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Pensionati e lavoratori dipendenti potranno accedere al nuovo modello a partire dal 15 aprile e, per restituirlo, avranno tempo dal 1° maggio al 7 luglio.

Kamsin E' partita oggi la corsa alla dichiarazione dei redditi precompilata, una delle piu' grandi novità in materia fiscale degli ultimi anni. Diversi milioni di contribuenti in tutta Italia, soprattutto pensionati e lavoratori dipendenti, si troveranno davanti, dal 15 Aprile e sino al 7 Luglio, il modello precompilato spedito dalle Entrate. Vediamo dunque di riassumere brevemente cosa bisogna sapere per avvicinarsi alla scadenza.

I destinatari. Potranno da oggi accedere al modello precompilato non tutti i contribuenti ma solo coloro per i quali i sostituti d'imposta hanno trasmesso all'Agenzia, nei termini, la Certificazione Unica. Inoltre, per poter ricevere la dichiarazione precompilata, bisogna aver presentato, per l'anno d'imposta 2013, il modello 730, il modello Unico persone fisiche o il modello Unico Mini. La dichiarazione viene predisposta anche per coloro che per l’anno 2013 hanno presentato, oltre al modello 730, anche i quadri RM, RT, RW del modello Unico.

Gli esclusi. Nessuna dichiarazione precompilata invece se per il periodo d’imposta precedente il contribuente ha presentato dichiarazione integrativa o correttiva per la quale è ancora in corso l’attività di liquidazione da parte dell’Agenzia delle Entrate. Parimenti sono esclusi i contribuenti non in possesso dei requisiti per la presentazione del modello 730 o che non possono presentarlo personalmente (si pensi ad esempio ai contribuenti con partita Iva tranne però i produttori agricoli in regime di esonero; alle persone decedute, legalmente incapaci, o non maggiorenni). Sono esclusi anche coloro che possiedono altri redditi che non si possono dichiarare con il modello 730 (per esempio, redditi d’impresa): in tal caso bisogna utilizzare il modello Unico.

Le modalità. Il 730 non arriverà a casa, come si era pensato all'inizio, ma viaggerà su canali esclusivamente digitali. Bisognerà andare sul sito internet dell'Agenzia delle Entrate. Per accedere al modello servirà un codice pin per i servizi telematici. Lo si potrà chiedere on line, per telefono o presso gli uffici dell'amministrazione fiscale. In alternativa, ci si potrà servire del pin Inps o della Carta nazionale dei servizi, la smart card per comunicare in digitale con la Pa. La procedura non andrà necessariamente gestita in prima persona: si potrà anche delegare un Caf o un professionista, come il proprio commercialista.

La presentazione diretta. Una volta scaricato il modello il contribuente dovrà decidere se accettare la dichiarazione così come arriverà dall'Agenzia delle Entrate e oppure chiedere modifiche e integrazioni con il rischio di attivare controlli successivi. Dopo aver verificato la correttezza e la completezza dei dati presenti nel 730 precompilato, si può decidere di accettarlo e inviarlo (tra il 1° maggio ed il 7 luglio) senza alcuna modifica ovvero di modificarlo o integrarlo, ad esempio, per aggiungere un reddito non presente o le spese mediche pagate nel 2014, non presenti nel 730/2015. Nel primo caso si chiuderà definitivamente la partita con il fisco.

In caso di variazioni, il sito delle Entrate elaborerà un nuovo 730, con una nuova liquidazione, e il contribuente lo invierà, sempre dallo stesso sito internet. Ma in tal caso il contribuente non eviterà l'attivazione dei controlli: l’Agenzia eseguirà infatti il controllo formale su tutti gli oneri indicati, compresi quelli trasmessi dagli enti esterni (banche, assicurazioni ed enti previdenziali).

Una dichiarazione integrativa in caso di errori. Come per il modello 730 ordinario, anche il modello precompilato può essere corretto presentando una dichiarazione integrativa. Se il contribuente riscontra errori o si accorge di non aver indicato tutti gli elementi in dichiarazione, può presentare un modello 730 integrativo “a favore” (maggior credito o minor debito) rivolgendosi a un Caf o a un professionista abilitato, anche se ha presentato direttamente il modello 730 precompilato o tramite sostituto d’imposta.

Il modello 730 integrativo non può essere presentato direttamente all’Agenzia delle Entrate dal contribuente, salvo il caso in cui sia necessario modificare i dati del sostituto, o indicarne l’assenza, se l’Agenzia non è riuscita a comunicare il risultato contabile al sostituto d’imposta. In alternativa il contribuente può presentare un modello Unico correttivo nei termini o integrativo.

Presentazione tramite Caf o professionista abilitato. In alternativa il contribuente potrà rivolgersi ad un consulente per l'invio del 730 precompilato, con o senza modifiche, pagando un onere aggiuntivo per il servizio. In tal caso eventuali richieste di pagamento che derivano dal controllo documentale saranno inviate direttamente al Caf o al professionista e non al contribuente. Questi ultimi, infatti, sono tenuti al pagamento di un importo pari alla somma di imposta, sanzioni e interessi che sarebbero stati richiesti al contribuente a seguito del controllo, salvo i casi di condotta dolosa di quest’ultimo.

La dichiarazione precompilata è tuttavia facoltativa. I contribuenti possono comunque continuare ad utilizzare il modello 730 ordinario oppure il modello Unico.

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Zedde

Il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, ha aperto alla possibilità di estendere le attuali salvaguardie in favore degli esodati ma solo in esito al monitoraggio avviato dal Senato e dall'Inps.

Kamsin I fondi destinati alle salvaguardie rimarranno a disposizione per ulteriori interventi in favore dei cd. lavoratori esodati. Lo ha dichiarato oggi pomeriggio il ministro del Lavoro del Lavoro, Giuliano Poletti, nel corso del question time alla Camera dei Deputati.

"Rispetteremo gli impegni assunti" ha detto il Ministro "ma prima dobbiamo attendere l'esito del monitoraggio avviato dall'Inps e dalla Commissione Lavoro di Palazzo Madama volto a censire il numero esatto dei lavoratori che hanno perso il lavoro entro il 2011; "alla conclusione del monitoraggio, confermiamo la nostra intenzione di mantenere utilizzate le risorse che sono all'interno del Fondo Esodati per affrontare quella parte di problemi che siano ancora eventualmente irrisolti" ha detto il ministro. Si potranno quindi utilizzare "le risorse date – prima di aprire un tema riguardante quali altre eventuali risorse possano essere necessarie per un intervento – come è stato fatto l'anno precedente" in occasione della sesta salvaguardia.

Il Titolare di Via Veneto ha ribadito comunque che il Governo sta studiando un apposito strumento per accompagnare alla pensione tutti coloro che hanno perso il lavoro anche successivamente al 2011 e che, pertanto, non possono essere destinatari della normativa sulla salvaguardia pensionistica neanche in caso di una sua estensione. "L'altro punto su cui stiamo lavorando è una verifica della possibilità di intervenire nei confronti di quei cittadini che, vicini al pensionamento, perdono il lavoro e non raggiungono la maturazione dei requisiti, nonostante gli ammortizzatori sociali. Quindi, con questi due interventi, pensiamo di essere in grado di affrontare il tema che qui ci è stato proposto" ha detto Poletti.

Gnecchi: estendere di un anno le tutele. Secondo l'Onorevole Gnecchi (Pd) "risulta particolarmente urgente spostare di un anno, dal 6 gennaio 2016 al 6 gennaio 2017, i termini di decorrenza per fruire delle tutele previste dalla legge 147/2014" e come sia necessario ricomprendere anche i lavoratori edili e coloro che non hanno potuto siglare un accordo con il datore di lavoro per via del fallimento della stessa azienda. "Si tratta di situazioni che generano una profonda iniquità di trattamento" ha ricordato la Gnecchi.

Sempre sul tema degli esodati Poletti ha ricordato che, a seguito di una istruttoria avviata dal Ministero del Lavoro, i lavoratori agricoli a tempo determinato potranno comunque partecipare alla sesta salvaguardia: "la direzione generale per le politiche previdenziali e assicurative ha ritenuto plausibile estendere a questi lavoratori questo beneficio. Quindi, si sta lavorando con le direzioni interregionali per mettere in atto ogni azione volta a riconsiderare le domande presentate dagli interessati nei termini previsti e a predisporre tutti i necessari adempimenti".

Poletti apre sulla rivisitazione del regime sperimentale delle lavoratrici. Qualche spiraglio anche sull'opzione donna, un'altra questione sollevata dagli onorevoli interroganti durante il question time: "l'INPS sta raccogliendo le domande (di coloro che maturano i requisiti nel corso del 2015, ndr) e sta monitorando la situazione che di fatto si sta producendo, nella volontà di affrontare questo tema e verificare se, a fronte delle domande che vengono presentate, si possano produrre le condizioni per risolvere questo nodo, che, come è noto, è pendente da un po’ di tempo" ha detto Poletti.

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Zedde

L'ex Ministro del Lavoro autrice della Riforma del 2011 replica al neo Presidente dell'Inps Tito Boeri. "Nella previdenza pubblica le regole sono già armonizzate: tutti gli assegni sono calcolati con il sistema contributivo".

Kamsin «Le regole sono già omogenee e non c'è bisogno di cambiarle. Invece che redditi minimi sarebbe meglio creare occupazione. E spiegare con quali risorse vogliamo rendere più flessibile l'età del pensionamento». Lo dice oggi Elsa Fornero, ministro del Lavoro col governo Monti dal 2011 al 2013, in una replica alle proposte fatte ieri a Repubblica dal presidente dell'Inps Tito Boeri. E rivendica alle proprie leggi, sia pure "approvate nell'emergenza", la maggior parte dei meriti di riforma delle pensioni che non hanno bisogno di ulteriori stravolgimenti.

«Correggere le riforme — ricorda l'ex-ministro — è comunque sempre più facile che farle». Non è necessario procedere ad una armonizzazione delle pensioni dato che "ormai tutte le pensioni, fatte salve pochissime eccezioni che in Italia ci sono sempre, sono contributive. Perfino quella dei parlamentari, sulla base di una mia richiesta. Bisognerebbe continuare a monitorare la situazione di chi, avendo avuto una carriera lavorativa discontinua, con disoccupazione e assenze per assistere figli, anziani o disabili, ora può essere eccessivamente penalizzato dal sistema, e fare nel caso qualche eccezione in loro favore, anziché in favore dei più ricchi come era sempre avvenuto prima. Fino ad accertarsi che le misure siano quelle giuste».

La Fornero si dice invece contraria all'ipotesi di introdurre un reddito minimo per gli ultra 55enni senza lavoro: «Anche in questo caso, non sono del tutto d'accordo. In questo paese, che si è esposto molto sul fronte dei debiti, non si riesce a creare occupazione né per i giovani né per gli anziani. Il progetto Garanzia Giovani non ha dato i risultati sperati. A un cinquantenne che perde il lavoro cercherei innanzi tutto di dare aiuto perché possa ritrovarne uno».

Si può rendere l'accesso alla pensione piu' flessibile? «Anche io avrei voluto farlo, purtroppo non tutte le riforme possono essere fatte nello stesso momento. All'epoca delle mie leggi l'emergenza economica era strettissima, ma anche ora non mi pare che l'Italia sia rientrata in un'età dell'abbondanza. Si può rendere l'età pensionabile più flessibile, a condizione che chi si ritira prima prenda di meno. Ma comunque occorrono risorse, e di conseguenza bisogna spiegare alla comunità al posto di quali altre iniziative vengono investite queste risorse».

Nel frattempo però si registrano sempre più aziende che assumono a tempo indeterminato. Un merito del jobs act? «Non direi. Un merito semmai dello sgravio fiscale, che premia aziende che ora, a differenza di due o tre anni fa, sentono un po' meno il peso dell'incertezza e apprezzano un lavoro dal costo minore. I contratti a tutele crescenti sono entrati in vigore solo a inizio marzo, mentre la maggior parte dei dati sulla nuova occupazione sono precedenti, quando quindi l'articolo 18 era ancora quello antico. Non credo che gli imprenditori sentissero una particolare fobia per quella norma, ma semmai per altre ragioni relative a costi e prospettive ».

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L'aumento della stima di vita interesserà anche quei lavoratori che, in virtu' di speciali disposizioni di legge, mantengono tutt'oggi in vigore le regole di pensionamento antecedenti alla Riforma Fornero.

Kamsin Continuano a giungerci decine di richieste di chiarimenti dai lettori circa un passaggio contenuto nella recente Circolare Inps 63/2015 con la quale l'istituto ha fissato gli effetti del prossimo incremento dell'età pensionabile nel triennio 2016-2018.

La Circolare, nel ribadire l'incremento di 4 mesi dei requisiti per l'accesso alla pensione dei lavoratori iscritti alla previdenza pubblica, ha precisato che il predetto adeguamento interessa anche "i soggetti per i quali continuano a trovare applicazione le disposizioni in materia di requisiti per il diritto a pensione con il sistema delle c.d. quote". Tali soggetti possono accedere alla pensione con "un’anzianità contributiva di almeno 35 anni e, se lavoratori dipendenti pubblici e privati, di un’età anagrafica minima di 61 anni e 7 mesi, fermo restando il raggiungimento di quota 97,6, e, se lavoratori autonomi iscritti all’Inps, di un’età anagrafica minima di 62 anni e 7 mesi, fermo restando il raggiungimento di quota 98,6".

Questo passaggio, però, si riferisce solo a due categorie "particolari" di lavoratori per i quali è ancora oggi applicabile il sistema delle quote.

In primis si riferisce ai lavoratori salvaguardati, cioè coloro che sulla base di sei specifici provvedimenti legislativi possono continuare a godere delle regole ante-Fornero, tra cui c'era, per l'appunto, la possibilità di accedere alla pensione con le cd. quote. Sono 170mila i lavoratori che si trovano in questa condizione: si tratta di lavoratori che avevano perso il lavoro entro il 2011 o che avevano, sempre entro tale data, stipulato accordi con il datore che prevedevano l'uscita nei mesi successivi.

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In secondo luogo si riferisce ai lavoratori addetti a lavori particolarmente faticosi e pesanti e notturni ai sensi di quanto previsto dal Dlgs 67/2011 (vedi voce lavori usuranti). La Riforma Fornero ha lasciato infatti in vigore una disciplina particolare basata per l'appunto sul sistema delle cd. quote.

Ebbene per il triennio 2016-2018 questi lavoratori dovranno perfezionare almeno 61 anni e 7 mesi di età unitamente al quorum di 97,6 (per gli autonomi i requisiti sono di un anno piu' elevati). E' appena il caso di precisare che chi beneficia di questa normativa riporta in vita anche il vecchio sistema basato sulle finestre mobili. E quindi dovrà attendere 12 mesi o 18 mesi dal perfezionamento dei suddetti requisiti prima di poter ottenere la liquidazione della prestazione.

L'Inps propone anche un esempio di come deve essere condotta la verifica per il diritto a pensione. Ad esempio per verificare il raggiungimento del requisito al 31 ottobre 2016 di un lavoratore nato il 20 marzo 1955 con 1877 settimane di contributi bisogna trasformare l’età e i contributi del lavoratore in questo modo: 61 anni e 225 giorni sono pari a (61+225/365)= 61,616 anni; si divide quindi il numero di contributi per le settimane (1877/52) e si ottiene il valore 36,096 anni. La somma tra età e anzianità contributiva alla data del 31 ottobre 2016 è pari a 61,616 + 36,096 = 97,712.  Il lavoratore ha quindi raggiunto il diritto a pensione avendo superato quota 97,6 ed essendo in possesso dei requisiti minimo di 61 anni e 7 mesi di età e 35 anni di contribuzione.

Ad ogni modo, dunque, un lavoratore dipendente, pubblico o autonomo che non si riconosca in una delle due deroghe appena citate non potrà fruire del pensionamento con le quote. Dovrà attendere i requisiti previdenziali introdotti dalla Riforma Fornero e cioè: a) 41 anni e 6 mesi di contributi (42 anni e 6 mesi se uomini) indipendentemente dall'età anagrafica (pensione anticipata); 66 anni e 3 mesi di età unitamente a 20 anni di contributi (pensione di vecchiaia). Per maggiori informazioni si veda la voce: età pensionabile.

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Zedde

Il 57,8% dei lavoratori autonomi oggetto dell'intervista effettuata dalla Cigl risulta percepire un reddito inferiore a 15mila euro l'anno; il 30% supera i 20mila euro.

Kamsin Oltre la metà guadagna meno di 15 mila euro lordi l'anno. Solo il 7,6% dice di non avere problemi psicologi legati al lavoro mentre gli atti parlano di stress, ansia, depressione o almeno insonnia. Sono i dati diffusi dalla ricerca «Vita da professionisti», condotta dall'Associazione Bruno Trrntin presentata ieri a Roma nella sede della Cgil, primo passo concreto di quella proposta per un nuovo statuto che metta insieme tutti i lavoratori, sia dipendenti che autonomi, lanciata nelle ultime settimane dal segretario generale Susanna Camusso.

La ricerca si basa su duemila interviste a professionisti tra cui architetti, avvocati, commercialisti e partite Iva che hanno partecipato su base volontaria ed e quindi possibile che a rispondere siano state le persone più motivate della categoria. Ma in ogni caso il 57,8% di un campione di 2210 autonomi guadagna fino a 15 mila euro all'anno; il 13,2% tra i 15 e i 20 mila euro, il restante 28,9% più di 20 mila euro. Tutte cifre lorde. Redditi che non trovano riscontro nella formazione e nelle competenze accumulate a partire da una laurea, o un diploma, e in costante aggiornamento. Quasi sempre a proprie spese.

Questa è la condizione in cui si trovano oggi tutti gli studenti o i laureati e, più in generale, il lavoro qualificato di chi ha tra i 30 e i 45 anni. Il contrasto tra l'alta concentrazione dei saperi e la realtà quotidiana di un lavoro impoverito e senza tutele, ma perseguitato dalle tasse e dai contributi previdenziali, è caratteristico di un segmento importante del quinto stato: i lavoratori della conoscenza.

Gli autori della ricerca , coerentemente con l'impostazione data da Sergio Bologna e Andrea Fumagalli nel libro il lavoro autonomo di seconda generazione (1997, Feltrinelli), descrivono tale lavoro nell'ambito del settore terziario in crisi, dei servizi, delle relazioni e della cura, dello spettacolo, delle consulenze per la pubblica amministrazione o per le imprese. Questo lavoro autonomo svolge le sue attività in una delle 27 professioni regolamentate attraverso ordini o collegi professionali, ma anche nell'ambito del lavoro freelance non ordinistico. Secondo i dati Isfol, i professionisti autonomi e freelance che non sono imprenditori ne hanno dipendenti sono circa 3 milioni e mezzo.

Nel loro insieme contribuiscono per oltre il 18% al Pil. Questo è il primo dato che rovescia il pregiudizio dominante, in particolare quello legato alle letture ispirate alla nozione di «popolo delle partite Iva». Gli autonomi e i freelance sarebbero imprenditori e, in quanto tali, producono valore e ricchezza. Non è vero: sono lavoratori che operano in autonomia e per conto terzi. Non sono evasori fiscali, come a lungo hanno creduto la sinistra e in particolare i sindacati (Cgil compresa). Per chi lavora per la P.A. (il 5,3%) o in maggioranza per i privati (65%), e ancora in un ambito non prevalente 23,2%) o il terzo settore (il 6,7%), evadere è molto difficile.

Tale autonomia viene invece distinta in tre modi: una condizione di autonomia completa 49,4% del campione ha più committenti alla pari); una di autonomia prevalente (il 33,3% ha più committenti, di cui uno principale); un'altra di monocommittenza (il 17,3%). Questa descrizione smentisce un'altro pregiudizio, diventato popolarissimo dopo l'approvazione della riforma Fornero: le partite Iva sarebbero tutte false.

In realtà sono dipendenti mascherati. Non è vero: nell'ambito del lavoro professionale la platea degli autonomi è molto più ampia di quella dei parasubordinati, come attesta l'indagine. Parliamo di working poors che lavorano con una pluralità di committenze. Più datori di lavoro ci sono, più il magro reddito può sperare di crescere. Questa relazione forte e lineare rivela un'altra realtà: le professioni che soffrono di una «povertà estrema», con redditi inferiori ai 5 mila euro lordi annui, sono quelle della cultura e dello spettacolo, i giornalisti e chi lavora nell'editoria.

Ci sono anche gli archivisti e i bibliotecari e chi opera nell'area tecnicoscientifica. Chi invece percepisce un reddito superiore ai 25 mila euro lordi lavora nei settori finanziari e assicurativi, nella consulenza, nella salute, nella sicurezza del lavoro o fa il commercialista. La ricerca attesta inoltre una forte consapevolezza dei diritti sociali, un'idea del Welfare e una disponibilità all'impegno associativo. Il 45% del campione partecipa alle attività di movimenti e gruppi autoorganizzati, la vera novità culturale e politica registrata in questo segmento del quinto stato.

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