Il primo passo per questo obiettivo sarebbe quello di rilanciare il lavoro delle due Commissioni tecniche istituite con l'ultima legge di bilancio incaricate l'una di studiare la gravosità delle occupazioni, anche in relazione all'età anagrafica e allo condizioni soggettive dei lavoratori e delle lavoratrici, anche derivanti dall'esposizione ambientale o diretta ad agenti patogeni; l'altra di classificare e comparare, a livello europeo e internazionale, la spesa pubblica nazionale per finalità previdenziali e assistenziali. I lavori delle due Commissioni, che dovrebbero concludersi entro il 31 dicembre 2020 con una relazione alle Camere, potrebbero essere la base per una diversificazione più marcata dell'età pensionabile in funzione della professione e delle aspettative di vita degli assicurati.
L'ipotesi è quella di garantire l'accesso alla pensione con 63 anni e 36 di contributi senza penalizzazioni sfruttando l'attuale meccanismo dell’Ape sociale (che sarebbe esteso oltre il 31 dicembre 2020) ampliando l'attuale novero delle attività usuranti o gravose (attualmente 15). Per gli altri la soglia sarebbe a 64 anni e 37 o 38 anni di contributi ma con penalità sull'assegno pensionistico. Molto probabile anche una proroga ulteriore dell'opzione donna. I sindacati restano contrari all'ipotesi penalizzazioni e puntano ad introdurre una quota 41 per tutti i lavoratori, non solo a favore dei c.d. precoci, e a maggiori tutele per il lavoro di cura e la maternità.