Partenza in salita sulla riforma previdenziale. Dopo i primi due incontri con le parti sociali e dopo aver per settimane annunciato un’agenda fitta di colloqui per raggiungere una sintesi che possa portare ad una nuova riforma previdenziale, il Governo su questo argomento è in una fase di stallo.
Dopo i deludenti provvedimenti che sono stati approvati nella legge bilancio con la sola Ape Sociale rinnovata come l’anno precedente e con la Quota 103 (41 anni di contributi sommati ai 62 anni di età) destinata in pratica solamente a chi può vantare continuità nelle carriere, un discorso a parte è doveroso per Opzione Donna o quello che ne è restato.
Sbandierato con molta enfasi il rinnovo, auspicando anche la stabilizzazione, in campagna elettorale da tutti i partiti ora al governo, nella legge di bilancio è stata modificata alzando di due anni l’età per poter accedere al pensionamento e relegandola ad una sorta di Ape Sociale Donna destinandola in pratica solamente alle caregiver, alle invalide al 74% e alle licenziate o a dipendenti in aziende in cui è stato dichiarato lo stato di crisi. Dopo le giuste proteste dei partiti dell’opposizione, dei sindacati e delle donne che costituitosi in comitati e movimenti sono scese in piazza, ci sono state le stucchevoli dichiarazioni di elementi della maggioranza di governo sulla loro volontà di ripristinare tale istituto come era nella versione precedente cercando di trovare le necessarie coperture finanziarie. Dapprima con la volontà di inserire il provvedimento nel “milleproroghe”, cosa che poi non si è verificata ed ora promettendo l’approvazione di un decreto ad hoc nel mese di aprile per aumentare la platea delle possibili interessate che con l’ultima legge di bilancio sono diminuite del 90%.
Questa situazione “kafkiana” in cui è piombata Opzione Donna o quello che ne rimane fa capire che il governo è in confusione sulla nuova riforma previdenziale dando l’impressione di navigare a vista. Dei proclami fatti all’inizio dell’anno rimangono solamente delle generiche affermazioni sulla flessibilità in uscita, una volontà di intraprendere uno studio per verificare i distinti costi della previdenza e dell’assistenza, una implementazione della previdenza complementare ed un’idea di operare alle donne uno sconto di quattro mesi per ogni figlio fino ad un massimo di tre da valere nella pensione di vecchiaia.
Un po’ pochino da parte di un governo in cui uno dei capitoli più importanti era il superamento della odiata legge Fornero con l’istituzione da subito dei 41 anni di contribuiti per tutti uomini e donne indipendentemente dall’età e senza penalizzazioni e che ora secondo le affermazioni del Sottosegretario Freni viene spostata entro il termine della legislatura.
Probabilmente il Governo a causa della guerra in Ucraina, della soluzione del superbonus edilizio e con in scadenza il RdC a cui non sa come porre rimedio non sta dando ad una riforma essenziale per i cittadini italiani la giusta attenzione. Eppure, la riforma previdenziale va fatta e soprattutto va fatta subito entro l’estate per permettere l’emanazione dei decreti attuativi e le relative circolari da parte dell’INPS così da renderla operativa dal 1/1/2024.
Una ampia flessibilità in uscita con piccole penalizzazioni, la salvaguardia dei lavoratori precoci, una pensione di garanzia per giovani e donne, un aumento dei coefficienti di trasformazione, la stabilizzazione di Opzione Donna nella versione ante legge di bilancio 2023, un giusto adeguamento degli assegni previdenziali per chi è già pensionato non possono essere ulteriormente accantonati e devono essere al centro dell’interesse del Governo come una delle priorità da attuare in questo 2023.