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«Dal prossimo anno contiamo di concedere maggiore flessibilità in uscita ai lavoratori che abbiano intorno ai 60 anni di età. Senza stare a fare promesse: con la legge di stabilità stiamo studiando un meccanismo per dare un pochino di libertà in più».

Kamsin L'asticella per l'uscita anticipata sarà rivista al ribasso, intorno a 60-62 anni, dal prossimo 1° gennaio 2016. Lo ha fatto intendere ieri Renzi che ha illustrato come il dossier pensioni sia tornato al centro dell'agenda politica dopo la decisione della Consulta che ha bocciato la norma sul blocco delle indicizzazioni della Legge Fornero. «E' un tema vero che c'e', pero' se lo diciamo adesso sembra che sia una operazione di campagna elettorale; intanto abbiamo recuperato due miliardi di euro e li diamo a quei quattro milioni di cittadini che ne hanno titolo. Sul tema di riuscire a dare un pochino piu' di flessibilita' alla Fornero sono molto ottimista che si possa fare durante la stabilita'. ha indicato il Premier. Quindi ottobre novembre» ha aggiunto Renzi.

Le ipotesi di pensionamento anticipato a cui sta pensando il Governo hanno tutte comunque un minimo comune denominatore: un raffreddamento delle quote retributive dell'assegno. Che sarà tanto piu' intensa quanto maggiore è l'anzianità contributiva presente sul conto assicurativo del pensionato al 31 dicembre 1995. Così ad esempio chi aveva almeno 18 anni di contributi entro tale data e sceglierà l'uscita anticipata avrà una decurtazione maggiore di chi ne aveva ad esempio solo 10 anni. Effetti negativi interesseranno però anche le quote contributive dell'assegno dato che, uscendo prima dal mondo del lavoro, si attiveranno coefficienti di trasformazione inferiori rispetto a quelli a cui sarebbe andato incontro il lavoratore con le regole attuali.

In questo modo, se si attivasse l'uscita a 62 anni e 35 anni di contributi si dovrà mettere in conto una perdita complessiva dell'assegno anche superiore all'8% rispetto a quella indicata nel Disegno di Legge Damiano-Baretta, una delle ipotesi in prima linea nell'attuale discussione. L'ipotesi non piace a molti ma di piu' il Governo non intende concedere.

La decurtazione sarebbe ancora piu' elevata se prendesse piede l'altra ipotesi che piace molto al Governo: l'opzione per il calcolo contributivo dell'assegno in cambio di uno sconto dell'età pensionabile. Sostanzialmente si tratterebbe dell'estensione dell'opzione donna, cioè quel regime sperimentale introdotto dalla Legge Maroni riservato alle sole lavoratrici ed in scadenza il prossimo dicembre, nei confronti della generalità dei lavoratori. Probabilmente l'asticella per l'uscita verrebbe innalzata un pò (oggi alle lavoratrici bastano 57 anni se dipendenti e 58 se autonome) anche se resterebbe fermo il requisito di 35 anni di contributi.  In tal caso i lavoratori dovranno mettere in conto un taglio dell'assegno superiore a quello proposto da Damiano-Baretta, nell'ordine del 20-25% almeno ma in cambio potrebbero uscire con diversi anni di anticipo.

Se così stanno le cose a perdere appeal è la proposta sulla quota 100 (promossa da Damiano e dalla Lega Nord). Non tanto per i requisiti di uscita (62 anni e 38 di contributi) a meno che non si inserisca una decurtazione sull'assegno comparabile le prime due ipotesi.

Se questo sarà il cuore della Riforma a cui sta lavorando il Governo non bisogna trascurare anche altri interventi minori di manutenzione alla Legge Fornero: in programma ci potrebbe essere il blocco degli adeguamenti alla stima di vita per il conseguimento della massima anzianità contributiva (che non devono penalizzare ulteriormente i cd. lavoratori precoci); lo stop alla penalizzazione per chi raggiunge la massima anzianità contributiva senza avere i 62 anni (la legge di stabilità ha tolto la penalità solo sino al 31 dicembre 2017); la realizzazione di un sistema piu' agevole e meno penalizzante per valorizzare la contribuzione mista togliendo in particolare le cd. ricongiunzioni onerose. Modifiche sostanziali ci saranno (ancora una volta) sulla perequazione dopo lo sconquasso determinato dalla Sentenza della Consulta. L'ipotesi qui è di introdurre un meccanismo temporaneo di rivalutazione sino al 2016 per poi riprendere le vecchie fasce di indicizzazione previste dalla legge 388/2000 (100%, 90 e 75%). Senza dimenticare poi la necessità di creare un raccordo con i cd. esodati che, se non si adotteranno nuove salvaguardie, finirebbero per dover optare necessariamente per la pensione flessibile con un taglio dell'assegno.

Insomma di carne al fuoco c'è nè tanta ma già che sia Premier a parlare di questi interventi, e non un ministro, dovrebbe indicare una sostanziale volontà di riaprire il cantiere previdenza. 

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Zedde

"La decisione del Governo di limitare i rimborsi ai pensionati con assegni superiori a sei volte il trattamento minimo amplia i margini di intervento per la lotta alla povertà". "Necessario anche rivedere le ricongiunzioni onerose".

Kamsin Reddito minimo per gli ultra 55enni, flessibilità in uscita e ritocchi minori in piu' punti alla Legge Fornero ad iniziare dalle ricongiunzioni onerose. Sono questi per ora i punti cardine del piano che sarà presentato a giugno dall'Inps per poi finire, se tutto andrà per il verso giusto, nella prossima legge di stabilità. Lo ha detto ieri Tito Boeri, Presidente dell'Inps, in una intervista rilasciata alla Stampa. Proposte che, assicura il Professore, sono compatibili con i vincoli di bilancio nel medio-lungo termine e che quindi possono ricevere il via libera dell'Ue se, come sembra, sarà concessa all'Italia una maggiore flessibilità nelle regole del debito. 

«Credo che oggi la sfida principale per il Paese sia quella di contrastare la povertà, che ci ritroviamo come eredità negativa della recessione - sostiene Boeri. Una povertà che è aumentata soprattutto nella fascia di età 55-65 anni; gente che il più delle volte non è ancora in pensione e che non ha più lavoro. Se il governo avesse destinato 18 miliardi, secondo i nostri calcoli tanto ci voleva per restituire integralmente gli arretrati delle pensioni dopo la sentenza della Corte Costituzionale, sarebbe stato molto più difficile fare qualcosa contro la povertà».

«Prima della crisi del 2007-2008 c'erano 11 milioni di persone in Italia sotto al soglia di povertà. Oggi sono 15 milioni, e proprio nella fascia tra i 55 e i 65 anni c'è stato l'aumento percentuale maggiore, il 70%. Noi stiamo lavorando per fare entro il prossimo mese una proposta che serva al contrasto della povertà, dando a questa categoria di persone un reddito minimo garantito. Sarà una proposta che si regge sulle sue gambe. È fattibile perché in quella fascia di età non servono politiche attive; non si deve stare dietro alle persone perché cerchino lavoro, visto che è molto difficile che lo trovino. Sarà una proposta autofinanziata, modificando la struttura dei trasferimenti. Il problema dell'Italia è che ha un sacco di trasferimenti che però arrivano pochissimo a chi ne ha davvero bisogno: al 10% più povero della popolazione, ad esempio, vanno solo il 3% dei trasferimenti totali. Anche escludendo le pensioni le cose non cambiano di molto».

Le modifiche alla Legge Fornero. Sul piano governativo che intende concedere la flessibilità in uscita Boeri conferma che «anche qui a giugno faremo una proposta completa. C'è un paradosso evidente: adesso stiamo irrigidendo le regole di uscita, innalzando i requisiti, mentre quando passeremo al contributivo puro avremo più flessibilità, che sarà sostenibile. Il problema è che negli Anni '90, quando è stato introdotto il sistema contributivo, si sarebbe dovuto applicare subito pro rata anche a chi aveva il retributivo, senza consentire a chi aveva più di 18 anni di versamenti con il retributivo di mantenere questo sistema più vantaggioso. Ora paghiamo i conti di quelle scelte».

Tra gli altri punti all'ordine del giorno c'è una maggiore unificazione dei trattamenti, che permetta di mettere insieme piu' facilmente i contributi tra prestazioni diverse. «l'istituto della ricongiunzione onerosa - sostiene Boeri - va riesaminato: non è giusto far pagare chi ha delle carriere mobili che passano magari dal pubblico al privato».

L'altra novità in dirittura di arrivo per i pensionati riguarda le date di pagamento dei titolari di piu' pensioni: «Secondo la legge di stabilità 2015 avremmo dovuto unificare il giorno di pagamento di chi ha più regimi pensionistici - circa 850 mila persone - al 10 del mese. Noi abbiamo lavorato per far sì che tutte le pensioni, da giugno, siano pagate il primo del mese. Il Tesoro, però, non poteva perdere gli interessi così abbiamo fatto un accordo con le Poste, l'Abi e le banche: noi paghiamo all'inizio del mese 4 miliardi di pensioni; loro in cambio ci abbattono il costo dei bonifici. Così nessuno perde nulla e i pensionati vengono pagati prima» ha concluso Boeri.

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Zedde

Basterà avere un trattamento superiore a sei volte il minimo per non ricevere neanche un euro dal decreto rimborsi varato dal Governo questa settimana. Per molti pensionati sarà una beffa.

Kamsin La beffa del decreto legge sui rimborsi delle pensioni è in dirittura di arrivo. I pensionati che nel 2011 avevano un assegno tra 1.405 e 2.810 euro lordi (ovvero tra le tre e le sei volte il trattamento minimo), e che poi per il biennio 2012-2013 hanno visto l'importo totale inchiodato alla stessa cifra, riceveranno un rimborso una tantum ad agosto (oscillante tra i 250 e i 750 euro) e poi risicati ma definitivi aumenti dal 1° settembre (tra i 60 e 180 euro l'anno in piu'). Gli aumenti finiscono qui. A bocca asciutta rimangono tutti coloro che avevano all'epoca un assegno inferiore a 3 volte il minimo (il cui importo è stato però pienamente rivalutato nel biennio 2012-2013 e dunque non ha subito alcuna riduzione) o superiore a 6 volte il minimo.

Ma anche chi riceverà qualcosa non potrà fare i salti di gioia dato che le cifre messe sul piatto dal Governo sono di gran lunga inferiori alla perdita del potere d'acquisto che gli assegni hanno subito in questo lasso di tempo. I piu' "fortunati" saranno gli assegni oscillanti tra 3 e 4 volte il minimo (cioè sino a 1900 lordi al mese) che porteranno a casa all'incirca il 20% o poco meno di quanto lasciato sul terreno tra il 2012 ad oggi. Andrà peggio per gli assegni superiori, quelli sino a 2300 euro lordi al mese (cioè tra 4 e 5 volte il minimo) che recupereranno si e no il 10% di quanto negato sino ad oggi dal Governo Monti. Briciole invece per gli assegni superiori, quelli nell'ultima fascia, tra cinque e sei volte il minimo, che potranno contare su restituzioni del tutto trascurabili rispetto a quanto perso in tre anni e mezzo (la cifra persa supera i 5mila euro). La delusione per costoro sarà molto forte: quando vedranno il rateo di Agosto troveranno un rimborso appena di 270 euro.

I più arrabbiati saranno però coloro che avendo un trattamento superiore ai 2.800 euro lordi mensili nel 2011 non recupereranno neanche un euro degli oltre 6mila euro lasciati nelle casse dello stato. E non si tratta certamente di pensioni d'oro perchè se si va a vedere il netto erogato in busta paga superiamo a malapena i 2mila euro al mese. Insomma la classe media resta quella maggiormente colpita dalla decisione dell'esecutivo. L'unica strada per costoro è quella di intentare nuovamente ricorso contro la decisione del Governo. Una strada difficile ma che potrebbe essere intrapresa dalle stesse associazioni (Federmanager a Manageritalia) che hanno portato alla recente decisione della Consulta. 

Seguifb

Zedde

Le imprese agricole che effettuano assunzioni congiunte, dovranno tenere anche le scritturazioni sul LUL, elaborare i prospetti paga e inviare i mod. UniEmens

Kamsin L’INPS, con il messaggio n. 3324/2015, ha illustrato le indicazioni operative forniti dal Ministero del Lavoro (nota n. 7671/2015) sugli adempimenti amministrativi relativi alle assunzioni congiunte in agricoltura, al fine di garantire un uniforme svolgimento dell’attività di vigilanza. In particolare, è stato precisato che in caso di coassunzione nel settore agricolo, datori di lavoro rispondo in solido delle obbligazioni contrattuali, previdenziali e di legge che scaturiscono dal rapporto di lavoro instaurato. Inoltre, i soggetti obbligati ad effettuare la comunicazione di assunzione, trasformazione, proroga e cessazione di lavoratori assunti congiuntamente, sono obbligati ad adempiere anche alle scritturazioni sul LUL, elaborazione dei prospetti paga e invio dei modelli UniEmens.

Assunzioni congiunte – Il D.M. 27 marzo 2014, che attua quanto previsto dal c.d. “Decreto Giovannini” all’art. 9, c. 11 del D.L. n. 76/2013 (convertito nella L. n. 99/2013), ha riconosciuto la possibilità, per alcune tipologie di aziende agricole, di assumere congiuntamente lo stesso dipendente al fine di prestare attività presso aziende agricole.
In conseguenza dell’assunzione congiunta, il lavoratore instaura un rapporto di lavoro con una pluralità di datori, intesi come tali sia sotto il profilo formale che sotto quello sostanziale. Inoltre, i datori di lavoro rispondono in solido delle obbligazioni contrattuali, previdenziali e di legge che scaturiscono dal rapporto di lavoro instaurato.

In particolare, le aziende beneficiarie della novità sono due:

  • le imprese agricole, ivi comprese quelle costituite in forma cooperativa, appartenenti allo stesso gruppo a norma dell’articolo 2135 c.c. ovvero riconducibili allo stesso proprietario o a soggetti legati tra loro da un vincolo di parentela o di affinità entro il terzo grado;
  • le imprese legate da un contratto di rete, quando almeno il 50% di esse sono imprese agricole. Con questa nuova modalità, più datori di lavoro possono assumere tutti insieme uno o più lavoratori che effettueranno i lavori secondo le esigenze di ciascuna impresa, senza particolari vincoli sugli orari e sulle giornate da impegnare presso le singole aziende.

Oltre ai tradizionali lavoratori impiegati nei campi, l'assunzione congiunta si adatta anche a figure complementari, come gli specialisti di marketing, gli esperti della comunicazione o delle nuove tecnologie.

Il lavoratore "congiunto" ha la garanzia di avere un posto di lavoro con le stesse tutele di legge per un "lavoratore monoazienda". Le procedure contrattuali (comunicazione di assunzione, cessazione ecc.) devono essere effettuate da un'azienda capogruppo o dall'unico proprietario, ma ciascun datore di lavoro risponde in solido di tutte le relative obbligazioni (retribuzioni, contributi Inps, ecc.).

I requisiti - Sul punto, il Legislatore ha disposto che l’assunzione congiunta è possibile sempreché le stesse presentino uno dei seguenti requisiti: appartenenza allo stesso gruppo di imprese; riconducibilità al medesimo assetto proprietario; riconducibilità a soggetti legati tra loro da un vincolo di parentela o di affinità entro il terzo grado, ovvero aver stipulato un contratto di rete quando almeno il 50% delle imprese siano qualificabili come imprese agricole ai sensi dell’art. 2135 c.c.

La comunicazione - Le imprese, ovvero i soggetti abilitati che intendono comunicare le assunzioni congiunte effettuate nel settore agricolo (instaurazione, proroga, trasformazione e cessazione), dovranno fare riferimento al modello “UnilavCong”, non più al modello “Unilav”.

Il nuovo modello, utilizzabile dal 7 gennaio 2015, è stato arricchito di una nuova sezione che raccoglie i dati relativi agli “Altri datori di lavoro”, ossia gli altri datori interessati all’assunzione congiunta rispetto al denunciante. La seconda novità invece, riguarda l’introduzione, per ciascun datore di lavoro, del codice Cida rilasciato dall’INPS e l’inserimento del luogo di conservazione del contratto. Infine, il Ministero del Welfare rammenta che nella sezione “adempimento” del portale cliclavoro.gov.it sarà disponibile un’applicazione web denominata “Unilav-Congiunto”, che consentirà la comunicazione in commento.

Soggetti obbligati - Quindi, riepilogando, i soggetti obbligati a effettuare le comunicazioni sono i seguenti: per i gruppi di impresa, le comunicazioni sono effettuate dall’impresa capogruppo; per le imprese riconducibili allo stesso proprietario, l’adempimento è posto a carico del medesimo proprietario; per le imprese riconducibili a soggetti legati tra loro da un vincolo di parentela o affinità entro il terzo grado e per quelle legate tra loro da un contratto di rete, le comunicazioni sono effettuate per il termine di un soggetto individuato da uno specifico accordo o dal contratto di rete stesso quale incaricato tenuto alle comunicazioni di legge.

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Zedde

Il Presidente dell'Inps Tito Boeri conferma la presentazione a fine giugno di un piano specifico per tutelare gli ultra 55enni che hanno perso il lavoro.

Kamsin Il piano dell'Inps per garantire un reddito minimo per i lavoratori ultra 55enni in condizioni economiche di bisogno sarà pronto entro fine giugno e sarà compatibile con le risorse finanziarie reperibili dall'istituto. Lo ha precisato ieri il presidente dell'Inps, Tito Boeri, in audizione presso la Commissione Affari sociali a Montecitorio in ordine alle principali prestazioni di carattere assistenziale gestite dall' Inps, alle misure per la lotta alla povertà e alle relative prospettive di riforma.

Boeri ha ricordato come gli attuali sostegni contro la povertà si sono concentrati in particolare verso gli ultra 65 anni ai quali l'ordinamento riconosce un trasferimento di circa 450 euro al mese erogato tramite la pensione sociale o l'assegno sociale (se hanno un reddito inferiore a 5.830 euro l'anno) a cui si può aggiungere l'eventuale integrazione al trattamento minimo e le maggiorazioni sociali. Ulteriori prestazioni sociali sono riconosciute in favore delle famiglie in cui vi sono minori (come l'assegno al nucleo familiare, l'assegno di maternità oppure il recente bonus bebe') o invalidi (es. assegno mensile ed indennità di accompagnamento). Del tutto residuali, ha ricordato Boeri, appaiono gli interventi di sostegno al reddito erogati tramite la carta acquisti ordinaria o la nuova carta acquisti sperimentale.

E' rimasta quindi del tutto scoperta la fascia dei lavoratori non pensionati che hanno tra i 55 e i 65 anni che hanno esaurito la fruizione delle indennità di disoccupazione (Aspi o Naspi) senza aver ancora traguardato i requisiti per la pensione. Per questi lavoratori, ricorda Boeri, ad eccezione di un piccolo ma insufficiente sostegno previsto dal Jobs Act, l'Asdi (peraltro ancora non operativo) l'ordinamento non riconosce loro alcuna prestazione sociale. E' proprio nei confronti di questa platea di lavoratori che si concentreranno quindi gli sforzi dell'Inps ha detto Boeri.

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Zedde

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