Pubblico Impiego

Pubblico Impiego

Resta salva la facoltà per il dipendente che non ha raggiunto i requisiti contributivi minimi per la pensione di chiedere il trattenimento in servizio sino all'età di 70 anni.

Kamsin E' noto a tutti che, per effetto dell'articolo 1 del Dl 90/2014 convertito con legge 114/2014 i trattenimenti in servizio nel pubblico impiego in essere al 25 Giugno 2014 sono fatti salvi solo fino al 31 ottobre 2014 (o fino alla loro scadenza, se anteriore), mentre i trattenimenti in servizio disposti ma non ancora efficaci a tale data sono revocati. Dunque salta la possibilità per i dipendenti pubblici di chiedere la permanenza in servizio per un biennio dopo il compimento dell'età per il collocamento a riposo. Prima dell'introduzione della novella le Pa potevano infatti concedere la permanenza sul posto di lavoro sino all'età di 68 anni (67 anni per chi aveva raggiunto un diritto a pensione entro il 2011) ai sensi di quanto stabilito dalla Circolare della Funzione Pubblica 2/2012.

Ora i trattenimenti in servizio non potranno essere piu' concessi e chi attualmente beneficia della proroga biennale dovrà essere obbligatoriamente collocato in pensione d'ufficio dal prossimo 1° Novembre, prima della scadenza del biennio.

Ma questo principio subisce un temperamento laddove il dipendente non abbia raggiunto almeno 20 di contributi. Infatti, in tal caso, anche dopo la recente riforma, su domanda dell'interessato l'amministrazione è tenuta a disporre il trattenimento in servizio, sino a 70 anni di quei dipendenti che non hanno ancora perfezionato il requisito di contribuzione minimo per la maturazione del diritto a pensione di vecchiaia (ovvero 20 anni di contributi). E' questo infatti quanto discende da un principio enunciato dalla Corte costituzionale con la sentenza 282 del 1991.  Nella decisione i giudici hanno infatti affermato che: "Il principio (...) secondo cui non può essere preclusa, senza violare l 'art. 38, secondo comma della Costituzione, la possibilità per il personale (...) che al compimento del sessantacinquesimo anno - quale che sia la data di assunzione - non abbia ancora maturato il diritto a pensione, di derogare a tale limite per il collocamento a riposo, al solo scopo di completare il periodo minimo di servizio richiesto dalla legge per il conseguimento di tale diritto, non può che avere (...) valenza generale".

Il principio peraltro è stato codificato anche in una norma di legge, l'articolo 509, comma 5 del Dlgs 297/1994 (che non è stato abrogato dal Dl 90/2014) per il comparto scuola. La norma, come precisato anche dalla Circolare della Funzione Pubblica 2/2012, ha valenza generale ed è dunque applicabile nei confronti di tutte le Pa.

In altri termini i lavoratori che non hanno perfezionato i 20 anni di contribuzione,  potranno, al solo fine di compiere il numero di anni richiesto per ottenere il minimo della pensione, chiedere di rimanere in servizio fino al conseguimento di tale anzianità minima, e comunque non oltre il 70° anno di età.

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Il Governo cerca le risorse per sbloccare  gli assegni funzionali, promozioni e scatti gerarchici delle forze dell'ordine. Angeletti: il blocco annunciato dalla Madia è un atto di disperazione.

Kamsin Per le forze dell'ordine possibile lo scongelamento, ma solo per il 2015, gli assegni di funzione che, a prescindere dall'avanzamento di grado e di carriera, spettano al raggiungimento, nell'ordine, di 17, 27 e 32 anni di servizio. E' questa l'ipotesi rilanciata dalle agenzie di stampa nelle ultime ore che potrebbe essere formulata da Renzi. L'ipotesi servirebbe ad accogliere parte delle richieste pervenute dai sindacati di polizia e del Cocer contro il blocco degli stipendi nelle Pa per un altro anno. Del resto era stato proprio il ministro della Pa Marianna Madia ad indicare, nei giorni scorsi, che i 2,1 miliardi necessari per scongelare i contratti degli statali fermi ormai dal 2010 non ci sono. Quindi nella prossima legge di stabilità ci sarà molto probabilmente il congelamento degli stipendi del comparto per un altro anno, almeno.

Il trattamento di favore per le forze dell'ordine sarebbe una misura una tantum, come riporta il Corriere della Sera, a parziale compensazione delle sostanze salariali andate in fumo negli ultimi anni. Con un costo pari a ben 80 milioni di copertura. In altri termini il governo sbloccherebbe, a partire da ottobre, assegni funzionali, promozioni e scatti gerarchici che fanno crescere le busta paga degli uomini in divisa che, nel periodo compreso tra il 2010 e il 2014, hanno maturato i cd. "diritti non ancora riconosciuti". Ciò significa che lo sblocco avvantaggerebbe solo i militari con maggiore anzianità di servizio mentre nulla andrebbe a favore delle reclute ed agli agenti più giovani in generale. Per loro solo il beneficio degli 80 euro che il governo Renzi ha indicato di voler rendere strutturale a partire dal 2015.

Blocco Stipendi Statali, Angeletti: E' un atto di disperazione - ''A fronte di alcune cose buone come gli ottanta euro, di cui tra un anno vedremo gli effetti, il blocco degli stipendi agli statali e' un gesto di disperazione. Si tratta di tagli lineari. Succede quando non si sa come governare, perche' governare vuol dire fare delle scelte. Chi governa deve dire dove e' ''il grasso che cola'' e tagliare li'. Se invece fai un taglio lineare cioe' togli i soldi a tutti a prescindere da quello che fanno, da quanto sia utile, fai un gesto di disperazione, dal punto di vista della politica economica, prendi i soldi nel modo piu' semplice''.

Lo ha detto Luigi Angeletti, segretario generale della Uil, ospite ad Agora' Estate su Rai3. ''Ma la cosa piu' grave - ha aggiunto - e' che noi abbiamo bisogno di una Pubblica Amministrazione che funzioni meglio. Uno dei problemi della nostra mancata competitivita' non e' solo quanto ci costa la Pubblica Amministrazione - che costa piu' o meno come in Francia e Germania - ma il vero problema e' la quantita' e la qualita' dei servizi che vengono offerti. Il problema burocratico: avere un'autorizzazione, una pratica, un certificato, una licenza. In Italia si distruggono posti di lavoro per queste ragioni. C'e' un lungo elenco di imprenditori italiani e stranieri che sono andati via per questi motivi''. ''Quindi'' - ha aggiunto - ''affrontare questo problema dicendo che ci sono tre milioni di persone che non fanno niente o guadagnano troppo e' un atto di disperazione, di incapacita' di scegliere, di non avere il coraggio di dire dei si' e dei no''

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Il disegno di legge delega di Riforma della Pubblica Amministrazione prevede 10 deleghe da esercitare in un anno dall'approvazione. Con la Riforma saranno accentrati i concorsi e riprogrammati i meccanismi di assunzione nella Pa, riformata anche le dirigenza.

Kamsin La seconda tranche della Riforma della Pubblica Amministrazione, dopo il decreto legge 90/2014 approvato in via definitiva ai primi di Agosto, inizierà martedì prossimo l'iter in commissione Affari costituzionali del Senato. Si tratta del ddl delega presentato dal governo Renzi che dovrebbe portare ulteriori importanti novità nel pubblico impiego.

Il Ddl delega parte con 16 articoli e la previsione di 10 deleghe da esercitare nei 12 mesi successivi all'approvazione della legge. Gli obiettivi sono noti: innovare la Pa riorganizzando l'amministrazione dello Stato (centrale e periferica), riformare la dirigenza, ridefinire il perimetro pubblico e, tra l'altro, riordinare la disciplina del lavoro alle dipendenze della Pa. Con la Delega inoltre il governo punta soprattutto ad accentrare i concorsi e riprogrammare i meccanismi di assunzione, puntando sul calcolo dei fabbisogni del personale delle amministrazioni con il superamento delle vecchie dotazioni organiche.

L'altro punto chiave sarà la verticalizzazione dei poteri all’interno della struttura dell’esecutivo, contenuta nell’articolo 7, che costituisce una vera e propria spinta verso un modello di «governo del presidente». Tale delega, che dovrà essere attuata con successivi decreti, si propone di riformare il bilanciamento di poteri e funzioni messo a punto ormai 15 anni fa col decreto 300/1999 dal governo D’Alema. Il risultato sarà un depotenziamento delle prerogative dei singoli ministeri che potranno essere riviste dal Premier ove "necessario". Sempre nell'ottica di incrementare i poteri del Primo Ministro verrà rafforzato il ruolo di coordinamento e promozione dell’attività dei ministri da parte del premier e «il ruolo della presidenza del Consiglio nell’analisi e nella definizione delle politiche pubbliche».

Altro nodo critico sarà l'incidenza delle competenze sulle retribuzioni. In un'intervista recente il sottosegretario Angelo Rughetti ha infatti ricordato che il peso della retribuzione di risultato scenderà dal 30% del totale al 10%. Inoltre il 30% della busta paga sarà in futuro legata all'incarico momentaneamente svolto e quel pezzo di stipendio sarà perso in caso di mancata conferma.

Non sembra invece che il ddl contenga novità in materia previdenziale. Il ministro della Funzione Pubblica Marianna Madia aveva indicato la volontà di introdurre, nel pubblico impiego, il part-time a cinque anni dalla pensione. La misura tuttavia è stata stralciata dal testo presentato dal governo in Senato.

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 Il blocco dei salari dei dipendenti pubblici e' incomprensibile e il governo dovrebbe essere coerente con la scelta del bonus degli 80 euro, migliorando la condizione dei lavoratori. E' quanto sostiene il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso. Kamsin "Non comprendiamo la logica per cui si continua a prorogare il blocco dei contratti. La sensazione e' che si seguiti a chiedere ai soliti noti per non toccare altri interessi che invece produrrebbero molte risorse".

Sindacati in rivolta dunque dopo l'annuncio del ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia, che i salari dei diopendenti statali, fermi dal 2010, rimarranno bloccati anche nel 2015.

«Ci mobiliteremo in tutta Italia, spiegheremo a tutti» la situazione, visto che si usano i «guanti bianchi per le municipalizzate e la mannaia su dipendenti pubblici. È intollerabile». "Bisogna decidere che cosa si vuol fare. Il Presidente del consiglio e il governo hanno fatto la manovra sugli 80 euro che noi abbiamo giudicato positivamente, non solo perche' era un segno di riconoscimento al lavoro ma soprattutto perche' era il segnale che non si esce dalla crisi abbassando i salari e peggiorando le condizioni dei lavoratori - prosegue Camusso - Ecco perche' vorremmo coerenza con questa scelta, chiudendo una stagione lunga sei anni che ha portato all'impoverimento delle retribuzioni e delle pensioni. Bisogna mettere al centro il tema della creazione di lavoro: se non si riparte da questo, dal fare investimenti, non possiamo uscire dalla recessione".

Il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni, si è detto «molto preoccupato del comportamento del Governo. Siamo ormai alla farsa», ha sottolineato. Il numero uno della Cisl ha poi criticato il metodo con cui è stato comunicato il blocco della contrattazione per gli statali, «annunciato a mezzo stampa: usano un sistema che neanche a Cuba si usa, dove c'è un autocrate». Intanto, ha aggiunto, «le ruberie continuano e lasciano il presepe della spesa pubblica così come è. Anzi negli ultimi sei mesi la spesa è cresciuta, mentre prendono dai più poveri». Secondo Bonanni, infatti, «i dipendenti non prendono un soldo da 8 anni e le assunzioni non si fanno da 15 anni».

Madia: Surplus di attenzione per le forze di polizia - "Per il comparto delle forze di polizia ci sarà un surplus di attenzione, un'attenzione massima perchè è un comparto sensibile e ci metteremo una maggiore attenzione poichè riconosciamo una specificità a questo comparto".

Statali, Cgil: il blocco degli stipendi costerà 600 euro in busta pagaZedde

La Madia conferma la proroga del blocco degli stipendi degli statali nel 2015. Secondo la Cgil la perdita con il nuovo stop arriverà a 4800 euro perché il blocco per il 2015 vale circa 600 euro in meno in busta paga, che vanno sommati ai 4.200 euro di mancati aumenti registrati fino a oggi.

Kamsin Il blocco dei contratti degli statali, già operante da cinque anni, sarà confermato anche per il 2015 con la prossima legge di stabilità. Almeno per un anno, poi si vedrà. E' quanto ha annunciato ieri il ministro della pubblica amministrazione, Marianna Madia, a margine dei lavori della commissione Affari costituzionali del Senato sul disegno di legge delega sulla p.a. Madia ha spiegato chè «in questo momento di crisi le risorse per sbloccare contratti non ci sono», ma ha confermato che la decisione è quella di partire aiutando le fasce più deboli.

La notizia dell'ennesima proroga, i rinnovi sono fermi dal 2010, mette sul piede di guerra i sindacati: «Se il governo Renzi pensa di umiliare ulteriormente i dipendenti pubblici» allora «la nostra risposta non potrà essere che la mobilitazione» è la risposta immediata della Cgil Funzione pubblica, per bocca del segretario generale Rossana Dettori, che annuncia: «Senza un passo indietro del governo, torneremo nelle piazze». «E l'ennesima prova del bluff che sta dietro a un esecutivo che non sa fare neanche il minimo sindacale» aggiunge il segretario generale della CislFp, Giovanni Faverin. 

La Madia tuttavia difende la misura: «Il governo sta cercando di portare avanti un'alleanza per aiutare chi ha più bisogno, al di là dei blocchi precostituiti; in questa situazione di crisi — sottolinea — l'alleanza che facciamo è prima di tutto con chi ha più bisogno. Il bonus di 80 euro è lo sblocco a chi guadagna di meno». Ma per la Cgil il bonus non compensa le perdite subite dai dipendenti pubblici che ammonterebbero a 4.800 euro se la proroga venisse confermata anche nel 2015: il fermo per l'anno prossimo vale circa 600 euro in meno, che vanno sommati ai 4.200 euro di mancati aumenti registrati fino a oggi. 

Il leader della Cisl, Raffaele Bonanni, attacca: «Togliessero i soldi agli enti locali, alle Regioni, ai Comuni e alle aziende municipalizzate, non ai dipendenti statali. Stiamo ancora aspettando iniziative di Spending review». Per la Uil il blocco dei contratti «è la classica goccia che farà traboccare il vaso e rischia di essere la miccia che farà esplodere un autunno veramente caldo nel pubblico impiego».

Un nuovo blocco della contrattazione nel pubblico impiego vorrebbe dire che «i contratti nazionali non esistono più» ricorda il segretario generale della Fiom, Maurizio Landini. Ma anche che si chiude definitivamente la forbice tra le retribuzioni pubbliche, tradizionalmente più ricche, e quelle private. Del resto secondo l'ultimo rapporto dell'Aran (l'agenzia governativa per la contrattazione nel pubblico impiego), nel 2010 la retribuzione contrattuale media pro capite per impiegati e quadri pubblici era di 27.472 euro lordi contro i 25.531 del privato. Nel 2013 lo scarto si era ridotto già a meno di 500 euro: 27.527 euro nel pubblico contro 27.044 nel privato.

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La risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro non potrà avvenire prima del perfezionamento dei 65 anni nei confronti dei dirigenti medici e del ruolo sanitario.

Kamsin Con il disco verde definitivo alla Riforma della Pubblica Amministrazione (Dl 90/2014) è stata resa strutturale la facoltà per le Pa di risolvere il rapporto di lavoro nei confronti dei lavoratori che abbiano raggiunto la massima anzianità contributiva, vale a dire i requisiti contributivi per la pensione anticipata (41 anni e 6 mesi di contributi per le donne, 42 anni e 6 mesi per gli uomini). La facoltà può essere esercitata allo scoccare del 62° anno di età. Non prima. Anche perchè ciò avrebbe comportato una penalizzazione.

Per attivare l'istituto in questione la legge prescrive inoltre che la decisione della Pa deve essere motivata con riferimento alle esigenze organizzative e ai criteri di scelta applicati e senza pregiudizio per la funzionale erogazione dei servizi. E deve avvenire con un preavviso di sei mesi.

La risoluzione del rapporto può essere esercitata anche verso i dirigenti medici. L'articolo 1 del Dl 90/2014 ha infatti espressamente esteso la facoltà in oggetto anche nei confronti dei dirigenti medici e del ruolo sanitario con la previsione, tuttavia di un'età minima piu' elevata rispetto alla generalità dei pubblici dipendenti: 65 anni invece di 62. Con la precisazione inoltre, che tale facoltà non può essere esercitata nei confronti dei responsabili di struttura complessa del Servizio Sanitario Nazionale (cioè i primari).

A ben vedere si tratta di un istituto che non sarà utilizzato di frequente dato che l'età minima per la risoluzione del rapporto, i 65 anni, coincide di regola (salvo il caso del trattenimento sino a 70 anni di cui si dirà a breve) proprio con il limite massimo di età per il collocamento a riposo dei dirigenti medici e del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale.

Il trattenimento sino a 70 anni - Il Dl 90/2014 non ha modificato le regole per il trattenimento in servizio previsto dall'articolo 22 della legge 183/2010. Come si ricorderà l'articolo in questione, nel modificare il comma 1 dell’articolo 15-nonies del D.lgs. n. 502/1992, ha precisato che ”il limite massimo di età per il collocamento a riposo dei dirigenti medici e del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale, ivi compresi i responsabili di struttura complessa, è stabilito al compimento del 65° anno di età ovvero, su istanza dell’interessato, al maturare del quarantesimo anno di servizio effettivo. In ogni caso il limite massimo di permanenza non può superare il settantesimo anno di età”.

Quindi il limite massimo di età dei dirigenti medici e del ruolo sanitario del Servizio sanitario nazionale resta suddiviso - anche dopo il Dl 90/2014 - in due diverse fattispecie alternative: al compimento del 65° anno di età ovvero al maturare del 40° anno di servizio effettivo e nel limite di 70 anni di età.  Ove l’interessato chieda l’applicazione del trattenimento fino alla maturazione del 40° anno di servizio effettivo e sempre nel limite di 70 anni di età, le Amministrazioni o enti datori di lavoro possono collocare a riposo d’ufficio gli interessati solo qualora gli stessi abbiano svolto quaranta anni di servizio effettivo e nel limite di 70 anni di età.

Il trattenimento in oggetto viene concesso a condizione che ciò non comporti un aumento del numero dei dirigenti in servizio. Nella nozione di servizio effettivo sono da ricomprendere tutte le attività lavorative effettivamente rese sia nei confronti dell'amministrazione di appartenenza sia nei confronti dello Stato (quindi con l'inclusione della contribuzione derivante dal servizio militare). Esclusi invece gli anni valorizzati attraverso il riscatto degli studi.

In definitiva con il Dl 90/2014 il trattenimento in servizio in questione potrà essere "compresso" nei confronti dei soli dirigenti medici e del ruolo sanitario: la Pa infatti al raggiungimento del 65° anno può discrezionalmente, a condizione che sia stato maturato un diritto a pensione anticipata, risolvere il rapporto di lavoro e non concedere il trattenimento.

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