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Pensioni/Esodati, ecco quante sono le prestazioni liquidate in salvaguardia
L'Inps ha aggiornato il report delle procedure di monitoraggio dei lavoratori cd. salvaguardati. Sono circa 100mila le pensioni certificate su un totale di oltre 170 mila posizioni disponibili.
Kamsin Continuano a salire le pensioni liquidate in regime di salvaguardia. Al 23 Gennaio 2015, afferma l'ultimo report dell'Inps, i trattamenti liquidati sono 64.077 mentre le certificazioni hanno toccato quota 97.996. Parliamo dei lavoratori che, sulla base di specifici provvedimenti legislativi adottati nel corso degli ultimi 3 anni, hanno potuto continuare a fruire, in via eccezionale, delle regole di pensionamento ante-fornero. Sono 170mila i lavoratori che, con sei salvaguardie, l'ultima approvata nell'Ottobre 2014 con la legge 147/2014 possono contare su questa opportunità.
In pratica sino ad oggi sono state liquidate circa un terzo delle posizioni disponibili mentre il numero delle certificazioni rilasciate dall'istituto coprono poco meno del 60% dei posti disponibili (98 mila su 170mila posti).
Dal report emerge come permangano numeri ancora relativamente bassi sulla seconda salvaguardia (Dl 95/2012): le pensioni certificate sono state poco piu' di 17mila mentre il numero di quelle liquidate si ferma sotto le 10mila unità; la capienza complessiva è di ben 35mila posti (effetto della riduzione disposta con la recente legge 147/2014 che ha tagliato di 20mila posti il contingente originariamente previsto per questa salvaguardia). Si tratta, com'è noto, di lavoratori coinvolti in accordi per la gestione di eccedenze occupazionali con l'utilizzo di ammortizzatori sociali sulla base di accordi stipulati in sede governativa entro il 2011.
Stessa situazione si riscontra nella quinta salvaguardia (legge 147/2013) dove a fronte di 17mila posti disponibili le certificazioni si arrestano a 3.294 anche se la maggior parte sono già state messe in pagamento.
Continua invece a registrarsi un deficit di posti disponibili nella quarta salvaguardia, nel profilo dedicato ai lavoratori che hanno fruito nel corso del 2011 dei congedi e/o dei permessi per assistere disabili: l'Inps ha certificato il diritto a fruire della salvaguardia a ben 4.886 persone, quasi il doppio del numero disponibile (2.500). Stante il superamento del limite previsto dalla legge, però, l'istituto ha potuto inviare la certificazione solo a coloro che hanno maturato il diritto a pensione, con le vecchie regole, entro il 31 Ottobre 2012.
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Zedde
Fonte: Report Inps del 23 Gennaio 2015.
Imu Agricola 2015, ecco chi dovrà pagare entro il 10 febbraio
Il decreto legge 4/2015 esenta dal pagamento dell'imposta tutti i comuni montani e, nei comuni parzialmente montani, vengono esentati tutti i terreni di proprietà o in affitto a imprenditori agricoli professionali e coltivatori diretti. Questo allarga la platea dei comuni esenti a 3456 (prima erano 1498); 655 i comuni parzialmente esenti.
Kamsin Alla fine, quando mancavano tre giorni alla scadenza del pagamento dell’Imu agricola, il governo ha varato, in un consiglio dei ministri straordinario, il decreto legge 4/2015 che rivede i contestati criteri altimetrici per il pagamento dei comuni montani introdotti con decreto interministeriale il 28 novembre scorso.
Insomma a poco più di 10 giorni dalla scadenza dei pagamenti, che il citato decreto ha prorogato al prossimo 10 febbraio, sono state riscritte le regole per il 2014 e per l'anno in corso, riconoscendo l'esenzione per tutti i terreni ubicati nei comuni montani, sia agricoli che incolti, e limitando il beneficio ai coltivatori diretti e imprenditori agricoli per quelli situati nei comuni parzialmente montani, indicati in un elenco predisposto dall'Istituto nazionale di statistica (Istat: http://www.istat.it/it/archivio/6789). In pratica sono stati ripristinati i vecchi criteri già utilizzati nell'elenco allegato alla Circolare n. 9 del 14 giugno 1993, ma facendo riferimento alla lista Istat aggiornata.
Non solo. Dell'agevolazione, poi, fruiscono, ma per il solo 2014, anche coloro che non hanno i requisiti fissati dal nuovo dl 4/2015, sempre che risultavano esenti in base alle vecchie regole dettate dal decreto ministeriale del 28 novembre scorso. Partendo da quest'ultima previsione risulta evidente che il legislatore, giustamente, non poteva con effetto retroattivo disconoscere i benefici per l'anno precedente a coloro che fossero in possesso dei requisiti, e per i quali l'esenzione si poteva considerare oramai un diritto acquisito.
La Salvaguardia. Per il 2014, come anticipato, c'è una sorta di clausola di salvaguardia. L'Imu, infatti, non è comunque dovuta per quei terreni che erano esenti in virtù del Dm 28 novembre 2014 e che, invece, ora risultano imponibili per effetto dell'applicazione dei nuovi criteri di cui al Dl 4/2015. Tenendo conto di tale eccezione, tutti quei comuni, ritenuti, in base ai vecchi criteri, esenti sempre, saranno tassati dal 2015 con i nuovi criteri, se condotti e posseduti da contribuenti che non hanno la qualifica di coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale iscritto nella previdenza agricola. Per questi comuni scatterà però la clausola di salvaguardia nel 2014 e, pertanto, saranno considerati in via eccezionale esenti da Imu, nulla dovranno versare il prossimo 10 febbraio 2015, mentre dal 2015 occorrerà verificare la qualifica soggettiva di chi li possiede e conduce procedendo all'eventuale versamento alle consuete scadenze di giugno e dicembre 2015.
Il calcolo dell'Imposta. Per i terreni agricoli soggetti all'Imu relativa al 2014, l'imposta va determinata nel seguente modo: si parte dal reddito dominicale, si rivaluta del 25% e al risultato si applica poi il coefficiente 135 se il proprietario non ha la qualifica di coltivatore diretto o imprenditore agricolo professionale. Si applicherà, invece, il coefficiente 75 nel caso di proprietari in possesso di queste qualifiche. Infine si applica l'aliquota deliberata dal comune o in mancanza quella del 7,6 per mille
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Pensioni, Treu: crescita indispensabile per garantire stabilità alla previdenza
L'innalzamento dell'età pensionabile "non è sufficiente a garantire stabilità ed equilibrio nel lungo periodo se crescita e occupazione non riprendono a dare le basi necessarie alla previdenza". Kamsin E' quanto afferma il commissario straordinario dell'Inps, Tiziano Treu, in un'intervista a Telos A&S. "Il nostro sistema previdenziale con l'introduzione del sistema di calcolo contributivo, che pure fu criticato - ha aggiunto - è finanziariamente solido, ma stabilità del sistema e la sua sostenibilità sociale sono messe a rischio dalla mancata crescita e dalla stagnazione che da anni ci affligge".
"La crescita delle diseguaglianze di reddito e delle opportunità - ha sottolineato Treu - aggrava le diseguaglianze anche nella previdenza. Troppe pensioni insufficienti per una vita dignitosa e molte pensioni privilegiate che ancora persistono nonostante le riforme. Se non c'è crescita e non c'è occupazione nessun sistema pensionistico può reggere nel tempo".
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Pensioni, via libera ai prepensionamenti nelle fondazioni lirico-sinfoniche
L'Inps precisa le modalità per fruire dei prepensionamenti del personale dipendente di aziende lirico-sinfoniche in crisi ai sensi della legge 112/2013.
Kamsin Disco verde ai prepensionamenti nelle fondazioni lirico-sinfoniche in crisi. Ne potranno fruire i lavoratori che entro il 31 dicembre 2016, applicando i vecchi requisiti previgenti alla riforma Fornero, riescano a maturare diritto e decorrenza della pensione, tenendo conto della finestra mobile. E' quanto precisa l'Inps nella circolare n. 13/2015 pubblicata ieri sul sito internet dell'istituto.
La possibilità di ricorrere ai prepensionamenti in deroga alla normativa Fornero è stata concessa dalla legge n. 112/2013 in favore delle fondazioni che presentino un piano di risanamento triennale, nel quale sia previsto, tra l'altro, la riduzione del personale tecnico e amministrativo fino al 50% di quello in essere al 31 dicembre 2012. Ciò al fine di fare fronte allo stato di grave crisi del settore e di pervenire al risanamento delle gestioni e al rilancio delle attività delle fondazioni lirico-sinfoniche.
Le fondazioni interessate sono quelle che non possano far fronte a debiti certi ed esigibili da parte dei terzi, ovvero che siano state in regime di amministrazione straordinaria nel corso degli ultimi due esercizi, ma non abbiano ancora terminato la ricapitalizzazione.
Al personale che eventualmente viene licenziato, la legge n. 112/2013 prevede l'applicazione della disciplina dell'art. 2 comma 11, lett. a del dl n. 95/2012 (convertito dalla legge n. 135/2012), ossia il regime di accesso e di decorrenza alla pensione previgente rispetto alla riforma Fornero (dl n. 201/2011) fino al 31 dicembre 2016. L'applicazione della deroga (cioè i vecchi requisiti di pensione), precisa l'Inps, comporta che la decorrenza della pensione, qualunque esso sia (di vecchiaia o di anzianità; con conseguimento della c.d. «quota» o con il requisito dei 40 anni di anzianità contributiva indipendentemente dall'età anagrafica), deve compiersi entro la data del 31 dicembre 2016, tenuto conto della finestra mobile. In altre parole, il prepensionamento non potrà aver luogo in presenza di situazioni in cui il lavoratore maturi i requisiti d'accesso alla pensione, ma non la decorrenza entro il 31 dicembre 2016.
Speranza di Vita. L'Inps ricorda che ai lavoratori in parola, si applicano, a decorrere dal 1 gennaio 2013, ai fini dei requisiti di accesso al trattamento pensionistico, gli adeguamenti alla speranza di vita determinati con decreto del Ministero dell'economia e delle finanze 6 dicembre 2011 (3 mesi dal 1° gennaio 2013). Gli aumenti per l'adeguamento agli incrementi della speranza di vita non si applicano invece al requisito contributivo di 40 anni per il conseguimento della pensione di anzianità, posto che l'adeguamento di questo requisito è stato introdotto dall'art. 24, comma 12, del predetto d.l. n. 201 del 2011 e non era invece previsto sulla base delle disposizioni vigenti prima dell'entrata in vigore dello stesso decreto legge.
Nei confronti di tali lavoratori, i cd. quarantisti, trovano invece applicazione gli ulteriori posticipi stabiliti dall’art. 18 comma 22 ter del d.l. n 98 del 2011, convertito in legge n. 111 del 2011 (cioè l'allungamento di uno, due e tre mesi delle finestre mobili).
Per i soggetti che accedono al trattamento pensionistico di anzianità secondo la previgente normativa, ad un’età inferiore a 62 anni, infine, non si applicano le riduzioni dell'1-2% previste dalla legge Fornero.
Qualora ci siano lavoratori interessati al prepensionamento, spiega infine l'Inps, la fondazione avrà cura di munirsi di delega del lavoratore e di richiedere all'Inps la certificazione del diritto a pensione con indicazione della relativa decorrenza.
Nel caso in cui i lavoratori interessati dall’applicazione della normativa siano titolari sia di posizione assicurativa presso la Gestione lavoratori spettacolo, sia di altra contribuzione presso il Fondo pensioni lavoratori dipendenti dell’Istituto, trova applicazione l’art 16 del d.p.r. n. 1420 del 1971 che prevede la possibilità di cumulare gratuitamente la contribuzione accreditata presso i due fondi al fine di ottenere la liquidazione di un unico trattamento previdenziale.
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Riforma Pensioni, Cgil: servono fatti concreti per riaprire il capitolo previdenza
Il segretario generale della Cigl, Susanna Camusso chiede di aprire immediatamente un confronto con le parti sociali perché "l'inammissibilità del quesito referendario per la cancellazione della legge Fornero non vanifica la necessità di rivedere le regole del sistema pensionistico".
Kamsin "E' necessario rimettere mano alla Riforma Fornero". E' quanto afferma il leader della Cgil Susanna Camusso che pur condividendo le aperture del ministro Poletti dei giorni scorsi circa la possibilità di rendere piu' flessibile l'età per la pensione, non si fida dell'esecutivo.
"La riforma Fornero, varata a inizio 2012 nel pieno della crisi dello spread ha spostato in avanti l'età per accedere alla pensione anche di sei anni rispetto alle vecchie regole, abolendo di fatto la pensione di anzianità contributiva. La manovra ha anche creato una platea di lavoratori senza stipendio e senza pensione, i cosiddetti esodati che in virtù di accordi aziendali avrebbero dovuto lasciare l'attività dopo poco tempo ma che poi si sono visti spostare in avanti di diversi anni l'età per il ritiro. Per tutte queste persone - ricorda la Camusso - è necessario offrire una soluzione in tempi rapidi, ma in tutti questi anni si sono solo fatte tante promesse."
Secondo la leader della Cgil l'equilibrio di bilancio dello stato è stato messo in sicurezza a discapito delle nuove generazioni e delle fasce piu' precarie delle popolazione, come gli esodati e i disoccupati, cioè coloro che hanno perso il posto di lavoro a seguito del fallimento della propria azienda. Nonostante i correttivi degli ultimi 2-3 anni il sistema "resta squilibrato e ingiusto", oltre che dispendioso ed il peso "ricade sulle giovani generazioni, che se mai le vedranno, riceveranno pensioni esigue, benché paghino di tasca propria, con l'attuale sistema a ripartizione, gli assegni degli anziani".
Per ora, inoltre, la micidiale sommatoria tra crollo demografico e crisi economica sta disastrando i conti dell'Inps, cui ha dato un colpo durissimo anche l'assorbimento del pressoché fallito Inpdap. La Camusso esprime dubbi anche sulle ricette di Boeri. "Boeri, prima di essere nominato alla guida dell'Inps, aveva indicato la ricetta nel ricalcolo complessivo di tutte le pensioni, comprese quelle già in essere, con il metodo contributivo. A partire da una soglia minima di assegno, verrebbero penalizzati soltanto coloro che hanno versato contributi di entità minore rispetto alla pensione effettivamente percepita. Secondo il Segretario si tratta di una discussione sterile in quanto numerose sentenze della Corte Costituzionale a torto o a ragione, hanno sancito l'intangibilità dei diritti acquisiti".
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Pensioni, Damiano: Boeri all'Inps sia elemento di discontinuità
Il Presidente della Commissione Lavoro della Camera dei Deputati: nessun dubbio ma la nomina aiuti una maggiore collegialità e sia un segnale di discontinuità rispetto al passato.
Kamsin Se Camera e Senato dovessero esprimere un parere negativo sulla nomina di Tito Boeri a presidente Inps, il professore ritirerà la sua disponibilità. E' quanto ha affermato Boeri nel corso delle audizioni che si sono svolte oggi in Parlamento. "So bene - ha detto Boeri in audizione - che il parere è solo consultivo, ma per il rispetto profondo che ho per il Parlamento e nella convinzione profonda che per riformare l'Inps ci sia bisogno del sostegno delle commissioni parlamentari, se dovessero esprimere parere negativo sulla mia nomina ritirerò la disponibilità" a ricoprire la carica.
Il presidente della Commissione Lavoro, Cesare Damiano, al termine dell’audizione dello stesso Boeri tuttavia spegne la polemica: "Sulla nomina dell’economista Tito Boeri al vertice dell’Inps “per quel che mi riguarda dubbi non ne ho” ha detto Damiano. “Un atto dovuto sgombro da pregiudizi” ha precisato dopo i dubbi sollevati sulle qualifiche dell’economista e la richiesta di un esame del suo curriculum manageriale. “Non abbiamo inventato un caso ma seguito una regola – ha aggiunto Damiano – per quello che mi riguarda non voglio che nessuno possa poter dire che abbiamo mancato un passaggio, se c’è una richiesta che in questo caso ho condiviso”.
L’incontro con Boeri, ha proseguito “non solo era necessario ma utile e per quel che mi riguarda sgombra anche il campo circa la corretta interpetazione della legge”. L’economista indicato per la guida dell’Inps, ha concluso Damiano, “ha avuto incarichi di direzione di corso di laurea, abbiamo un curriculum di tutto rispetto e l’approccio di Boeri è stato franco e rispettoso. Mi auguro che ci sia anche l’elemento di discontinuità: noi abbiamo sopportato benevolmente l’uomo solo al comando all’Inps e ci auguriamo che si affronti il problema della governance.
I dubbi sulla nomina di Boeri erano nati dopo le osservazioni del relatore di maggioranza, Sergio Pizzolante (Area popolare), che aveva proposto un documento dove, pur esprimendo «un giudizio complessivamente positivo sul profilo accademico della nomina proposta», si osservava che da esso non risulta «una specifica capacità manageriale e una qualificata esperienza nell’esercizio di funzioni attinenti al settore operativo dell’ente», requisiti entrambi richiesti dal decreto legislativo 479 del 1994 che disciplina la nomina del presidente dell’Inps.
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Riforma Pensioni, ecco perchè il referendum è stato bocciato
Il referendum abrogativo della legge Fornero sulle pensioni è inammissibile per il suo "stretto collegamento" con la legge di bilancio, che non può essere sottoposta a referendum, e per la "palese carenza di omogeneità del quesito".
Kamsin La legge Fornero sulle pensioni, "introducendo nuovi principi in tema di trattamenti previdenziali, costituirebbe 'una disposizione della manovra finanziaria del 2011, produttiva di effetti collegati in via diretta ed immediata alla legge di bilancio' e, dunque, non sottoponibile, di per sé, a referendum ai sensi dell'articolo 75 della Costituzione". E' quanto spiega la Corte Costituzionale nella sentenza, depositata oggi, che dichiara inammissibile il referendum abrogativo promosso dalla Lega Nord.
"La bocciatura era nell'aria – spiega Ernesto Bettinelli, ordinario di diritto costituzionale all’università di Pavia – perchè il referendum avrebbe avuto effetti sul bilancio e sulla legge di Stabilità. E poi un ulteriore limite alla sua approvazione è la nuova formulazione dell’articolo 81 che ha introdotto il pareggio di bilancio nella Costituzione". Il professore ricorda che oltre vent'anni fa la stessa Corte disse no al quesito promosso da Rifondazione Comunista contro la riforma Amato del sistema previdenziale. «C'è un precedente: nel 1994 la Corte giudicò il quesito inammissibile dicendo apertamente che c'era un nesso con il bilancio dello Stato e referendum su questa materia non si possono fare. L'oggetto del quesito referendario della Lega era del tutto analogo, da qui la decisione della Consulta".
L'effetto della Riforma Fornero è di 80 miliardi di euro di risparmi entro il 2020. Un toccasana per i conti pubblici che tuttavia ha determinato una forte crisi sociale. Centinaia di migliaia di lavoratori e disoccupati hanno infatti visto allontanarsi la pensione anche di 7-8 anni soprattutto per via dell'abolizione della pensione di anzianità, con le cd. quote. Sempre la riforma Fornero sulle pensioni, stabilì che dal 2012 doveva salire la soglia di vecchiaia: subito a 66 anni per gli uomini, a 62 anni per le donne per poi arrivare progressivamente a 67 anni nel 2018 per tutti i lavoratori. L'unica magra consolazione per i lavoratori è stata la cancellazione del meccanismo delle finestre mobili, un sistema occulto che era stato introdotto per allontanare la pensione nel 2010.
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Pensioni, l'inflazione colpisce anche i trattamenti minimi
Il mese di gennaio porta brutte sorprese ai pensionati. Le pensioni minime (importo intorno ai 500 euro lordi) perdono, a causa del recupero dell’inflazione, 5,40 euro su dicembre 2014, mentre alle pensioni da 1.500 euro “mancano” 16,30 euro. Kamsin E anche se la pessima sorpresa avrà un effetto limitato – perché già a partire da febbraio la rivalutazione automatica prevista per il 2015 (calcolata sulla base di un’inflazione annua dello 0,3%), porterà nelle tasche di un pensionato con il trattamento al minimo “ben” 1,50 euro in più sul 2014 – bisognerà aspettare fine maggio per recuperare quanto perso a fine gennaio.
“Una delle tante situazioni paradossali che – a proposito di pensioni – desta rabbia e malumore”, dichiara Giancarlo Acciaio, appena eletto alla carica di coordinatore regionale del CUPLA, il Comitato Unitario Pensionati Lavoro Autonomo.
“Il problema della inadeguatezza e del progressivo impoverimento delle pensioni, non solo degli autonomi – dice Acciaio – è in cima alle nostre preoccupazioni e rivendicazioni. Una indagine realizzata da CUPLA, in collaborazione con il CER, a fine 2014 ha evidenziato che l’aumento delle addizionali locali e il mancato recupero del drenaggio fiscale hanno ridotto il potere di acquisto soprattutto per i circa 7,4 milioni di pensionati, pari al 44% del totale, che vivono con pensioni inferiori a 1.000 euro lordi al mese, quindi in uno stato di semipovertà”. In Umbria (dati Istat 2012, gli ultimi disponibili) su un totale di 201.771 pensioni di vecchia e anzianità, 9.665 hanno un ammontare di meno di 250 euro, 9.447 meno di 500 euro, meno 53.615 meno di 750 euro, 22.619 meno di 1.000 euro.
“Le condizioni di disagio sociale e impoverimento dei pensionati negli ultimi anni si sono sempre più aggravate a causa della pressione fiscale e dell’insufficiente adeguamento delle pensioni al costo della vita”, continua Acciaio. “Proprio per questo il CUPLA, che a livello nazionale rappresenta 5 milioni di pensionati dei settori autonomi, chiede di adeguare gradualmente i trattamenti minimi di pensione al 40% del reddito medio nazionale, cioè da 500 a 650 euro mensili come chiede, del resto, la carta sociale europea, rivedendo il meccanismo di indicizzazione e tenendo in conto anche il costo dei servizi sanitari, che colpiscono le persone anziane in modo maggiore rispetto al resto della popolazione. Nelle prossime settimane – spiega il presidente – chiederemo un incontro ai candidati alle prossime elezioni regionali e al presidente dell’Anci Umbria, per sottoporre alla loro attenzione alcune richieste specifiche: alle amministrazioni locali chiediamo infatti di prevedere detrazioni sul pagamento della Tasi per gli anziani che abitano soli nelle case di proprietà e abbiano redditi al di sotto del doppio del trattamento minimo (13.000 euro), se singoli, o del triplo del trattamento minimo (19.500 euro) se in coppia, e di escludere dall’imposta gli anziani non autosufficienti o ricoverati in casa di riposo”. L’impegno nella sanità e nel sociale è un’altra delle priorità che il CUPLA, sotto la guida di Giancarlo Acciaio – il cui mandato durerà due anni – mette in prima linea per rappresentare le istanze e necessità della folta platea dei pensionati ex lavoratori autonomi.
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Esodati, una salvaguardia per ulteriori 49.500 lavoratori
La Rete dei Comitati degli Esodati chiede al premier Matteo Renzi l'approvazione di una settima salvaguardia. "Scontato l'esito del referendum".
Kamsin Un ulteriore provvedimento legislativo che tuteli dalla normativa Fornero tutti coloro che non erano più occupati al 31.12.2011 per avvenuta risoluzione contrattuale a qualsiasi titolo, oppure avere entro quella data sottoscritto accordi collettivi o individuali che, come esito finale, prevedano il futuro licenziamento; e che maturano il diritto pensionistico, con le previgenti norme entro, il 31.12. 2018.
E' quanto torna a chiedere la Rete dei Comitati degli Esodati al Governo dopo la bocciatura del referendum sulla Riforma Fornero promosso dalla Lega Nord. Secondo la Rete restano esclusi dalle 6 salvaguardie finora approvate, almeno 49.500 cittadini, come certificato dal Governo in base a dati documentali INPS, resi noti in risposta all' interrogazione parlamentare dell’On.Gnecchi lo scorso 15 Ottobre 2014. "Sulla reale consistenza della platea in questione - precisano dal Comitato - sono ormai 3 anni che assistiamo ad un indecoroso balletto; nel giugno 2012 INPS li aveva quantificati e certificati in quasi 400.000 che, al netto dei 170.000 salvaguardati dalle 6 “lotterie” sarebbero ora ridotti ad oltre 200.000".
Il Comitato chiede quindi "con fermezza e determinazione che Governo e Parlamento procedano sollecitamente ad approvare una 7a salvaguardia, che comprenda ALMENO i 49.500 esodati , attualmente non salvaguardati e certificati da Governo e INPS. Un provvedimento d'urgenza, finanziato dai residui dei fondi già stanziati per le precedenti salvaguardie e che risultano ampiamente sufficienti allo scopo, senza alcuna necessità di reperire ulteriori risorse".
Dal canto loro i memebri della Rete degli Esodati annunciano che nelle prossime settimane saranno di nuovo a presidiare le sedi governative ed istituzionali per far sentire la loro voce.
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Statali, oltre uno su dieci fruisce dei permessi della 104
Sono le cifre risultanti dalle informazioni fornite dalle amministrazioni che hanno aderito alla rilevazione, il 64% del totale degli enti iscritti al sistema per il monitoraggio.
Kamsin Oltre 316mila statali hanno fruito nel 2013 dei permessi della legge 104 per i lavoratori disabili. E' quanto emerge dalle cifre pubblicate sul sito della Funzione Pubblica. Nel 2013 si sono avvalsi dei permessi 316.514 dipendenti pubblici su un totale di 3,2 milioni, in pratica un dipendente su dieci si è assentato per assistere i disabili, ma restano da aggiungere i dati della scuola. Per avere un quadro più completo occorre quindi attendere che vengano inclusi altri dati, soprattutto del settore della scuola, che vanta il maggior numero di dipendenti. Dovrebbe essere comunque solo una questione di tempo, visto che nei giorni scorsi dal ministero dell'Istruzione è partita una nota, rivolta ai direttori generali degli uffici scolastici regionali, che richiama all'obbligo della comunicazione al Dipartimento della Funzione Pubblica, entro il 31 marzo di ogni anno, dei dati relativi ai permessi fruiti in base alla legge 104.
Il 13 gennaio il ministero dell'Istruzione ha, infatti, sollecitato con una nota ai direttori generali degli uffici scolastici regionali per richiamarli all'obbligo di comunicare le informazioni sui permessi, in vigore dal 2010 (quando ministro della Pa era Renato Brunetta). Il sottosegretario all'Istruzione, Davide Faraone, fa sapere che «entro la settimana» si avranno anche i dati relativi alla scuola. E, pur ammonendo a non «criminalizzare la legge 104, che è uno strumento di civiltà e democrazia», ricorda che tra gli obiettivi del governo c'è «il contrasto dei furbi che ne abusano e tolgono il diritto a chi spetta». Faraone ricorda soprattutto il caso di Agrigento, dove è stata avviata un'inchiesta denominata "La carica delle 104" che, lo scorso 22 settembre, ha portato a 12 arresti e poi a centinaia di indagati per quella che si sarebbe rivelata, secondo gli inquirenti, una vera e propria fabbrica di falsi invalidi.
Tornando agli ultimi dati a disposizione, le giornate di permesso cumulate nel complesso, durante il 2013, sono state pari a 6 milioni 258 mila, di cui quasi 5,8 milioni, quindi oltre il 92%, fruite per assistenza a parenti o affini.
I permessi previsti dalla 104 sono quelli consentiti dalla legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone con disabilità, che permette fino a tre giorni di assenza dal lavoro sia per il lavoratore con disabilità grave, che non perde nulla in termini di stipendio, che per il dipendente che assiste un parente malato (coniuge, figlio, genitore, ma anche fratello, nonno o nipote e, in casi particolari, anche parenti di terzo grado, come gli zii). Una possibilità concessa sia ai lavoratori pubblici, che privati, ma con risultati applicativi molto diversi nei due comparti. Come emerge da un monitoraggio molto dettagliato diffuso dal ministero della Pa nel 2012, su dati 2010, su 529mila beneficiari della 104, nel privato se ne contavano 285mila (pari all'1,43% dei dipendenti privati totali), mentre nel pubblico 244mila (pari al 7,4% dei dipendenti pubblici): in pratica, gli statali utilizzavano questo strumento oltre cinque volte in più degli altri lavoratori. Il comparto con la più elevata percentuale di fruizione risultò proprio la scuola (103.871 beneficiari, pari ad oltre il 42%).
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