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In caso di minore iscritto alla scuola primaria o secondaria di primo e secondo grado, il requisito della frequenza si intende rispettato se la presenza è pari, di norma, ad almeno i 3/4 dell'orario scolastico annuale stabilito per legge. Kamsin E' quanto ha chiarito l'Inps, con il messaggio 728/2015. L'indennità va corrisposta - precisa inoltre l'istituto - per le ordinarie frequenze scolastiche, per il periodo ottobre-giugno; nel caso di minori che frequentino scuole professionali per un periodo non sovrapponibile con il normale calendario scolastico, l'indennità va corrisposta per tutta la durata del corso.

Nel caso di pluriminorazione, l'indennità è incompatibile con quella speciale ai ciechi parziali, con quelle di comunicazione, di accompagnamento per i ciechi assoluti e per gli invalidi civili, fatto salvo naturalmente il diritto di opzione per il trattamento più favorevole.

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Promuovere il ricambio generazionale nel settore pubblico e privato attraverso il ricorso al part-time. E’ questo l’obiettivo di un emendamento presentato al disegno di legge di Riforma della Pubblica Amministrazione (ddl 1577) dal senatore del Patt Franco Panizza. Kamsin ”Tutti gli enti pubblici potranno promuovere il ricambio generazionale mediante la riduzione dell'orario di lavoro da parte del personale in prossimità della maturazione dei requisiti pensionistici, consentendo nel contempo l'assunzione di nuovo personale". "Si tratta di una norma che era stata anticipata dal Ministro Madia la scorsa primavera ma che, inspiegabilmente, è stata stralciata dal testo del provvedimento presentato dall'esecutivo ed in discussione in Senato", ricorda Panizza.

"Il nostro obiettivo è quello di favorire la staffetta generazionale sia nel settore privato che in quello pubblico su base volontaria"; per farlo viene comunque salvaguardato il versamento della contribuzione piena: "ai fini della maturazione del diritto a pensione al personale in questione spetterà comunque il trattamento di quiescenza e previdenza che avrebbe percepito se avesse continuato a prestare servizio nel regime di orario svolto al momento della presentazione della domanda di part-time" conclude Panizza. "Vedremo se la maggioranza accoglierà questa nostra proposta".

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(Promozione del ricambio generazionale nei settori pubblico e privato)

        1. Le pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, possono promuovere il ricambio generazionale mediante la riduzione dell'orario di lavoro da parte del personale in prossimità della maturazione dei requisiti pensionistici, consentendo nel contempo l'assunzione di nuovo personale. Ai fini del trattamento di quiescenza e previdenza il personale in regime di ricambio generazionale è considerato nel regime di orario svolto al momento della domanda. Alla maturazione del diritto a pensione al personale in questione spetta il trattamento di quiescenza e previdenza che avrebbe percepito se avesse continuato a prestare servizio nel regime di orario svolto al momento della domanda.

        2. Qualora i medesimi enti, nell'ambito delle loro competenze sostengano il ricambio generazionale nel settore privato od i contratti di solidarietà espansivi di cui all'articolo 2 del decreto-legge 30 ottobre 1984, n. 726, convertito dalla legge 19 dicembre 1984, n. 863, gli stessi sono autorizzati al versamento del differenziale di contribuzione riferito all'orario di lavoro a tempo pieno direttamente all'ente previdenziale di iscrizione ed a favore del lavoratore senior»

 

L'età media dei dipendenti pubblici continua a salire per effetto del blocco del turnover e dall'inasprimento dei requisiti per andare in pensione.

Kamsin L'età media nel pubblico impiego sale sempre piu'. A discapito dei giovani. E' quanto emerge dal resoconto annuale della Ragioneria generale dello Stato. Solo nel 2013 l'età media «è aumentata di sette mesi, sfiorando ormai i 50 anni». I giovani appiano così sempre più come «mosche bianche», tanto che gli under 30 sono appena 108 mila, il 3,3% del totale. E se si porta l'asticella fino ai 34 anni la quota resta comunque inferiore al dieci per cento (8,6%).

La rappresentanza giovanile potrebbe essere ancora più bassa se non si considerasse l'apporto dato dalle force armate e da quelle di polizia (quasi sette under 30 su dieci sono loro). I numeri parlano chiaro e «l'invecchiamento» del pubblico impiego avanza. Basti pensare che nell'ultimo decennio l'età media è aumentata di quattro anni. Un innalzamento che non è privo di conseguenze, come fa notare la stessa Ragioneria nell'analisi dei dati, avvertendo: «il mantenimento prolungato» delle poIttiche di contenimento del turnover. scattate per la generalità dei comparti nel 2008, «finirà per porre in pochi anni un problema di sostenibilità dei servizi erogati». Il ricambio, uno a uno, con un neoassunto per ogni pensionato, potrà tornare solo nel 2019.

Intanto in diversi settori l'età media ha già superato la soglia dei 50 anni, dalla scuola all'università, dai ministeri alle Regioni e alle autonomie locali. Sotto i 40 anni resta un solo comparto, quelle delle forze armate. Nel dettaglio, l'età media degli insegnanti a tempo indeterminato sfiora i 52 così come quella dei medici; per i professori universitari l'età è di oltre 56 anni, mentre per i dirigenti ministeriali di prima fascia quasi 57. E si sale ancora nelle prefetture visto che per i prefetti l'età media è poco sotto i 60 anni.

I comparti più pesanti sono l'istruzione pubblica, il servizio sanitario nazionale e gli enti locali, ma nell'elenco non mancano anche gli altri settori, tra cui gli enti pubblici non economici (Inps, Inail, ordini professionali) e le agenzie (Entrate, Demanio e Dogane). 

Intanto l'età per andare in pensione si allontana sempre più. È stato infatti già stabilito che a partire dal 2016 per uscire saranno necessari quattro mesi in più, quindi nella pubblica amministrazione significa che si passa a 66 anni e sette mesi (oggi 66 e tre mesi).

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E' stata presentata alla Camera la proposta di legge per uniformare i criteri di accesso alla pensione per gli sportivi professionisti. Prevista anche l'applicazione dell'indennità di disoccupazione e degli assegni familiari. 

Kamsin Recentemente, su iniziativa di alcuni deputati, è stata presentata una proposta di legge riguardante l'aspetto previdenziale ed assistenziale per gli sportivi professionisti. Si tratta della pdl 2689, prima firmataria l'onorevole Maria Luisa Gnecchi (Pd). Avendo presenti i provvedimenti legislativi precedenti, si può affermare che la grande maggioranza di questa categoria è rappresentata dai calciatori. E subito da precisare che il fondo previdenziale degli sportivi professionisti inizialmente gestito dall'Enpals (Ente per i Lavoratori dello Spettacolo) è stato in seguito trasferito all'Inps (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale).

Gli onorevoli presentatori della proposta di legge ammettono (che questo ci lascia un po' perplessi) che le loro conoscenze sul mondo degli atleti professionisti sono da sempre limitate a quanto viene riportato dalle televisioni e dai quotidiani circa "performance" che questi atleti ci regalano in occasioni di competizioni sportive nazionali ed internazionali. Dichiarano poi che in altri momenti apprendono notizie sulla vita di questi atleti attraverso le storie di "gossip" diffuse dai giornali, oppure li vedono, soprattutto quelli più famosi, negli spot pubblicitari.

Precisano però che un articolo apparso ancora nel marzo 2014 sul quotidiano "La Repubblica" ci rappresenta invece l'altra faccia di questo mondo; ci parla di migliaia di ragazzi, perché tali ancora possano essere definiti, che sono stati espulsi dal mondo dello sport, anche prima di aver compiuto i 30 anni e che si ritrovano dopo 10-15 anni di professionismo sportivo senza un'altra esperienza professionale. Solo una piccola parte di professionisti sportivi alla fine della carriera riesce a collocarsi nell'ambiente come allenatore, preparatore atletico o dirigente di una società sportiva. L'inizio dell'attività sportiva per un ragazzo comporta molto spesso un disinteresse rispetto allo studio. Da una ricerca effettuata qualche anno fa su un campione di circa 3.000 professionisti è emerso che quasi il 30% ha solo il diploma di scuola secondaria di primo grado, il 66% il diploma di scuola secondaria di secondo grado.

Va sottolineato che quasi il 70% degli sportivi professionisti, durante la loro attività agonistica, arriva a percepire un reddito di 50mila euro annui. Ed è da tener presente che gli importi di pensione erogati, anche a professionisti cosiddetti "top player" non superano l'importo di 1.800 euro lordi per tredici mensilità.

Appare quindi evidente, scrivono i presentatori della proposta di legge, che a parte quei professionisti famosi, che riescono ad accumulare consistenti patrimoni durante la loro carriera o a ricollocarsi proficuamente nell'ambiente sportivo, il resto di questi ragazzi, migliaia di casi, ha estreme difficoltà ed accade sempre più frequente che si ritrovino in situazioni di emarginazione estrema, passando dagli stadi alla strada: "30.000 calciatori in fila per un lavoro", titolava Repubblica. Con questa proposta di legge, dunque, i nostri deputati intendono intervenire sia sull'aspetto previdenziale, sia sull'assistenza per questa particolare categoria di lavoratori, troppo spesso abbandonata a se stessa dopo l'attività di sportivo professionista.

I Contenuti. La proposta di legge intende quindi intervenire sia sull'aspetto previdenziale, sia sull'assistenza per questa particolare categoria di lavoratori. In particolare si uniformano i requisiti di accesso alla pensione per gli sportivi professionisti superando il limite dell'iscrizione al Fondo ante o post 31 dicembre 1995, nonché estendendo il criterio per calcolo misto-contributivo della pensione, già in vigore da tempo per le categorie speciali del settore spettacolo.

Attualmente, infatti, gli iscritti ante 1995 possono conseguire la pensione al raggiungimento di 53 anni (49 anni le donne) ai sensi del Dpr 157/2013; gli iscritti dopo tale data, cioè nel sistema contributivo, devono raggiungere il 57° anno di età, anche se gli è consentito aggiungere alla propria età anagrafica, ai fini del conseguimento dell’età pensionabile, un anno ogni quattro di lavoro effettivamente svolto nella qualifica, fino ad un massimo di 5 anni. In pratica, l’età pensionabile può essere anticipata a 52 anni se ci sono almeno 20 anni di contributi. Un doppio binario che gli onorevoli si propongono di eliminare e di portare al 53° anno di età anagrafica per gli uomini e al 49° anno di età anagrafica per le donne. Tale requisito verrebbe poi innalzato per le donne a 50 anni a decorrere dal 1° gennaio 2020 e a 53 anni a decorrere dal 1° gennaio 2022.

La proposta, inoltre, intende estendere a questa categoria l'accesso all'indennità di disoccupazione (l'Aspi), e l'accesso agli assegni familiari per gli sportivi professionisti.

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a cura di Sergio Campana

Nella puntata odierna di Presadiretta, in onda su Rai3 dal titolo Il buco delle pensioni di Christina De Ritis, un'inchiesta che racconta tutta la verità sullo stato di salute del nostro sistema pensionistico. C'è un buco nei conti dell'Inps tale da giustificare un allarme sulle pensioni delle future generazioni? E possibile che lo Stato sia diventato un evasore di contributi previdenziali? Un viaggio nell'universo contraddittorio delle pensioni. Dalle conseguenze della Riforma Fornero alla cattiva gestione dell'immenso patrimonio immobiliare dell'Inps.

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