Notizie

Notizie

L'ex ministro del Lavoro, Tiziano Treu, appoggia le ipotesi di riforma della Legge Fornero per ridare maggiore flessibilità in uscita. Il punto critico riguarda l'entità e la modalità delle riduzione.

Kamsin «Il premier Renzi ha riaperto il tema della "pensione flessibile", già considerato dagli esperti e da varie proposte legislative, ma rimasto finora dormiente. L'esigenza di riconsiderare la questione è indubbia; a condizione di "maneggiare con cautela", per le implicazioni non solo finanziarie, ma sociali e psicologiche, di ogni intervento in materia pensionistica». Lo scrive l'ex Ministro del Lavoro, Tiziano Treu, in un articolo comparso ieri sul Sole24ore.

Bisogna non dare l'impressione che si vuole rifare un'altra riforma delle pensioni precisa Treu. «L'impianto dell'attuale normativa non va alterato; serve qualche modifica per rimediare ai disagi reali da essa creati, inparticolare alla sua eccessiva rigidità. La flessibilità, se bene amministrata, è utile in molti aspetti del lavoro. Lo è anche per permettere alle persone di adattare i tempi e i modi del pensionamento alle proprie condizioni di vita e di lavoro.

Del resto simili forme di flessibilità sono adottate in molti paesi europei, le cui buone pratiche possono fornire spunti utili. Una pratica largamente usata, e proposta anche da noi (ad esempio dal ddl a prima firma Damiano), è quella di ammettere un anticipo di pensionamento entro una fascia definita, con riduzione della prestazione pensionistica. Il punto critico, da cui dipende anche il costo dell'intervento, riguarda la quantità e le modalità della riduzione. Una soluzione possibile è di applicare la logica del metodo contributivo alla quota della pensione retributiva, oppure in toto, ricalcolando l'intera pensione con il metodo contributivo, come è oggi previsto per le donne (fino alla fine di quest'anno). Un simile ricalcolo comporterebbe una riduzione considerevole del trattamento, si stima fra il 20 e il 30%, che è ritenuto difficilmente sostenibile specie per le pensioni mediobasse. Le penalizzazioni previste nel ddl Damiano sono più contenute: il 2% per ogni anno di anticipo rispetto all'età di riferimento (66 anni), fino a un massimo dell'8 per cento.

Ma per questo motivo la proposta è alquanto costosa (oltre 8 miliardi a regime), mentre quella del ricalcolo contributivo potrebbe costare la metà. Ricordo peraltro che nei Paesi ove si è scelta questa strada le riduzioni previste sono consistenti: si va dal 3,6% per ogni anno di anticipo della Germania (con riduzioni per certi soggetti), al 5% della Francia (fino a un massimo di 5 anni), al 67% della Spagna. Una soluzione più graduale, seguita con varianti da Francia e Spagna, prevede che i lavoratori a cui manchino 2-3 anni all'età di pensionamento possano accedere a un lavoro part time, acquisendo il diritto a una pensione parziale (fino a un massimo da stabilire), così da minimizzare la perdita del reddito.

In tali casi si prevede la possibilità che i contributi pensionistici continuino a decorrere per intero al fine di garantire il raggiungimento della pensione prevista per un lavoro full time. Tale soluzione permetterebbe alle aziende di assumere giovani come apprendisti o a part time (senza peraltro un obbligo in tal senso). Una variante di tale ipotesi è la cosiddetta staffetta generazionale, prevista in altri Paesi (Germania) e avanzata anche da noi, in base alla quale la perdita di reddito e di contributi conseguente al part time è compensata dalle aziende e in parte dallo Stato. Si tratta di una soluzione rivelatasi costosa e quindi non facilmente sostenibile. D'altra parte l'accettazione del part time da parte del pensionando risulta difficile, se non gli è garantito in tutto o in parte almeno il pagamento dei contributi. Questo spiega lo scarso esito della sperimentazione di tale soluzione avviata in qualche regione (Lombardia).

L'esito non sarebbe diverso per la ipotesi di seguire questa strada nelpubblico impiego prevista nella normativa Madia, se non ci fosse qualche modo di compensare i part timers volontari. Le aziende potrebbero essere disposte a sostenere parte degli oneri se la loro prestazione fosse agevolata, o non gravata essa stessa da tasse e contributi. La proposta meno costosa (meno di 1 miliardo) è quella studiata a suo tempo dal ministro Giovannini e ripresa dal ministro Poletti, che prevede di corrispondere al lavoratore il quale voglia pensionarsi 2-3 anni prima dellimite legale, un anticipo della pensione, magari raccordato al livello degli ammortizzatori (si ipotizzano 700 euro mensili).

L'anticipo andrebbe restituito dal lavoratore al raggiungimento dell'età pensionabile con opportune rateizzazioni, senza interesse e con eventuali aiuti da parte delle aziende. Tale soluzione potrebbe essere utile in particolare peri lavoratori anziani che hanno esaurito gli ammortizzatori sociali. Sarebbe un'alternativa utile agli attuali interventi sfavore degli esodati. Del resto Paesi che non prevedono anticipi di pensionamento, come Svezia, Regno Unito e Danimarca, prevedono a favore dei soggetti cui manchino alcuni anni all'età di pensione (2-4 anni) la possibilità di godere di indennità di disoccupazione o di invalidità, magari facoltizzando i comuni a chiedere a tali soggetti un impegno in lavori socialmente utili. Una simile soluzione è stata prospettata anche in Italia in recenti disegni di legge parlamentari. Le varie soluzioni qui indicate possono essere applicate anche in modo alternativo, secondo valutazioni che tengano conto delle condizioni personali ed economiche del caso».

seguifb

Zedde

L’eliminazione dell’adeguamento all'inflazione nel biennio 2012-2013 ha danneggiato circa 4 milioni di pensionati beneficiari di assegni previdenziali superiori ai 1.400,00€/mese lordi.

Kamsin La decisione del Tribunale di Napoli, sezione lavoro, che ha accolto il ricorso di un pensionato presentato prima che il governo annunciasse il decreto sui rimborsi delle pensioni, apre la strada a migliaia di pronunce analoghe in tutta Italia in favore dei pensionati. Lo afferma il Codacons, in una nota con la quale ribadisce il diritto di milioni di pensionati a ricevere quanto illecitamente sottratto con la Legge Fornero nel 2011.

Secondo i consumatori infatti, "il decreto vale per il futuro, ma non cancella i diritti acquisiti dai pensionati nel passato, e la sentenza della Consulta interessa proprio le pensioni pregresse per le quali è ampiamente legittimo proporre ricorso". Per il Codacons si tratta di una decisione importantissima, che avalla la class action avviata alla quale, dice l'associazione, hanno già aderito oltre 5.000 pensionati attraverso l'invio di una diffida all'Inps e al Ministero del lavoro. L’eliminazione dell’adeguamento all'inflazione nel biennio 2012-2013, scrive il Codacons, ha danneggiato circa 4 milioni di pensionati beneficiari di assegni previdenziali superiori ai 1.400,00€/mese lordi i quali dovrebbero ricevere indietro una somma pari a migliaia di euro e non poche centinaia come ha messo a disposizione il decreto legge 65/2015 varato il 21 maggio dal Governo Renzi dal 1° agosto.

Il Presidente dell'associazione, Carlo Rienzi, lo aveva indicato chiaramente nei giorni scorsi: «non accetteremo “magheggi” da parte dell’esecutivo. L’INPS deve attuare immediatamente la sentenza, e per questo abbiamo presentato  una formale diffida all’Istituto pensionistico, che deve avviare nuovi conteggi sulle somme da restituire ai pensionati e accreditarle già nel prossimo assegno (comprensive di interessi legali e rivalutazione).  La lesione dei diritti di chi, pur avendo lavorato e contribuito a determinare la propria pensione, ha subito una lesione dei propri diritti patrimoniali riconosciuta dalla Consulta, non può essere accettata».

seguifb

Zedde

L'Inps è stata condannata al pagamento, con decreto ingiuntivo, al pagamento di 3.074 euro a titolo di arretrati dopo la bocciatura del blocco biennale delle indicizzazioni delle pensioni da parte della Corte Costituzionale con la sentenza numero 70/2015 alla fine del mese di Aprile. Kamsin E' quanto è stato stabilito in un decreto ingiuntivo del 29 maggio dal Tribunale di Napoli, sezione lavoro, che ha accolto il ricorso di un pensionato partenopeo presentato prima che il governo annunciasse il decreto sui rimborsi delle pensioni secondo quanto riferito dall'avvocato Vincenzo Ferrò, che ha assistito il pensionato. Nel provvedimento, ha indicato l'avvocato, all'Inps viene anche richiesto di rivalutare il trattamento pensionistico in via permanente per tenere conto dell'effetto maggiorativo degli aumenti dovuti nel biennio 2012-2013 sull'assegno attualmente in pagamento.

Ministero, ricorsi dovranno tenere conto decreto - I cittadini che ritengano di vedere leso un proprio diritto hanno pieno titolo fare ricorso, "ma i ricorsi dovranno tenere conto del decreto del governo. E' quanto ricorda il ministero del Lavoro, ribadendo quanto già affermato dal ministro Giuliano Poletti sulla possibilità di ricorrere contro i rimborsi parziali previsti dopo la sentenza della Consulta sulle pensioni.

"Dal punto di vista della legittimità - aveva sottolineato il ministro del Lavoro Giuliano Poletti- noi siamo convintissimi di aver pienamente ottemperato a quanto la Corte ha in qualche modo sottolineato come limiti della normativa precedente per cui ha scelto di cassare quella parte della norma"

seguifb

Zedde

Il Presidente della Commissione Lavoro della Camera dei Deputati, Cesare Damiano, precisa che da Mercoledì 3 Giugno si inizierà a discutere della cd. flessibilità in uscita.

Kamsin “L’Inps ha dichiarato che entro giugno presentera’ una sua proposta sul sistema della previdenza e dell’assistenza: non sappiamo se questo sia il suo mestiere”. Lo sostiene, in una nota, Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera.

“Quello che a noi interessa – spiega – e’ che sia il Governo a presentare rapidamente un progetto di riforma che dia gambe alle dichiarazioni del premier e del ministro Poletti sul tema della flessibilita’ da introdurre nel sistema pensionistico”. “Alla Commissione Lavoro della Camera – prosegue – sono depositati alcuni disegni di legge presentati da tutti i partiti. Dal prossimo 3 giugno cominceranno, con Poletti, le audizioni che coinvolgeranno successivamente l’Inps e le parti sociali. La proposta principale, del Pd, prevede che si possa andare in pensione a partire dai 62 anni con 35 di contributi e con una penalizzazione massima dell’8%. Oppure con 41 anni di contributi indipendente dall’eta’, una misura questa che aiuterà i lavoratori cd. precoci”.

“Basandoci su queste proposte – aggiunge Damiano – chiediamo al Governo di trovare una soluzione nella legge di Stabilita’. E’ giunto il momento di restituire ai pensionati e ai lavoratori: lo si puo’ fare anticipando, in modo flessibile, l’uscita dal lavoro e non mettendo nuovamente le mani nelle tasche dei pensionati”. “Sentiamo circolare la proposta di un ricalcolo con il sistema contributivo delle pensioni in essere liquidate con il sistema retributivo: si tratta di una ipotesi che respingiamo, non solo perche’ non si possono continuamente mettere in discussione i diritti acquisiti, ma anche perche’ sarebbe socialmente insostenibile”.

Seguifb

Zedde

Il 90% degli assegni previdenziali dei lavoratori del comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico ha un'età alla decorrenza inferiore a 57 anni e subirebbe quindi una decurtazione del 40-60% se si calcolasse con il contributivo.

Kamsin Il 90% delle pensioni del comparto difesa e sicurezza (Difesa, Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza, Vigili del Fuoco e Forestale) è quasi due volte l'importo che si dovrebbe percepire se quei trattamenti previdenziali si ricalcolassero con il metodo contributivo. Lo scrive l'Inps, in un nuovo round dell'operazione trasparenza: il 90% degli assegni ha un'età alla decorrenza inferiore a 57 anni e subirebbe quindi una decurtazione del 40-60% se si calcolasse con il contributivo.

Nella nuova pubblicazione della serie della trasparenza dell'Istituto, si precisa che gli iscritti al Comparto difesa, sicurezza e soccorso pubblico sono circa 536.000. L'Inps ricorda che in Esercito, Marina, Aeronautica, Carabinieri e Guardia di Finanza, Polizia di Stato, Polizia penitenziaria, Corpo nazionale dei vigili e Corpo Forestale dello Stato, ancora nel corso del 2015, i lavoratori possono accedere al pensionamento di vecchiaia con limiti di età inferiori rispetto al resto del personale dipendente dello Stato (cosiddetto personale civile) iscritto alla Cassa dei dipententi dello Stato: per i lavoratori del comparto sicurezza l’età massima per la permanenza in servizio è ricompresa tra i 61 anni e tre mesi e i 66 anni e tre mesi.

Ancora, questi lavoratori maturano il diritto alla pensione di anzianità a 57 anni e tre mesi con 35 anni di anzianità contributiva, oppure - a prescindere dall’età anagrafica- con 40 anni e tre mesi di contributi. Gli iscritti che, alla data del 31 dicembre 2011, hanno già raggiunto la massima anzianità contributiva prevista (aliquota massima di pensione pari all’80% della retribuzione pensionabile), possono accedere alla pensione di anzianità all’età di 53 anni e tre mesi.

I lavoratori del comparto sicurezza usufruiscono inoltre di maggiorazioni di servizio in relazione alla natura del servizio svolto. Dal 1° gennaio 1998, l’accredito di queste  maggiorazioni convenzionali è stato limitato ad un massimo totale di 5 anni. Dallo studio - che documenta come le pensioni del
Fondo con decorrenza successiva al 2009 si rapportano con le prestazioni che sarebbero state erogate applicando il metodo contributivo - si evince che più del 90% dei trattamenti in essere subirebbe, con il calcolo contributivo, una riduzione dell’importo compresa tra il 40% e il 60%.

Seguifb

Zedde

 

© 2022 Digit Italia Srl - Partita IVA/C.f. 12640411000. Tutti i diritti riservati