Le categorie sociali più deboli
Nel documento il sindacato ribadisce che intere platee di lavoratori in condizione di disagio (disoccupati, invalidi, caregivers e addetti alle mansioni gravose) sarebbero penalizzati dall'introduzione della quota 100 con un minimo di 64 anni di età e 36 di contributi potendo queste categorie lasciare oggi con un requisito anagrafico e contributivo inferiore, pari a 63 anni e 30 o 36 anni di contributi (le madri con più figli possono scendere anche a 28 o a 34 anni di contributi). “L'ipotesi annunciata di voler introdurre “quota 100” per essere davvero utile ed efficace, non deve essere sostitutiva della conferma dell'Ape sociale, misura che tutela i lavoratori in condizioni di grave difficoltà" scrive la Uil. "Con quota 100, infatti, questi lavoratori vedrebbero peggiorata la propria situazione, con un ritardo di accesso alle pensioni che può arrivare fino a 4 anni, nel caso di disoccupati e di lavoratrici madri che dovranno attendere la pensione di vecchiaia a 67 anni. Ritardo, poi, che sarebbe ulteriormente aggravato dall'introduzione di requisiti elevati come l'età minima necessaria a 64 anni o un'anzianità contributiva che non tiene pienamente conto di tutti i contributi maturati dai lavoratori, con un’inaccettabile penalizzazione per le donne e per le aree più deboli del Paese.Con gli attuali criteri per accedere all’Ape sociale chi si trova in stato di disoccupazione, chi assiste un familiare disabile e i lavoratori con gravi disabilità possono, dallo scorso anno, accedere a questa misura con “quota 93”, quindi con un notevole anticipo rispetto a un’ipotetica “quota 100”, mentre chi svolge mansioni gravose può accedere all'Ape sociale con “quota 99”, già a partire dall'età di 63 anni".
Attivare il confronto con il Governo
Da qui la richiesta della Uil di avviare un confronto con il Governo in vista della presentazione della prossima legge di bilancio prima di fare errori. Alla luce di questi dati, “quota 100”, se non attentamente studiata e precisata, non solo “non smonta la Fornero”, ma peggiora quanto di buono fatto negli ultimi due anni per reintrodurre un principio di flessibilità nel nostro sistema pensionistico.Per la UIL la via maestra, se si vuole veramente continuare a cambiare la Fornero, è quella di estendere l’accesso alla pensione intorno ai 63 anni per tutti i lavoratori e per tutte le lavoratrici.Per affrontare questi temi ed evitare grossolani errori, a fine luglio, la UIL insieme alla Cisl e alla Cgil, ha chiesto formalmente un incontro al Ministro del Lavoro che speriamo trovi una risposta positiva al più presto”.
"Quello della previdenza è un tema molto delicato e complesso. È bene ponderare le scelte, dunque, prima di assumere provvedimenti che avranno ripercussioni per la vita di milioni di lavoratori. Il susseguirsi di voci, ipotesi, interpretazioni e contrapposizioni rischia di generare errori le cui conseguenze sociali potrebbero essere davvero preoccupanti. Chiediamo, perciò, al Governo di convocare al più presto le parti sociali: abbiamo delle proposte su cui discutere, insieme, nell’interesse dei lavoratori e del Paese” conclude la Uil.
Documenti: L'analisi della Uil