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La leader della Cisl ribadisce la necessità di intervenire sulla Riforma Fornero per garantire maggiore flessibilità in uscita. Critico il giudizio sulla previdenza complementare colpita dal Governo con la Finanziaria 2015.

Kamsin Non si può rimettere in discussione la legge Fornero senza gravare sui conti pubblici. Abbiamo ben presenti le compatibilità di bilancio. Ma non meno che l'occupazione giovanile è in forte sofferenza e che il sistema previdenziale oggi è troppo rigido. E' quanto afferma il segretario della Cisl Furlan dalle pagine del quotidiano Avvenire. Occorre invece ripristinare una certa flessibilità in uscita e tener conto che non tutti i lavori, e non tutti i lavoratori, sono uguali: le persone hanno esigenze differenti e a 67 anni è diverso stare seduti a una scrivania o salire su un'impalcatura. Bisogna far sì, perciò, che sia possibile andare in pensione dopo un certo numero di anni di contribuzione, in combinazione a una certa età".

L'ipotesi della sindacalista è di ripristinare, insomma, il sistema delle quote, cioè la vecchia pensione di anzianità. Ma a che livello? La Furlan non fissa soglie specifiche, anche se l'ipotesi di partenza - sostiene la sindacalista - è quella che ha rilanciato il Presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano: cioè la quota 100 con un minimo di 60 anni e 35 anni di contributi. "Questa è la strada a condizione però che a 40 o 41 anni al massimo resti l'uscita indipendentemente dall'età anagrafica e si cancelli quel controverso sistema di penalizzazioni che colpisce oggi solo una parte dei lavoratori". Inoltre, - ricorda la Furlan - si possono incentivare  con contributi figurativi o sgravi fiscali  le "staffette" tra un lavoratore anziano che passa a part-time e un giovane che entra in azienda e impara un mestiere.

L'altro problema che sottolinea la Furlan è la stangata sulla previdenza complementare. La finanziaria 2015 rischia di far danni anche nel campo previdenziale, grazie all'aumento delle tasse sui fondi pensione. "L'impatto della nuova aliquota  balzata in un sol colpo dall'11,5 al 20%  sarà quello di assottigliare l'assegno integrativo nel futuro. Un'assurdità, vista la progressiva magrezza delle nuove pensioni, complice la frammentazione delle carriere, il passaggio al contributivo puro con stipendi in media bassi, il Pil depresso di questi anni.

Colpire la previdenza integrativa non sembra dunque una mossa furba. Basti pensare che tra il 50 e il 60% dei dipendenti privati versa il Tfr nei fondi, proprio per accumulare un tesoretto extra negli anni della vecchiaia. In tutto sono 6 milioni i lavoratori italiani iscritti, uno su quattro. L'effetto della stangata sarà quello di avere pensioni integrative più povere domani (fino al 13% in meno), oppure versamenti più salati oggi ( fino al 12% in più) per mantenere lo stesso assegno futuro. I più penalizzati saranno i giovani.  Renzi aveva promesso di intervenire. Ma la soluzione trovata, non ancora attiva, quella del credito di imposta ai fondi pensione, non sembra poter avere una ricaduta sul lavoratore" .

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Martedì 27 gennaio, alle 14 la commissione Lavoro della Camera, nell'ambito dell'esame della proposta di nomina del Presidente dell'Istituto nazionale della previdenza sociale, svolgerà l'audizione informale del professor Tito Boeri. L'appuntamento sarà trasmesso in diretta sulla webtv. Lo rende noto un comunicato di Montecitorio.

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“Il voto della Grecia dimostra che la politica dell’austerita’ e dei tagli indiscriminati allo stato sociale portata avanti della cosiddetta Troika, e’ stata controproducente. Continuare su questa strada significherebbe allontanare settori sempre piu’ ampi di cittadini dalla condivisione della prospettiva di un’Europa piu’ forte ed unita”. Kamsin  Lo dichiara in una nota il Presidente della Commissione Lavoro Cesare Damiano.    “Il segnale che arriva dalla Grecia – aggiunge – dev’essere l’occasione per cambiare strada: si’ all’Europa, no all’austerita’ a senso unico. Occorre dare impulso ad una prospettiva di crescita dell’economia  -prosegue Damiano- a partire dalla quale migliorare l’attuale situazione dell’occupazione e preservare lo stato sociale del continente dal diventare il bancomat da cui attingere per la riduzione del debito. La giusta richiesta nei confronti dell’Europa da parte del premier Renzi di avere maggiore flessibilita’ nei conti puo’, in questa situazione, uscire rafforzata e trarre anche beneficio dalle recenti decisioni del Presidente della Banca Centrale europea Mario Draghi” conclude l’esponente Pd.

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Due ddl per estendere i benefici previdenziali delle vittime di amianto. Allo studio l'incremento e l'estensione dei coefficienti di maggiorazione contributiva anche in favore dei lavoratori esposti all'amianto per meno di 10 anni nonchè l'esenzione dalla legge Fornero.

Kamsin Prosegue in Commissione Lavoro del Senato la discussione dei disegni di legge abbinati (1645 e 8) in materia di revisione e concessione dei benefici previdenziali per i lavoratori esposti all'amianto e ai loro familiari. Promossi dai Senatori Felice Casson e Puppato (Pd) il due ddl propongono una serie di agevolazioni sull'età pensionabile dei lavoratori vittime dell'amianto, patologia che è destinata nei prossimi anni a crescere sulla base delle ultime stime fornite dal ministero della Salute. Gli interventi proposti intendono agire, da un lato, sull'aumento e/o dell'estensione della maggiorazione contributiva riconosciuta dalla legge a questi soggetti nonchè,  dalla sottrazione di questo comparto dalla legge Fornero.

Il Coefficiente. Il ddl 1645 propone infatti la modifica dell'articolo 47 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 nella disciplina relativa alla maggiorazione, ai fini pensionistici, dei periodi lavorativi contraddistinti da esposizione all'amianto. La disciplina attuale ha, infatti, riformulato in termini restrittivi il beneficio di cui all'articolo 13, comma 8, della legge n. 257 del 1992, riducendo per tale fattispecie la misura del coefficiente da 1,5 a 1,25 ed escludendo del tutto l'applicazione di quest'ultimo ai fini del conseguimento del diritto alla pensione. L'articolo 2 del ddl 1645 suggerisce la modifica di tale disposizione nel senso di prevedere che il coefficiente moltiplicatore si applichi, a scelta del lavoratore esposto o ex esposto, o ai fini dell'anticipazione dell'accesso al pensionamento o ai fini della determinazione dell'importo delle prestazioni pensionistiche.

La Riapertura dei termini. Il provvedimento prevede, inoltre, una riapertura dei termini per poter inoltrare all'INAIL o ai dipartimenti di prevenzione delle aziende sanitarie locali presso il cui territorio si trova o si trovava l'azienda che a qualunque tipo impiegava amianto, domanda di rilascio delle certificazioni di esposizione per l'accesso ai benefici previdenziali. L'articolo 47 del decreto-legge 30 settembre 2003, n. 269 ha infatti limitato alla data del 15 giugno 2005 la possibilità, per i lavoratori ex esposti all'amianto, di presentazione della domanda.  Per tali soggetti si prevede, quindi, la proroga del predetto termine ai dodici mesi successivi alla data di entrata in vigore della nuova normativa. Inoltre a questo proposito si introduce una importante distinzione tra i lavoratori ex esposti e quelli esposti: per i primi è prevista la riapertura dei termini, mentre per i secondi non è previsto alcun termine, dando così ad essi l'opportunità di presentare la domanda in qualsiasi momento.

Lavoratori con esposizione infra-decennale. Tra le altre novità del ddl c'è l'estensione dell'applicazione del beneficio, il coefficiente di maggiorazione dell'1,25, ai lavoratori con una esposizione infra-decennale che sono stati esposti all'amianto in concentrazione media annua non inferiore a 100 fibre/litro come valore medio su otto ore al giorno (pur con la precisazione che questo limite non si applica ai lavoratori per i quali sia stata accertata una malattia professionale a causa dell'esposizione all'amianto). Piu' articolata invece la modifica proposta del disegno di legge abbinato, il numero 8. Qui si prevede una graduazione del coefficiente in funzione dell'età dell'esposizione (1,15 sino a 5 anni di esposizione; 1,25 da 5 a 10 anni e 1,5 oltre i 10 anni di esposizione). I benefici previdenziali potranno essere comunque fatti valere anche dagli eredi degli aventi diritto.

Esenzione Riforma Fornero. Nel ddl 1645 si arriva a proporre, infine, l'esenzione dalla Riforma Fornero ai lavoratori esposti o ex esposti all'amianto in modo anticipare ulteriormente l'età pensionabile. Secondo la relazione al ddl dei promotori "l'applicazione della norma contenuta nel così detto «Decreto Salva Italia» anche a questi lavoratori, crea infatti una evidente crepa interpretativa, e si pone in netto contrasto con la ratio stessa della norma di cui alla legge n. 257 del 1992. Ratio che va infatti ravvisata nella finalità di offrire ai lavoratori esposti all'amianto per un apprezzabile periodo di tempo, un beneficio correlato alla possibile incidenza invalidante di lavorazioni che provocano una minore aspettativa di vita nella media di sette anni in meno, rispetto all'aspettativa di vita comune".

Altre novità riguardano l'estensione dei benefici previdenziali al personale militare delle Forze armate, al personale civile dello Stato e agli addetti alla nautica da diporto, settori che oggi non possono godere dei benefici in parola; l'istituzione di un indennizzo da corrispondersi una tantum (700 euro) nei confronti di quei lavoratori collocati in trattamento di quiescenza prima dell'entrata in vigore della legge n. 257 del 1992; la possibilità per i lavoratori esposti all'amianto di agire per il riconoscimento dei benefici previdenziali anche in costanza di rapporto di lavoro.

Sull'iter dei disegni di legge pendono tuttavia i costi delle misure sui quali i senatori attendono la valutazione del Governo e della Ragioneria dello Stato.

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Il Governo approva in extremis un decreto legge che rinvia il pagamento dell'Imu dei terreni montani. Nel provvedimento resta lo schema basato su esenzione totale e parziale, ma la distinzione non è più puramente altimetrica: si baserà sulla classificazione dei Comuni realizzata dall'Istat che individua quelli non montani quelli parzialmente montani e infine quelli totalmente montani.

Kamsin Pagamento spostato al 10 febbraio e criteri più larghi per l'esenzione. Così il governo in un consiglio dei ministri lampo che si è svolto venerdì scorso ha trovato la quadra al pasticcio dell'Imu agricola, l'imposta la cui scadenza di pagamento era stata fatta slittare dallo scorso 16 dicembre al 26 gennaio. C'è voluta la mobilitazione delle associazioni degli agricoltori, dei comuni e del mondo politico (da ultimo una lettera di 106 deputati Pd a Renzi e Padoan), per sbloccare la situazione dopo che lo scorso dicembre l'esecutivo aveva deciso di far slittare al 26 gennaio il saldo dell'imposta con la promessa di rivedere i criteri contestati. Che però, complice una sospensiva prima introdotta e poi ritirata dal Tar del Lazio, tardava a concretizzarsi. In un primo momento, infatti, l'imposta 2014 non teneva conto delle peculiarità territoriali, perchè prendeva come unico riferimento altimetrico quello della sede del municipio, con tre fasce (sotto i 280 metri, tra 280 e 600 e sopra i 600), nè delle coltivazioni.

In extremis quindi l'esecutivo è corso ai ripari, approvando un decreto legge. Con i nuovi criteri, che si applicheranno ai pagamenti dovuti per il 2014 e poi andranno a regime a partire dall' anno in corso, il numero dei Comuni esenti in quanto situati in montagna passa da 1.498 a 3.456. Inoltre l'imposta non sarà applicata ai coltivatori diretti e agli imprenditori agricoli (purché iscritti al relativo fondo di previdenza) nei 655 Comuni definiti «parzialmente montani». E il 10 febbraio non pagheranno nemmeno coloro che sarebbero stati esenti con le precedenti norme e a maggior ragione lo sarebbero con quelle appena definite.

In pratica vengono esentati tutti i terreni, coltivati e non, ubicati nei comuni classificati come «totalmente montani» come pure i terreni posseduti e condotti da coltivatori diretti e imprenditori agricoli ubicati nei comuni classificati come «parzialmente montani». Tutti gli altri terreni e soggetti saranno tenuti a pagare l'Imu entro entro il 10 febbraio. Ma chi era esente con le vecchie regole non dovrà pagare nulla anche se coi nuovi parametri dovesse risultare il contrario.

Con il decreto abbiamo risolto i problemi amministrativi sopravvenuti e tutelato ancora di più coloro che vivono di agricoltura nei territori rurali», ha osservato il ministro delle politiche agricole Maurizio Martina che per risolvere la vicenda si è incontrato con il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan trovando un'intesa a favore delle richieste del mondo agricolo, spalleggiato anche da un ampio schieramento politico. Secondo la stima del viceministro del Mipaaf Andrea Olivero la misura costerà circa 100 milioni. «E' giusto fare questo sforzo e non caricare di ulteriori pesi i comuni montani che mancherebbero all'appello degli incassi del Fisco», ha dichiarato.

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