"C’è chi, per esempio, ha preso l’opzione donna con l’aspettativa che ci sarebbe stato l’aumento dei requisiti del 2019 e ha subito una penalizzazione. Ora tutti questi pensionati si troverebbero improvvisamente di fronte a una situazione che cambia. Mi aspetto che si organizzino per reclamare e sappiamo già che troveranno un mercato politico pronto ad accogliere le loro proteste, un mercato su cui si muovono da anni gli stessi protagonisti che oggi chiedono il blocco degli adeguamenti automatici. Guardando in avanti, invece, una volta rotto l’automatismo si ricadrebbe nei processi discrezionali del passato: le ragioni del ciclo politico tenderanno a rinviare ogni volta qualunque indicizzazione del sistema alla speranza di vita".
"Il costo sarebbe pari a 141 miliardi di euro"
Per Boeri il costo del blocco della speranza di vita costerebbe ben 141 miliardi di spesa in più da qui al 2035, "quasi interamente destinati a tradursi in aumento del debito pensionistico implicito, dato che l’uscita prima del previsto non verrebbe compensata, se non in minima parte, da riduzioni dell’importo delle pensioni". E sul fatto che l'età pensionabile stia raggiungendo valori troppo elevati la risposta è categorica. "Non è vero. Bisogna guardare all’età effettiva di pensionamento, che in Italia è più bassa che in Germania e della media europea. I dati 2014 lo dimostrano: da noi si va in pensione appena sopra ai 62 anni, mentre in Germania a 65 anni".
Per quanto riguarda la donne Boeri ammette che hanno subito penalizzazioni molto forti, "vanno il pensione con la vecchiaia e non con l’anticipo perché le loro carriere lavorative sono più frammentate". "Bisogna agire sulle fonti di queste discontinuità, riducendo il precariato e imponendo congedi di paternità obbligatori non simbolici come quelli attuali. Pericoloso invece tornare a regimi diversi tra uomini e donne sull’età di pensionamento. Può permettere alle imprese di ridurre ulteriormente la manodopera femminile mettendo molte donne nella condizione di dover vivere a lungo con pensioni inadeguate. La strada da seguire era quella flessibilità in uscita che avevamo proposto a suo tempo, che dava soprattutto alle donne possibilità più ampie, adeguate e sostenibili di uscita".
"Nessun impatto sul mercato del lavoro per i giovani"
Per il Presidente dell'Inps, inoltre, l'impatto sul mercato del lavoro dell'innalzamento dell'età pensionabile non ha avuto un effetto così drastico come si vuole far credere. "La riforma Fornero del 2011, adottata all’improvviso e in una situazione di crisi, ha innalzato per alcuni l’età pensionabile fino a sei anni. Imprese e lavoratori furono presi alla sprovvista e il contesto era di una domanda di lavoro bloccata dalla peggiore recessione della storia repubblicana. Lo stop a nuove assunzioni fu inevitabile. Oggi invece stiamo parlando di un cambiamento ultrapianificato, noto da anni, già incorporato da tutte le previsioni delle imprese e degli agenti economici, come dimostra il comportamento su opzione donna, e che vale solo 5 mesi in più a partire dal 2019. Non solo, ora la domanda di lavoro sta crescendo più dell’intera economia. Dunque non si può fare alcun paragone tra i due momenti, siamo lontani anni luce".
Damiano e Sacconi: "Parole di Boeri infondate"
La replica di Cesare Damiano e Maurizio Sacconi, Presidenti delle Commissioni Lavoro di Camera e Senato e promotori dell'appello ad una revisione del meccanismo di adeguamento alla speranza di vita non è tardata ad arrivare: “L’intervista del Presidente dell’Inps Tito Boeri è mossa da un presupposto inesistente che la rende totalmente inutile. Non abbiamo proposto la cancellazione del collegamento tra età di pensione ed aspettativa di vita ma solo la sua rimodulazione temporale per alleggerire l’allungamento dell’età lavorativa, di circa sei anni, sulla generazione già adulta all’atto dell’approvazione della riforma Fornero e per aprire, nel frattempo, una più generale riflessione su un sistema previdenziale disegnato nel presupposto del vecchio mercato del lavoro che garantiva stabilità e continuità nei percorsi occupazionali”.
“Il sistema oggi – proseguono – penalizza soprattutto le giovani generazioni che avranno la certezza di andare in pensione a quasi 70 anni”. “Siamo ben consapevoli delle esigenze di sostenibilità nel lungo periodo per cui ci confronteremo, numeri alla mano, con il governo nelle sedi parlamentari”, concludono i Presidenti.