Riforma delle pensioni, il terzo round tecnico del confronto tra governo e sindacati si è svolto il 3 febbraio scorso: al centro dell'attenzione questa volta c'erano i temi della previdenza complementare e della flessibilità in uscita.
In vista dell'incontro politico con il Ministro del Lavoro Andrea Orlando, in programma per il 7 febbraio, il terzo confronto (i precedenti due risalgono al 20 e al 27 gennaio) tra la delegazione di Cgil, Cisl e Uil e i tecnici del ministero si è tenuto il 3 febbraio ed è risultato ovviamente interlocutorio con un consenso di massima sulle proposte sindacali in materia di previdenza complementare e discussione invece totalmente aperta sulla questione del superamento delle rigidità della Fornero per quel che riguarda il capitolo delle uscite dal lavoro.
Ma andiamo con ordine, esaminando un punto alla volta.
Riforma delle pensioni, il confronto sulla previdenza complementare
Sul tema della previdenza complementare la delegazione sindacale già nel precedente incontro si era presentata con un pacchetto di richieste: la riapertura di un periodo di silenzio/assenso che venga accompagnato da una campagna di informazione e sensibilizzazione dei lavoratori, misure di tutela della libertà di scelta dei nuovi dipendenti rispetto alla collocazione del proprio Tfr, il contrasto del mancato versamento dei contributi da parte delle imprese, l'allargamento dei fondi negoziali ai settori sinora esclusi come quello della sicurezza e l'impiego delle risorse accumulate per la previdenza complementare per gli investimenti nell'economia produttiva attraverso Cassa Depositi e Prestiti.
Su tutti questi punti i tecnici del Ministero del Lavoro hanno espresso la disponibilità del governo ad approfondire la discussione e verificarne la praticabilità, ma con una condivisione di fondo delle proposte sindacali. L'unica eccezione è stata la richiesta di sottoporre i fondi a un prelievo fiscale dell'11% possibilità che è legata all'iter della riforma fiscale complessiva.
Riforma delle pensioni, il nodo della flessibilità in uscita
Più ingarbugliato, come era lecito attendersi, si è rivelato il nodo della flessibilità in uscita che costituisce in pratica la reiterazione del superamento della Legge Fornero, storica rivendicazione dei sindacati confederali. Su questo punto Cgil, Cisl e Uil hanno ribadito ai tecnici ministeriali l'esigenza che venga riconosciuta la possibilità di uscire dal mondo del lavoro a partire dai 62 anni o con 41 anni di contributi (in questi casi senza tener conto dell'età) e che vengano riconosciute condizioni di accesso alla pensione più facili alle categorie più deboli che comprendono chi svolge lavori usuranti (che vanno ampliati ad altre tipologie di occupazioni) e chi rientra nell'Ape sociale.
Infine, i sindacati chiedono che vengano superati i meccanismi che penalizzano nel sistema contributivo i lavoratori a reddito più basso e precari e l'adeguamento automatico dell'età pensionabile alla speranza di vita, oltre che il potenziamento di strumenti come l'isopensione e i contratti di espansione per affrontare le sempre più numerose crisi aziendali.
Su tutto questo pacchetto i tecnici ministeriali non si sono espressi e tutto è rinviato al tavolo politico del 7 febbraio.