibili come dicembre. Non sono neppure mancate contrazioni a doppia cifra. E il numero medio di giorni di malattia per dipendente, facendo una media annua, starebbe ormai poco sopra i dieci giorni. Anche sul territorio il calo tocca tutte le aree (Nord Est 4,5%, Nord Ovest 3,4%, Centro 5,4%, Sud e Isole 5,8%). Sono pochi i settori della pubblica amministrazione che fanno eccezione, con ribassi che vanno dai ministeri (7,0%, inclusa la presidenza del Consiglio) alle asl (6,2%), passando per i Comuni (2,3%). In controtendenza risultano invece gli enti di previdenza (+20,4%). Insomma gli statali si sono ammalati di meno e hanno chiesto minori permessi e congedi. Complessivamente le assenze per malattia sono state il 5% in meno rispetto al dicembre 2013 e quelle per altri motivi si sono ridotte del 2,9%. Sono diminuite anche le assenze per malattia superiori ai dieci giorni (1,7%).

Intanto sulle assenze per malattia si profila una nuova stretta. Nel disegno di legge per la riforma della pubblica amministrazione è stato presentato un emendamento per realizzare un polo unico della medicina fiscale, dando all'Inps la piena competenza sui controlli (oggi nel pubblico impiego le verifiche sono invece condotte dalle asl). E a breve, forse già in settimana, ma più probabilmente la prossima, si dovrebbe già cominciare a votare sul provvedimento, al suo primo passaggio in Parlamento. L'obiettivo è fare entrare in vigore le nuove regole entro la primavera. Per cui i furbetti sono avvisati.

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L'età media dei dipendenti pubblici continua a salire per effetto del blocco del turnover e dall'inasprimento dei requisiti per andare in pensione.

Kamsin L'età media nel pubblico impiego sale sempre piu'. A discapito dei giovani. E' quanto emerge dal resoconto annuale della Ragioneria generale dello Stato. Solo nel 2013 l'età media «è aumentata di sette mesi, sfiorando ormai i 50 anni». I giovani appiano così sempre più come «mosche bianche», tanto che gli under 30 sono appena 108 mila, il 3,3% del totale. E se si porta l'asticella fino ai 34 anni la quota resta comunque inferiore al dieci per cento (8,6%).

La rappresentanza giovanile potrebbe essere ancora più bassa se non si considerasse l'apporto dato dalle force armate e da quelle di polizia (quasi sette under 30 su dieci sono loro). I numeri parlano chiaro e «l'invecchiamento» del pubblico impiego avanza. Basti pensare che nell'ultimo decennio l'età media è aumentata di quattro anni. Un innalzamento che non è privo di conseguenze, come fa notare la stessa Ragioneria nell'analisi dei dati, avvertendo: «il mantenimento prolungato» delle poIttiche di contenimento del turnover. scattate per la generalità dei comparti nel 2008, «finirà per porre in pochi anni un problema di sostenibilità dei servizi erogati». Il ricambio, uno a uno, con un neoassunto per ogni pensionato, potrà tornare solo nel 2019.

Intanto in diversi settori l'età media ha già superato la soglia dei 50 anni, dalla scuola all'università, dai ministeri alle Regioni e alle autonomie locali. Sotto i 40 anni resta un solo comparto, quelle delle forze armate. Nel dettaglio, l'età media degli insegnanti a tempo indeterminato sfiora i 52 così come quella dei medici; per i professori universitari l'età è di oltre 56 anni, mentre per i dirigenti ministeriali di prima fascia quasi 57. E si sale ancora nelle prefetture visto che per i prefetti l'età media è poco sotto i 60 anni.

I comparti più pesanti sono l'istruzione pubblica, il servizio sanitario nazionale e gli enti locali, ma nell'elenco non mancano anche gli altri settori, tra cui gli enti pubblici non economici (Inps, Inail, ordini professionali) e le agenzie (Entrate, Demanio e Dogane). 

Intanto l'età per andare in pensione si allontana sempre più. È stato infatti già stabilito che a partire dal 2016 per uscire saranno necessari quattro mesi in più, quindi nella pubblica amministrazione significa che si passa a 66 anni e sette mesi (oggi 66 e tre mesi).

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Pubblicata la Circolare della Funzione Pubblica per gestire il personale in esubero negli enti locali riformati dalla legge Delrio la scorsa primavera.

Kamsin Palazzo Vidoni conferma il programma per gestire il personale in esubero nelle province. Secondo quanto contenuto nella Circolare della Funzione Pubblica 1/2015, pubblicata ieri dal Ministro Madia, la prima tappa sarà il 1° marzo: entro tale data gli enti provinciali dovranno attuare il taglio delle dotazioni organiche, rispettivamente del 30 e 50% calcolato sulla spesa e non sul numero dei dipendenti, per poi arrivare entro la fine di marzo all'individuazione nominativa del personale in soprannumero.

Il Collocamento a riposo. Le amministrazioni a questo punto dovranno, prima di avviare la mobilità, verificare se il personale ha i requisiti per essere collocato in prepensionamento secondo la normativa vigente (articolo 2, comma 11 del Dl 95/2012), cioè se matura la decorrenza del trattamento pensionistico, con le vecchie regole, entro il 31 Dicembre 2016

Percorsi specifici di mobilità. Resterà comunque sottratto alla mobilità, in quanto interessato a percorsi diversi, il personale che svolge i compiti di polizia provinciale e quello che svolge le funzioni presso i centri per l'impiego. Riguardo al primo la Circolare precisa che "saranno definiti specifici percorsi di ricollocazione a valle degli interventi di razionalizzazione e potenziamento dell'efficacia delle funzioni di polizia, anche in funzione di una migliore cooperazione sul territorio, garantendo in ogni caso la neutralità finanziaria. Per quanto riguarda gli impiegati nei centri per l'impiego "il personale sarà ricollocato in sede di attuazione del riordino delle funzioni in materia di servizi per l'impiego e politiche attive del lavoro".

La mobilità. Il personale non destinatario di una di queste soluzioni sarà indirizzato a seconda dei casi alle Regioni o alle Pa centrali (uffici giudiziari in primis). Per quanto riguarda l'ingresso nelle regioni la circolare prospetta una doppia ipotesi: in passato, infatti, alcune Regioni avevano delegato alle Province una serie di funzioni accompagnate dalle risorse finanziarie per il personale chiamato a svolgerle, e in questi casi con la riforma occorrerà fare marcia indietro. Quando invece non c'è questa premessa, scattano i meccanismi scritti nella legge di stabilità (commi 421-424), e il trasferimento del personale in Regione sarà effettuato «a valere sulle risorse destinate alle assunzioni», cioè assorbendo gli spazi di turn over aperti dalle uscite dell'anno precedente. In pratica tutto il turn over sarà vincolato all'assunzione dei lavoratori delle Province.

La seconda destinazione è rappresentata dalla Pubblica amministrazione centrale, a partire dagli uffici giudiziari di cui il Governo conferma il ruolo centrale nella riorganizzazione del personale ex provinciale. Sul punto, la circolare interviene sul bando di mobilità volontaria per 1.031 posti vacanti adottato dal ministero della Giustizia il 25 novembre scorso, e specifica che la mossa serve «a riassorbire il personale degli enti di area vasta e solo in via residuale», in assenza di domande da parte di questi dipendenti, «a processi di mobilità di altro personale».

I Contratti di solidarietà. Se alla fine di questo processo dovessero rimanere dei lavoratori in esubero il Ministero punta al ricorso dei «contratti di solidarietà», cioè all'attivazione di contratto a tempo parziale al fine di ripartire tra tutto il personale rimasto in servizio nell'ente di area vasta, senza più distinzione tra personale adibito alle funzioni fondamentali e quello precedentemente individuato in soprannumero. In via residuale si passa al collocamento in disponibilità: due anni all'80% dello stipendio e poi risoluzione del rapporto di lavoro.

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Città metropolitane e nuove Province avranno tempo fino al 1° marzo per attuare il taglio delle dotazioni organiche, rispettivamente del 30 e 50% calcolato sulla spesa e non sul numero dei dipendenti, per poi arrivare entro la fine di marzo all'individuazione del personale in soprannumero. Che sarà gestito con prepensionamenti e mobilità obbligatoria.

Kamsin Un piano per ricollocare oltre 20 mila lavoratori delle Province entro il 2016. E' quanto prevede una Circolare della Funzione Pubblica che sarà pubblicata da Palazzo Vidoni nei prossimi giorni. L'obiettivo è gestire la transizione del personale impiegato nelle province, gli enti che sono stati svuotati delle proprie funzioni con la Riforma Delrio della scorsa primavera.

La logica da seguire resta quella indicata nella legge 56/2014 e confermata nella recente legge di Stabilità, due testi su cui la circolare propone una sintesi operativa indicando il destino dei dipendenti delle province: una parte resterà in servizio seguendo le funzioni che restano attribuite ai nuovi enti di Area Vasta oppure alle Regioni; l'altra dovrà essere "riassegnata". Ma andiamo con ordine.

La dichiarazione di Soprannumero. La prima tappa è quella del 1° marzo, data entro la quale gli enti dovranno attuare il taglio delle dotazioni organiche, rispettivamente del 30 e 50% calcolato sulla spesa e non sul numero dei dipendenti, per poi arrivare entro la fine di marzo all'individuazione del personale in soprannumero. Per farlo, spiega la circolare in arrivo, dovranno assumere come base di riferimento la spesa «fotografata» all'8 aprile scorso, calcolando per i dirigenti e le singole posizioni economiche il costo medio, rappresentato da trattamento fondamentale e media degli accessori per ogni categoria. La seconda tappa sarà, quindi, l'individuazione dell'esatto numero del personale in soprannumero che dovrà essere gestito tramite prepensionamenti e mobilità.

I Prepensionamenti. Anche se sono ancora in corso chiarimenti a livello ministeriale torna, infatti, in pista la possibilità di prepensionare tutti coloro che, dichiarati in esubero, entro il 2016 avranno, con le regole ante-fornero, i requisiti per andare in pensione. Nella Pubblica amministrazione, come noto, fino al 2016 è in vigore una norma inserita nel cosiddetto «Decreto D'Alia» che permette in caso di dichiarazione di esuberi, di poter mandare in pensione il personale con i requisiti più favorevoli previsti dalle vecchie norme (articolo 2, comma 11 del decreto legge 95/2012). Tale normativa consente alle pubbliche amministrazioni di collocare in pensione con le vecchie regole i lavoratori, in esubero, che avrebbero maturato la decorrenza della pensione (cioè comprensiva della finestra mobile di 12 o 15 mesi) entro il 31 dicembre 2016. Dato che la norma si applica anche nei confronti degli enti territoriali il personale dichiarato in soprannumero che ha raggiunto entro il 31 dicembre 2015 la quota 97,3 con almeno 61 anni e 3 mesi di età (oppure entro il 30 Settembre 2015 i vecchi 40 anni di contributi) potrebbe pertanto essere collocato in pensione in deroga alla disciplina Fornero.

La mobilità. Per tutti gli altri scatterebbe, invece, la mobilità volontaria o obbligatoria. Il personale dei servizi per l'impiego sarà impiegato per far partire l'Agenzia nazionale per l'occupazione, prevista dal Jobs Act. Una strada a sé sarà riservata poi a chi svolge i compiti di polizia provinciale, che sarà escluso dagli elenchi degli "esuberi" per essere coinvolto in una riorganizzazione ad hoc in rapporto con le altre forze di polizia sul territorio, mentre gli altri potranno essere indirizzati a seconda dei casi alle Regioni o alle Pa centrali (uffici giudiziari in primis). Per assorbire il personale delle Province entreranno in campo, in prima battuta, proprio le Regioni. Quelle che negli anni scorsi hanno trasferito delle loro funzioni agli enti provinciali, dovranno riprendersele indietro con tutto il personale adibito a quelle stesse funzioni. Nel caso in cui questo trasferimento di deleghe non ci sia stato, allora le Regioni dovranno destinare tutte le risorse per le assunzioni del biennio 2015-2016, al netto solo di quelle necessarie per i vincitori di concorso, per assorbire i dipendenti provinciali. In pratica tutto il turn over sarà vincolato all'assunzione dei lavoratori delle Province. Un'altra parte di personale andrà, come detto, nelle altre amministrazioni dello stato. 

Il Licenziamento. Se alla fine di questo processo dovessero rimanere dei lavoratori in esubero il Ministero punta al ricorso dei «contratti di solidarietà», con riduzione per tutti delle paghe e dei tempi di lavoro, oppure al collocamento in disponibilità cioè l'anticamera del licenziamento: due anni all'80% dello stipendio e poi risoluzione del rapporto di lavoro.

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Un articolo del disegno di legge di Riforma della Pubblica Amministrazione prevede il rafforzamento del telelavoro e servizi di sostegno alla genitorialità.

Kamsin Scade oggi il termine per la presentazione dei subemendamenti al disegno di legge delega di Riforma della Pubblica Amministrazione. Ad oltre cinque mesi dall'assegnazione, l'esame del disegno di legge è ancora alla discussione preliminare, un rallentamento che non piace al governo ma che è "inevitabile" secondo quanto affermato dal Relatore al provvedimento Giorgio Pagliari (Pd) stante l'ingorgo di provvedimenti in discussione al Senato.

Subito dopo dovrebbero seguire le discussioni sui singoli emendamenti e le conseguenti votazioni. Nella circostanza il condizionale appare d'obbligo se si considera che tra i membri della commissione, come si evince chiaramente dai resoconti parlamentari, i pareri sono tutt'altro che univoci. Prevarrà, come sempre più spesso sta accadendo, l'orientamento deciso dal governo.

Sul disegno di legge in esame, una delle principali novità per i dipendenti pubblici riguarda l'art. 11, rubricato come "promozione della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro nelle amministrazioni pubbliche".

L'articolo prevede infatti che le amministrazioni pubbliche, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, adottino misure organizzative per il rafforzamento del telelavoro e dei meccanismi di flessibilità dell’orario di lavoro, stipulino convenzioni con asili nido e provvedano, anche attraverso accordi con altre amministrazioni pubbliche, per servizi di supporto alla genitorialità, aperti duranti i periodi di chiusura scolastica.

Nel provvedimento si fa specifico riferimento al rafforzamento del lavoro ripartito, orizzontale o verticale, tra dipendenti - istituto (noto anche come job sharing) nel quale due lavoratori assumono in solido l'adempimento di un'unica obbligazione lavorativa. Inoltre, si prevedono la definizione di obiettivi annuali per l’attuazione del telelavoro, anche nella forma del telelavoro misto (o smart working), e la sperimentazione di forme di co-working (termine con cui si fa riferimento alla condivisione di un ambiente di lavoro da parte di lavoratori dipendenti da diversi datori di lavoro o anche parasubordinati ed autonomi o imprenditori). Spetterà però ad una direttiva del Presidente del Consiglio dei Ministri la definizione degli indirizzi per l’attuazione della norma.

Sempre per sostenere la conciliazione della vita-lavoro si prevede il rifinanziamento del Fondo per l’organizzazione e il funzionamento di servizi socio-educativi per la prima infanzia presso enti e reparti del Ministero della difesa e modifica la disciplina dell'ambito dei relativi soggetti destinatari; riguardo a quest'ultimo, il provvedimento conferma che esso concerne tutti i minori di età fino a 36 mesi, introducendo un criterio di priorità per i minori figli di dipendenti delle amministrazioni centrali e periferiche dello Stato, per i minori figli di dipendenti delle amministrazioni locali e per i minori che non trovino collocazione nelle strutture pubbliche comunali. Il rifinanziamento è pari a 2 milioni di euro per il 2014 ed a 5 milioni per ciascuno degli anni 2015 e 2016.

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